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Autore: Yellow Canadair    22/06/2022    1 recensioni
Lucci, Kaku e Jabura si svegliano nudi in un laboratorio sconosciuto. Dove sono? che è successo al resto del gruppo? perché non riescono più a trasformarsi? Tutte domande a cui risolvere dopo essere scappati, visto che sono giustamente accusati di omicidio plurimo.
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Nefertari Bibi è sparita da Alabasta: Shanks il Rosso l'ha portata via per salvarla da morte certa, perché qualcuno vuole il suo sangue per attivare un'Arma Ancestrale leggendaria. Ma i lunghi mesi sulla Red Force suggeriscono a Bibi che forse chiamare i Rivoluzionari potrebbe accelerare i tempi...
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Intanto Caro Vegapunk ha una missione per gli agenti: recuperare suo padre, prigioniero nella Sacra Terra di Marijoa. Ma ormai Marijoa è inaccessibile, le bondole sono ferme, e solo un aereo potrebbe arrivare fin lassù...
I Demoni di Catarina, una long di avventura, suspance e assurde alleanze in 26 capitoli!
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Nefertari Bibi, Rob Lucci, Shanks il rosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Capitolo 12

I carcerieri di Tequila Wolf

 

Rob Lucci prese il binocolo e lo puntò all’orizzonte, aguzzando la vista nel chiarore pallido di un’alba fredda che tardava ad arrivare, poi lo passò ad Hattori.

Mentre il piccione osservava il mare davanti a loro, l’uomo consultò le mappe nautiche sulla plancia del cockpit. Poi si slacciò la cintura e affermò a voce alta, per sovrastare il rombo dei motori: «Siamo arrivati. Tequila Wolf è davanti a noi.» poi si alzò, elegante, e scivolò con sicurezza nel vano cargo, dove viaggiavano gli altri agenti.

Anche Blueno si alzò e lentamente attraversò la carlinga tra gli amici sonnolenti e si avvicinò al portello. 

«Hai capito cosa fare?» gli chiese Rob Lucci.

«Quello che facevo di solito.» tuonò l’uomo. «Apro le porte.» disse afferrando saldamente il maniglione di apertura.

Fukuro e Califa si avvicinarono in silenzio, Kaku saltellò vicino a loro sciogliendo i muscoli delle gambe: era ora di usare il Geppo per gettarsi da un aereo in corsa. Anche Jabura, infine, si avviò, rimpiangendo la comoda camera d’albergo che aveva avuto fino a poco prima. 

«Quanto manca?» gridò Lucci alla pilota.

«Venti secondi stimati.» rispose la ragazza voltandosi verso gli agenti. 

Sentirono distintamente l’aereo rallentare, qualcuno dovette reggersi alle paratie per non cadere per il repentino cambio di quota.

«Io, Kaku e Califa andiamo verso est; Jabura e Fukuro, a ovest.» riassunse Rob Lucci. Gli altri annuirono.

«Ogni gruppo ha un baby-lumacofono, se ci sono novità ditelo subito.» completò Califa, dando a Jabura una piccola chiocciola rosa addormentata nel suo guscio. 

«Dieci secondi!» ricordò la pilota a voce alta.

Fukuro allungò la mano verso il baby-lumacofono tra gli artigli di Jabura.

«Lo tiene Jabura.» ordinò Lucci. «Sappiamo bene cosa succede, a lasciare un lumacofono nelle mani sbagliate.»

«PRONTI AL LANCIO!» gridò la pilota.

Il ponte di Tequila Wolf era pericolosamente vicino.

Gli agenti erano in posizione.

Lilian strinse con forza la cloche per compensare il lieve sbandamento. «ADESSO, BLUENO!» gridò.

Blueno tirò a sé il maniglione del portello, che si spalancò sul mare blu e scintillante, l’aria entrò vorticosa nella carlinga e l’aereo sbandò per pochi secondi, e la pilota stringendo i denti riuscì a mantenerlo in asse.

«GIÙ!» gridò Lucci.

Uno alla volta, in un attimo, gli agenti saltarono giù dal portello aperto e volarono sul mare, sostenuti dal Geppo, con le loro gambe che scalciavano l’aria e li mantenevano in equilibrio.

In alto, sopra di loro, Blueno richiuse il portello e con una grande virata il Canadair tornò indietro e sparì oltre le nuvole.

