Libri > L'Attraversaspecchi
Segui la storia  |       
Autore: Jeremymarsh    23/06/2022    4 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

Marito

 

Thorn si recò di prima mattina all’Intendenza, da solo, e mentre prendeva strade che mai avrebbe potuto dimenticare e percorreva corridoi più che familiari fu sorpreso di non provare alcuna amarezza. Aveva immaginato che tornare nel luogo che l’aveva ospitato per una parte importante della sua vita avrebbe riportato sensazioni sgradevoli a galla, una certa gelosia o rabbia perché non era più il suo posto. Eppure, ora si sentiva più soddisfatto che allora, felice, e non gli mancava nulla, anche se quel lavoro sarebbe rimasto sempre quello più adatto alla sua persona.

Gli fu concesso passare senza troppe cerimonie o attesa e quando entrò nell’ufficio fu sorpreso di vederlo spoglio e privo di personalità. Dietro la scrivania, in piedi, vi era Emmanuel tutto sudaticcio e nervoso, oltre che in ansia di portare a termine il suo attuale compito: riempire una vecchia borsa già strapiena di ogni oggetto personale che aveva decorato l’ufficio negli anni in cui era stato suo.

Thorn si bloccò in mezzo alla stanza, si schiarì rumorosamente la gola per attirare l’attenzione dell’uomo e alzò un sopracciglio quando questo alzò il volto verso di lui.

“Ah, signor Thorn, siete qui. Ottimo,” lo accolse l’Intendente, tamponandosi la fronte con un fazzoletto e ricordando colui che era stato durante il loro primo incontro. Fece per recuperare il proprio orologio e controllare l’ora, ma Thorn lo precedette.

“In perfetto orario.”

“Ma certo, sapevo che non mi avreste deluso. Venite, non state lì impalato, accomodatevi.”

Thorn, tuttavia, sembrava avere qualche difficoltà a seguire quell’ordine soprattutto perché lo stesso Emmanuel non dava segno di volersi sedere e continuava, insistente, a voler infilare in quella borsa cose che non sarebbero mai entrate e a rendere nervoso il suo ospite a causa del disordine.

“Ah, capisco. Molto bene.” Tossicchiò e poi ignorò quelle cose poche rimaste. “Vi starete chiedendo cosa avevo urgentemente bisogno di discutere con voi. Bene. Non vi tratterrò a lungo perché immagino che avrete molto da fare – tra poco anche di più –, ma ho un compito da affidarvi. Credo che sia il minimo che possiate fare dato l’aiuto che vi ho dato.”

Thorn si irrigidì mentre, allo stesso tempo, un’espressione gelida trovava posto sul suo viso e riduceva gli occhi a due fessure. Una conclusione del genere non era inaspettata per uno come lui: le persone – nei rari casi in cui lo aiutavano – volevano sempre qualcosa in cambio. Tuttavia, non era più l’uomo che era stato e non avrebbe fatto il gioco di questo individuo. E fu proprio per quello che le successive parole che lasciarono la bocca di Emmanuel lo lasciarono particolarmente di stucco.

“Ho svolto questo lavoro con entusiasmo – più all’inizio che alla fine – e vi posso assicurare che ciò che vedete ora non è nulla in confronto al caos che vi era allora. Vi ho spianato la strada, per così dire, ma non reggerei un giorno in più né potrò riavere la chioma lucente che avevo una volta. Quindi, fatemi il piacere e sedetevi al posto mio su questa sedia; questa massa di imbecilli è a briglia sciolta e nonostante la società in cui vivevamo all’epoca non era l’ideale, non ricordo nessuno che è mai stato in grado di mantenere l’ordine e la giustizia come facevate voi. Da questo momento in poi passo a voi il testimone.” Si chinò sulla scrivania e trovò quasi subito un documento che poi spinse verso Thorn, il quale era anche più rigido del solito, se possibile. “Qui trovate tutto il necessario per questo cambio; ho passato tutta la notte a redarlo e nessuno troverà una virgola fuori posto. È tutto in ordine e il titolo di Intendente è già di nuovo vostro. Fiuu, che sollievo non dover più rispondere a esso.” Detto ciò chiuse incredibilmente la valigia, ma quando fece per alzarla e portarla via con sé riuscì solo a rovesciarsi il tutto addosso.

