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Autore: deborahdonato4    14/06/2022    1 recensioni
Leo Valdez, deluso dal suo primo amore Calypso, è tornato al Campo Mezzosangue con suo figlio James. Decide di dedicarsi completamente alla crescita del figlio.
Will Solace, rientrato al Campo dopo un anno passato a lavorare in un ospedale umano, ha una sola missione: confessare il suo amore verso Nico di Angelo. Mal'amore ha promesso per lui, e per Nico, un destino diverso.
Due ragazzi che diventano prima amici, poi qualcosa di più.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Calipso, Leo Valdez, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Will Solace
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Calipso lanciò un'occhiata ad Hazel, seduta sul divano di casa sua, che guardava un film insieme a James. Si mordicchiò il labbro, non sapendo se allontanare il figlio dall'amica o lasciarli stare. Si voltò verso Leo, per avere un opinione, ma Leo stava guardando fuori dalla finestra. Il suo sguardo distratto gli fece capire che stava pensando a Frank. Ormai nessuno pensava ad altro.

«Leo.» mormorò Calipso, posandogli una mano sul braccio. Il figlio di Efesto si voltò a guardarla, mettendola a fuoco quasi con fatica.

«Sì, Cal?» mormorò Leo a sua volta, riprendendosi dai suoi pensieri. Non aveva notizie di Will ormai da cinque giorni, dall'arrivo di Frank. Sapeva che Will non era ancora uscito dall'infermeria da allora, ma il pensiero di non averlo visto, di non aver sentito la sua voce per così tanto tempo, lo faceva soffrire.

«È saggio che Hazel e James stiano insieme?»

Leo guardò la futura moglie, poi spostò lo sguardo sul figlio e su Hazel. Stavano guardando un film Marvel, Thor. Era la terza volta che lo guardavano in quei giorni. James adorava Thor, e ad Hazel piacevano i film con i supereroi. Erano una coppia perfetta.

«Hazel non sta piangendo.» le fece notare Leo. «Non ha scatti di rabbia. Può stare con James.»

«Lo so, è che...» Calipso guardò di nuovo in direzione di Hazel e Leo percepì la barriera attorno a loro. Non si era accorto che la maga l'avesse fatta apparire, e si rilassò. Almeno così non c'era il rischio che la figlia di Plutone potesse sentirli.

«Che..?» la incalzò Leo.

«Non dovrebbe averli?» Calipso guardò Leo. «Non dovrebbe piangere? Non dovrebbe essere disperata?»

«Ognuno risponde al dolore a modo suo.» disse Leo. «E poi... Frank non è morto.»

«Da come me l'hai descritto... forse era meglio.»

Leo le scoccò un'occhiataccia, ma Calipso si era già voltata. La guardò, chiedendosi come potesse dire una cosa del genere, ma si trattenne. Conosceva Will, conosceva i figli di Apollo. Sapeva di cosa erano capaci, pur di salvare un paziente. E cos'erano disposti a sacrificare pur di farlo.

Leo ripensò a quando Calipso, anni prima, era stata ricoverata da Will per ripulirsi. Will aveva sacrificato lui e il sonno pur di guarirla, e alla fine ci era riuscito. Calipso era pulita solo grazie a Will.

«Se una persona è ancora viva, sebbene in condizioni pietose, si deve far di tutto per salvarla.» disse Leo, piano, e Calipso si voltò a guardarlo, dubbiosa.

«È vero.» gli disse. «Però... sono passati cinque giorni, Leo. Non ti sembra... troppo?»

Leo si strinse nelle spalle, guardando il foglio di carta. Si era messo a scrivere dei nomi sul foglio, per il figlio di Nina e Butch. Da una parte quelli da femminuccia, dall'altra quelli maschili. Nina voleva chiamarlo Charles, per il loro fratello ormai scomparso da tanto tempo, ma Butch era contrario. Era superstizioso, a riguardo. Però era d'accordo sul metterlo come secondo nome.

«Non lo so.» ammise Leo. «Le guarigioni richiedono tempo. I figli di Apollo...»

«I figli di Apollo non fanno altro che occuparsi di lui.» gli fece notare Calipso.

«Già...»

Leo si passò una mano tra i capelli, non sapendo cosa pensare. Forse sì, i figli di Apollo ci stavano impiegando troppo tempo a guarire Frank, o forse era il figlio di Marte che impiegava troppo tempo a svegliarsi.

