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Autore: Diana924    21/06/2022    0 recensioni
Il piano era semplice, facile da eseguire e immediato, prevedibile avrebbe detto qualcuno.
1519, per salvare suo fratello Sergio dal rogo Andrés de Fonollosa non ha che un'alternativa: usare un incantesimo per tornare indietro nel tempo di cinque giorni, prendere Sergio e fuggire appena in tempo. Peccato che a causa di un errore, o forse no, i due si ritrovino cinquecento anni nel futuro. Lo scopo ora è correggere l'errore, tornare nel passato e non formare legami col nuovo millennio, più facile a dirsi che a farsi.
Siempre Bruja!AU
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Berlino, Il professore, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"



 

Ne parlarono solamente qualche giorno dopo, a letto.

Andrés de Fonollosa non era per niente entusiasta del corrente corso degli eventi. Il ventunesimo secolo non gli piaceva affatto, e aveva espresso più di una volta quel suo pensiero in maniera che quell’aspetto fosse chiaro a tutti, purtuttavia non voleva affatto andarsene, non subito almeno. Era sicuro dei suoi poteri e dell’incantesimo temporale, semplicemente non voleva utilizzarlo così presto, non conveniva a nessuno.

Sergio aveva cercato di spiegargli i risultati di quel medico austriaco di nome Sigmund Freud ma ammetteva tranquillamente di non averci capito nulla, i giudei cercano sempre dei sistemi per complicarsi la vita e quelle erano tutte assurdità. Voleva tornare nel suo tempo anche lui, ma non subito, non quando aveva così tanto da apprendere e aveva Martìn.

Non avrebbe mai pensato di trovarla di suo gusto ma la sodomia gli si confaceva e mai aveva provato un godimento simile, il modo in cui si cercavano e si davano piacere aveva superato le sue più rosee aspettative. Era anche sicuro che con un altro uomo non avrebbe funzionato, anzi sarebbe stato incredibilmente penoso e umiliante mentre quando era con Martìn provava emozioni che non pensava esistessero, non con quell’intensità. Non avrebbe dovuto farsi coinvolgere, non avrebbe dovuto nutrire simili sentimenti per l’altro, avrebbe dovuto tenerlo a distanza limitandosi ad immaginare come poteva essere invece di viverlo, sapevano entrambi che la loro relazione non aveva futuro eppure entrambi vi si erano lanciati con passione ardore e deliberata incoscienza sapendo che tutto quello avrebbe portato loro solamente dolore.

Tornare nel passato e vivere una vita senza Martìn gli sembrava una follia ma sapeva anche che non poteva costringerlo a passare una vita attendendolo, e se un giorno l’incantesimo temporale non fosse riuscito? E se invecchiando non fosse riuscito ad essere preciso? E se Martìn avesse conosciuto qualcuno di quel secolo? O se la loro relazione gli avesse impedito di conoscere qualcuno?

<< Ho deciso come fare >> annunciò mentre gli accarezzava i capelli, rinunciare a quello lo avrebbe sicuramente ucciso ma c’era un sistema per non soffrire, era ingiusto nei confronti dell’altro ma non aveva alternative.

<< E come? >> gli domandò Martìn stringendosi istintivamente a lui.

<< Torneremo indietro… di cinquecento anni e cinque giorni >> dichiarò e sentì l’altro tremare. Martìn era una persona intelligente, lo aveva visto risolvere calcoli matematici che avrebbero messo in crisi il più sapiente dei moriscos, aveva capito tutto e per un istante odiò la capacità dell’altro di saperlo leggere così bene, in quel momento era tutto sbagliato.

<< Vuoi cancellare tutto, tutto quello che abbiamo avuto >> dichiarò infatti Martìn, che uomo intelligente era colui che amava, che mente prodigiosa aveva.

