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Autore: Alexis Cage    14/07/2022    1 recensioni
Un'uscita tra colleghi, conoscenti, amici. Vecchie storie dimenticate, nuove che danno speranza, rapporti appena chiusi che generano angoscia: una normale uscita in un bar, dunque.
Il giorno dopo uno di loro è morto.
Di chi ti puoi fidare?
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano sedute nel salotto della casa di Josie, in cui Mia non andava da tanto tempo. La memoria, purtroppo, funzionava benissimo: si aspettava che da un momento all’altro Andy aprisse la porta della sua stanza per piombare lì e rubare qualche boccone del cibo d’asporto che avevano ordinato e già finito di mangiare per pranzo.
Josie si accorse di cosa distraeva l’altra e disse, pacata:
“I suoi genitori hanno già portato via tutto. Sono stati gentili, mi hanno lasciato i mobili in comune.”
“Immagino non sia semplice, adesso che devi trovare un nuovo coinquilino.”
“No” rispose Josie, facendo una risatina amara, “la voce si è già sparsa. Da una parte i più superstiziosi non vogliono dormire nella camera di un morto, dall’altra quello che è successo non è una buona pubblicità riguardo la sicurezza del quartiere.”
Mia si riscosse leggermente, rendendosi conto di quello che significava quell’ultima osservazione: ogni tanto si dimenticava del fatto che il caso era stato chiuso come una rapina a mano armata finita nel modo peggiore. La sicurezza che ci fosse altro era così radicata in lei che iniziò a temere di avere la mente offuscata dai sospetti che nutriva verso chiunque.
“Quindi” esordì dopo qualche istante, mentre Josie raggruppava le confezioni vuote del pranzo. “Martha ha preso troppe medicine e, fuori di sé, è andata fuori strada.”
“È mai capitato qualcosa del genere in passato?” domandò l’altra, e Mia scosse la testa:
“Non che io sappia. Le è stato diagnosticato presto questo disturbo, lei diceva anche di essere stata fortunata. A volte era strana, ma solo quando cambiavano i dosaggi per trovare l’equilibrio giusto. Per dire: gli ultimi due anni di superiori non ha avuto alcun problema.”
“Quindi è strano che all’improvviso abbia sbagliato dosi” notò Josie, prendendo uno stuzzicadenti e iniziando a mordicchiarlo, mentre rifletteva, per evitare di accannirsi sulle unghie; Mia aveva già notato quanto fossero più corte rispetto alla sera in cui si erano conosciute. “E quindi sembra vera l’ipotesi che ne abbia volontariamente ingerite troppe.”
Mia si dondolò un poco, pensando in fretta:
“Io sinceramente non so come funzioni per qualcuno nella sua situazione che ha subìto un trauma del genere. Mi sembra assurdo, ma può darsi che la morte violenta di Andy l’abbia portata in uno stato di depressione tale da fare una cosa del genere… no?”
“Non lo so” rispose Josie con un sospiro. “Tu dici che era tranquilla da anni, no? Allora perché una ricaduta così pesante, se era seguita e aveva una terapia che funzionava?”
“Non si è mai trovata a fronteggiare la morte” notò Mia, ma sembrava una ipotesi debole anche a lei. Poi si riscosse leggermente e aggiunse: “Potremmo chiedere a Matt. Chi meglio di lui saprà come stava?”
“Magari lasciamogli qualche giorno” disse Josie, inarcando un angolo della bocca in un sorriso amaro. Mia annuì leggermente: lei si sentiva devastata per la morte di due vecchi amici; non poteva immaginare come si sentisse chi aveva perso la persona che amava, con cui progettava un futuro assieme. Le sarebbe crollato tutto addosso.
In qualche modo quei pensieri la portarono a Lily. La detestava ancora per come si era comportata, come aveva trattato Martha; serpeggiava in lei il fatto che, se quanto ricostruito dalla polizia riguardo l’incidente fosse stato vero, allora Lily sarebbe stata un agente attivo della confusione e della morte di Martha. Colpevole, indirettamente, della morte della loro vecchia amica.
