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Autore: Queen of Superficial    14/07/2022    1 recensioni
“C’è qualcosa di strano, qui,” disse il Carro, infilandosi la t-shirt alla rovescia.
“Il tuo senso estetico,” ribatté l’Eremita.
“Qualcos’altro. È nell’aria. È come se ci trovassimo fuori dal tempo canonico.”
“Quanta tequila ha bevuto?”, si informò prosaicamente il Sole.
“Non abbastanza, evidentemente,” ribatté Brian.
“Finitela, sono serio.”
“E da quando tu credi ai fantasmi, Zacky?”
Il Carro sfilò pensieroso dalle mani di Jimmy il romanzo russo e lo aprì ad una pagina a caso: quindi, diceva il libro, ieri agli stagni Patraršie lei ha incontrato Satana.
“Da tutta la vita,” rispose.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: The Rev
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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— Lei non credeva che il mondo fosse una Valle di lacrime, ma al contrario una burla di Dio, sicché era stupido prenderlo sul serio, se Lui stesso non lo faceva.—

 

Val giocherellava con gli arcani maggiori al tavolo da pranzo della villa a Cabo. Sullo specchio alla sua sinistra era attaccata la sua carta: la Forza. Mischiò il mazzo e ne estrasse sette carte; il Sole, l’Eremita, il Carro, il Papa, il Matto, il Giudizio, la Morte. Mischiò di nuovo, ne prese tre. Il Matto, l’Imperatrice, gli Amanti. Ne prese una quarta. La Morte. Rifece tutto da capo; il Mago, l’Imperatrice, gli Amanti. La quarta stavolta fu la Ruota della Fortuna.
“Forse ho capito!”
“Che hai capito?”
Il Sole si stava versando il terzo Margarita, pensando che aveva rimandato di due settimane l’inizio dei lavori in studio per il nuovo album per andare a caccia di fantasmi e fattucchiere in Messico. La Forza si voltò: “È una combinazione. C’è una variabile. Quando Jimmy è il Matto”
“Cioè sempre”
“C’è la Morte. Quando Jimmy è il Mago”
“Altrettanto sempre”
“La Morte non c’è più.”
Baby spuntò da una porta con un lungo abito a fiori ed un libro in mano. Jimmy, fino a quel momento insensibile ai maneggi mistici di Valary Sanders, alzò gli occhi dalla poltrona su cui stava leggendo Il Maestro e Margherita di Mikhail Bulgakov.
“Ah, Baby. Mi stavo giusto chiedendo… di chi è questa casa?”
“È mia,” disse Viola, chinandosi alle spalle di Jimmy e passandogli una mano tra i capelli per fargli piegare il collo in avanti; lui rabbrividì percettibilmente, lei sorrise.
"Che cerchi?”, provò a chiederle.
“L’occhio onniveggente,” rispose lei, senza fornire ulteriori dettagli.
“Quante case hai?”, si informò ancora Shadows.
“Molte. Vuoi sposarmi per ereditare?”
Lui si strinse nelle spalle. “Un attimo solo. Val, voglio il divorzio,” disse a sua moglie.
“Va bene,” mormorò Valary, che stava leggendo istruzioni dal libro di Mangrove e non aveva prestato la benché minima attenzione allo scambio.
“Hey,” protestò Jimmy.
Zachary Carro Baker e Brian Eremita Haner riemersero dalla veranda inondata di un’estate fuori stagione.
“C’è qualcosa di strano, qui,” disse il Carro, infilandosi la t-shirt alla rovescia.
“Il tuo senso estetico,” ribatté l’Eremita.
“Qualcos’altro. È nell’aria. È come se ci trovassimo fuori dal tempo canonico.”
“Quanta tequila ha bevuto?”, si informò prosaicamente il Sole.
“Non abbastanza, evidentemente,” ribatté Brian.
“Finitela, sono serio.”
“E da quando tu credi ai fantasmi, Zacky?”
Il Carro sfilò pensieroso dalle mani di Jimmy il romanzo russo e lo aprì ad una pagina a caso: quindi, diceva il libro, ieri agli stagni Patraršie lei ha incontrato Satana.
“Da tutta la vita,” rispose.