<< Tutto questo… tornerò a cinque giorni prima dell’esecuzione di mio fratello, lo libererò e fuggiremo per le Americhe, purtroppo dimenticheremo tutto ma è meglio così, noi non ci ricorderemo di voi ma nemmeno tu ti ricorderai di me >> ammise, quella era l’unica soluzione, altrimenti il suo cuore non avrebeb retto a quella separazione. Se tutto fosse andato come previsto non avrebbe ricordato nulla e la sofferenza sarebbe durata a malapena un giorno, forse ci sarebbero stati dei giorni in cui avrebbe avvertito una certa melanconia di cui avrebbe ignorato l’origine ma così almeno sarebbe sopravvissuto.

<< E.. non puoi salvare Sergio dopo? Puoi salvarlo e poi dopo aver atteso qualche settimana tornare in questo tempo >> gli propose Martìn. Ci aveva pensato, ovviamente. Avrebbe potuto far bloccare tutto, ordinare a Rafael di prelevare Sergio e rifiutarsi di consegnarlo ma poi il fiammingo lo avrebbe preso di mira e allora si che la situazione sarebbe divenuta insostenibile. Poteva servirsi della magia ma sarebbe stato debilitato dall’incantesimo precedente e al massimo sarebbe riuscito a tentare di slegare le corde, non abbastanza per salvare suo fratello.

L’unica soluzione era tornare indietro di cinque giorni e liberare allora Sergio. Avrebbe dimenticato tutto, dall’uso del televisore al gusto dei cibi surgelati e soprattutto l’amore di Martìn ma Sergio era famiglia e la famiglia veniva al primo posto, prima ancora dell’amore, un giorno suo fratello avrebbe capito quanto grande fosse il sacrificio che gli stava chiedendo, o forse non lo avrebbe mai saputo. La sua discendenza era destinata a grandi cose e avrebbero potuto ottenerle solamente grazie al suo sacrificio, doveva riversare le sue attenzioni sul nipote che quell’idiota di Rafael gli avrebeb dato e sperare che fosse migliore del padre, anche se ci voleva poco, sua madre glielo diceva sempre: il sangue era l’unico legame di cui tenere conto.

<< Ci ho pensato, ma non funzionerebbe, meglio così. Sarà meglio per tutti, smetteremo di soffrire perché non sarà mai accaduto >> gli rispose cercando di controllarsi.

<< E non hai mai pensato di coinvolgermi? Chiedermi un consiglio? Ti fidi così poco di me da presentarmi il tuo brillante piano solo dopo aver finito di progettarlo sperando che lo accetti passivamente? Dopo tutto quello che abbiamo avuto pensi che ti lascerei andare? >> lo affrontò Martìn dopo essersi allontanato da lui.

<< L’ho fatto proprio per questo, perché sapevo che avresti cercato di fermarmi e che non sarei stato abbastanza forte da respingerti più di una volta >> cercò di spiegargli mentre Martìn si rivestiva evitando di guardarlo.

<< Non voglio… non ho mai provato qualcosa di simile per nessun’altro e odio l’idea che entro pochi giorni dimenticherò persino il tuo nome. Resta, riporta indietro Sergio ma tu resta con me >> gli propose Martìn, non che non ci avesse pensato ma nemmeno quell’idea gli andava a genio.

<< Io non appartengo a questo secolo e tutto quello che qui esiste mi disgusta profondamente. Tu sei l’eccezione ma finirei per odiarti se dovessi restare >> gli rispose, sarebbe stato meglio metterlo di fronte al fatto compiuto ma dovevano avere quella conversazione.

<< E se venissi io? Se venissi con voi nel sedicesimo secolo? Potrei venire con te e Sergio rimarrebbe qui al sicuro >> un’altra idea che aveva vagliato e poi eliminato, romantica ma impraticabile.

<< Tu? Nel mio tempo? Senza automobile, internet e costretto a nascondere quello che sei? Finiresti per odiarmi dopo appena un mese. Hai una vita qui: un lavoro, degli amici, una famiglia, potresti farti una famiglia… tu non verrai con me >> dichiarò, lo sguardo che Martìn gli lanciò avrebbe fatto soccombere un uomo meno forte ma lo stava facendo per il suo bene si ripeté per l’ennesima volta, sarebbe stato egoista imporgli un secolo dove l’altro avrebbe conosciuto solamente miseria.

<< Potrei riuscirci, per te >> lo supplicò Martìn, ormai rivestitosi.