Kaku allargò le braccia, felice, sentendo sfilare l’aria tra le dita e sulle tempie, e lasciandosi andare giù per un bel po’ prima che, all’ultimo secondo, prendesse di nuovo quota con il Geppo, raggiungendo gli altri compagni.

 

~

 

Atterrarono nel vento freddo dell’alba sul misero tetto di una delle tante casupole che erano state costruite sul lato destro e sul lato sinistro del ponte, che si piegò lievemente sotto i loro piedi, senza cedere; il Sole aveva ancora un po’ di strada da fare, prima di sorgere, ma l’aria era rischiarata da una tenue luce blu, e le torce di Fukuro e di Califa potevano rimanere spente.

Siccome la costruzione andava ormai avanti da oltre un secolo, schiavi e prigionieri avevano costruito, oltre alle campate del ponte, anche qualche gabbiotto dove riposare di notte e dove riporre gli attrezzi; questi gabbiotti, di anno in anno, erano cresciuti in numero e in misura fino ad assumere le dimensioni di edifici veri e propri, a uno o due piani. Ormai limitavano il ponte a destra e sinistra, tanto che passeggiando al centro non si vedeva più il mare, ma solo l'interno buio di prigioni dove gli schiavi venivano rinchiusi, o dove venivano serviti miseri pastoni in scodelline di stagno. 

La quantità di tetti che si stendevano sotto i loro piedi fece nascere spontanea una domanda in Jabura: «Fukuro, sei sicuro che sia qui?» 

«Chapapa, sono sicuro che fossimo in questo distretto qui due anni fa, quando siamo arrivati.» disse l'agente. «Se non lo troviamo, possiamo chiedere alle guardie. Kumadori non è mai stato il tipo da passare inosservato.» 

Lucci aveva sempre reputato il collega troppo chiassoso per i suoi gusti, ma stavolta doveva ammettere che era una caratteristica che avrebbe risparmiato loro parecchia fatica. 

I cinque agenti si divisero: Lucci, Kaku e Califa avrebbero cercato Kumadori nel lato che si estendeva verso oriente, Jabura e Fukuro avrebbero cercato in quello opposto. 

«Se trovate Kumadori o qualche indizio utile, chiamateci immediatamente.» disse l'agente più giovane, prima di sparire con Lucci  e Califa tra le transenne del cantiere. 

Il ponte di Tequila Wolf era ancora immerso nel silenzio, schiavi e padroni non si erano ancora svegliati, e gli agenti del Cipher Pol cominciarono la loro perquisizione nella quiete più assoluta.

Il gruppo più numeroso cominciò la sua ispezione dal primo dormitorio che trovò sulla sua strada. Con un colpo di Shigan Lucci distrusse la serratura, ed entrarono. Lui aveva perso i poteri del Felis-Felis, ma era un felino nell’animo: si muoveva con grazia e perizia nel buio, silenzioso e letale come un cacciatore, seguito fedelmente da Kaku che aveva le orecchie tese in ascolto di ogni minimo rumore, proprio come gli erbivori nella prateria oscura.

Attivarono tutti l’Ambizione della Percezione: inutile guardare ogni volto, Kumadori aveva una traccia ben visibile, e che loro conoscevano bene; una volta entrati in una stanza, era relativamente facile rendersi conto se, tra una cinquantina di miserabili ammassati, c’era anche il loro amico oppure no.

«Niente nemmeno qui.» sbuffò impaziente Kaku, dopo l’ennesima ricognizione all’interno di un casermone maleodorante sospeso sul mare, tra due campate del ponte. «Ormai è il quarto chilometro che controlliamo; sembra non finire mai…»

Califa si aggiustò gli occhiali sul naso. «È il metodo più rapido in assoluto. E dobbiamo sbrigarci, prima o poi qualcuno noterà troppo movimento sul-»

«EHI! VOI TRE! IDENTIFICATEVI!»

«Era ora che se ne accorgessero.» osservò calmissima la donna. «Ma del resto abbiamo fatto piano, siamo pur sempre dei professionisti.» sottolineò.

Un sorriso terribile e sanguinario si aprì sul volto di Rob Lucci. «Finalmente posso cominciare.»

 

~

 

Magellan attraversava il Corridoio delle Armi a grandi falcate, arrancando sotto il peso di un grande zaino sulle sue spalle. «Quanti sono?»