A quel rumore – e quella scena – Thorn si mosse finalmente, ma le labbra erano ancora strette in una linea dritta e l’espressione dura come il ghiaccio dei suoi occhi. Osservò l’uomo a terra mentre si sollevava a fatica e non fece nemmeno un cenno per aiutarlo. “Vedo che avete pensato a tutto,” disse.

Quando Emmanuel riuscì a rialzarsi, più sudato e affaticato di prima, si asciugò il volto rosso dall’affanno e poi sorrise nervoso. “Ovvio. So quanto amavate questo luogo e so per certo che non avrete problemi a riabituarvi. Vedete, vi ho anche portato l’ufficio allo stato iniziale. In più, non vedo l’ora di vedere le facce dei Miraggi e di quegli altri idioti come loro non appena sapranno di questo cambiamento.” Rise contento poi si accigliò e un’espressione di dolore sostituì l’allegria mentre si accarezza la pelata. “Potrei direi che è valsa la pena anche perdere i capelli per vederla, ma mentirei. Bene, Intendente, avete qualche altra domanda?”

Thorn fece una smorfia nell’osservare gli abiti bagnati di sudore dell’uomo, ma fu sorpreso di sapere che non aveva alcuna domanda da porgli. Non era quello che si era aspettato né apprezzava poi così tanto che avesse fatto tutto senza consultarlo, ma dovette ammettere che c’era un che di ironico in tutto ciò.

Era giunto lì sapendo che quel luogo – pur essendogli mancato – non avrebbe mai potuto sostituire l’importanza che Ofelia aveva nella sua vita. Ora, invece, avrebbe potuto riprendere il ruolo che per il quale aveva studiato e che era riuscito a ricoprire nonostante il suo stato di bastardo odiato dalla società – rendendo orgogliosa anche Berenilde. Non sarebbe più stata la sua priorità numero uno né il centro dei suoi pensieri, eppure, sapere di avere già un lavoro a pochi giorni dal suo ritorno dava un senso in più a ciò che era diventato.

E lo avrebbe sicuramente svolto molto meglio di chi lo aveva preceduto – e succeduto – in quegli anni, visto il caos che regnava ovunque. Sì, c’era una certa ironia nel tornare e poter dettare legge su coloro che prima avevano sempre ritenuto necessario fargli sapere che erano superiori a lui. Non si definiva un tipo vendicativo e le cose che a cui aveva data importanza prima di conoscere Ofelia erano state poche, ma ora non poté evitare di sollevare le labbra in un sorrisetto soddisfatto.

Emmanuel, osservandolo, deglutì nervoso e avrebbe tanto voluto sapere cosa gli passava per la testa, ma poi scrollò le spalle, dicendosi che dopo tutto quello stress era giunto il momento di una meritata vacanza. Sarebbe rimasto giusto in tempo per poter guardare le reazioni di qualcuno in particolare e poi sarebbe scomparso; cosa succedeva lì in città non era più problema suo.

Infine, il Drago scosse la testa ed Emmanuel annuì.

“Direi che è tutto. Le auguro buona fortuna, Intendente.” Sorrise allegro mentre attraversava la stanza e si trascinava via la borsa – o forse sarebbe stato meglio dire che veniva trascinato dalla borsa – e quando fu fuori dall’edificio respirò contento l’aria prima di essere travolto da una crisi di tosse e chiudersi sbrigativamente il cappotto.

Chissà se quelle terme di cui il cugino gli aveva parlato avrebbero potuto far miracoli sulla sua calvizie anticipata. Tentare non gli sarebbe costato nulla.

 

*** 

 

Quando il nuovo Intendente tornò a casa fu stupito di trovare solo Ofelia, a parte le domestiche impegnate in chissà cosa e chissà dove. Berenilde e Roseline erano state così presenti – anche troppo – in quei giorni che gli risultava difficile credere che fossero andate via presto. Quando chiese spiegazioni la moglie prima scrollò le spalle e poi ammiccò.