<< Non si vive solo d’amore. Sarebbe bello se fosse così ma dobbiamo guardare in faccia la realtà, come non ho fatto per tanti anni >> dichiarò sperando che l’altro capisse e accettasse tutto quello, non era facile ma potevano farcela. Tutto quello gli sarebbe mancato, forse, la magia gli aveva dato tanto ed era giusto che lui la ripagasse con la stessa intensità.

<< Puoi dormire con Sergio questa notte. Ti voglio fuori dalla mia stanza quando tornerò dal bagno >> gli comunicò Martìn prima di lasciare la stanza, sapeva bene di meritare tutto quell’odio e quel rancore ma per salvare Sergio avrebbe sopportato anche di peggio, era meglio per tutti loro, solamente alcune parole, il tempo giusto e quel dolore che lo stava pervadendo avrebbe cessato di esistere e di avvelenargli l’anima.

Sergio non gli disse nulla, limitandogli a fargli spazio, d’altronde avevano discusso di quella faccenda per tutto il giorno. Anche suo fratello avrebbe lasciato qualcuno in quel secolo ma sembrava molto più determinato di lui, forse perché si era fatto coinvolgere di meno, forse perché era più razionale o chissà per quale motivo.

<< Mi devi un favore >> disse prima di chiudere gli occhi.

<< Non volevo finisse così ma dobbiamo affrontare la realtà >> gli rispose Sergio prima di girarsi dall’altra parte.

Da in poi la situazione era peggiorata in maniera esponenziale.

Martìn li aveva evitati per tutto il giorno, la notte non aveva osato andare in camera sua temendo la reazione dell’argentino e si era limitato a ripassare l’incantesimo assieme a suo fratello. L’ultima notte però era stato l’altro a fargli cenno di raggiungerlo, una scopata d’addio aveva pensato prima di baciarlo e poi aveva smesso di pensare.

Si erano cercati con un desiderio disperato, esplorando ogni singola parte dell’altro nel tentativo di memorizzarlo, gemendo il nome dell’altro, dandogli tutto quel che poteva. Martìn gli si era offerto con un abbandono che mai aveva avuto e che lo aveva inebriato, avrebeb potuto fargli qualsiasi cosa e l’altro avrebbe accettato con piacere. Il modo in cui lo aveva baciato, la maniera in cui si erano sfiorati e poi come avevano fatto all’amore… pensare che avrebbe dimenticato tutto quello perché niente sarebbe mai accaduto gli procurava un dolore quasi fisico ma non c’erano alternative, era per il bene di tutti. Aveva persino pensato di concederglisi, un’unica volta e per dimostrargli quanto lo amava ma… quello no, non ancora almeno, ossia mai. Non perché non lo amasse ma perché quello era troppo per lui, era stato cresciuto con delle idee e due mesi e mezzo in un secolo che non era il suo non potevano cambiare quelle idee, se avessero avuto più tempo forse avrebbe potuto prendere in considerazione quell’idea.

Non erano solo, prevedibile ma non si sarebbe mai aspettato di vedere Silene Olivera con il suo… compagno, che una della sua età frequentasse un ragazzino era a dir poco indecente a parer suo. Non erano i soli, c’erano anche l’ispectora di Sergio e la gitana, che bel quadretto familiare gli venne spontaneo pensare, almeno Martìn avrebbe avuto qualcuno a cui appoggiarsi quando lui e Sergio sarebbero ritornati nel proprio secolo.

<< Ho intenzione di immortalare questo momento, fosse anche per cinque minuti ma voglio conservarne il ricordo >> dichiarò Silene indicando il ragazzino che brandiva un oggetto che non aveva mai visto ma che stando a quello che aveva letto Sergio serviva a catturare le immagini in movimento, le stesse immagini che poi si vedevano alla televisione in diretta o meno. Suo fratello aveva scelto come luogo dell’incantesimo Toledo nei pressi di palazzo Fonollosa così avrebbe dovuto sostenere uno sforzo minore, solamente un incantesimo temporale senza coinvolgere lo spazio si era giustificato Sergio.