«E poi, non si vedono più figli di Apollo in giro.» continuò Calipso. «Né ai corsi artistici, né in mensa, né in spiaggia.»

Né nel bunker 9, pensò Leo, sospirando.

«Sono... sono tutti in infermeria.» disse Calipso, guardandolo preoccupata. «Pure Bryan, che ha otto anni.»

Leo annuì appena. Quando James era andato a chiamare Bryan per giocare, era tornato a casa piuttosto mogio dicendo che Bryan era in infermeria. I genitori si erano preoccupati, pensando che gli fosse successo qualcosa, ma James li aveva rassicurati dicendo che l'amico stava bene. Era in infermeria per aiutare i fratelli, nient'altro.

«Hanno anche chiuso la fucina, l'arena di combattimento, il muro d'arrampicata.» aggiunse Calipso, e Leo si trattenne a stento dallo sbattere il pugno sul tavolo. Cosa serviva ripetere quello che già sapeva?

I figli di Ares, sotto ordine di Will e Clarisse, avevano obbligato i figli di Efesto a chiudere la fucina fino a quando Frank non fosse stato dimesso. Volevano evitare il sopraggiungere di altri pazienti in infermeria, e secondo Leo era giusto così. Ricordò quasi divertito Nina e Jared intenti ad urlare ai figli di Ares, obbligandoli a fare lo stesso con l'Arena. Dopotutto, i figli di Ares finivano ricoverati quanto i figli di Ermes. Dieci minuti dopo, anche l'Arena era stata chiusa e tutti rispediti in cabina.

Leo non era appesantito dal riposo forzato. Anzi, ne era contento. Ormai non faceva altro che pensare a Frank e a Will, e se avesse passato del tempo in fucina, senz'altro si sarebbe fatto male, distratto com'era.

I figli di Ares non facevano altro che allenarsi in spiaggia singolarmente, controllando che nessuno decidesse di affogare in piscina. Quando Leo aveva portato James in spiaggia il giorno prima, il figlio, dopo aver visto un gruppetto di progenie di Ares urlare in faccia a dei ragazzini perché si tuffavano dagli scogli senza supervisione, aveva ripreso le sue cose e l'aveva costretto a tornare a casa dicendo che, dopotutto, il divano non era poi così male.

Leo sospirò. Ormai non facevano altro che stare in casa, uscivano raramente per andare in mensa. Solo Calipso lavorava, e Leo si era ritrovato ad essere geloso di lei, del tempo che trascorreva fuori casa. Si era anche rifiutato di fare l'amore con lei la sera prima, per questo motivo... ma Calipso era riuscita a convincerlo.

In quel periodo in casa, però, Leo aveva provato a capire i suoi sentimenti, a districare i fili nel cuore che mescolavano Will e Calipso. Gli mancava Will, la sua voce, il suo corpo caldo. Ma apprezzava ogni giorno di più la futura moglie. Calipso era lì, accanto a lui, disposta a parlare, a farlo ridere, a giocare. Avevano recuperato tutti i giochi da tavolo e avevano fatto un paio di partite con ciascuno di loro, prima di rimetterli via. James impazziva per i giochi da tavolo, e dava il peggio di sé con il padre, entrambi piuttosto competitivi.

Calipso non si era minimamente arrabbiata quando, il giorno del ritorno di Frank, Leo aveva portato Hazel a stare da loro, per non lasciarla sola. Si era subito mossa per prepararle la cena, e le aveva preparato le lenzuola per il divano letto. Le aveva anche proposto di dormire nel loro letto, e loro sul divano, ma Hazel si era rifiutata. Non le era sembrato il caso di spedire i padroni di casa sul divano.

«Volendo, potremmo dormire tutti e tre insieme.» aveva scherzato Leo, passando per porco sia da parte dell'amica che della futura moglie.

Svegliandosi al mattino, Leo aveva trovato molte volte Calipso e Hazel che parlavano ridendo in cucina, con una tazza di tè in mano. Leo era contento che stessero stringendo amicizia, sebbene le occhiate di fuoco che gli lanciava Hazel lo atterrivano. Immaginò che per la figlia di Plutone fosse uno sforzo immenso non raccontare la verità di Leo e Will a Calipso, così buona nei suoi confronti da farla sentire a disagio. Ma Hazel teneva la bocca chiusa, e Leo non sapeva come ringraziarla.