 

— ma nel momento più intimo, nel punto preciso della solitudine e del presagio della morte,  —

 

Quando lo vide entrare nella stanza, Viola sentì il solito, familiare dolore al basso ventre. Può il desiderio trascendere il pensiero e diventare un male fisico, una sete? Jimmy la guardò come se l’avesse appena inventata. “Fammi capire,” disse. Lei gli restituì uno sguardo tenero e si strinse nel cardigan. Io vissi nell’attesa di te, il mio cuore non era che i tuoi lenti passi. Paul Valéry. Lui le sorrise.
“Ce la fai a dirmi che mi ami, oggi, oppure aspettiamo ancora?”
“Io te lo dico ogni giorno, Jimmy. Non a parole, forse.”
Jimmy annuì, gli occhi blu accesi di una vecchia fiamma. Si sedette sul letto attrezzando un’espressione seria e si batté le mani sulle gambe; lei rimase ferma a guardarlo, e d’improvviso sentì che indossava un vestito troppo corto ed un cardigan troppo leggero.
“Sto cercando le parole per dirti che credo che né io né l’ordine cosmico ci offenderemmo, semmai volessi finalmente deciderti a dimostrarmelo.”
Lo disse senza guardarla, e Viola sorrise. Si fece vicina, così vicina da sfiorarlo, da potergli sedere in braccio. Invece lo colpì dolcemente con la punta del piede su quel delirante 1981 che si era tatuato sul polpaccio. “Ma io te lo dimostro eccome. Forse non come vuoi tu, però…”
Gli sedette, invece, accanto, e fu già una resa; cercò la sua mano, giunta all’altra in mezzo alle ginocchia. Una sconfitta o una preghiera. Jimmy la prese e le baciò il dorso e il palmo. Sembrò pensarci su un momento, poi la strinse forte tra le braccia e respirò i suoi capelli: “Devi metterti bene in testa che io non ti lascerò mai. Mai. Qualsiasi cosa accada.”
A Viola venne da piangere, ma si raggelò; praticamente scavalcò Jimmy e si frappose tra lui e la cosa che era appena entrata dalla finestra aperta, facendogli scudo con il suo corpo. Il corvo la guardò curioso, piegando la testa. Sembrava si stesse chiedendo lei chi era. Il batterista emise un flebile “ma che cazzo.” Il corvo disse: “cra.” Viola non disse niente, ma si alzò in piedi e si avvicinò con cautela all’animale; si squadrarono per lunghi secondi. Poi lei fece un cenno con il capo, fuori. E il corvo uscì da dove era entrato.
“Dobbiamo andare da nonna Ananke. Il più presto possibile, domani mattina. Va’ ad avvisare gli altri, per favore, io chiudo la finestra.”
“Il vecchio corvo…” sussurrò lui.
“Sì, è un presagio,” disse Viola, “non positivo, generalmente.”
“È un presagio, è vero, ma è anche Sasha.”
“Cosa?”
“Sasha. Ausencia lo chiama così, non ricordi? Il vecchio corvo.”
“Credi che abbia appena cacciato di casa lo spirito di mio nonno?”
“Beh, comunque ci aveva interrotti in un momento molto romantico.”
Senza volerlo, Viola sorrise. Jimmy la raggiunse alla finestra e la abbracciò stretta; fuori, vide che il corvo si era appollaiato su una delle palme basse. Decise di non dirglielo.
“Amore mio, io sono pronto a discutere tutto ciò che è ragionevole in qualsiasi momento, ma anche tu devi essere disposta a mettere un po’ in disordine le tue convinzioni. Magari non tutti i corvi vengono per nuocere.”
Lei gli accarezzò i capelli dietro la nuca in quel modo carico di sottintesi che gli dava sempre i brividi.
“No, hai ragione. Una civetta sarebbe stata molto peggio. E che dolore quando mi chiami amore mio
“Perfino il tuo nome detto da me suona come amore mio, non so come mai.”
“Come fa la gente a sopravvivere alla perdita di qualcuno che ama più di se stesso?”
“Molti ce la fanno.”
“Non io. Quindi non mettermi alla prova.”
Jimmy sciolse l’abbraccio per guardarla con un’intensità che non ricordava di aver mai posseduto. Bionde con gli occhi striati come le tigri. Gli occhi di Viola erano argento scurissimo quando piangeva, quasi oro nel sole, onice screziato se qualcosa la preoccupava. Niente in lei gli ricordava qualcun altro, non la trovava mai altrove. Viola era solo in lei.
“Molto più di me stessa, Jimmy. Più della vita, più della gioia. Preferirei un’esistenza di terrore con te che una di ininterrotta felicità in cui tu non ci sei. Non chiedermelo più, per favore. Andiamo giù dagli altri, devo preparare Shadows all’impatto con l’assistente di mia nonna.”
“Perché tua nonna ha un’assistente?”
“Perché è una persona intelligente, a differenza di me.”

