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Autore: stefy_81    17/07/2022    1 recensioni
"Era l’alba di un nuovo giorno quando tre piccole imbarcazioni raggiunsero la spiaggia dorata sotto il promontorio dove si trovava il giovane Reafly. Era un ragazzo di appena tredici anni, i capelli rossi incorniciavano un volto delicato sostenuto da penetranti occhi verdi e uno sguardo vivace di chi è in cerca di rivalsa."
Eragon e Saphira hanno lasciato Alagaesia per sempre come aveva predetto Angela. Nuove ed emozionanti avventure attendono il giovane caliere !
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh | Coppie: Eragon/Arya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Murtagh camminava con l’animo in tumulto. Isobel era sempre un passo davanti a lui. Quel nuovo incarico e l’attività degli alchimisti con la minaccia delle loro armi aveva completamente offuscando la gioia di aver liberato Saphira.

Si diresse nelle sue stanze dove trovò Aglaia assopita sul suo letto. La ragazza  l’aspettava ormai da ore, le sue vesti leggere le cadevano sul corpo disegnandone il profilo flessuoso. Il suo respiro placido ipnotizzò per un attimo il cavaliere che rimase a guardarla; non sapendo come chiamarla emise un leggero colpo di tosse che la fece destare:
- Cosa è successo all’incontro? - gli fece lei tirandosi su e accorgendosi del suo sguardo agitato.
Murtagh le raccontò cosa era accaduto, esprimendo insieme anche i suoi timori e le sue impressioni sulle armi. L’esasperazione di Murtagh si acquetò un poco quando la vide sorridergli mesta.

- Non c’è momento migliore per fuggire – gli disse poggiandogli una mano sulla spalla per infondergli coraggio ma Murtagh era ancora restio a lasciare andare le sue paure - Sapeva dei nostri movimenti per cercare Saphira – disse ma Aglaia gli strinse ancor di più la mano sulla spalla.

- E adesso è sicura di sé, ha fatto la sua mossa e crede di essere invincibile. Questa sua sicurezza ci darà un ampio margine di movimento – rispose rivolgendogli allo stesso tempo uno sguardo fiducioso.

- Hai ragione – Murtagh la guardò grato. Il momento di sconforto era passato ora dovevano agire. Una volta usciti dalla stanza Murtagh si diresse prima alle stanze di Eragon. Vi entrò di slancio seguito da Aglaia.

La stanza era stata messa tutta sotto sopra – Che cosa è successo qui? - chiese lei dando voce allo sconcerto di entrambi. Murtagh non seppe rispondere subito e tacque. Ancora una volta Isobel aveva agito tirando a distanza i fili dei suoi servi come fossero marionette e maledisse se stesso per non aver agito prima. Non aveva mai condiviso con Eragon il suo attaccamento alla cultura elfica ma ne riconosceva l’importanza ed ora importanti informazioni si trovavano nelle mani del loro nemico. – Con molta probabilità Isobel cercava i papiri in possesso di Eragon – disse infine osservando alcune carte strappate sparpagliate sul pavimento su cui si erano disegnati eleganti glifi. Anche le scatole di legno che le contenevano era state spaccate e gettate a terra in cerca di nascondigli segreti. – Che cosa contenevano? –

Murtagh sospirò - Per lo più poemi e racconti ma anche cronache e incantesimi frutto della lunga arte elfica - Aglaia si piegò a raccogliere alcuni frammenti a terra cercando di leggere qualche stralcio. Murtagh si diresse verso una piccola cassetta riversa a terra. Il suo contenuto, due tavolette dipinte, non era stato risparmiate dal saccheggio ma aerano rimaste intatte. Murtagh le raccolse da terra e con cautela le avvolse in un panno.

- Che cosa sono? – Chiese Aglaia indicando le tavole nelle sue mani. Murtagh le rivolse un sorriso - Sì chiamano fairth.-

- dipinti…creati con la magia? – disse lei traducendo titubante la parola nell’antica lingua

- Esattamente - rispose lui. – Non posso recuperare altro ma Eragon sarà contento di riaverli - aggiunse Murtagh, ricordando il volto del fratello quando glieli aveva mostrati.