“Diciamo che potrei avere avuto una mano da Vittoria. Per quanto è silenziosa, a volte sembra scomparire, ma ho imparato che sfrutta bene quei momenti ed è molto brava a interpretare la situazione attorno a lei. Ha convinto di sua iniziativa tua zia e la mia a portarla via. Non credere, però, che questo momento di pace durerà troppo. Salteranno fuori di nuovo prima di quanto vorremmo e se non loro, allora Archibald. Com’è andato l’incontro con l’Intendente, piuttosto?”

Thorn fece una smorfia nel sentire nominare l’antico rivale, ma l’attimo passò in fretta grazie alla domanda di lei. Non c’era bisogno di includere più del necessario l’ex Ambasciatore nelle loro conversazioni – o nei loro pensieri.

“Interessante,” fornì prima di sedersi al tavolo in cucina e bere un sorso di caffè che la moglie gli aveva appena versato.

Ofelia lo osservò attentamente e fu contenta di vedere che non era scocciato o arrabbiato, quindi qualsiasi cosa fosse accaduta non era negativa. Eppure, c’era qualcosa che non le stava dicendo.

“Di cosa voleva parlarti? Ieri sembrava abbastanza insistente.”

“Dirmi che da oggi sono di nuovo l’Intendente del Polo e che si è già occupato di ogni pratica necessaria,” rivelò infine tranquillo, continuando a bere il caffè. Lei lo guardò strabuzzando gli occhi e schiudendo le labbra mentre la stessa sciarpa al suo collo si immobilizzava. Thorn alzò il viso su di lei e ricambiò lo sguardo. “Sei sorpresa?”

“Sì, no… ecco, io,” balbettò incapace di esprimere cosa avesse per la testa. In effetti la cosa giungeva come un fulmine a cielo sereno, però, allo stesso tempo, non era nemmeno così sorprendente.

“Capisco senza alcun problema,” le rispose lui prendendo un altro sorso della bevanda calda. “Ho avuto la stessa reazione,” rivelò, nonostante Ofelia facesse fatica a immaginare il marito che strabuzzava gli occhi e spalancava la bocca. Poi un pensiero la colpì e sorrise birichina, incuriosendo Thorn che arcuò un sopracciglio. “Quindi sei già di nuovo Intendente?”

Lui annuì. “In teoria dovrei già stare a lavoro, ma sono tornato per avvertirti visto che oltre il mio assistente nessun’altro ne è ancora a conoscenza.”

“Ottimo,” esclamò Ofelia, alzandosi e raggiungendolo dalla parte opposta del tavolo per abbracciarlo e poi prendendo posto sulle sue gambe. Slanci del genere non lo sorprendevano più così tanto e, anzi, li accoglieva sempre con piacere. Eppure, la donna aveva ancora un asso nella manica e un attimo dopo Thorn allargò davvero gli occhi e si immobilizzò, sbigottito. “Questo vuol dire che non avrai problemi ad annullare il nostro matrimonio. Credo che sia proprio ora, tu no?”

“Pensavo te ne fossi dimenticata,” sussurrò mentre le sue dita la stringevano ancora più a sé come se parlare di divorzio gli facesse sentire il bisogno di tenerla vicina.

“Non avrò la tua memoria, ma le cose importanti le ricordo… ogni dettaglio,” concluse ammiccando.

Thorn le sorrise di rimando e poi avvicinò i loro volti per baciarla, pensando fra sé e sé che nulla avrebbe rovinato quella giornata. Eppure, non sapeva che presto la tranquillità di quei giorni sarebbe svanita, sostituita dalla frenesia della loro nuova routine così diversa da quella che avevano avuto a New Babel. Le svolte portavano sempre cambiamenti, alcuni più sconvolgenti di altri e per altri ancora c’era bisogno di particolare pazienza e fiducia per non essere completamente travolti e uscirne illesi.