«Non abbiamo report ufficiali direttore, dai danni pensiamo siano almeno venti. Devono essere i rivoluzionari.» rispose Hannyabal, arrancando dietro di lui.

Magellan scosse la grande testa: «Non mi sembra il loro modo di agire, i rivoluzionari quando vengono cercano di attirare l’attenzione, l’ultima volta hanno persino chiamato il Giornale…» avversò l’uomo.

«Forse per documentare la tua disfatta e la mia nomina a direttore!» biascicò tra i denti il sottoposto.

«…cos’hai detto?»

«Un lapsus! Hanno chiamato il Giornale dell’Economia Mondiale per creare scalpore, senza dubbio!» si corresse frettolosamente Hannyabal. 

«Spero solo di non arrivare tardi.» disse Magellan, ignorando i discorsi del suo sottoposto.

«Potreste anche lavorare qualche ora in più, visto che non avete più la cagarella, da quando il potere del Doku-Doku si è dissolto.» insinuò Hannyabal, pungente, ficcandosi un mignolo nel naso con falsa indifferenza.

Magellan sospirò con l’aria di uno che, quella storia, l’aveva già spiegata cento volte. «Ti ho detto che, nonostante i miei problemi digestivi siano risolti, questo zaino mi costringe a lunghi riposi perché è troppo pesante da trasportare.»

«ALLORA SE NE DISFI!! A COSA SERVE ESSERE GUARITI DALLA DIARREA, SE POI DEVE COMUNQUE RIMANERE DISTESO PER ORE PER VIA DI QUELLO ZAINO PESANTISSIMO??» esplose Hannyabal.

«Hannyabal per caso, oltre a diventare direttore al mio posto, vuoi anche diventare il mio fisioterapista?» ribatté seccato il direttore.

«Nossignore, signor no.» si affrettò a dire il vice.

«Adesso muoviti, stai battendo la fiacca. Bisogna difendere Tequila Wolf. Per quanto ben difesa… nessuna prigione è inespugnabile.»

Questo l’aveva imparato a sue spese. Il pensiero di Impel Down bruciava ancora, era stato sempre il suo vanto, era felice dei suoi lunghi anni da direttore e sapeva di aver sempre fatto tutto il possibile per difendere il mondo dai peggiori criminali di sempre. Aveva dato letteralmente la salute per assicurare a tutti la pace, la protezione dai ceffi che teneva in manette tra le maledette mura di Impel Down. Eppure, nonostante le sue buone intenzioni, nonostante la sua esperienza, nonostante la sua innegabile fedeltà al Governo Mondiale, a un certo punto qualcosa si era spezzato: prima l’evasione di massa, in contemporanea con la Guerra di Marineford, e poi, quando finalmente le acque sembravano ritornate tranquille, una volta retrocesso a vice-direttore, ecco la disfatta totale: prima una nuova intrusione, costata un omicidio irrisolto e diversi morti collaterali, e poi gran finale, con l’Apocalisse dei Frutti del Diavolo.

Lui aveva perso il controllo del Doku-Doku e si era chiuso nella stanza più remota che era riuscito a trovare, per evitare di uccidere non solo i prigionieri, ma anche tutte le guardie, suoi colleghi e amici. Intanto i prigionieri dotati di poteri stavano letteralmente radendo al suolo la prigione, le spaccature sottomarine si allargavano sempre di più, c'era stata una fuga di massa e i galeotti avevano ingaggiato battaglia con le guardie.

E poi la notizia che il Governo Mondiale era crollato, i lumacofoni che non rispondevano più, il caos.

Era stato subito evidente che non sarebbero riusciti a sedare anche quella rivolta, così si erano arroccati in difesa, e reggere un eventuale assedio. Per fortuna, poi, l'assedio non c'era stato: i rivoltosi in breve avevano ritenuto più importante guadagnare il mare e la libertà, e andare a morire da qualche altra parte che contro l'Hydra fuori controllo.

Dopo qualche giorno era arrivata una squadra speciale del Dipartimento Scientifico per contenere la velenosità e cercare di salvarlo; Magellan credeva di essere finito, fuori da ogni genere di carriera, e invece dopo qualche mese in isolamento sotterraneo, ecco la proposta: gestire la colonia criminale di Tequila Wolf con il suo ex team di Impel Down, a patto di farsi analizzare.

Da quando aveva perso il controllo del suo potere era pericolosissimo avvicinarsi a lui: a mala pena riusciva a proteggere le persone che gli erano attorno, visto che vomitava veleno che spesso era mortale alla sola esalazione.