Più tempo passava lontano da Will, più i suoi sentimenti per Calipso si rafforzavano. Leo non riusciva a spiegarselo. Pensava tanto a Will, soprattutto alla sua salute, ma spesso i suoi pensieri venivano interrotti e invasi da Calipso, dalla sua voce, dal suo sorriso, dal suo profumo di cannella che ormai invadeva le sue narici giorno dopo giorno. Trascorrevano tutte le notti insieme, parlando del matrimonio, parlando del loro futuro. Quando Calipso aveva affrontato l'argomento di avere altri figli, Leo si era sentito al settimo cielo. Aveva sempre pensato che Calipso non ne voleva, e invece aveva scoperto di avere torto. Ne era rimasto così felice che avevano deciso di fare le prove in quel momento.

Leo chiuse gli occhi. Cinque giorni. In cinque giorni aveva ritrovato la gioia di stare con Calipso. Era immortale, quindi avrebbe vissuto per secoli, con lei. Con Will... c'era davvero così tanto futuro, con lui?

 

I pensieri di Leo, di nuovo confusi, si interruppero nel sentire i colpi sulla porta. Sollevò lo sguardo su Calipso, che fece cadere la barriera dalla sorpresa. Non vedevano nessuno da giorni, a parte quelle poche persone che intravedevano in mensa quando decidevano di fare una passeggiata.

Hazel mise in pausa il film, guardando in direzione di Leo. Incrociò il suo sguardo, e vide la paura nei suoi occhi. Era forse un figlio di Ares che comunicava loro... di Frank? Una notizia buona? Una cattiva? Leo non seppe cosa sperare.

Si alzò in piedi. Essendo l'unico uomo, pensò di dover essere lui ad aprire la porta di casa e ascoltare la notizia per primo. Sperò di rimanere impassibile, e di non scoppiare – in lacrime o di gioia – di fronte al portatore di notizie.

Leo aprì la porta, trattenendo il fiato. Si aspettava di incrociare degli occhi scuri, e invece ne incrociò un paio azzurri, circondati da lentiggini e ciocche bionde che quasi li ricoprivano.

«Ciao, signor Valdez.» salutò Bryan. «C'è James?»

 

Leo fissò Bryan in silenzio, ritrovandosi ad annuire. Bryan entrò in casa, guardando con curiosità Calipso che lo fissava a bocca aperta. James, sentendo la voce dell'amico, era già sceso dal divano e stava sfrecciando verso di lui, urlando di gioia. Leo li guardò mentre si abbracciavano e cominciavano a saltellare.

«Sei da solo, Bryan?» domandò Leo, lanciando un'occhiata fuori dalla porta. Non vedeva nessuno, ma era sempre meglio chiedere.

«Sì.» annuì Bryan, sciogliendo per un attimo l'abbraccio di James, che subito lo ristrinse. «Julie mi ha lasciato allo sbocco della foresta, ha detto che potevo farcela da solo.»

Leo aggrottò la fronte e chiuse la porta. D'accordo che non c'erano pericoli, ma lasciare il bambino così... Immaginò che Julie, figlia di Apollo, sorella minore di Hailey, senza alcuna particolare ambizione nella medicina, non volesse parlare con nessuno, e le concesse un punto. Se fosse tornata più tardi a prendere il bambino, l'avrebbe riempita di domande.

«Andiamo a giocare in camera mia?» chiese James, sciogliendo l'abbraccio e guardando l'amico con un sorriso così grande che Leo ebbe paura che potesse avere una paralisi.

«Sì...» disse Bryan.

«NO!» gridarono Leo, Calipso e Hazel nello stesso momento, facendo sobbalzare i due bambini che guardarono gli adulti spaventati.

«Bryan, scusaci.» mormorò Hazel, imbarazzata.

«Sai qualcosa di... di Frank?» domandò Leo, portandosi la mano tra i capelli.

«Com'è la situazione in infermeria?» aggiunse Calipso.

Bryan li guardò per un attimo, poi si voltò verso Hazel. «Frank non è ancora fuori pericolo, secondo Will.» le disse. «Will ti saluta, e ti dice che sta facendo il possibile.»

«Lo so.» annuì Hazel, con un sospiro. «Ma si riposa?»

Bryan arrossì. «Ehm...»

«Com'è la situazione in infermeria?» domandò Leo, occhieggiando Bryan. Il suo modo di arrossire non gli era piaciuto. «Tu eri lì?»

