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Autore: Eevaa    10/07/2022    9 recensioni
Erano solo dei bambini.
Non conoscevano niente dell'universo, dei pericoli del cosmo. Ancora non sapevano che dietro l'angolo li attendesse un destino da schiavi, mercenari.
Nessun pianeta sul quale tornare, nessun castello, niente più notti stellate sul promontorio di Vegeta-Sei, niente più folle di persone acclamanti al loro ritorno.
Solo sangue, conquiste, distruzione, contrabbando, fallimenti, corse solo andata.
Erano solo dei bambini, ma avrebbero imparato a crescere in fretta.
[Un doloroso scorcio sull'infanzia e sull'adolescenza di Vegeta]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nappa, Radish, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.


 


- MERCENARI -

Capitolo 9
Giorni di sole



Radish... Radish, sta succedendo... qualcosa. Sembra una palla di fuoco e... non ho molto tempo. Tuo padre... tuo padre l'aveva... Kaioh, lui aveva ragione... sono così grata che tu e Kakaroth siate lontani. Mi dispiace, mi dispiace, Radish, sii forte”.


L'esplosione che si avvertì subito dopo gli provocò la pelle d'oca. Non per il freddo di quel pianeta coperto di neve e ghiaccio, ma per aver udito per la prima volta con le proprie orecchie gli ultimi suoni del suo pianeta, le ultime voci, le ultime grida di battaglia.
Gli si mozzò il fiato, tradì ogni buon proposito di risultare indifferente mentre Radish lo fissava dritto negli occhi, a testa alta, senza distogliere lo sguardo.
Stettero in silenzio per qualche istante, mentre i ronzii dello Scouter si spegnevano e rimaneva solo il suono di alcuni animali notturni del pianeta.
«Mia madre. Questo è l'ultimo messaggio che mi ha inviato... non l'ho più ascoltato da quella notte, sai...» parlò Radish. «Non so come, mio padre lo sapeva. Beh, non avevo mai capito cosa mia madre volesse dirmi in quel momento. Ma ora lo so. So perché sono morti».
Il suo tono di voce era contaminato, diverso. Niente di simile all'allegria disarmante e insopportabile che l'aveva caratterizzato per anni.
Vegeta sostenne lo sguardo, ma se ne stette in silenzio.
«E so anche che mio fratello si trova là fuori da qualche parte. E forse... forse potrebbe unirsi a noi» aggiunse Radish.
«Tuo fratello?» Vegeta sollevò un sopracciglio. «Lui era un Saiyan di bassissimo livello».
«Anche io lo sono. Ma sono migliorato... e, anche se dovesse servire a poco, un altro Saiyan con noi potrebbe essere utile».
Aveva persino senso, quello che stava dicendo quell'idiota. Ricordava di aver visto il fratello di Radish appena nato e non sembrava per nulla forte. Ma era comunque più promettente di Tarble. E, soprattutto... non gliene fregava niente di quel Kokaroth, Kairoth o come diavolo si chiamava. Avrebbe potuto unirsi a loro per dare una mano e morire dopo due giorni, per quanto gli riguardava.
«... sai dove si trova?» domandò Vegeta.
«Sì, grazie ai file che hai raccolto su Xandar, mentre tu evidentemente non stavi solo cercando tuo fratello» borbottò Radish, e per la prima volta dall'inizio di quella conversazione distolse lo sguardo. Vegeta ebbe la tentazione di tirargli il collo, oppure fare fuoco e fiamme e sciogliere tutta la neve nei paraggi. Non lo fece. «Beh, ne ho approfittato per cercare il mio... ho letto di una navicella che è partita la notte prima dell'esplosione, diretta al Pianeta Verde 877. Probabilmente mio padre aveva sospettato che stesse per accadere qualcosa e l'ha mandato in missione. Ad ogni modo... posso andare lì, convincere Kakaroth a unirsi a noi, mentre voi continuate a lavorare».