- Hai recuperato quello che potevi, andiamo Cavaliere. -  Murtagh annuì e insieme si diressero a grandi passi verso il corpo di guardia per incontrare Xavier. Vennero fermati all’entrata da un giovane zelante che li annunciò al capitano.
- Puoi lasciarli entrare – disse l’uomo chino su un tavolo, il ragazzo si mise sull’attenti per il saluto e lasciò la stanza.
Il capitano era intento a controllare alcune carte geografiche, al loro lato erano degli appunti in rosso scritti in codice. Non appena i passi del giovane si furono dileguati, Xavier guardò Murtagh - Mi è stato detto di lavora con te per cercare una via verso le terre selvagge. Cos’è questa novità? -
Murtagh guardò Aglaia quindi sospirò - Alcune cose sono cambiate – con l’aiuto della ragazza gli raccontò a grandi linee cosa era successo al suo incontro, cercando di colmare il più possibile le sue lacune - Non c’è più bisogno di liberare Saphira, ma il resto del piano rimane invariato – aggiunse alla fine.

Aglaia prese parola rivolgendosi al capitano:
- Come avevamo stabilito, tu andrai da Reafly, tu Murtagh da Jill, io, invece, mi occuperò di liberare Eragon e recuperare le uova ma tutti e tre dovremmo fare a meno di Saphira e Castigo per raggiungere la spiaggia o attireremmo troppo l’attenzione. –

Xavier intervenne - Ho dovuto intensificato i turni di guardia per volere di Isobel ma stamattina ho fatto in modo che ci fossero dei buchi nel cambio dei soldati qui, qui e qui – disse, indicando i punti sulle mura dove sarebbero potuti passare.

- Ci rivediamo alla spiaggia. Che la fortuna ci assista – disse Aglaia guardandolo uno a uno prima di divedersi.

***

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        Mancava ancora un’ora al tramonto e nonostante la luce del sole riuscisse ancora penetrare all’interno delle finestre Aglaia si fermò ad accendere la lanterna che teneva in mano per percorrere l’ultimo tratto di scale che portava in cima alla torre. In quell’area l’oscurità aveva inghiottito tutto intono a lei, comprese le pietre.  

Arrivata all’ultima rampa delle scale aveva le gambe tese e i nervi a fior di pelle. I Ra’zac erano creature notturne che amavano muoversi nell’oscurità. Aglaia non riuscì ad avvertire la loro presenza fino a quando non la sorpresero alle spalle con i loro sibili; si girò di scatto accorgendosi che l’avevano stretta ad un angolo.
-Dove crrrrrredi d’andarrrrre?- gli fece una delle due creature in tono bieco.
Il loro alito pestilenziale arrivò di colpo alle narici di Aglaia, immobilizzandola.
Il suo istinto iniziale fu di fuggire e dovette aggrapparsi a tutta la sua forza di volontà per rimanere al suo posto. Improvvisamente si ricordò della lanterna che aveva in mano, la alzò frapponendola tra lei e le creature che sibilarono infastidite indietreggiando di un passo per uscire fuori dal cono di luce.
-De..devo – incespicò all’inizio prima di riacquistare la sua solita sicurezza. – Devo vedere il prigioniero per ordine della regina, sono la sua ancella-
Le due creature annusarono l’aria e si scambiarono qualche verso. Avevano riconosciuto il suo odore e i due Ra’zac non avevano motivo di dubitare della sua parola. L’accompagnarono fino a un’anticamera che dava su una porta ferro chiusa.
Una delle due creature estrasse delle chiavi da sotto il mantello e dopo aver maneggiato con le serrature sparirono nascondendosi di nuovo nel buio.
Aglaia aprì lentamente la porta ed entrò nella cella chiudendosela alle spalle.

Nel momento in cui udì il suono dei chiavistelli Eragon scattò seduto in posizione guardinga. Ebbe un leggero sussulto quando i suoi muscoli protestarono per lo sforzo ma mantenne lo sguardo fisso sulla porta di ferro. Ebbe un tuffo al cuore quando riconobbe Aglaia, l’ancella della regina. La lotta contro i demoni della sua mente lo aveva lasciato esausto. Non avrebbe resistito a lungo se la ragazza lo avesse attaccato con la magia e adesso più che mai sentì il peso del collare.

Aglaia lasciò la lanterna alle sue spalle, appesa a un gancio sul muro e si avvicinò lentamente al cavaliere.