«Ho aiutato Will e Grant.» annuì Bryan, giocherellando con le dita. Aveva un aspetto riposato, quasi rilassato. «Ehm... Frank non sta né peggiorando né migliorando. Certo, oddei, Will gli ha sistemato l'orecchio e il polpaccio, Helen gli ha fatto guarire le ferite in faccia e Hailey gli ha tagliato i capelli, quindi è migliorato rispetto a prima. Non perde più sangue. Non ha più... infezioni... nel sangue...»

Bryan socchiuse gli occhi, cercando di ricordare la valanga di frasi che i fratelli gli avevano detto prima di uscire dall'infermeria.

«Okay.» Bryan si sedette sul divano, mentre gli altri gli si avvicinavano. «Non perde più sangue, il che è un passo avanti, per Nate. Aveva un sacco di capelli, ma Hailey ha tagliato tutto per controllare che non avesse ferite in testa. E in effetti aveva un brutto taglio infetto sotto i capelli, che schifo... Il braccio sinistro era anche rotto, ma Will lo ha aggiustato. Sta prendendo il nettare ogni sei ore, ma ancora non si sveglia. Secondo Will, è esausto, e sta solo dormendo a causa degli antibiotici e delle medicine che gli hanno dato. E... basta, credo.»

Bryan guardò gli adulti, che nel mentre si stavano guardando tra loro. Sapere che era migliorato, che aveva smesso di sanguinare, per Hazel era più che sufficiente. Fu tentata di salire di corsa al piano di sopra e prepararsi per uscire, per andare a trovarlo, ma il bambino la frenò.

«Non può ricevere visite.» aggiunse. «Will non vuole che nessuno entri. Teme che, ehm, una delle infezioni possa essere contagiosa. Lui e gli altri sono stati un po' male, in questi giorni.»

«Non sono stati male per aver usato troppo potere di guarigione?» chiese Calipso, guardando il ragazzino.

«Will pensa anche questo, ma non vuole escludere niente. Noi figli di Apollo siamo più resistenti alle infezioni rispetto agli altri, a parer suo.»

Leo sbuffò, seguito da Hazel.

«Tipico di Will.» borbottò lei, e Leo la ringraziò mentalmente per avergli rubato le parole di bocca. Stava per dirlo lui.

«Toccando Frank e il sangue infetto, per Will siamo andati incontro ad una piccola, ehm, epidemia, ma visto che in infermeria non c'era nessun altro, siamo riusciti a contenerla.»

«Epidemia zombie?» si incuriosì James.

«Purtroppo no.» disse Bryan, schioccando le labbra scontento.

«Non c'era nessun altro paziente?» chiese Calipso, ignorandoli.

«Nessuno. Helen ha rispedito tutti a casa. E tutte le ferite piccole, quelle non da operarsi diciamo, sono state controllate dai figli di Ecate, insieme a Kenny e me.»

«Hai fatto il medico?» chiese James, guardandolo ammirato.

Bryan si strinse nelle spalle, imbarazzato. «Ho fatto qualcosina.» ammise, guardandosi i palmi delle mani. «Ma non sono bravo quanto Will e Grant. Loro... wow, sono incredibili! Voglio diventare come loro, da grandi.»

James sorrise e Bryan ripensò a quello che aveva fatto negli ultimi giorni. «Ho sistemato delle dita rotte, ho riparato un naso, ho ricucito una ferita alla mano... e ho usato la magia per rimediare ad un raffreddore!»

«Che forte!» esclamò James, e i suoi occhi scintillanti, quanto quelli di Bryan, misero il padre in allerta.

«James, ti vieto in ogni modo di farti del male per farti curare dal tuo amico.» disse Leo in fretta, mentre Calipso sbarrava gli occhi di fronte a quella possibilità.

«Oh. Va bene.» sospirò James, e Bryan sogghignò.

«Will come sta?» chiese Hazel, mettendosi a braccia conserte e osservando il biondino. «Sta bene? Si riposa?»

Bryan lanciò un'occhiata allo schermo della tv. Riconobbe la scena del film, ma tornò a guardare Hazel. «Will e i miei altri fratelli hanno usato tutta la loro magia per guarire Frank, e un po' a turno sono stati male. Will è svenuto per mezza giornata, tre giorni fa. Grant per tutto il giorno. Hailey per due giorni. E Nate, che ha toccato il sangue infetto ed è svenuto, è stato male per tre giorni, per questo Will ha iniziato a pensare che potesse esserci un problema con il sangue di Frank. Ma ora sta bene. Sia Nate che Frank, intendo.»