Stava per cominciare quando sentì una vibrazione proveniente dalla tasca della giacca. Non si era mai servito del cellulare, c’erano solamente due numeri e lo trovava un aggeggio inutile se non dannoso, proprio per questo ignorava chi lo avesse contattato. Lo prese in mano e lesse, esattamente come gli aveva insegnato Martìn e rimase di sasso. Era impossibile ma se lo stava leggendo in quel momento… come aveva fatto a non pensarci subito?

Ora sapeva esattamente cosa fare, e sapeva che avrebbe funzionato, altrimenti non avrebbe mai letto quel messaggio, era una situazione strana, quasi unica nel suo genere ma questo non significava che non fosse impossibile.

<< Allora, vogliamo muoverci o cosa? >> domandò la gitana per poi lanciargli uno sguardo carico di rimprovero, sicuramente sapeva tutto tramite il serbo che doveva averlo saputo da Martìn, quei due si stavano preoccupando per qualcosa che non aveva motivo di esistere.

<< Ai vostri ordini, quando siete pronti >> rispose con un sorriso divertito prima di fare cenno al fratello di avvicinarsi. Sergio lanciò un ultimo sguardo a Raquel Murrillo e lo raggiunse, apparivano stranamente fuori posto nei loro vecchi abiti si ritrovò a pensare; cercò Martìn con lo sguardo ma Martìn fece di tutto per evitarlo, poco male pensò con un sorriso, avrebbe sistemato tutto e in una maniera a dir poco spettacolare. Si erano cambiati d’abito poco prima, se solo avesse saputo tutto dal principio avrebbe avvisato suo fratello ma a quanto sembra anche Sergio era destinato a scoprire tutto sul momento.

Si concentrò, chiuse gli occhi e disse le parole, sapeva esattamente cosa sarebbe accaduto e non era quello che gli altri immaginavano, oh no. Avvertì un rumore familiare e riaprì gli occhi: era andato tutto esattamente come previsto.

 

Toledo, 1519:

 

Respirò a pieni polmoni quando i suoi piedi toccarono terra.

Aprì gli occhi, ma quando li aveva chiusi si domandò, e pensò di essere finito in un incubo. Erano a Toledo, forse, ma sicuramente c’era qualcosa di sbagliato, tanto per cominciare la strada non c’era, il cielo era troppo luminoso e non si vedeva un lampione nemmeno a pagarlo, dove cazzo era finito.

<< Dove… dove siamo? >> disse una voce e istintivamente si voltò, peccato che il suo stomaco non gradì affatto. Si piegò in due e cercò un sostegno prima di vomitare, era dai suoi anni universitari che non si sentiva così male. Quasi non registrò due mani che gli accarezzavano la fronte, era troppo impegnato a rigettare i pasti di almeno dieci anni, ma cosa cazzo era accaduto?

<< Tutto bene? >> disse di nuovo la voce, alzando gli occhi notò Raquel Murrillo che lo guardava preoccupata.

<< Mi sento come dopo quella volta che io, Agata, Hovik e Mirko siamo andati all’Oktober Fest >> rispose Martìn Berrote, la bocca ancora amara, che ricordi… . Quell’anno si erano sbronzati tutti e quattro in maniera a dir poco indecente, era sicuro di aver rimorchiato almeno tre tedeschi, una vacanza divertente come poche altre.

<< Vuoi una mentina? >> gli domandò l’ispectora e lui assentì con la testa, cosa cazzo era successo e dov’erano?

Si guardarono attorno, quella era Toledo, doveva esserlo, cosa era andato storto di nuovo?

<< Dove siamo? E soprattutto, quando siamo? >> disse a voce alta, sapendo fin troppo bene che pur essendo grammaticalmente sbagliata la sua frase era corretta.

<< Non ne ho idea, perché l’incantesimo avrebbe dovuto colpire noi? Che senso ha? >> domandò a sua volta Raquel.