Sarebbe stata una mossa però rischiosa, questo era chiaro per entrambi. Ai soldati membri dell'Esercito di Freezer non era consentito partire per missioni private senza consenso firmato. Se qualcuno si fosse accorto della mancanza di Radish avrebbero potuto fare questioni. Sia a lui che a loro, se l'avessero coperto.
«Dovrai stare via molti mesi». Vegeta ribadì l'ovvio, ma Radish non sembrò darsi per vinto.
«Se tanto mi dà tanto per qualche mese non avremo missioni per l'ammiraglia o con quei figli di puttana di Zarbon e Dodoria, ma per sicurezza toglierò la traccia alla mia nave, la hakererò, così che Freezer non veda dove sto andando. Ma se dovesse scoprirmi, beh... dite pure che ho disertato, me ne assumo le responsabilità».
Sua Maestà alzò gli occhi al cielo e allargò le braccia. Valeva davvero la pena rimetterci potenzialmente la pelle per andare a recuperare un inetto che non sapevano nemmeno se fosse in grado di combattere?
«Perché diavolo vuoi fare questa cosa?»
«Perché... voglio vendicarmi» mormorò Radish, stringendo tra le mani lo Scouter. Tremava, ma non per il freddo, Vegeta poteva scommetterci l'astronave. «Voglio avere ogni possibilità in più per poter sconfiggere quello stronzo che ha distrutto il nostro pianeta. Se avessi saputo prima questa cosa, forse-»
«Forse cosa, Radish?» lo interruppe, compiendo un passo in avanti. Lo fronteggiò a brutto muso, prendendolo per il bavero. «Ti saresti allenato di più? Non importa quanto ti alleni, rimarrai comunque un debole. Tu non riuscirai a farlo. Non sarai tu, e non sarà quel pezzo di merda di tuo fratello ad aiutarmi a sconfiggere Freezer. Sarò IO a ucciderlo» ribadì, violento, meschino. «Tu non hai possibilità. Neanche un-»
«LO SO, DANNAZIONE!» sbottò questi e, con uno scatto d'ira, gli strappò via la mano dall'armatura.
Vegeta ci vide rosso.
«NON OSARE URLARMI IN FACCIA E RIBELLARTI A ME, INUTILE TERZA CLASS-»
«VOGLIO SOLO AIUTARTI!» Il suo urlo rimbombò per la radura innevata, fin sopra le cime degli alberi. Uno stormo di volatili di medie dimensioni si librò in volo verso la luna crescente.
A dispetto di quello che avrebbe voluto fare, Vegeta si ammutolì. E fu come al solito Radish a blaterare, a dare l'ennesima fottuta dimostrazione di quanto fosse insopportabilmente leale. Molto più leale del suo sovrano.
«Te l'avevo detto, quando eravamo bambini... che un giorno l'avremmo sconfitto insieme. E ti avevo promesso anche che avrei combattuto per te fino alla morte, ed è quello che ho intenzione di fare, anche se ci fosse una sola piccola, piccolissima possibilità».


«Qualunque cosa, la nostra devozione verso di te rimarrà la stessa. Sei il maggiore esponente di ciò che resta di noi. Re o Principe, ti rispetterò e combatterò per te fino alla morte».


«Promessa solenne, Maestà: diventeremo grandi. E fortissimi. Diventeremo i migliori... cioè, tu il migliore, io dopo di te, ovvio. E lo sconfiggeremo, uccideremo quel bastardo nel peggiore dei modi. Ci prenderemo quello che ci spetta. Ti prenderai un esercito, un trono o un impero, quello che è. Io mi prenderò un saaacco di soldi e con quei soldi un saaacco di astronavi. Ok? Ci stai?»