- Devi alzarti e venire con me - gli disse fermandosi a un passo da lui osservandolo per alcuni istanti: i suoi occhi erano quelli di un animale in trappola, aveva il respiro irregolare e il corpo teso era attraversato qua e là da piccoli tremiti. Con cautela sganciò una chiave sottile dalla cintura in vita e colmando la distanza tra loro avvicinò le mani al collare.

Eragon la guardò confuso quando fece scattare il meccanismo di chiusura liberandolo.

- Che…che cosa significa…- le chiese rilassando improvvisamente i muscoli e massaggiandosi con cautela il collo. La voce gli grattò la gola tanto da fargli male.
- Sono venuta a liberarti. Murtagh, Jill, Castigo e Saphira ti aspettano -

Nel sentire i loro nomi gli occhi Eragon ebbero un guizzo di stupore e si mise in piedi. Sentire di nuovo la magia scorrere nelle sue vene gli aveva dato nuova forza ma non così tanta. Aglaia non ebbe alcuna difficoltà a spingerlo indietro per farlo nuovamente sedere. Con orgoglio si accorse di riuscire a mala pena a fare resistenza.

– Prima devi mangia qualcosa -
gli disse mettendogli in mano un pezzo di pane con del formaggio. Aglaia sapeva che i Ra’zac erano soliti indebolire le loro vittime privandole di tutto. Dopo due giorni nelle loro mani doveva essere affamato.

L’odore fragrante del pane raggiunse le narici di Eragon che lo addentò con desiderio ma senza foga

- C’è anche dell’acqua – gli disse porgendogli una borraccia. Eragon accettò anche quella di buon grado. Il liquido fresco scese lungo la gola secca alleviando la sete.
Sotto gli occhi vigili di Aglaia, Eragon finì l’ultimo boccone di pane poi la ragazza si affacciò sullo sportellino della porta e guardò sulla stanza antistante.
I Ra’zac attendevano da qualche parte nascosti nell’ombra. Aglaia non poteva vederli ma sentiva i loro sibili.
- Sono ancora lì fuori vero? - gli fece eco Eragon da dietro le spalle.
- Sì - fu la risposta secca della ragazza.
- Che hai intenzione di fare? -
- Lo scoprirai presto. Spera solo che il gioco regga ancora –


                                   **

Aglaia uscì dalla cella seguita subita da Eragon. Aveva legato i polsi del cavaliere con l’estremità di una corda e stingeva l’altra con la mano.
I Ra’zac allargarono i loro mantelli minacciosi quando videro il prigioniero fuori dalla stanza.
- Dove Inttttendi porrtarrrlo – le dissero indicando il prigioniero in maniera malevole.

- La regina Isobel vuole vederlo - mentì Aglaia.
- Non abbiamo avuto nesssun orrrrdine -
- È una questione molto urgente non c’è stato tempo di avvertire. Potreste far chiamare qualcuno per accertare le mie parole ma quando questa confermerà ciò che ho detto, e lo farà, avremmo solo perso tempo preziose -
Aglaia stava rischiato tutto. I Ra’zac fecero un attimo di silenzio. Passarono due interminabili attimi, in cui Eragon tenne la testa bassa trattenendo il respiro.
Poi le due creature si fecero da parte, facendoli passare. La minaccia aveva sortito il suo effetto e i due scesero dalla torre indisturbati.

                                   ***

Era già da ore che Reafly si teneva pronto per partire con lo zaino poggiato su un lato del letto. Negli ultimi due giorni aveva messo da parte tutto quello che pensava potesse servire ma, al momento di infilarle nella sacca, aveva scartato quasi tutto portandosi dietro solo una porzione di gallette, la sua fionda e una coperta.
Reafly scese i gradini delle scale a due a due per dirigersi in cucina. Il ragazzo lanciò uno sguardo verso la madre e la sorella intente a impastare il pane per il giorno dopo.

- Reafly che fai ancora sveglio, non riesci a dormire? – gli disse la madre scorgendolo dalla porta

- È tutto giorno che traffica nella sua camera – lo colse sul vivo Rebekha a cui non erano sfuggiti i suoi movimenti.