Che senso aveva? Andrés aveva elaborato il piano perfetto, quello che portandoli ad annullare il primo incantesimo avrebbe fatto dimenticare tutto quello che era accaduto, eppure aveva cambiato idea all’ultimo minuto. Per quale motivo avrebbe dovuto spedire lui e Raquel nel passato, se quello era davvero il passato? Non aveva senso, era illogico e stupido e forse Andrés non era il grande stregone che credeva di essere se in due occasioni aveva sbagliato lo stesso incantesimo. A meno che… che figlio di puttana! Che geniale figlio di puttana!

<< Penso di aver capito, dobbiamo solo chiedere indicazioni >> dichiarò prima di muovere un passo, peccato che l’inspectora riuscì a fermarlo.

<< Dove pensi di andare vestito così? Dobbiamo trovare degli abiti per passare inosservati, pensa a quante domande si farebbe la gente se ci vedesse vestiti così >> lo ammonì la donna, se erano quando pensava lui effettivamente dovevano cambiare look il prima possibile.

<< Se siamo a Toledo vuol dire che nei pressi dovrebbe esserci il Tago, e attorno ai fiumi ci sono sempre delle lavandaie, dobbiamo solo prendere in prestito qualcosa >> ragionò prima che l’altra lo guardasse male.

<< Stai parlando di rubare, tu vuoi rubare degli indumenti >> puntualizzò Murrillo, sbirro una volta sbirro per sempre.

<< Sto parlando di adattarsi ma si, se pensa di poterne fare a meno faccia pure ispectora, sarà bello vedere quando la metteranno al rogo come strega >> replicò lui e lei sospirò rassegnata. Tirò fuori il cellulare per sapere se almeno funzionava ma niente, completamente andato, l’incantesimo lo aveva letteralmente rotto e fu sicuro che la stessa cosa fosse accaduta a Murrillo.

Per fortuna aveva indovinato, non fu facile trovare un abbigliamento completo ma almeno aveva pantaloni e camicia, Murrillo aveva avuto qualche problema per il vestito e quella era la prima e l’ultima volta che aiutava una donna a vestirsi, ma come funzionavano tutti quei nastri?

<< Il corsetto non lo metto, quel coso è una tortura. Mia nonna ne aveva uno simile e le toglieva il fiato ogni volta che doveva fare qualche passo, col cazzo che indosserò uno di quei cosi >> gli aveva spiegato Raquel, ennesimo motivo per cui essere gay era sottovalutato.

Quella era indubbiamente Toledo ma su quale fosse l’anno… quello dovevano obbligatoriamente chiedere informazioni e in quel momento non passava nessuno. Fu Raquel a trovare qualcuno, colmo dell’ironia si trattava proprio di una lavandaia.

<< Scusi, potrei sapere come mai è tutto deserto? >> domandò Raquel e lui sperò che la ragazza non si insospettisse.

<< Non lo sapete? Oggi bruciano il fratello del duca, sono tutti in piazza per assistere allo spettacolo >> rispose la ragazza con la stessa naturalità con cui lui avrebbe detto di aver dovuto fare una deviazione a causa di lavori stradali in corso.

<< Il fratello del duca? >> si intromise lui, il suo futuro comportamento dipendeva dalla risposta.

<< Il fratello del duca Fonollosa, è accusato di eresia, commercio di libri proibiti e apostasia. Il duca ha fatto di tutto per salvarlo ma il fiammingo non ha voluto sentire obiezioni, la famiglia di Sua Grazia assisterà all’esecuzione: il duca medesimo, sua moglie e suo figlio >> rispose la ragazza lasciandoli senza parole. Raquel sembrò aver realizzato qualcosa perché per poco non svenne, quindi se erano in quel giorno e in quell’anno precisi… allora … figlio di puttana, che geniale figlio di puttana era l’uomo di cui si era innamorato.

<< Vostra moglie si sente bene? >> domandò la ragazza preoccupata.

<< Non è mia moglie ma mia cognata, il mio povero fratello era un corrispondente del fratello del duca e mia cognata voleva tanto conoscerlo >> rispose lui, mentendo ma non troppo. Era sicuro che tra Sergio e l’ispectora ci fosse qualcosa, dal suo accento la ragazza avrebbe subito capito che non era del luogo quindi tanto valeva passare subito per straniero.

<< Un vero peccato, di dove siete? Non siete di qui >> disse subito la ragazza.