 

***

 

Le prime settimane al Polo passarono troppo velocemente, ma non per Thorn, occupato a organizzare il disastro che era l’Intendenza nonostante il suo predecessore non fosse stato uno scansafatiche — il che la diceva lunga su chi era venuto prima di lui. E sebbene si fosse prefissato di non passare mai troppo tempo a lavoro o trascurare Ofelia, inevitabilmente la situazione lo richiese e, senza rendersene conto, iniziò a tornare sempre più tardi e lasciare casa presto — troppo presto.

Dal canto suo, la moglie cominciò a sentire la solitudine come non le capitava da tanto, sola in quella grande dimora senza nessuno a parte le domestiche che pur non erano di grande compagnia, ora che anche zia Roseline e Berenilde erano tornate alla loro routine abituale salvo le visite occasionali.  Non aveva mai pensato agli orari che Thorn faceva quando ancora erano fidanzati, sebbene ne avesse avuto un’idea e avesse sperimentato la cosa anche nella vecchia Babel all’epoca in cui si faceva chiamare Sir Henry. Tuttavia, non aveva considerato che potesse tornare a quei ritmi e la cosa la feriva ancora di più — se possibile. Che bisogno c’era di attardarsi tanto? Da cosa doveva scappare? Quali doveri erano più importanti di ciò che si erano ripromessi? Forse la cosa che la feriva più di tutte era l’idea che questo sviluppo potesse portare a una ricaduta e che tutti i passi avanti che avevano fatto potessero annullarsi.

Non poteva sapere dell’epifania che aveva colto Thorn quando si era incontrato con Emmanuel, che lei avrebbe sempre avuto il primo posto nella vita del marito, e perciò soffriva la solitudine e l’assenza dell’uomo. Non poteva leggere nella mente di lui e, quindi, i fraintendimenti nacquero e portarono con sé il malcontento e il risentimento. Aveva avuto così tanti piani e, invece, non era riuscita nemmeno a fargli la proposta come si era ripromessa; e forse non era corretto chiamarlo marito nella sua mente dato che l’annullamento, almeno quello, era andato in porto.

L’errore di Thorn era dovuto a una semplice ingenuità — per quanto sembrasse strano —, ma non si era reso conto di ciò che le sue azioni avevano causato e non l’avrebbe fatto da solo. Soltanto quando Ofelia lo avrebbe confrontato, una sera in cui era rimasta invano ad aspettarlo davanti a una cena fredda e con la rabbia che era andata aumentando di conseguenza, avrebbe compreso l’errore e i rischi corsi.

 

*** 

 

Thorn tornò a casa esausto e provato quella sera e siccome il cielo del Polo non era un ottimo indicatore del trascorrere delle ore, solo quando ebbe il tempo di controllare l’orologio da taschino si accorse del proprio ritardo. Allungò il passo verso il salotto e lo trovo vuotò, ogni luce già spenta a parte una piccola proveniente dalla cucina. Sperò che fosse una domestica che si era attardata e che Ofelia lo stesse già attenendo in camera da letto — per quanto il pensiero di lei che desinava da sola non lo consolasse poi tanto —, ma non ebbe quella fortuna.

La giovane era china sul tavolo, le braccia a farle da cuscino, e la cena ancora intatta davanti a lei, a testimoniare che era rimasta invano ad attenderlo. Per un attimo, sentì rabbia immotivata invaderlo al pensiero che Ofelia non avesse mangiato, ma realizzò presto che non sarebbe stato corretto nei suoi confronti visto che non ricordava nemmeno quando e cosa aveva mangiato lui l’ultima volta. Quando poi lei alzò il viso su di lui, lo sguardo duro e la bocca in una linea tesa, realizzò che il digiuno sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi.

Ofelia era arrabbiata e se la sciarpa che si dimenava impazzita così come tutti i soprammobili e le stoviglie nella stanza erano un segno, lo era tanto.

“Vedo che sei stato trattenuto… ancora,” disse a mo’ di benvenuto, la voce priva di inflessione.