«E tu?» chiese James, guardando Bryan. «Tu sei stato male?»

«Un po', all'inizio.» ammise Bryan. «Ma poi è passata. Will mi è stato vicino, quando stavo male. Oggi mi ha detto che potevo andare via, e sono venuto qui con Julie.»

James annuì, poi sollevò lo sguardo sugli adulti. «Possiamo andare a giocare adesso?»

Leo annuì, sebbene volesse continuare a chiedergli di Will. Sapere che era svenuto per mezza giornata non lo rendeva proprio contento. E si sorprese, quando scoprì di essere preoccupato anche per gli altri figli di Apollo.

Bryan scese dal divano, e abbracciò Hazel, che ricambiò, stupita.

«Da parte di Will.» spiegò, arrossendo, poi sfrecciò fuori dalla stanza seguito da James.

Hazel sorrise, divertita, e guardò il corridoio. Leo sentì i bambini salire le scale e chiudere la porta della stanza di James.

«Credo proprio che Bryan si fermerà qui per la notte.» disse Calipso, sorridendo.

«Lo penso anch'io.» annuì Leo.

«Se è un problema, posso andarmene.» disse Hazel, mesta.

«No, non è un problema.» la tranquillizzò Calipso. «Gli ospiti sono più che accetti. Mi aiuti a preparare il pranzo?»

«Certo.»

«Mando un messaggio a Will, per dirgli che Bryan resterà qui.» disse Leo, prendendo il cellulare. Le due donne annuirono e Leo si lasciò cadere sul divano, spegnendo la televisione. Guardò la chat vuota di Will e sospirò. Con il rischio che Calipso gli prendesse il cellulare, aveva eliminato la chat con il figlio di Apollo, per evitare che Calipso potesse leggere qualcosa di inopportuno. Gli scrisse un semplice messaggio, ovvero che Bryan avrebbe dormito da loro, e sperò che Will lo leggesse in fretta. In effetti Will lo lesse un secondo dopo e Leo aggrottò la fronte, domandandosi cosa stesse facendo in infermeria per rispondergli subito. Forse era un momento di pausa, o forse stava scrivendo a Julie per chiederle di Bryan. Will gli rispose con un semplice okay, e Leo mise via il cellulare, pensieroso.

 

 

Will rispose a Leo e tornò a controllare i messaggi di Connor. Il figlio di Ermes sembrava piuttosto arrabbiato nei suoi confronti, e Will scoprì che non gliene importava nulla.

Era stanco, esausto come non si era mai sentito prima. La magia di Apollo sembrava aver abbandonato il suo corpo, e ormai si teneva in piedi solo grazie al nettare e all'ambrosia. Non mangiava altro da giorni, da quando Frank era finito in infermeria.

Will si passò la mano sul viso e infilò il cellulare in tasca, ignorando l'ennesimo messaggio di Connor. Non sembrava capire quanto fossero snervanti i suoi lamenti, quanto lo infastidisse il fatto che il figlio di Ermes non capiva che quello era il suo lavoro, non un hobby. Non stava giocando a bowling con gli amici, stava controllando dei pazienti. E cercava di tenere un infezione contagiosa al sicuro.

Be', ormai l'infezione era passata. Nel sangue di Frank non c'erano più tracce e Will aveva passato i giorni successivi a controllare il romano, sé stesso e i propri fratelli. Nate era quello messo peggio, agli inizi: aveva toccato il sangue di Frank e poi, anziché pulirsi le mani, era svenuto sul lettino, lasciando che l'infezione gli entrasse in circolo da un piccolo taglio sul palmo della mano. Per fortuna Will era stato tempestivo con i suoi incantesimi e, fuori dall'infermeria, Raul Aviles aveva eliminato le tracce di sangue lasciate da Frank. Will era certo che l'avesse fatto per Hazel, ma aveva comunque intenzione di ringraziarlo il prima possibile. Eliminando il sangue a colpi di magia, aveva evitato che l'infezione si espandesse e contagiasse tutto il Campo.