Però in quel momento si ritrovò a pensare al trauma della morte di Andy per lei: non stavano più assieme, è vero, ma avevano condiviso tanto, e anche dopo il tempo passato dalla fine della relazione lei sembrava esserne ancora innamorata. La morte di lui doveva essere stata un colpo pesantissimo, forse come lo era stato per Matt.
Ma forse Matt non si sarebbe ritrovato a piangere Martha, se Lily non si fosse comportata com’aveva fatto la sera in cui si erano visti.
Rimasero in silenzio per un po’, riflettendo. Fu Josie a romperlo, con voce pacata e in qualche modo rilassata:
“Quindi? Cosa facciamo, ora?”
Mia si lasciò sfuggire una mezza risata:
“Sono felice di vedere che anche tu non ti dai pace.”
“La polizia pare convinta della sua versione” rispose Josie, ma anche lei con un sorriso. “E tu mi sembri convinta quanto me che qualcosa non torni. Fossi stata da sola mi sarei data della pazza, ma tu conoscevi entrambi più di me e ti dici convinta di quello in cui credi. Per tutto questo: cosa facciamo, ora?”
Mia si ritrovò ad apprezzare, più di quanto si sarebbe mai aspettata, quella incredibile fiducia che Josie riponeva in lei. Forse era malriposta: si stava muovendo in preda alla paranoia e a sospetti nati da sensazioni. Magari, e si ritrovava a sperarlo con tutta se stessa, la polizia aveva ragione; ne sarebbe stata più convinta se fosse morto soltanto Andy. Ma con la morte di Martha non riusciva, forse non voleva, placare quelle sensazioni: e avere accanto un’altra persona in accordo con lei la faceva sentire meno folle.
“Ora dobbiamo convincere a raccontarci tutto chi fino ad ora si è nascosto in modo fin troppo palese dietro un alibi di ferro” rispose dopo aver riflettuto. Josie capì subito, e la cosa le diede una nuova sferzata di sicurezza.
 
Erano entrambe d’accordo che, se fosse stato Alan ad uccidere Andy, allora il corpo di lui sarebbe stato trovato vicino a casa dell’altro, o al bar poco distante in cui erano stati visti prima di rincasare – o di provarci, nel caso di Andy. Questo sembrava allontanare Alan dai più sospettati, dato che avrebbe dovuto uccidere Andy e trasportarlo fino al suo appartamento, oppure ucciderlo prima che entrasse nel palazzo: troppi spostamenti sospetti e troppo sangue freddo per una persona che era sembrata a entrambe poco paziente. Eppure aveva ripetuto così tante volte di essere dalla sua fidanzata, nell’orario in cui avevano rimandato la morte di Andy, da aver lasciato in loro il seme del dubbio; non che l’avesse ucciso, ma che non avesse raccontato la verità. Era l’ultimo ad averlo visto vivo, al bar, e questo non potevano ignorarlo.
Si accordarono per andare al suo appartamento nella prima mattina del giorno successivo. Mia fu sorpresa della semplicità con cui Josie chiamò al lavoro di Alan, fingendosi una giornalista interessata ad intervistarlo: fissò una data della settimana successiva e si fece dare il suo indirizzo con un tono di voce loffio che generò qualche risata soffocata malamente da parte di Mia, come fossero state ragazzine intente a fare scherzi telefonici.
Mia prese un permesso dal lavoro e si rivelò uno spreco: quando passarono la mattina non rispose nessuno al citofono. Grazie alla telefonata per la finta intervista, avevano avuto la conferma che lui non tornava a casa per pranzo: si diressero così verso mezzogiorno all’indirizzo indicato, di nuovo; sapevano di dover mantenere un basso profilo, fingendosi vecchie amiche di Andy che, venute a conoscenza della sua morte, avevano deciso di voler chiaccherare con chiunque gli fosse stato vicino nell’ultimo periodo. Per raggiungere la pace interiore, dissero alla fidanzata di Alan quando lei aprì loro l’ingresso di casa sua.