Ricordi vividi di un'infanzia passata a fare i mercenari per uno stronzo. Un'infanzia in cui Vegeta era quello che taceva e Radish quello che parlava, parlava e blaterava in continuazione, mentre Nappa portava pazienza e si assicurava che non finissero nei guai. E non era cambiato niente, nulla da allora, se non che fossero cresciuti e portassero sulle spalle una verità scomoda, pesante, una vita passata fuori dalle orbite planetarie, con la testa tra le stelle e nel petto buchi neri.
Assassini, seppur in modo differente.
Vegeta aveva dubitato della lealtà dei suoi sottoposti tutta la vita, ma senza alcuna giustificazione. Fino a prova contraria era lui che quello che aveva voltato loro le spalle, era lui quello che teneva i segreti. Era lui che non era stato un bravo sovrano, e non loro che erano stati un “popolo” sleale.
Gli faceva male, non sopportava di caricarsi la spina dorsale di quella consapevolezza.
Si voltò e scosse il capo, scrutando l'orizzonte e la neve brillante.
«Mi dai il permesso di andare?» mormorò Radish.
Avrebbe dovuto dirgli di scordarselo, che non si fidava di lui abbastanza per mandarlo via per tutto quel tempo e così lontano. Ma era una bugia. Era purtroppo molto conscio del fatto che Radish sarebbe sempre tornato, con o senza suo fratello, e che non avrebbe mai disertato. Non avrebbe mai violato la sua promessa.
«Permesso accordato» mormorò quindi, tornando a fissarlo negli occhi. Si rese conto solo in quel momento che in ventisei anni di vita non si fosse mai allontanato da Radish e Nappa, ma si rifiutò di pensare a cosa implicasse. Si rifiutava di pensare che Nappa fosse una sorta di patrigno e Radish fosse quanto di più simile a un amico. Vegeta non aveva amici. Respingeva la sola idea. «Recupera quell'essere inutile, anche con la forza, se necessario. Minaccialo, fa' ciò che vuoi. Non accetterò un no da parte sua. Se opporrà troppa resistenza, uccidilo».

Radish annuì. «Sarà fatto. Tornerò il prima possibile». Nonostante tutto non sembrava così entusiasta. Erano mesi che non era più entusiasta e casinista.
Si fissarono per qualche secondo, poi il deficiente parlò di nuovo. «Vegeta, lo sai che devo chiedertelo».
«Che altro c'è?» grugnì. Sapeva cos'altro ci fosse, e non lo voleva affrontare.
«Perché non mi hai detto niente? Di Freezer».
Non lo sapeva affrontare. Non aveva le risorse emotive, non sapeva chiedere scusa, non sapeva ammettere nemmeno a se stesso che avesse commesso un errore.
Lui non sapeva fare altro che fare del male. Sapeva solo uccidere, sapeva solo tendere la mano per distruggere. E quindi distrusse.
«Da quando in qua sei tu che devi essere a conoscenza dei dettagli, Radish? Se non te l'ho detto vuol dire che non mi fregava assolutamente niente di quello che pensavi a riguardo. Come non me ne frega ora» sibilò.
Distrusse qualcosa e non se ne accorse, non subito. Non gliene fregava niente degli occhi di Radish che si incupivano ancora di più, più di quanto non avessero già fatto nei mesi precedenti.
«Solo... si trattava del nostro pianeta. Pensavo che mi fossi meritato di sapere la verità».
Il Principe sussultò. Il suo sottoposto parlava di merito. Aveva meritato la verità? La risposta affermativa però Vegeta la cacciò in un angoletto del cranio, affogata nel veleno che un bastardo come lui sapeva sputare. Era diventato come i serpenti che tanto odiava.
«Ora ti metterai a frignare come il debole che sei?» gli soffiò dritto in faccia, con un sorriso meschino, senza nemmeno comprendere che si stesse distruggendo da solo. «Smettila di perdere tempo e vattene».
Radish sostenne lo sguardo. Non c'era stata mai una volta in cui avesse smesso di affrontarlo. Testardo, orgoglioso lo era anche lui. E, anche se Vegeta nei suoi occhi poteva cogliere una crepa, lo vide sforzarsi di non tremare.
«Agli ordini, Maestà» mormorò, col mento alto, una riverenza che non gli apparteneva. Poi, dopo un accenno di inchino, si allontanò a passi ampi nella neve.
Qualcosa, una sensazione gli suggerì di inseguirlo, di fermarlo. Non si ascoltò.
Vegeta non si mosse, lo guardò sparire dietro il vetro rosso della navicella e salpare verso il firmamento, lontano, tra le stelle.
Rimase lì, con gli stivali zuppi di neve e il freddo nelle ossa, tra le macerie invisibili dell'ennesima cosa che aveva rotto, ignaro che sarebbero state macerie che si sarebbe portato dietro per anni a venire.