Oltre Raul, anche i figli di Ares avevano contribuito al mantenimento dell'epidemia. Aveva chiesto ad Ellie di eliminare il sangue per strada, scoprendo poi che se n'era già occupato Raul. Allora, concordando con Clarisse, le aveva chiesto di far chiudere la fucina, per evitare che i figli di Efesto creassero marchingegni che potessero ferire altri semidei. Quando Ellie era tornata per dirgli che un paio di figli di Efesto avevano fatto storie per la fucina, Will disse loro di chiudere anche l'Arena. L'Arena era quasi più preoccupante rispetto la fucina, in effetti.

Era andato tutto bene. L'infezione non era uscita dall'infermeria, al Campo stavano tutti bene. Lì in infermeria la faccenda era tutt'altra, ma gestibile. Si era ammalato solo Nate. Hailey aveva vomitato un po', ma solo a causa della magia utilizzata per guarire Frank. E per tutto il pus giallastro e maleodorante che aveva trovato sulla testa del romano.

Will sospirò, guardando l'infermeria. Era seduto sulla sedia vicino a Frank, con le gambe stese sotto al lettino. Frank dormiva di fronte a lui, il respiro calmo e regolare. I primi giorni lo aveva visto agitato, forse a causa dell'infezione che lentamente veniva eliminata dal suo corpo. Quando gli aveva sistemato l'orecchio, con Grant che gli tagliava la barba, Frank si era svegliato per una manciata di secondi, colpendo Grant in pieno viso, con un ruggito che aveva fatto piangere Helen dallo spavento. Per fortuna Hailey aveva agito più velocemente di lui: aveva afferrato una siringa piena di calmante e gliel'aveva conficcata nel collo, prendendo spunto da chissà quale film. Will, in piedi con in mano l'occorrente per ricucirgli l'orecchio, sorpreso per ciò che era successo così all'improvviso, non le aveva detto nulla. Frank non si era più svegliato da allora, sottolineando che forse la dose di calmante era stata un po' eccessiva.

Will pensò a Grant, all'occhio nero e al naso rotto che il romano gli aveva procurato con un singolo pugno. Kenny si era occupato subito di lui, mentre Bryan aveva guarito il raffreddore di una figlia di Demetra senza farsi dire cosa fare. Will si era trovato così orgoglioso di lui e della sua vena medica, sperando che decidesse di intraprendere la sua stessa strada da grande, sebbene fosse un musicista e un arciere di talento. L'aveva spedito in cabina una volta accertato che il ragazzino stesse bene, e non si era affatto sorpreso nel ricevere il messaggio di Leo. Doveva aver convinto Julie o un altro dei loro fratelli a farsi accompagnare dai Valdez.

La suoneria del cellulare gli fece abbassare lo sguardo. Connor gli aveva scritto un altro messaggio. Will chiuse gli occhi, sperando che quel fastidioso mal di testa passasse. Sapeva che Connor era testardo, ma la sua dolcezza certe volte copriva questo lato di lui. Spense il cellulare, posandolo sul comodino e si portò la mano sulla fronte. Forse doveva bere un altro po' di nettare, o fare un pisolino. O uscire, mettere la testa fuori dalla finestra del suo ufficio e prendere una boccata d'aria. Quando quella quarantena si sarebbe conclusa – anche se sperava fosse soltanto una settimana, massimo dieci giorni – avrebbe passato giorni sulla spiaggia, a prendere il sole e a respirare l'aria dell'oceano. Avrebbe giocato a pallavolo con i suoi fratelli, avrebbe tirato con l'arco con Bryan e avrebbe fatto una gara di nuoto. E nessuno gli avrebbe tolto la possibilità di bersi un'intera cassa di birra.

«Dove... sono?»

La voce lo riscosse dai suoi pensieri. Will tirò via subito le gambe da sotto al letto, sperando di non essere sobbalzato al tono roco della voce. Guardò Frank Zhang, con gli occhi a mandorla spalancati e storditi per il troppo sonno. Osservando il suo viso, e la cicatrice che proprio non erano riusciti ad eliminare dalla sua guancia, pensò ad Hazel. Poteva mandarle un messaggio, per dirgli che il suo romano preferito era sveglio, ma era troppo stanco per allungare di nuovo il braccio verso il comodino. Senza contare che, dallo sguardo del figlio di Marte, si capiva benissimo che presto avrebbe schiacciato un altro lungo pisolino.

«Sei in infermeria.» disse Will, avvicinandosi appena con la sedia.

«Infermeria... romana?»