<< … veniamo dal… dal Regno >> rispose sperando che capisse, Sergio aveva nominato un regno riferendosi all’Italia e sperò che la ragazza capisse.

<< Venite dal regno di Napoli dunque? Un vero peccato che siate arrivati così tardi >> si limitò a dire, credendogli. Poi si congedò con una riverenza e si incamminò per la sua strada, doveva riflettere, se solo Andrés lo avesse avvertito in anticipo.

<< Cosa… che vuol dire tutto questo? >> gli chiese Raquel.

<< Andrés ha sbagliato, di proposito, e ha spedito noi due nel cinquecento, per la precisione nel giorno stesso in cui ha lanciato il primo incantesimo >> cominciò lui, quello sarebbe stato un discorso impegnativo.

<< E perché lo avrebbe fatto? Non ha senso? >> fu la pronta replica.

<< Lo pensavo anch’io, poi mi sono ricordato di Groundhog Day, conosci il concetto di loop temporale? >> domandò, doveva ringraziare Agata per le maratone di film ma ovviamente lo avrebbe fatto col pensiero, non le avrebbe dato una tale soddisfazione a voce.

<< Intendi quando le azioni si ripetono ciclicamente, e cosa avrebbe a che fare con noi? >> domandò Raquel prima di spalancare gli occhi: aveva capito, lo dice sempre lui che l’ispectora Murrillo era una donna intelligente.

<< Andrés ha creato un loop temporale. Una volta mi ha detto che mentre stava per lanciare l’incantesimo qualcosa lo ha distratto e per questo si è sbagliato. Noi siamo quel qualcosa: in qualche maniera lo abbiamo distratto e per questo ha spedito sé stesso e Sergio cinquecento anni nel futuro e dove li avrei incontrati: la sua magia ha percepito la nostra presenza come estranea e deve essersi ancorata ai noi stessi del passato; i noi stessi del nostro passato ma i noi stessi del loro passato, o qualcosa di simile >> spiegò, ecco per quale motivo Andrés aveva mandato loro due nel passato, un loop temporale.

Andrés de Fonollosa aveva sbagliato volontariamente il suo incantesimo per ben due volte, la prima volta aveva spedito sé stesso e Sergio nel futuro, dove lui e Andrés si sarebbero innamorati, e poi aveva mandato lui e Raquel nel passato perché potessero permettere il primo viaggio nel tempo, e lui aveva bisogno di un’aspirina perché era tutto dannatamente complicato e cervellotico.

<< Lui ci ha mandati qui perché così noi potessimo fare in modo che spedisca sé stesso e Sergio nel nostro presente, e come abbiamo fatto? >> domandò Raquel mentre entravano in città, qui cominciò ad esserci più movimento ma sembrava che convergesse verso un punto preciso: il punto in cui Sergio Marquina a breve sarebbe diventato un arrosto in forma umana.

<< Non ne ho idea ma dobbiamo inventarci qualcosa >> replicò lui mentre diversi occhi si voltavano scandalizzati nella loro direzione, lui in camicia e Raquel con i capelli sciolti e senza corsetto, per fortuna avevano tenuto le loro scarpe, come faceva certa gente a camminare per ore su un selciato simile?

<< E dobbiamo farlo il prima possibile >> dichiarò Raquel mentre raggiungevano infine la piazza, proprio un bel giorno per un bel barbecue con gli amici si ritrovò a pensare lui. Era stato a Toledo solamente due volte da quando era arrivato in Spagna e quella città aveva un suo fascino ma non era il momento adatto per fare il turista. A forza di spintoni furono abbastanza vicini da vedere Sergio, già legato sul rogo, stessa espressione e stessi occhiali di sempre, quando tutto quello sarebbe finito avrebbe dovuto portarlo da un ottico per un formato più moderno, l’ispectora lo avrebbe senz’altro ringraziato.

Poi si voltò e lo vide e rimase senza parole.