- Tu non ti impiccare Bekh! – rispose lui lanciandole uno sguardo furioso. La sorella sollevò le spalle – La prossima volta impara ad essere più silenzioso! -  

- La prossima volta… - iniziò a dire il ragazzo ma non riuscì a finire la frase perché la madre li rimproverò - Voi due smettetela subito di litigate – Reafly chiuse la bocca cacciando indietro il suo commento e guardò contrito la madre. Non voleva che i suoi ultimi ricordi con loro fossero legati a un bisticcio e abbassando il volto disse.

-Scusami mamma, e scusa anche a te Bekh -

La donna si era passata la mano sulla guancia e l’aveva imbiancata con un po’ di farina. Reafly si ritrovò a sorridere. L’aveva vista tante volte compiere quel gesto e cercò di imprimerli il più forte possibile quell’immagine nella sua mente.

Era tutto il giorno che ci pensava, da quando aveva memoria si divertiva a sgattaiolava fuori dalla finestra ogni volta che voleva. Era diventato il suo modo di evadere da una realtà che gli stava troppo stretta ma alla fine, per quando andasse lontano, era sempre tornato a casa.

Ora che sapeva che il distacco sarebbe durato più a lungo il ragazzo si rese conto che passare il confine, quella sera, non sarebbe stato facile.
La madre aggrottò le sopracciglia.
- Non è meglio adesso? Dai ora vieni qui a prendere un morso. Anche tu Rebecka – gli disse porgendo a ciascun figlio un pezzo di pasta. Reafly se la mise in bocca. Quel sapore era il più buono che avesse mai gustato, pensò il ragazzo mentre inghiottita il boccone. In quel momento bussarono alla porta. La madre guardò i figli.
- Chi può essere a quest’ora? Rebecca puoi andare tu? – la ragazza annuì, ancora con la bocca piena e andò di corsa alla porta

- È il Capitano mamma! – gridò la ragazza poco dopo dall’ingresso.

Reafly vide la madre pulirsi le mani in fretta per poi guardarlo attentamente

- Se ti conosco bene Reafly Coleman, tu sapevi del suo arrivo. -
Reafly alzò le spalle e strinse le dita dietro la schiena mentre Xavier entrava nella stanza seguito dalla sorella.

- Mi dispiace disturbare a quest’ora tarda, vedo che Reafly ancora non te ne ha parlato – disse il capitano sentendo gli occhi della donna e di Rebekha su di lui.

- …Io… non volevano preoccuparti fino a quando non fossi stato sicuro – si giustificò Reafly rivolgendosi alla madre.

- Di cosa si tratta? – chiese la donna guardano invece il capitano.

Xavier prese allora la parola. – Alla fine ho ottenuto quel permesso Serena. La regina ha acconsentito a Reafly di passare una notte in caserma per mostrargli dove alloggiava Phill… –

- Se riguarda nostro padre voglio esserci anche io – protestò subito Rebekha sentendo il suo nome.

- È una cosa solo tra me e il capitano – rispose Reafly con prontezza.   

Serena guardò i suoi figli in successione, erano entrambi così orgogliosi e testardi; quella loro indole non faceva che alimentava la competizione tra loro. Rebekha, era abbastanza grande da serbare dei ricordi del padre, Reafly no e questo fatto era spesso motivo di lite tra fratelli. Proprio per questo motivo, tempo fa, aveva chiesto al capitano di fargli visitare i luoghi dove aveva vissuto, così da farlo sentire vicino a lui ma fino ad ora Xavier aveva sempre detto che non era possibile.   

- Rebekha lascia spazio a tuo fratello. Vedrai che verrà anche il tuo momento. Non è vero Capitano? - l’uomo annui poi disse

- Certo ma Reafly non ha ancora ricevuto il tuo consenso. Serena mi permetti di portarlo con me? -   

- Ti prego mamma posso? –

Da quando Reafly aveva smesso di parlare di draghi e cavalieri Serena era diventata meno apprensiva nei suoi confronti ma non così tanto da abbassare del tutto la guardia. Sospirò, qualcosa non le  tornava ma la presenza del capitano la tranquillizzò.

- Va bene puoi andare – disse infine sciogliendo i suoi timori.
- Grazie! - Reafly corse ad abbracciarla.
- Calma, non ce n’è bisogno, così mi stritoli! -  gli rispose ridendo.
- Così va meglio - disse infine mentre Reafly allentava la presa. Il ragazzo nascose, per un attimo il viso sul suo petto. La madre allora lo allontanò un poco da sé, prendendolo per le spalle per poterlo guardare in viso e gli sorrise.
- Dai ora vai a prendere il tuo zaino, sappiamo già che lo hai pronto da stamattina, vero Bekha? –
Il ragazzo annuì arrossendo quindi si diresse a grandi passi verso la sua stanza seguito dalla sorella.