Il Sole stava riverso sul dondolo in terrazza, centro nevralgico di tutta l’umidità e tutte le zanzare della Baja California; insensibile al meteo e agli insetti, fissava accigliato una pagina del manuale dei Tarocchi di Valary Sanders, già appartenuto all’esimio Professor Alexander Mangrove.
“Questa roba…” esalò tiepido quando li sentì arrivare, “dovremmo pensare di scriverci un album.”
Né Jimmy né Viola dissero nulla: si limitarono a fissarlo con così tanto affetto che Matt si alzò, tanto per fare qualcosa, e versò a tutti e tre un’ingente dose di alcol da una brocca. Scelsero il conviviale divanetto ad angolo, meno assillato da bestie volanti.
“Hai decifrato gli indizi nei libri?”
“No. Li conosco così bene che non ci trovo niente di preciso, nulla attira la mia attenzione.”
“Il che, conoscendoti, significa che tutto attira la tua attenzione. Molto bene. Pensi che tua nonna possa esserci d’aiuto?”
“Senz’altro. Voglio andarci domani mattina, magari ci fermiamo qualche giorno lì da lei.”
“Val sta sbroccando con quel manuale, è convinta di essere diventata una specie di indovino mistico.”
“A sua discolpa,” si intromise Jimmy, “ti voglio segnalare che tua moglie dava segni di cedimento già da un po’.”
“Credi che non lo sappia?”
“Cosa, che sto diventando matta?”
Valary era apparsa nella cornice della portafinestra, scalza e con un bicchiere in mano.
“Vorrei che il paranormale fosse più paranormale, Baby. Meno discreto e sottile. Nell’immaginario collettivo non è una cosa da decifrare; anzi, è piuttosto sfacciato.”
“Lo so, Val, anche a me piacerebbe che levitassero le teiere come ne La casa degli spiriti di Isabelle Allende, o che qualcuno salisse in cielo corpo e anima mentre piega le lenzuola nel cortile, ma purtroppo non è così che funziona. Non abbiamo che suggestioni, indizi, briciole. Sensazioni che possono essere tutto e il contrario di tutto. E non so perché.”
“Perché è dentro di noi. Tutto è dentro di noi,” disse Jimmy, “il paradiso, l’inferno, il tangibile e l’intangibile. Siamo contenuto e contenitore. L’uomo è l’unico animale che pianifichi il proprio funerale. Sacchi di sangue e impulsi elettrici, diretti discendenti delle stelle che erano qui prima del mondo stesso, capaci di inventarsi Dio e conversare con gli angeli. Abbiamo costruito e sfasciato imperi con le nostre nude mani e ancora crediamo di doverci rivolgere a qualche entità invisibile nell’alto dei cieli per ottenere l’assoluzione di tutti i peccati o la dannazione eterna, incapaci di ammettere l’evidenza, e cioè che abbiamo tutto qui. L’universo intero dentro una massa di gelatina grande quanto un pugno, protetta a stento dal cranio. Basterebbe rendersi conto di questo per accettare con un po’ di serenità che tutto è possibile, non serve che volino le teiere.”
Calò un silenzio da museo. Jimmy registrò con relativa serenità il fatto che Viola lo stava guardando come un’icona sacra.
“Io lo capisco, il conte Dracula, davvero” disse lei, “non c’è oceano del tempo che non sarei disposta ad attraversare pur di venirti a riprendere.”
“Cercherò di non andare a finire così lontano.”

   
 
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