Andrés era bellissimo, vestiva come un re, la spada che aveva alla cintura scintillava e lo sguardo, quanto orgoglio e quanta ambizione in quegli occhi si ritrovò a pensare, e pensare che lo aveva trovato ridicolo la prima volta che lo aveva visto, lo avrebbe trovato ridicolo entro pochi minuti si ritrovò a pensare; quello che per lui era già passato per Andrés era il futuro. La donna accanto a lui doveva essere sua moglie, Tatiana, e Martìn dovette ammettere a sé stesso che in effetti Tatiana era una donna attraente persino per gli standard del suo secolo. Magra, dalla pelle diafana, i capelli rossi acconciati in una maniera quasi impossibile, sembrava quasi una statua da quanto era eterea, capiva benissimo perché Andrés l’amasse e perché l’avesse sposata, con una donna simile al proprio fianco chiunque si sarebbe sentito realizzato.

Dietro la coppia intravide un movimento, doveva trattarsi di Rafael, il figlio di Andrés di cui l’altro gli aveva sempre parlato così male.

<< Dobbiamo fare qualcosa >> gli disse Raquel riportandolo con i piedi per terra, e dovevano farlo ora pensò osservando Andrés chiudere gli occhi e Tatiana allontanarsi discretamente da lui. Non gli venne in mente nulla eppure qualcosa doveva accadere ma cosa?

<< Andrés! Andrés! >> cominciò a farsi largo tra la folla seguito da Raquel che lo imitò tenendosi l’abito per evitare di perderlo di vista.

Seppe di aver avuto successo quando Andrés si voltò per un istante nella loro direzione, troppo tardi per interrompere l’incantesimo ma ancora in tempo perché la destinazione finale di lui e Sergio cambiasse, o almeno sperò che accadesse.

Accadde tutto in un istante, un momento Andrés lo aveva guardato e un momento dopo era sparito, le urla della folla gli fecero comprendere che a Sergio era avvenuta la stessa cosa, Raquel glielo confermò pochi istanti dopo. << E ora? >> domandò l’ispettrice.

<< Ora aspettiamo. O spariremo e ci ritroveremo nel nostro tempo o resteremo qui e allora avrà funzionato >> rispose lui, era tutto assurdo e seguiva le leggi della fantascienza ma stava funzionando, a modo suo.

Rimasero in attesa mentre la folla rumoreggiava, per precauzione si infilarono nel primo vicolo che trovarono, d’altronde erano stati testimoni di un incantesimo e se mai Sergio fosse tornato lo avrebbero accusato anche di stregoneria, quel secolo sembrava avere una certa facilità nel condannare a morte.

<< Ha funzionato, ora dobbiamo … che dobbiamo fare? Dobbiamo attendere che il tuo fidanzato venga a riprenderci? Dobbiamo tornare con le nostre forze? >> domandò l’ispectora, e che cazzo!

<< Prima di tutto non è il mio fidanzato anche se una volta tornati a casa dovremmo riprendere un certo discorso, secondo… voltati lentamente e alza le mani >> le rispose cercando di rimanere calmo. Raquel Murrillo obbedì e alzò le mani: almeno cinque soldati li stavano tenendo sotto tiro, non conosceva la capacità offensiva di un’alabarda e non era intenzionato a scoprirlo quel giorno.

<< Noi… io e mio cognato stiamo cercando il duca >> intervenne Raquel, per fortuna aveva il tono autorevole dello sbirro, anche se in quel secolo poteva essere un problema.

<< Il duca? E cosa vorrebbe mai il duca da due pezzenti? >> rispose quello che sembrava il capo.

<< Il duca Fonollosa ci attendeva, abbiamo delle informazioni importanti… chiedete all’imbecille >> dichiarò lui, se davvero era tutto come gli avevano raccontato allora la notizia che Andrés disistimasse Rafael doveva essere nota.

<< Avvisate don Rafael, e voi venite con noi >> fu la risposta, prevedibile solamente nella prima parte. Dobbiamo inventarci qualcosa sussurrò a Raquel in inglese sperando che capisse il suo piano, per fortuna l’ispectora era abbastanza intelligente: gli rispose con un ok che in quel secolo non potevano capire e tirò un sospirò di sollievo.

Ora si che dovevano davvero lavorare di fantasia.

   
 
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