Magellan aveva accettato. 

Perché no? Non era molto diverso dal sorvegliare i detenuti a Impel Down, e qui almeno erano all’aperto; però, aveva osservato Saldeath appena arrivato, una torre sottomarina era più semplice da difendere rispetto a un immenso ponte in mare aperto che si estendeva per chilometri e chilometri. Meno male, aveva risposto a Saldeath, che erano su un ponte in mare aperto: nel chiuso di Impel Down avrebbe fatto involontariamente una strage.

I colleghi gli avevano dato ragione, e così erano rimasti a lavorare a Tequila Wolf. 

 

~

 

Le guardie giacevano al suolo come stracci consumati, trivellate dai colpi dei tre assassini. Le loro mani grondavano sangue, che brillava alla luce della torcia che Califa non aveva mai smesso di tenere in mano.

Rob Lucci atterrò due soldati nello stesso istante, mentre Califa con la sua frusta di spine bloccava una guardia che aveva incautamente tentato di sorprenderla alle spalle.

Kaku stava per tranciare di netto il collo a due secondini con un colpo di Rankyaku, ma si bloccò e li uccise in maniera ben poco scenografica con una semplice raffica di Shigan. «Aspettate… sentite anche voi quest’odore?» si allarmò.

Rob Lucci si fermò, pulendosi le mani sporche di sangue sui pantaloni, e togliendosi dagli occhi un rivolo cremisi che gli stava colando dal sopracciglio. «…lo sento.»

Califa si girò in direzione della porta.

Qualcuno entrò nello stanzone, anche se per passare dalla porta dovette chinarsi. Ma quando arrivò in mezzo alla stanza fu subito chiaro agli agenti che erano arrivati i pezzi da novanta del ponte di Tequila Wolf.

Magellan fece un passo in avanti, entrando nello stanzone. Lo zaino che aveva sulle spalle torreggiava sinistro, inclinandosi leggermente e facendo risuonare i suoi passi ancor più pesantemente. «Chiunque voi siate, arrendetevi immediatamente.» ordinò come da prassi. «Siete in arresto per esservi introdotti nel campo di detenzione di Tequila Wolf.»

«E tu chi saresti?» rispose graffiante Lucci, leccando il sangue che colava dalle sue dita.

«Sono Magellan. Sono il direttore di questo posto.»

«E faresti meglio cedermi il tuo post- ops, scusate, un lapsus.» mormorò Hannyabal.

Lucci assottigliò lo sguardo. «Magellan?» il nome non gli era nuovo, ma era abbastanza sicuro di non aver mai visto l’uomo alto e oscuro che stava davanti a lui.

Califa venne in suo supporto. «Ma certo, Magellan.» disse aggiustandosi gli occhiali sul naso. «Quando vivevamo a Enies Lobby, si parlava spesso di lui: era il direttore di Impel Down, la prigione sottomarina.»

«Vivevate a Enies Lobby?» li interruppe il direttore aggrottando lo sguardo. «Chi diavolo siete?»

«Siamo del Governo Mondiale.» disse Kaku. «E siamo qui per requisire un prigioniero.»

Magellan rise brevemente e scosse la testa. «Non se ne parla.» poi si voltò verso le guardie che lo seguivano e verso Hannyabal, e ruggì: «Levatevi dai piedi voi. Non intralciatemi.»

Gli agenti sorrisero sprezzanti: non aspettavano altro che uno scontro.

«Sta’ attento, Lucci.» avvisò Califa. «È molto potente. Ha il Frutto del-»

«Non esiste più nessun frutto, stupida.» la stilettò Lucci. «Esiste solo la forza fisica.»

Magellan intanto, con un gesto deciso, si strappò dalle possenti spalle il drappo che ricopriva il suo ingombrante zaino, rivelando un poderoso doppio cannone spianato contro i tre agenti.

«I poteri non esistono più.» confermò Magellan calandosi sul volto una maschera antigas. «La tecnologia sì però.»

 

~

 

Jabura era un duro: era l'agente più anziano, era abituato a missioni al limite della sopravvivenza, aveva ucciso tante persone e tante altre ne aveva provocate e messe fuori combattimento, aveva visto tramonti atroci e albe terribili. Eppure quel posto lo irritava più del dovuto. 