“La situazione è disastrosa, lo sai bene,” spiegò lui impassibile senza muoversi o tentare di sedersi davanti a lei per paura che la sedia potesse giocargli qualche brutto tiro.

“La situazione è sempre stata disastrosa, Thorn. Lo era quando ho messo per la prima volta piede in questa arca, lo è ora; lo era anche a New Babel! Vuoi forse dirmi che questo è ciò che devo aspettarmi d’ora in poi?” chiese andando dritto al punto.

Thorn strinse gli occhi e la fissò di rimando. “Pensavo di averti fornito tutto il necessario per una vita agiata. Certo, capisco anche che vorresti tenerti ugualmente occupata, ma sto lavorando anche su quello, no?”

“Al diavolo l’occupazione e le prospettive di vita, Thorn,” sbuffò saltando in piedi. “Che ne è di quello che mi hai promesso quando siamo partiti a malapena un mese fa? Come hai intenzione di starmi accanto se non ti vedo mai? Non voglio un marito che non c’è mai, non voglio che tu ricada nelle vecchie abitudini che avevi quando io e te non esistevamo nemmeno come coppia.”

L’uomo si irrigidì comprendendo i propri errori, ma ciò che colse maggiormente la sua attenzione furono le ultime parole di lei; le accuse bruciarono ancor di più perché in quell’istante credette lei gli stesse rinfacciando di non essere abbastanza nonostante le rassicurazioni precedenti. Tuttavia, nascose ogni paura e debolezza dietro una maschera ben collaudata e, chinandosi verso di lei, sibilò: “Non credo ci saranno problemi, Ofelia. Non avrai un marito che non è presente perché, attualmente, io e te non siamo sposati.”

Ofelia si ritrasse di scatto, come se Thorn avesse appena azionato gli artigli per schiaffeggiarla, rimanendo a bocca aperta. Attorno a sé calò il silenzio, inquietante, e poté solo rimanere impalata a osservare il compagno fare dietro front e sparire. Il rancore, ma anche la debolezza che non era riuscito a celare, erano stati così chiari in quelle poche parole da sconvolgerla più del loro significato.

Non seppe per quanto restò a fissare il punto in cui era rimasto fermo Thorn, ma quando andò finalmente a dormire, la camera padronale era vuota. Si coricò sentendosi più sola che mai — anche più dei giorni scorsi, di quella sera — e si piegò su stessa, dimenticando anche di togliere occhiali e guanti, mentre lacrime silenziose le rigavano le guance.

Non si rese conto di essersi addormentata fino a quando un movimento accanto a lei la destò d’improvviso e delle braccia lunghe e familiari le avvolsero la vita da dietro, spingendola verso un petto duro e stringendola in abbraccio che le scatenò un pianto ancora più isterico e al tempo stesso liberatorio.

Thorn le baciò i capelli mentre le mormorava scuse nelle orecchie e le ricordava quanto l’amasse, per una volta il primo dei due a iniziare il contatto e a portarlo avanti. Se Ofelia aveva avuto dubbi che il marito potesse tornare alle vecchie abitudini, rinchiudersi in se stesso, questi scomparvero nel momento in cui si ritrovò stretta al suo corpo.

“Sei sempre stata al primo posto, Ofelia. Il mio errore risiede nel non essere riuscito a dimostrarlo in modo adeguato, lasciandomi inghiottire da vecchie modalità e peccando di ingenuità. Ma sei sempre stata la mia priorità numero uno e lo sarai sempre.” Le spostò i riccioli e le baciò il collo. “Non dubitare di me,” sussurrò, una nota supplichevole nella voce.

Lei si rigirò immediatamente nell’abbraccio e poi alzò le mani per prendergli a coppa il viso e guardarlo fisso negli occhi che mai le erano sembrati così feriti e pieni di rimorso. Si avvicinò ancora e unì le loro labbra delicatamente. “Promettimi che anche qui, al Polo, la nostra routine sarà equilibrata come lo era a New Babel, che abbiamo fatto la scelta giusta nel venire qui, che non accadrà più.”