 
 


Il portellone della sala controlli si aprì, e Vegeta osservò Nappa entrare. Lanciò un'occhiata a chi ci fosse con lui e sollevò un sopracciglio. Cosa diavolo?
«Maestà, questo è il tuo nuovo compagno di squadra. Sì, è di Terza Classe, ma posso assicurarti che è forte più di altre inutilità, qui dentro» spiegò.
Un moccioso tutto capelli e niente muscoli alzò un braccio ed elargì un sorriso a trentadue denti.
«Ehi, Altezza!» lo salutò, con uno strano entusiasmo.
«?!» Vegeta sussultò e arricciò il naso. Un Saiyan che sorrideva in quel modo idiota?!

Nappa strabuzzò gli occhi e, dopo avergli afferrato quella testa piena di capelli, lo costrinse a un inchino violento.
«Inchinati, razza di deficiente!»
«Oh, sì, scusa, scusa, Altezza!» Il bambino – che non doveva avere più di un anno in più di lui – si divincolò e iniziò a trotterellare in giro per la sala controlli. «Ma che figata di posto è mai questo? Wow, non ero mai salito su un'astronave così grande! Ah, non vedo l'ora di andare a conquistare qualche pianeta, Altezza. Ehi, aspetta, posso chiamarti Vegeta, vero?» domandò, irruente.
Vegeta spalancò la bocca di fronte a tanta maleducazione, ma non ne uscì alcun suono. Più quel ragazzino parlava, più a lui si bloccava il fiato in gola. Non aveva mai visto nessun Saiyan così... idiota!

«...»
«PORTA RISPETTO, MOCCIOSO!» abbaiò Nappa, prendendolo per la collottola e ringhiandogli in faccia, prima di sbatterlo con violenza con il sedere a terra. Si rivolse poi al Principe con estrema riverenza. «Lo perdoni, Maestà. Io l'avevo detto al Capitano Bardack di insegnargli un po' di educazione... che famiglia di bifolchi!»
Vegeta incrociò le braccia al petto e osservò quello strano ragazzino iperattivo rialzarsi e scollarsi la polvere di dosso. Poi, come se si stesse rivolgendo all'ultimo dei soldati dei bassifondi, elargì un altro sorriso vergognosamente largo.

Nessuno prima di quel momento si era rivolto a lui in quel modo inappropriato. Eppure... non lo fece arrestare.
«Oh, che scemo, è vero: non mi sono presentato! Il mio nome è Radish!»



Un rumore sordo, soffocato. Un gemito, poi più nulla. Solo il segnale acustico dello Scouter che annunciava di essere stato scollegato dal proprietario.
Vegeta fissò il vuoto di fronte a sé, seduto su quel tronco, in una giungla torrida e inospitale. Gli mancò il respiro, ma non disse nulla. Il crepitio del falò l'unico suono che gli rimbombava nella mente, insieme alle ultime parole appena udite nel collegamento.
Non poteva credere che fosse successo.
Nappa, seduto accanto a lui, tremò abbastanza da far vibrare quel tronco. «Quell'incapace di Radish... è stato sconfitto» ruggì. Vegeta poteva sentire il suo sgomento, sebbene Nappa si sforzasse di non manifestare dispiacere. Lo si sentiva, che fosse scosso.
Ma lui voleva essere migliore di Nappa. Lui non voleva dare a vedere niente se non cinismo, freddezza, distacco. Sentiva qualcosa ardere dentro di sé, la rabbia, la furia. Decise di trasformarla in disprezzo.
«Che vergogna. Ucciso da combattenti così infimi!» riuscì solo a dire. Uscì un tono di voce che non sembrava neanche il suo.
Nappa scosse la testa e sospirò. Vegeta provò disgusto per lui, quando lesse tristezza nei suoi occhi.
«Possiamo farlo rivivere tramite quelle sfere magiche, no?»
Sì, almeno poi potrò rispedirlo all'Altro Mondo io, a calci, avrebbe voluto rispondere. Spinse quel desiderio giù per l'esofago. Spinse il pensiero di riportarlo in vita via dalla sua vista, sebbene volesse.
Rinunciò a farlo resuscitare solo per orgoglio, per dispetto. E si mise al primo posto, di nuovo. Mise la propria bramosia di potere di fronte a ogni cosa, com'era sempre stato abituato a fare.
«Dico, stai scherzando?! Userò quel drago per diventare il padrone indiscusso dell'universo e uccidere Freezer. Forza, spegni il fuoco e preparati» disse, alzandosi di scatto da quel tronco. Aveva bisogno di un momento per distendere i nervi, da solo. «Andiamo sulla Terra».