«Chapapa, stai diventando sensibile con l'età?» domandò Fukuro, sorprendendo alle spalle una guardia e facendola stramazzare a terra nel suo stesso sangue. Le avevano chiesto di Kumadori, ma quell'imbecille si era messo a schiamazzare. 

«Non dire stronzate» lo rimbeccò Jabura, mezzo sovrappensiero. Normalmente sarebbe andato avanti a testa bassa, ma ora che sapeva che Lili era stata una schiava, non sempre riusciva a non pensare a lei, quando vedeva le donne prigioniere, magre, sporche e con i capelli rasati. E lo stesso pensiero, collegato a Kumadori, lo faceva incazzare. 

Ma era un professionista, era abituato a tenere le considerazioni personali al di fuori dalle missioni, e non si lasciava distrarre più del dovuto.

I due agenti entrarono in un dormitorio maschile e squadrarono in fretta tutte le facce da galera che c'erano con l'aiuto di due pile. Nessun volto noto. 

«Mani in alto, prego.» ordinò una voce alle loro spalle. 

Jabura e Fukuro sollevarono le braccia, fintamente obbedienti, già ghignando al pensiero di cosa stava per succedere. 

«Non sparare.» disse calmissimo il Lupo, senza voltarsi. «Stiamo cercando una persona.» 

«Non state cercando proprio niente.» rispose Saldeath tranquillo. «Siete in arresto. Arrendetevi.» 

«Chapapa, cerchiamo una persona di nome Kumadori. Se ci aiuti, forse risparmieremo la tua vita.»

Jabura aggiunse, leccandosi le fauci assetate di sangue: «Non abbiamo nessun interesse a ucciderti. Ti conviene collaborare.» 

Saldeath sospirò. Sospettava che non sarebbe stato né semplice né rapido. «Non so di chi parli.» rispose.

«Kumadori!» ripeté spazientito Jabura. «Alto quanto un armadio, con i capelli rosa, dice sempre “yoyoi” a voce altissima ed è un melodramma vivente!» gridò. Poi, rivolgendosi al dormitorio: «C'è qualcuno di voi che sa dov'è?» 

«Adesso basta, fate silenzio, vi porteremo via e-»

«Mi hai rotto le palle con questo tono! Rankyaku kuro!»  gridò Jabura voltandosi di scatto con una rotazione fulminea.

Saldeath era precisamente sulla traiettoria del colpo, ma qualcosa si frappose all’ultimo istante tra lui e la devastante lama d’aria, che colpì la porta di legno dell’ingresso e poi distrusse tutta la parete, che crollò con un grande frastuono di polvere e schegge di legno.

«Vergogna, Jabura.» disse Fukuro. «Una volta l'avresti sparato dall'altra parte del ponte, avresti abbattuto il caseggiato sul lato opposto e l'avresti fatto finire in mare.» disse. 

«Certo. Poi te lo sorbisci tu, Lucci che s'incazza perché abbiamo fatto troppo casino.» si lamentò l'uomo.

Ma dalla nuvola di polvere si risollevò qualcuno. «Bravi, Blugori. Ottimo lavoro.»

Jabura e Fukuro si voltarono.

Dai calcinacci e dalle schegge uscì la figura di media statura di Saldeath (oh, quanti anni erano passati dai tempi in cui era un soldo di cacio che arrivava al ginocchio di Magellan!), con il tridente e l’aria annoiata, e poi, dietro, cinque figure tonde e imponenti, con un teschio nero che brillava sulla loro divisa nel sole pallido e freddo. Uno di loro era ferito e zoppicante: aveva cercato di parare il colpo di Jabura difendendo Saldeath con il suo corpo. 

«Molto ingenuo da parte vostra tentare un attacco contro la mia persona.» considerò la guardia. «Non ve l’avevano detto che con me ci sono sempre i Blugori di Impel Down?»

 

~

 

Rob Lucci saltò di lato, allontanandosi da Kaku ed evitando una densa cannonata di veleno viola e ribollente. L’aria dell’immenso stanzone era satura di veleno, respirare diventava sempre più difficile, uscire da lì era la priorità assoluta, ma l’unico accesso era difeso da Magellan e dalle sue guardie, che avevano deciso di finirli lì, in trappola come topi.