Prima di prendere il suo zaino da viaggio, Reafly diede un ultimo sguardo alla stanza. Probabilmente non l’avrebbe vista per molto tempo e si prese tutto il tempo necessario per posare il suo sguardo su ogni singolo oggetto, ognuno legato ad un momento particolare della sua infanzia.

Rebekha lo sorprese da dietro dandogli un forte abbraccio. – Lo sapevo che stavi nascondendo qualcosa. Sono invidiosa ma…diverti e raccontami tutto quando torni -  gli disse confessando i suoi sentimenti. Reafly annuì.

Al piano di sotto Xavier era rimasto in compagnia di Serena.

- Grazie per aver accetto. So che sei preoccupata per lui ma sappi che gli starò sempre accanto - Xavier le aveva parlato con il cuore in mano. Non avrebbe mai voluto mentirle in quella maniera ma meno la donna era a conoscenza dei loro movimenti, meno opportunità avrebbero avuto di manovrarla.

- So che lo farai capitano –

Reafly e Rebekha scesero in quel momento mano nella mano

- Sono pronto - disse Reafly, quindi abbracciò un’ultima volta a madre ed uscì dietro a Xavier senza guardarsi indietro.

Una volta in strada il capitano si girò verso di lui – Da adesso fino a quando non saremo fuori dalle mura la velocità e il silenzio sono fondamentali – Reafly annuì con sguardo deciso. Xavier gli sorrise, addolcendo appena i lineamenti duri del suo volto, quindi alzò il cappuccio della sua mantella sulla testa e guidò Reafly verso la periferia della città. Il ragazzo gli stette dietro senza dire nulla, come gli era stato detto, anche se Xavier poteva sentirlo fremere di impazienza ad ogni passo.

- Non attendiamo più i cavalieri? – chiese infine quando ormai fuori dalla città si rese conto che si stavano allontanavano da soli.

- Ci incontreremo con loro alla spiaggia -   

 

***   

- Quindi è vero che stai per partire? – chiese Jill aggrappandosi al braccio di Murtagh mentre camminavano in direzione delle sue stanze. Le notizie, pensò Murtagh, viaggiavano veloci nella cittadella.

- Sì è così, ma adesso non pensarci - le disse passando oltre la porta della sua camera ed entrando nella stanza accanto. Al suo interno una cameriera stava finendo di sistemare dei fiori su una tavola imbandita. Murtagh aveva chieste ad Isobel di passare una serata solo con Jill. Lei era stata più che contenta di concedergli quel momento. Come aveva previsto Aglaia era sicura di tenerlo in pugno.    

- Ti piace? – le chiese da dietro, facendole scivolare lo scialle sulle braccia e accarezzandole con delicatezza la pelle nude.

- Molto, ma perché hai fatto preparare tutto questo? –

Murtagh le sorride. - Ho pensato che da quando siamo qui che non abbiano passato un vero momento solo per noi. – gli occhi di Jill si illuminarono di gioia e le sue guance arrossirono. Nel guardarla Murtagh riuscì solo a pensare a quanto fosse bella.  

- Credevo non me lo avresti mai chiesto. Che mi odiassi perché sono accanto a Isobel e non a tuo fratell…-

- Shhh… ora non ne parliamo – Murtagh le sigillò delicatamente le labbra con un bacio. Jill aveva chiuso gli occhi e Murtagh la strinse a sé sentendola tremare sotto le sue braccia. Rimasero così per un po’ e quando Murtagh sciolse l’abbraccio Jill non aggiunse altro. Nel frattempo la cameriera era uscita dalla camera e li aveva lasciati soli.

- Adesso accomodati – le disse Murtagh prendendo una sedia e porgendola alla ragazza. Jill accettò di buon grado e rimase a guardare Murtagh affascinata mentre le serviva il piatto e versava del vino in due calici. Senza farsi notare il ragazzo vi introdusse rapidamente il sonnifero e glielo porse – Ho fatto preparare il tuo piatto preferito le focacce farcite – le disse sedendosi anche lui in tavolo e prendendo l’altro calice di vino.  