Qualcosa andò storto. In lui.
Qualcosa di inevitabile. Un'esplosione incontrollata. Una rabbia repressa con troppa forza che, dopo una lotta interiore sanguinosa, esce da ogni poro della pelle.
Il castello di carte crollò, lui si accartocciò su se stesso tra la vergogna per quello che gli stava accadendo e disperati vani tentativi di trattenersi.
«Ngh... gh» mugugnò, prendendosi la testa tra le mani. Non si era mai arreso in vita sua, quel giorno non riuscì. Si infiammò di luce incandescente, avvertì la pelle bruciare, gli occhi pesanti, lucidi, annebbiati. Non riuscì a trattenersi. «ARRRRGH!» urlò al cielo verdastro di quel pianeta. Le piante intorno a lui si infiammarono, i rami scossi da un forte vento. La rabbia uscì tutta insieme, forte, dirompente.
«Idiota. Inutile. Terza classe!» gridò, iniziando a prendere a pugni il terreno. «Stupido! STUPIDO!» urlò di nuovo, con gli occhi che pizzicavano. Aveva pianto una volta sola, in vita sua. Ed era stata quella lontana notte dell'esplosione.
Non voleva farlo di nuovo, non poteva permettersi di piangere. Non per così poco. Non perché quel cretino, imbecille, deficiente si era fatto ammazzare pur di compiere quella missione.

«Combatterò per te fino alla morte».

Vegeta si portò una mano alla bocca quando avvertì un conato salirgli lungo l'esofago, ma a nulla servì. Vomito saliva e bile. Vomitò rabbia.
Alla fine era accaduto sul serio. Radish era morto. Per servire lui, per aiutarlo a diventare più forte, per aggiungere alla squadra un nuovo membro per combattere.
«Stupido, debole, inetto! AVEVI DETTO CHE SARESTI TORNATO! NON SEI STATO NEMMENO IN GRADO DI TORNARE!» urlò di nuovo, come se Radish potesse sentirlo. Un vano tentativo di mascherare tutto con l'odio. «IMBECILLE!» gridò e si sentì imbecille anche lui a sentirsi in quel modo. A sentirsi male solo per la perdita di un sottoposto. A sentirsi in difetto per averlo mandato a morire vomitandogli addosso tutto il suo odio, per averlo umiliato. Perché le ultime parole che gli aveva detto erano state bugie.
Vegeta era sempre stato un bugiardo. E scelse di continuare, venendo meno alla promessa fatta a sua madre. Sleale fino in fondo, mostro, mercenario. Mai sovrano, solo un Principe senza regno e con un suddito in meno.
Pregò il cielo che Nappa non avesse sentito nulla di tutto ciò. Non avrebbe potuto sopportarlo.
Si costrinse ad alzarsi, a trasformare il dolore che sentiva in qualcos'altro, a qualcosa che sapeva gestire molto meglio.
«Ucciderò tutti» ringhiò e strinse i pugni davanti a sé. Avrebbe ucciso quel namecciano, avrebbe ucciso il nipote di Radish e tutti gli altri Terrestri. E se avessero resuscitato anche Kakaroth, avrebbe ucciso anche lui. Era tutta colpa di quel maledetto stronzo che non aveva accettato di unirsi a loro. «Vi ucciderò tutti. Dal primo all'ultimo» promise a se stesso.
Solo a se stesso. No, non l'avrebbe fatto per vendicare Radish, neanche un po'.
Perché lui era Vegeta, ed era bravo a mentirsi.
Si ricompose con due profondi respiri. Aveva una missione da compiere: sterminare tutti i terrestri.