“Concesso,” rispose solo, l’ombra di un sorriso che si faceva strada sul suo volto.

“E non voglio più andare a dormire dopo un litigio del genere, dopo esserci scambiati quelle parole.”

“Concesso,” ripeté allora lui, chinandosi di nuovo su di lei e rubandole un altro bacio.

“Sarà una regola importante del nostro matrimonio,” chiarì, seria. “E sì, questa è anche la mia proposta, Thorn. Voglio che tu mi sposi e non voglio più attendere né pensare ancora che tecnicamente non sia corretto chiamarti mio marito.” Non le interessava che non fosse la proposta più romantica del mondo ed era sicura che fosse lo stesso per lui — non erano mai stati dei tipi romantici e avevano l’abitudine di dichiarare le cose più importanti nei momenti meno opportuni — quello che contava era essere stata finalmente in grado di chiederglielo e non avrebbe accettato un no come risposta.

La reazione di lui, però, la sorprese. Non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare le ultime parole che la travolse, baciandola con impeto e lasciando che le sue mani vagassero frenetiche sul corpo di lei. Ofelia non si lasciò pregare e dopo il breve attimo di sorpresa si abbandonò a lui, partecipando con eguale fervore.

L’intimità tra loro, pur essendo passata la novità, non conosceva fasi di stallo o monotonia: si davano l’uno all’altro con passione, traducendo le parole in gesti per esprimere ciò che a volte ancora faticavano a dire; veneravano sempre il corpo dell’altro come se fosse la prima volta che facevano l’amore e si davano piacere senza fare sconti. Era un momento per amarsi incondizionatamente e dimenticare qualsiasi dubbio o paura.

Fu così anche quella sera in cui, però, la passione sembrò solo intensificarsi, probabilmente a causa dei sentimenti negativi che avevano sperimentato poco prima, della rabbia e dell’incertezza che volevano annullare e sostituire con quella sensazione di unità che percepivano solo quando si amavano e si incastravano come tasselli di un puzzle atipico e quindi unico.

Nella stanza risuonarono presto i loro ansiti e gemiti, il rumore della pelle contro pelle e le parole urlate e poi sussurrate, ma in mezzo a quella cacofonia di suoni Ofelia non dubitò neanche per un istante della risposta affermativa di lui. Non avrebbe udito un sì tanto forte nemmeno se Thorn lo avesse urlato dal piano più alto di Città-cielo. E per quel che le importava, anche ora — e soprattutto in quegli istanti — avrebbe continuato a chiamarlo suo marito perché non c’era al mondo verità più autentica di quella.




 

 


N/A:

Salve a tutti ed eccomi tornata con un nuovo capitolo. 
Spero sia stato di vostro gradimento e aver quietato i dubbi di coloro che temevano che il ritorno di Thorn all'intendenza potesse portarlo a cadare in vecchie e cattive abitudini. Diciamo che ci è caduto, ma è stato davvero un errorino da principiante visto che Ofelia rimarrà sempre al primo posto. 

Ringrazio come sempre tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle preferite/seguite/ricordate e tutti quelli che vorranno lasciarmi un commento. Vi comunico inoltre che non riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo tra due settimane perché sarò in vacanza quindi ci leggiamo il 14/07 se tutto va bene. 

Un abbraccio e buon proseguimento di settimana 💕.


06/10: Non sono del tutto sparita e ho ancora intenzione di finire la storia (secondo i miei programmi dovrebbero mancare 2 o 3 capitoli), ma ho avuto problemi e impegni personali che mi hanno reso difficile andare avanti. Attualmente sto rileggendo e rivedendo ciò che ho pubblicato finora e una volta completata la revisione (che non dovrebbe durare molto) riprenderò la scrittura dei restanti capitoli. Spero di ritrovarvi sempre qui quando accadrà, ma in ogni caso vi ringrazio per essere giunti fin qui. Spero a presto, vi abbraccio ❤.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > L'Attraversaspecchi / Vai alla pagina dell'autore: Jeremymarsh