Will scosse la testa. «Sei al Campo Mezzosangue.» spiegò.

Frank disse qualcosa in latino che, ad intuito, non era nulla di buono. Will abbozzò un sorriso, pensando che alla fine i romani non erano poi così diversi da loro greci. Si alzò in piedi, ignorando il tremolio e il dolore alle gambe, e prese un bicchiere d'acqua. Si avvicinò al figlio di Marte, che guardò l'acqua come se fosse la cosa più bella del mondo.

Will lo aiutò a bere, asciugando le gocce scappate sul mento. Nessuno si era più proposto di tagliargli la barba, per evitare cazzotti, e Will non aveva insistito. Frank Zhang con la barba era decisamente più carino, più virile.

«Come sono arrivato qui?» domandò Frank, sollevando gli occhi su di lui.

Will sorrise stanco, posando il bicchiere sul comodino. «Speravo potessi dirmelo tu.» disse e, con la coda dell'occhio, vide Grant ed Helen avvicinarsi titubanti.

«Io... non lo so.» mormorò Frank, socchiudendo gli occhi scuri. «Io... stavo combattendo, stavo...» Strinse le mani a pugno. «Non ricordo nulla, solo...»

Will rimase in silenzio mentre i fratelli lo raggiungevano. Dovevano essersi incuriositi nel sentirlo parlare con il romano che dormiva da giorni. Grant si teneva a debita distanza, con una mano sul viso, all'altezza dell'occhio nero. Helen fissava Frank come se il figlio di Marte fosse sul punto di saltare giù dal letto e picchiarli. Hailey non si vedeva da nessuna parte, ma Will ebbe il forte sospetto che stesse dormendo sul suo letto insieme a Nate e Kenny. I tre erano stati fin troppo silenziosi nelle ultime ore.

«Hazel.» La voce di Frank tornò, più forte di prima. I suoi occhi scuri sembravano mandare lampi quando incrociò quelli azzurri di Will. «Hazel è qui? Io... devo vederla.»

«È qui.» disse Will, annuendo appena, spostando appena la sedia all'indietro. Sapeva che la frase che stava per dire gli avrebbe provocato un occhio nero, ma non poteva fare nient'altro che aprire bocca. «Non puoi vederla.»

La rabbia fece capolino negli occhi del romano, e Will sentì Helen indietreggiare. «Perché no?»

Will osservò Frank. «Non stai ancora abbastanza bene per mostrarti di fronte a lei.» spiegò.

«Sto benissimo!»

«Questo lo dici tu.» sbottò Will, e pure Grant si allontanò da lui. «Ma io sono il tuo medico, e dico tutt'altro. Forse voi romani siete abituati ad altro, ma nella mia infermeria si fa così. Quando dirò che sarai pronto per vedere Hazel, allora la manderò a chiamare. Non sei pronto. Sei ancora debole.»

Frank sembrava sul punto di saltargli addosso e Will fu tentato di indietreggiare come i fratelli. Ma era troppo stanco, troppo esausto, e le gambe non rispondevano al suo bisogno di alzarsi in fretta. Se si fosse alzato, sarebbe caduto dritto sui pugni del figlio di Marte.

«Hai portato un'infezione, con te.» aggiunse Will, e lo sguardo dell'uomo nel lettino sembrò cambiare. «Nulla di grave, eh. Ti abbiamo aiutato ad eliminarla con la nostra magia guaritrice, ma è possibile che ne sia rimasta ancora traccia in qualcuno di noi. Quando sarà passata l'emergenza, e tu sarai in forma, allora chiamerò Hazel. Te lo prometto.»

Frank continuò a fissarlo e Will ricambiò il suo sguardo senza demordere. Aveva così tante domande da porgergli – chiedergli dove avesse preso quel bellissimo anello con l'ametista incastonato era la prima – ma sapeva che non era lui a doverlo fare. Doveva aspettare Hazel. Avrebbe ascoltato tutto da dietro la tenda, ovviamente, ma avrebbe lasciato a lei il compito di riempire l'ex fidanzato di domande e di riempire a parole quel tempo di dieci anni che era trascorso da quando era partito in missione per il padre divino.

«Mh.» fu la risposta del figlio di Marte, prima di voltarsi sul fianco. Will rilasciò l'aria che aveva trattenuto negli ultimi minuti e guardò i fratelli.

«Portami una pozione per dormire senza sogni.» disse.