 
- Epilogo -



Il ronzio dell'astronave gli trapanava il lobo frontale. Grugnì e si rigirò per l'ennesima volta, fuori dall'oblò c'era solo pulviscolo cosmico e costellazioni lontane.
La sveglia al suo polso suonò, e lui trattenne una bestemmia tra i denti. Non aveva chiuso occhio.
Aveva passato tutta la notte col mal di spazio.
Vegeta non sopportava stare sulle astronavi. Gli faceva ricordare un conto in sospeso. Radish era il suo mal di spazio personale. Una delle tante persone con cui aveva sbagliato, nella vita. Una delle persone che gli pesavano sulla coscienza da quando aveva imparato a mentirsi di meno.
Fruscio di lenzuola. Dalla brandina più alta calò un sorriso a testa in giù, stropicciato. Su una guancia rosea il segno del cuscino.
«Buongiorno, Vegeta!» trillò il cretino, con un occhio mezzo chiuso e mezzo aperto e un mare di capelli neri scompigliati.
«Ehi» mugugnò in risposta, mettendosi a sedere.
Kakaroth balzò giù dal letto con una piroetta, ma perse l'equilibrio. Perché era un deficiente, e ancora non sapeva adattarsi ai viaggi in astronave.
Eppure, nonostante fosse scemo, non gli sfuggivano i dettagli.
«... non hai dormito neanche stanotte!» borbottò questi. I dettagli erano senza dubbio le sue occhiaie.
Vegeta non trovò il coraggio di riflettersi nello specchio, sapeva di avere una faccia da schifo.
«No. Lo sai che soffro di mal di spazio» ribadì per l'ennesima volta. Non era la prima volta che viaggiavano insieme in astronave, per recarsi in qualche pianeta lontano. Quando Whis non aveva voglia di accompagnarli perché preferiva rimanere sulla Terra a strafogarsi di cibo.
«Ok, ho già capito che mi aspetta una giornataccia. Sai, diventi giusto un poco intrattabile quando non dormi! Più del solito!» ridacchiò l'idiota, facendogli l'occhiolino.
Aveva la stessa risata asina di suo fratello.
Forse era quello il motivo per cui l'aveva tanto odiato. Uno dei tanti.
Oltre al fatto che l'avesse umiliato, superato, poi persino salvato. Tante cose. Una era la risata.
Kakaroth non somigliava quasi per niente a Radish, ma in quello sì.
L'aveva odiato anche perché pensava che Radish fosse morto per colpa sua, ma ancora faticava ad ammetterlo a se stesso.
Poi, beh, aveva capito che Radish non fosse solo un peso sulla sua coscienza, ma altro sangue sulle sue mani. L'aveva ucciso lui. Vegeta l'aveva mandato a morire e non l'aveva mai riportato indietro, pur avendone la possibilità.
Avrebbe potuto. Lo avrebbe meritato. Al contrario di tutte le bugie che gli aveva detto, Radish si sarebbe meritato molto meglio, molto di più di una fine del genere. Molto di più delle parole velenose che gli aveva vomitato addosso l'ultima volta che si erano visti.
Quell'ultima conversazione che avevano avuto era ciò che pesava di più sulle sue spalle, oltre al fatto di non aver detto a lui e a Nappa la verità sull'esplosione. Loro lo avrebbero meritato.
Anche Nappa avrebbe meritato un destino migliore, e invece era diventato il capro espiatorio della sua rabbia. L'aveva ammazzato solo perché si sentiva arrabbiato, frustrato, e se ne era pentito.
E Radish, beh... Vegeta oramai aveva fatto pace da diversi anni col fatto che fosse stato come un fratello per lui. Erano stati cresciuti insieme fin da mocciosi.
Era suo amico, mentre lui non lo era mai stato. Aveva sempre detto di non averne avuti di amici, prima della Terra. Non era vero. Era lui che non era mai stato amico di nessuno, ma amici ne aveva avuti. Due. Nappa e Radish. Ma, se proprio doveva essere sincero con se stesso – oramai aveva imparato – Radish lo era stato un po' di più.