Helen sembrava una persona cortese e poco sospettosa: le fece entrare subito senza porsi problemi e offrì loro qualcosa da bere. Raccontò del fatto che conosceva poco Andy, l’aveva visto un paio di volte in uscite in cui aveva accompagnato Alan. La notizia di quello che era successo l’aveva sconvolta, sì, come aveva sconvolto lui: era tornato a casa proprio dopo averlo salutato, avevano bevuto un po’ nel bar lì vicino. Beh, non sapeva per Andy, ma di certo Alan aveva bevuto. E il giorno dopo aveva saputo che Andy era morto poco dopo il momento in cui si erano divisi…
“Ci hanno detto che quello… quello che è successo… è avvenuto in piena notte” fece Mia, tenendo un tono di voce debole e abbassando lo sguardo, dirottando il discorso verso l’informazione a cui miravano lei e Josie. Si sentiva orribile a fingere uno sconvolgimento così grande da non riuscire quasi a parlare, ma in fondo aveva davanti una persona che nemmeno conosceva Andy; e le riusciva assurdamente semplice usare quella voce, in riflesso alla cadenza naturale di Helen.
“Sì, sì… Alan mi ha detto alle due. Così poco da quando si sono salutati! Pochi minuti, Alan avrebbe potuto trattenerlo a parlare per poco, e sarebbe ancora tra noi. Che cosa orribile!”
Mia dovette irrigidire tutti i muscoli del collo per costringersi a non voltarsi verso Josie. Con la coda dell’occhio vide che l’altra ebbe un breve, impercettibile scatto della testa, come a confermare involontariamente che anche lei aveva notato lo stesso che aveva intuito Mia.
Alan aveva accennato al fatto di essere tornato presto, molto presto, dal bar in cui si erano trattenuti lui e Andy: e invece era uscito fuori che secondo Helen sarebbe bastata una manciata di minuti in più per evitare a Andy di ritrovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato; alle due di notte, non prima.
“Erano andati a un bar assieme, no?” domandò Josie. “Almeno gli ultimi momenti è stato con un amico, un grande amico. Erano colleghi, giusto?”
“Sì, da anni. Si trovavano così bene, Alan diceva sempre che erano una squadra vincente… erano, purtroppo. Lui sta malissimo, mi ha detto che non voleva nemmeno accettare la promozione che gli hanno offerto. Ha accettato per me, per inziare a costruirci un futuro assieme” fece Helen, non trattenendo una punta di felicità nel sorriso cordiale che aveva sul volto pallido; come se non fosse più riuscita a evitare di parlar loro di quella buona notizia riguardo la sua vita. “Una tragedia a volte può portare cose buone. Ma certo avrei preferito non fosse successo nulla, per Alan e per tutti voi che conoscevate Andy.”
Mia ne era certa: si poteva intuire da quanto Helen si era trattenuta dallo spiattellare loro in faccia la notizia della promozione, cosa che evidentemente non vedeva l’ora di fare; senza sapere che era un’informazione per loro molto, molto importante. All’improvviso Alan era diventato la persona senza un alibi ferreo e con un movente bello grosso.
Si trattennero ancora a lungo, cercando di dissimulare in chiacchere generiche le domande che avevano posto per trarre le informazioni di cui avevano bisogno: quando lasciarono l’appartamento potevano ritenersi entrambe soddisfatte e sicure che Alan avrebbe trovato magari strana quella visita di due sconosciute, ma nulla di più.