«Non ne ho bisogno.» grugnì Frank, con la voce già impastata.

«Non è per te.» sbuffò Will.

Grant si affrettò a prenderla mentre Helen aiutava il fratello maggiore ad alzarsi. Frank si era svegliato, aveva parlato, aveva alzato la voce. Stava bene. Poteva riposarsi, concedersi un sonnellino come non si concedeva da giorni.

«Quanto dovremmo stare in quarantena?» domandò Helen, accompagnandolo nella sua camera.

«Penso... sette, dieci giorni.» borbottò Will. «Chi c'è nel mio letto?»

«Non preoccuparti, butto giù Hailey.» disse Grant, precedendoli nella stanza. Will si lasciò scappare un sorrisetto nel sentire il grido di Hailey.

«Stai dormendo da cinque ore, sorellina!» esclamò Grant, tenendola stretta a sé. «Ora darai il cambio a Will!»

«Ma... ma non voglio!» piagnucolò la ragazza. Will la guardò, pensando che se non fosse stato così stanco si sarebbe fatto prendere dal senso di colpa e l'avrebbe lasciata dormire. Helen lo accompagnò fino al letto e Will si stese, prendendo la pozione che Grant gli tese. La bevve tutta in un sorso, trovandola dolce e calda al tempo stesso.

«Non fate entrare o uscire nessuno.» li avvisò Will, spingendo Kenny in mezzo per sistemarsi meglio. «Controllate Nate e Frank, fate altre analisi del sangue.»

«D'accordo.» annuì Grant. «Ora dormi. E stai zitto.»

Will abbozzò un sorriso e chiuse gli occhi. La pozione avrebbe fatto effetto nel giro di qualche minuto, e cercò di districare un po' i pensieri che aveva nella testa.

Non vedeva Hazel da giorni, da prima dell'arrivo di Frank. Si era promesso di raccontarle tutto di lui e Leo, ma non c'era riuscito. Il romano aveva distrutto i suoi piani, e forse era un bene. Hazel lo avrebbe di certo picchiato nello scoprire quanto accaduto tra lui e Leo, e non avrebbe sopportato né le sue parole, né le sue botte. Ora che Frank era tornato, i pensieri di Hazel non si sarebbero più focalizzati su di lui. E forse il figlio di Marte gli aveva salvato la vita.

Connor. Cielo, fino a qualche giorno prima pensava di poter continuare a frequentarlo, di mostrarsi con lui in giro per il Campo. Aveva pensato di potersi innamorare di lui, sebbene un amore leggero, e mai pieno come meritava. In quella situazione difficile, Connor non accettava l'idea che Will se ne stesse tutto il giorno e tutta la notte in infermeria, nonostante il figlio di Apollo gli avesse parlato dell'infezione e del rischio in cui si sarebbero imbattuti se l'epidemia si fosse estesa al Campo. Senza contare che avrebbero contagiato pure il raccolto di fragole, e trasportato la malattia in città, dove avrebbero venduto le fragole ai cittadini normali, ai babbani, i non semidei. Forse era una semplice infezione, qualcosa che gli umani avrebbero capito meglio di lui, ma Will non intendeva rischiare. Ed era certo che Chirone, che non aveva risposto alla sua lettera, fosse d'accordo con lui.

Voleva che Connor fosse lì. Almeno avrebbe smesso di arrabbiarsi per ogni minima cosa, e avrebbe aperto gli occhi. L'infezione c'era, bastava vedere il colorito pallido di Nate. Per fortuna il fratello si stava riprendendo e, a giudicare dallo stato di stanchezza e dai brividi che cominciarono ad assalirlo, Will immaginò che se lo fosse preso pure lui. Sperò di essersi sbagliato. Sette giorni, probabilmente dieci, di quarantena erano più che sufficienti.

E Leo. Non vedeva l'ora di vedere Leo, sebbene avesse smesso di pensare al figlio di Efesto. Il suo lavoro con Frank lo aveva del tutto assorbito. E dare ordini ai fratelli e litigare con quelli che avevano deciso di non presentarsi in infermeria quando chiamati, gli aveva fatto esaurire le energie.

Si girò sul fianco, dando la schiena a Kenny, le palpebre così pesanti da non riuscire più ad aprirle. I pensieri nella sua mente, così numerosi e confusi, lentamente cominciarono ad abbandonarlo e Will si assopì in un lungo sonno senza sogni.

   
 
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