«Vegeta? Non dirmi che ti sei offeso!» Kakaroth interruppe il vorticare dei suoi pensieri verso un passato troppo oscuro.
«No. Tu diventi intrattabile quando hai fame. Siamo pari» rispose, con un mal di testa oramai galoppante.
Kakaroth era suo amico. E per la prima volta lui aveva ricambiato quel sentimento, si era dovuto impegnare per farlo, era stato un lungo percorso, ma alla fine aveva ceduto. Aveva imparato a non mentirsi.
E aveva imparato a essere leale, proprio come aveva promesso a sua madre. Era temuto dai suoi nemici, rispettato dal suo popolo – dalla sua famiglia.
Era riuscito a coronare il suo sogno di quando era bambino: trovare un pianeta bello quanto Vegeta-Sei, con tanti laghi, il mare, le montagne, le stagioni, gli animali. Ma non un posto per fondare un regno, ma un posto in cui godersi la quiete e il silenzio. Niente più urla dei nemici, ma solo l'eco delle risate dei suoi figli e di chi amava.
Aveva sconfitto Freezer, si era divincolato dal suo gioco di oppressione, e avevano liberato lo spazio dal suo impero. Anche se sapeva fosse ancora in giro in qualche galassia lontana lontana per i suoi loschi affari.
Vegeta non sopportava che fosse ancora vivo, ma si era liberato da quel desiderio di vendetta da tempo. Aveva fatto pace con la maggior parte del suo passato. Non era più un mercenario.
Era diventato una persona migliore, nonostante l'enorme peso che avvertiva sulla coscienza.
Era partito per la Terra per ucciderli tutti, e invece i Terrestri avevano ucciso lui. Metaforicamente. Avevano ucciso lo spietato aguzzino, l'avevano corroso fino a lasciarlo nudo, scoperto.
Fino a quando si era accorto che una volta aveva conosciuto cosa fosse la pietà, cosa fosse la gioia. Che sotto i suoi strati di menzogne ci fosse un'altra persona. Vegeta IV, quello vero e migliore.
«A proposito, quando arriviamo? Io ho fame e mi sto annoiando a morte. Quanto manca a questo pianeta? Giuro che se non hanno qualcosa di decente da mangiare...» e una serie di bla bla bla che Vegeta non riuscì più nemmeno ad ascoltare. Forse anche in quello era simile a suo fratello. «... che poi, voglio dire, mai una volta che Whis si degni di trasportarci in questi posti dimenticati dagli Dei. Io mi annoio sulle astronavi, tu avrai anche mal di spazio, ma anche io non è che mi stia divertendo a mangiare solo carne liofilizzata e pesce in sacchetti metallici. Urcaaa, voglio sgranchirmi le gambe e-»
«Per l'amore dei Kaioh, chiudi quella bocca un secondo, Radish!» sbottò Vegeta.