Magellan non aveva più il potere del Frutto Doku-Doku, la sua maestosa e letale Idra era un ricordo del passato; però qualcuno aveva pensato bene di studiare il suo veleno nel periodo in cui era fuori controllo, e aveva costruito uno zaino-cannone che l’uomo portava sulle spalle e che adoperava come un’estensione del proprio corpo. Non c’era l’Idra, ma era come se il Doku-Doku non se ne fosse mai andato.

Kaku scambiò uno sguardo allarmato con il collega, e Lucci comprese all’istante quello che voleva dire: uscire, uscire subito. Anche con le loro Tecniche, era impensabile continuare a combattere in un’ambiente chiuso dove l’aria che respiravano bruciava i polmoni e annebbiava la vista.

Califa evitò per un soffio un getto bollente di veleno saltando a poca distanza da Lucci. 

Il leader colse l’occasione e le ordinò: «Apri un varco nella parete laterale.» 

La donna con un colpo di Soru cambiò direzione e sparì dal campo visivo del boss.

Lucci cercò Kaku, e con un gesto gli ordinò l’attacco diretto.

Kaku trattenne il fiato e caricò il colpo rimanendo a mezz’aria.

Magellan puntò il cannone destro in direzione del ragazzo, pronto a sparare uno dei grossi proiettili bollenti e velenosi, ma Rob Lucci saltò rapido come un felino alle sue spalle.

«Rankyaku!» 

Magellan parò il colpo, una spessa cortina di veleno ammortizzò il fendente che perse velocità quel tanto che bastava per permettere a Magellan di evitare il colpo.

Ma Kaku non era lì per fare da pubblico.

«Rankyaku: Hakurai!» Kaku calò dal soffitto una grandinata di colpi che colsero di sorpresa la retroguardia di Magellan e lo costrinsero ad arretrare.

I prigionieri intanto si muovevano disordinati nel buio, cercando disperatamente di tranciare le catene che li immobilizzavano alle pareti dello stanzone, urlando di terrore e tossendo rumorosamente per cercare di liberarsi del veleno che gli impregnava i polmoni.

Rob Lucci cominciò ad accusare il colpo del veleno, usò la Reazione Vitale per rendersi più resistente all’aria mefitica, ma non poteva continuare a lungo. Fece infilare Hattori nella sua manica sinistra, per fargli respirare meno aria possibile, ma bisognava uscire alla svelta.

Il fido Kaku arrivò vicino a lui, dando un pesante calcio alle due schiave che urlavano ai loro piedi nella richiesta disperata di essere salvate.

«Ehi, voi!» sussurrò una voce flebile.

«Che diavolo sta facendo Califa?!» disse Kaku, alle strette.

Lucci strinse i denti.

«Ehi… voi due!!» ripeté la voce dal basso.

Lucci si sentì tirare con insistenza il pantalone, e nella penombra delle fiaccole vide delle mani luride e scheletriche. Stava per falciare quello sventurato, quando una frase fu più veloce della sua follia omicida e lo fermò: «Io conoscevo Kumadori.» 

Kaku spostò la torcia e arrivò a illuminare un gruppo di prigionieri spaventati: la voce veniva da lì.

Tra i tanti derelitti già consumati dal veleno, ce n’era uno che li fissava con interesse; era vestito miseramente con la tuta grigia dei prigionieri, ma nonostante il buio risaltavano i suoi occhiali da sole rosa a forma di cuore. Sembrava muoversi al ritmo di chissà cosa che gli suggeriva la testa. 

Ma era in catene, e non aveva molta libertà di movimento.

«Io li distraggo. Muoviti.» disse Kaku ritornando in battaglia, mentre prendeva una boccata di aria nel suo gomito.

«Parla immediatamente.» disse Lucci.

«Solo se mi liberi.» rispose pronto il prigioniero. E mise una mano davanti al naso di Lucci, tenendola lì ferma a una spanna dall’uomo.

Hattori mise il capino fuori dal bavero di Lucci.

«Cosa staresti cercando di fare?»

«Oh no! Accidenti, mi dimentico sempre che non ho qui il mio pendolo per l’ipnosi.» si lamentò Jango. «Comunque sia. Kumadori, quello con i capelli rosa che dice sempre yoyoi, giusto?»

«Giusto.» ringhiò Lucci, sentendo i rumori della battaglia, e i nomi degli attacchi di Kaku sempre più velati dalla tosse causata dal veleno.

«So dove l’hanno spostato! Liberami, e te lo dico.»

Lucci prese la catena a due mani e la tese. «Dillo, e ti libero.»