Mentre Mia guidava, diretta al negozio in cui Josie lavorava nel pomeriggio, l’altra cercò di riassumere tutto quello a cui erano venute a capo dopo la loro conversazione con Helen. Non erano prove, dovette riconoscerlo, ma dimostravano che Alan aveva raccontato alla polizia una versione diversa dalla realtà; e la polizia era a conoscenza di quella promozione? Fino a che punto Alan sarebbe stato disposto a spingersi pur di ottenerla? Avrebbe voluto andare a chiedere direttamente al loro lavoro, per sapere se il rapporto tra i due fosse stato davvero così idilliaco, ma disse subito che sapeva sarebbe stato troppo rischioso: di certo Alan avrebbe capito cosa stavano facendo, e non ne sarebbe stato per nulla contento.
Poi Mia, quando Josie finalmente si chiuse in un silenzio pensoso, disse:
“Non credo sia stato lui.”
Josie si voltò subito verso di lei, sorpresa, e dopo qualche istante replicò:
“Non sono certo delle prove, ma devi riconoscere che è strano che abbia mentito alla polizia.”
Mia scosse leggermente la testa:
“Helen ha detto che Alan aveva bevuto. Non sarebbe riuscito ad andare in macchina fino al vostro appartamento per ammazzarlo lì vicino, e non sarebbe riuscito ad ucciderlo lì al bar e trasportarlo dove l’hanno trovato.”
Josie restò in silenzio per qualche secondo, mordicchiandosi l’unghia del pollice, prima di affermare:
“Ti direi che Helen ha mentito per proteggerlo, ma in questo caso avrebbe mentito anche sul resto. Ci ha detto senza problemi dell’orario e della promozione.”
“Infatti.”
“Quindi? Alan ha mentito soltanto per evitare qualunque sospetto e continuare la sua vita?”
“Beh, con Andy fuori dai piedi la promozione sarebbe stata sua di sicuro: avrà pensato che un’accusa di omicidio, anche se smentita subito, sarebbe potuta non piacere ai suoi superiori. Ha chiesto a Helen di coprirlo con la polizia, o magari l’ha convinta di essere rincasato prima delle due; lei non ha dato peso alla cosa ed eccoci qua.”
“Eccoci qua” ripetè Josie, mentre l’auto di Mia accostava poco distante dal negozio dove avrebbe lavorato nelle ore successive. “Al punto di partenza.”
“Ma con una persona in meno su cui sospettare” notò Mia con un sorriso leggero. Josie non le rispose: aveva un’espressione preoccupata.
“Se Alan voleva così tanto quella promozione, è possibile che abbia deciso di togliere di mezzo Martha perché aveva iniziato a farsi troppe domande?”
Mia restò in silenzio. Non aveva considerato la questione, ma dopo aver riflettuto rispose:
“Secondo me no. No, non credo. So che è poco sicuro affidarsi alle impressioni e non alla pura logica, ma ho la sensazione che lui non sia il tipo da spingersi così in là. Ha mentito perché era la cosa più semplice da fare, non si sarebbe sporcato le mani così tanto.”
“Può darsi. Ma non voglio comunque depennarlo dalla lista dei sospettati” notò Josie; poi fece un lieve sorriso. “Abbiamo già visto a cosa porta la logica, comunque. Nessuno è innocente, tutti hanno mentito e non si può trovare risposta. Forse farsi guidare dalle impressioni e dalle sensazioni è davvero l’unica risposta.”
Forse, si disse Mia. Si salutarono velocemente e Josie uscì dalla macchina per raggiungere in fretta il negozio, a cui rischiava di arrivare in ritardo. Forse, sì. Ma sentiva che quelle sensazioni la stavano logorando. Era per colpa loro che non si dava pace, che aveva la certezza che le morti dei suoi due amici non erano state semplici e tragiche coincidenze: se fosse stata logica e basta allora in quel momento si sarebbe ritrovata in pausa pranzo, magari triste, ma comunque intenta a chiaccherare con qualcuno senza preoccuparsi di risolvere un mistero che forse nemmeno esisteva.
Ma le sue sensazioni le dicevano diversamente.
  
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