Se ne accorse solo dopo aver sputato fuori quel nome, dell'errore commesso. Un lapsus. Aveva pensato troppo spesso a lui, in quelle notti. Lo faceva sempre, quando era tra le stelle. Un pensiero costante, una risata stupida in mezzo a tutte le urla nella sua testa.
Kakaroth spalancò gli occhi, esterrefatto. E finalmente chiuse il becco. Si sedette sulla brandina al suo fianco, continuando a fissarlo con quell'espressione da stoccafisso e niente più parole.
Vegeta si sentì osservato, in imbarazzo, stranito nel pronunciare quel nome per la prima volta dopo decenni. «Diamine, se avessi saputo prima che bastava chiamarti con il nome sbagliato per farti stare in silenzio...» borbottò, per stemperare la tensione.
Kakaroth si strinse nelle spalle e lo fissò sotto a quel ciuffo di capelli ridicoli. Forse erano più corti, ma anche in quello un poco gli somigliava. E anche quando si addormentava nei posti più disparati nelle situazioni più ridicole. In quanto all'intelligenza... beh, Bardack e Gine avevano finito i geni con il primogenito.
Vegeta però ringraziava il cielo che Kakaroth non avesse ereditato anche la passione per l'alcol e la prostituzione.
Trattenne un sorrisetto al pensiero, ma continuò a sostenere lo sguardo confuso del deficiente.
«Non mi hai mai raccontato nulla, di lui...» esalò Kakaroth, curioso.
«Questo perché non ho nulla da dirti». Mentiva, ma sapeva di mentire.
Kakaroth sorrise e scosse il capo.
«... sai, dopo tutto questo tempo credo di avere imparato a capire quando menti».
Vegeta strinse le labbra.
Sperava che anche Radish l'avesse capito. Che mentiva. Quando gli aveva detto che non valeva niente, che non era importante, che non gli importava nulla di lui e di quello che pensasse. Che fosse inutile, debole. Sperava che Radish l'avesse conosciuto abbastanza bene per smascherare le sue bugie.
Non avrebbe mai avuto occasione di saperlo, o anche solo di dirgli cosa pensasse veramente, ma quella storia gli aveva insegnato qualcosa, in fin dei conti.
A non ripetere gli stessi errori, ora che ne aveva occasione.
Il destino aveva voluto dargli una nuova possibilità di riscattarsi, essere migliore, almeno per l'altro fratello. Essere più grato. A essere un amico almeno per uno dei due.
Vegeta sorrise un poco. Aveva imparato a farlo. E, anche se la vita del mercenario era oramai lontana, sapeva che ci sarebbe stato sempre qualcosa, un ricordo, un profumo, un suono a ricordargli di quei momenti, a rammentargli che in mezzo a tutta la merda che aveva vissuto, c'erano stati anche giorni di sole.
«Visto che ti annoi... ti insegno a giocare a Sabaq».



 
𝐹𝒾𝓃𝑒.


Riferimenti:
-Il dialogo tra Vegeta e Nappa quando scoprono della morte di Radish è stato leggermente tagliato rispetto alla scena dell'anime.
-La scena finale con Kakaroth non è presa da nessuna saga in particolare di DBS, ma si è visto anche nella saga di Granolah che viaggino in astronave insieme.
-Beh, ovviamente avrete notato l'immensa differenza tra il Vegeta di questa storia rispetto all'ultima scena. Ho voluto inserirla appositamente per dare un grosso contrasto. Tutti conosciamo il suo percorso osservato in tanti anni di saghe canoniche :D

ANGOLO DI EEVAA:
Beh, beh, beh... siamo giunti proprio alla fine.
Quanto vi ha fatto strano leggere del Vegeta contemporaneo, dopo tutta la stronzaggine di questa storia? :D non vi dico scriverlo, l'effetto che fa!
Non un finale allegro, non per Radish almeno (anche Nappa, però...). Del resto lo sapevamo tutti che avesse fatto questa fine, ma... ecco, non mi immaginavo grossi abbracci e baci alla sua partenza per la Terra. Tutto il contrario, quindi... povero il mio patatone. 
Ma non temete, ho posto rimedio a tutta questa sofferenza in Across the universe!
E... a proposito di Across the universe...

State collegati, perché prima di salutarci per la pausa estiva domenica prossima pubblicherò l'ultima OS, il gran finale di tutta la saga! :D che, come da tradizione Beatlesiana, si intitolerà “I want to hold your hand”.
Vi aspetto :)


Grazie di cuore a chi ha letto questa storia, a chi mi ha lasciato anche un parere e anche solo chi è stato silenzioso dietro le quinte! Vi abbraccio tutti!
Eevaa


 
  
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