Jill prese il vino e lo portò alle labbra e iniziò a mangiare con gusto tutto quello che le offriva Murtagh. Senza nessun preavviso la ragazza perse l’equilibrio e cadde con il busto in avanti. Murtagh non l’aveva persa di vista nemmeno un momento, le sollevò il volto dal mento e la sorresse per le braccia - Cosa mi succede? – gli chiese lei guardandolo spaesata. Murtagh cercò di tranquillizzarla. - Non temere ci sono qui io – le disse con dolcezza. Poi la ragazza perse del tutto i sensi e si accasciò.    

* * *

Eragon respirò a pieni polmoni l’aria fresca della sera e poggiò la schiena contro una parete in attesa del ritorno di Aglaia. Usciti dalla torre lo aveva condotto ancora per una serie di corridoi e passaggi, cambiando spesso direzione per evitare di imbattersi in qualche cortigiano o peggio ancora in una guardia. Erano usciti dalle mura della cittadella e avevano superato appena due isolati quando lei lo sospinse sotto gli archi di un porticato - Devo ancora fare una cosa, aspettami qui – gli disse senza aggiungere altro.

Il miagolio di un gatto ruppe il silenzio della notte attirando l’attenzione di Eragon. L’animale era piombato nella piazzola accostandosi alle colonne e girandole intorno intorcinando la coda. L’improvviso scalpitio di zoccoli disturbò l’animale che fuggì via. Sentendo che si avvicinava nella sua direzione Eragon si ritirò in fretta dietro una delle colonne e si nascose nell’ombra.

Una figura con un mantello appartenente alle guardie reali emerse dalle vie laterali. Eragon trattenne il respiro seguendo i suoi movimenti, pronto a combattere se necessario. Trasse un sospiro di sollievo quado riconobbe Aglaia.

– Sono qui – le disse uscendo da dietro una colonna. Lei si girò e gli venne incontro. – Una guardia mi doveva un favore - disse porgendogli un secondo mantello. Eragon lo indossò subito. Solo allora notò il telo avvolto intorno alle spalle e al busto di Aglaia da cui si intravedevano delle sporgenze tondeggiati.  

– Sono quello che penso? -

Aglaia annuì – purtroppo sono stata trattenuta – disse tradendo una certa tensione nella voce.

– Quando Isobel verrà informata che non sei più nella tua cella partirà l’allarme. Dobbiamo esser fuori dalle mura prima di allora o sarà molto difficile fuggire – gli disse passandogli le redini di uno dei due cavalli e salendo in sella all’altro.

– Se non impossibile – sussurrò cupo Eragon. I cavalli scalcinarono innervositi. I loro nitriti riecheggiarono nel portico allarmando Aglaia che, evidentemente, non voleva attirare troppo l’attenzione.
Eragon posò una mano sul collo del cavallo che reggeva. - Questi animali sono abituati con la minaccia del frustino – aggiunse ricordando come erano stati trattati da Isobel e Oliviana. – Se vogliamo essere silenziosi e veloci dobbiamo fargli comprendere le nostre necessità ma soprattutto che non gli faremo del male. – disse passando una mano sul collo.

- Come intendi farlo? – gli domandò lei scettica. Eragon non si scompose, semplicemente chiuse gli occhi e pronunciò alcune parole nell’antica lingua. Sussultò quando la magia pretese il suo prezzo attingendo alle esigue energie che gli rimanevano. In risposta due destrieri mossero la testa in su e giù, smisero di nitrire e pestarono gli zoccoli a terra silenziosamente. Per Eragon ne era valsa la pena. Aglaia aveva riconosciuto la radice delle parole che aveva usato ma non la loro declinazione – Una volta che saremo al sicuro dovrai insegnarmelo – gli disse rivolgendogli uno sguardo di ammirazione.

In sella ai due destrieri Aglaia e Eragon raggiunsero una delle porte indicate da Xavier. Come previsto dal capitano nessuno era di guardia a fermarli. Aglaia attivò il meccanismo di apertura della porta con la magia e la lasciò chiudersi alle loro spalle  

Solo fuori dalle mura della città spronarono i cavalli al galoppo lasciandosi velocemente Abalon alle spalle.

 

  
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