Jango sospirò. «E va bene. Ascoltami…»

 

~

 

«So dov’è. Tagliamo la corda.» disse Lucci, raggiungendo Kaku.

«Meno male, il veleno sta saturando la stanza.» sudò il ragazzo.

Il direttore ricaricò il cannone che aveva sulla schiena. 

Non va, pensava. Quello era finalmente un combattimento serio, gli avversari erano concentrati e forti, però le sue attrezzature non riuscivano ancora a compensare la versatilità e la letalità del Doku-Doku.

Per di più erano davvero troppo veloci per poter caricare, mirare e sparare.

Ma per fortuna aveva una soluzione.

«Cannon Hydra: combo

I due cannoni spararono contemporaneamente un getto ampio di veleno ad altissima pressione, ma proprio in quel momento la parete laterale crollò, il fabbricato si accartocciò su se stesso, Kaku e Lucci videro sopra di loro il cielo azzurro e bianco del mattino e con un colpo di Geppo si portarono fuori dalla portata di quel cannone.

«Alla buon’ora. Dormivi?» ringhiò Lucci con un leggero fiatone, mentre si manteneva in equilibrio a mezz’aria con il Geppo, con Hattori che gli svolazzava sollecito attorno.

«Non credere che fosse facile muoversi senza farsi notare, con uno squadrone di guardie schierato davanti!» si difese Califa, ravviandosi la lunga chioma bionda che ondeggiava nel vento freddo.

«Siamo vivi per miracolo.» disse Kaku, raggiungendoli. «Guardate!»

L’esplosione di veleno, unita al colpo di Califa, aveva fatto collassare il dormitorio in cui si trovavano, e le onde di veleno ribollenti avanzavano ora lente, ora impetuose, e corrodevano il legno, facendo crollare le baracche, e uccidevano chiunque fosse sulla loro strada.

«Che facciamo?» chiese Kaku.

«Usiamo il Soru e risaliamo il ponte verso nord. Dobbiamo riprendere gli altri e andarcene.» ordinò Lucci, estraendo un lumacofono dalla tasca.

Intanto, un prigioniero dagli occhiali a cuore stava approfittando della confusione per scappare via, lontano dal veleno e da quei due pazzi assassini, con il progetto di ritrovare il suo compagno d’armi e chissà, forse anche il suo amato contrammiraglio.

 

 

 

Dietro le quinte...

 

Buonsalve a tutti!

bene, tornano le care vecchie note in cui ho qualcosa da spiegare di quanto è stato faticosamente qui partorito.
Il ponte di Tequila Wolf: in One Piece questo ponte, che si trova nel Mare Orientale, fa regno a parte. Di questo ponte si sa poco, Nico Robin c'è stata durante il timeskip, quindi ho dovuto ricostruire l'ambientazione quasi da zero. Mi sono ispirata al Ponte Vecchio a Firenze, adattandolo alle esigenze e rendendolo, cupo, fatiscente, pieno di lamenti (in realtà è un posto bellissimo, scintillante di gioiellerie!). Il Corridoio delle Armi in cui sfreccia Magellan, invece, richiama il Corridoio Vasariano che collega Palazzo Pitti con Palazzo Vecchio, passando proprio per Ponte Vecchio, sempre a Firenze.

Tornano i camei! Dopo Mr. Two Von Clay, dopo Morgans, ecco comparire dal passato il caro vecchio Jango! Povero Jango, chissà cos'ha fatto per meritarsi Tequila Wolf. È un tipo pieno di risorse, privo di catene e nel mezzo di un'emergenza troverà sicuramente il modo per prendere il largo, e ritrovare il compagno Fullbody. E Hina? Hina chi lo sa. Aveva un Frutto del Diavolo.

Ditemi cosa ne pensate di Magellan! Non poteva riavere la sua Hydra, però non dimenticate che il Governo Mondiale ha ancora Vegapunk (padre) nelle sue grinfie, quindi una tecnologia avanzatissima! Magellan è diventato una specie di Blastoise spara-veleno. Maaaa... non manca ancora qualcuno della cricca di Impel Down? Mmmm ~ ? 

Appuntamento alla prossima settimana con il tredicesimo capitolo: Tutto il rosa della vita! (se sei un giornalista della Gazzetta dello Sport ti prego non mi denunciare, non c'ho i soldi)

Ciao!


Yellow Canadair

 




 

  
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