Murtagh
camminava con l’animo in tumulto. Isobel era sempre un passo
davanti a lui. Quel
nuovo incarico e l’attività degli alchimisti con
la minaccia delle loro armi
aveva completamente offuscando la gioia di aver liberato Saphira.
Si diresse nelle
sue stanze dove trovò Aglaia assopita sul suo letto. La
ragazza l’aspettava
ormai da ore, le sue vesti leggere
le cadevano sul corpo disegnandone il profilo flessuoso. Il suo respiro
placido
ipnotizzò per un attimo il cavaliere che rimase a guardarla;
non sapendo come
chiamarla emise un leggero colpo di tosse che la fece destare:
- Cosa è successo all’incontro? - gli fece lei
tirandosi su e accorgendosi del
suo sguardo agitato.
Murtagh le raccontò cosa era accaduto, esprimendo insieme
anche i suoi timori e
le sue impressioni sulle armi. L’esasperazione di Murtagh si
acquetò un poco
quando la vide sorridergli mesta.
- Non
c’è
momento migliore per fuggire – gli disse poggiandogli una
mano sulla spalla per
infondergli coraggio ma Murtagh era ancora restio a lasciare andare le
sue
paure - Sapeva dei nostri movimenti per cercare Saphira –
disse ma Aglaia gli strinse
ancor di più la mano sulla spalla.
- E adesso
è
sicura di sé, ha fatto la sua mossa e crede di essere
invincibile. Questa sua sicurezza
ci darà un ampio margine di movimento – rispose
rivolgendogli allo stesso tempo
uno sguardo fiducioso.
- Hai
ragione – Murtagh la guardò grato. Il momento di
sconforto era passato ora
dovevano agire. Una volta usciti dalla stanza Murtagh si diresse prima
alle
stanze di Eragon. Vi entrò di slancio seguito da Aglaia.
La stanza
era stata messa tutta sotto sopra – Che cosa è
successo qui? - chiese lei dando
voce allo sconcerto di entrambi. Murtagh non seppe rispondere subito e
tacque. Ancora
una volta Isobel aveva agito tirando a distanza i fili dei suoi servi
come
fossero marionette e maledisse se stesso per non aver agito prima. Non
aveva
mai condiviso con Eragon il suo attaccamento alla cultura elfica ma ne
riconosceva l’importanza ed ora importanti informazioni si
trovavano nelle mani
del loro nemico. – Con molta probabilità Isobel
cercava i papiri in possesso di
Eragon – disse infine osservando alcune carte strappate
sparpagliate sul
pavimento su cui si erano disegnati eleganti glifi. Anche le scatole di
legno che
le contenevano era state spaccate e gettate a terra in cerca di
nascondigli
segreti. – Che cosa contenevano? –
Murtagh
sospirò
- Per lo più poemi e racconti ma anche cronache e
incantesimi frutto della
lunga arte elfica - Aglaia si piegò a raccogliere alcuni
frammenti a terra cercando
di leggere qualche stralcio. Murtagh si diresse verso una piccola
cassetta riversa
a terra. Il suo contenuto, due tavolette dipinte, non era stato
risparmiate dal
saccheggio ma aerano rimaste intatte. Murtagh le raccolse da terra e
con
cautela le avvolse in un panno.
- Che cosa
sono? – Chiese Aglaia indicando le tavole nelle sue mani.
Murtagh le rivolse un
sorriso - Sì chiamano fairth.-
-
dipinti…creati con la magia? – disse
lei traducendo titubante la parola nell’antica lingua
- Esattamente -
rispose lui. –
Non posso recuperare altro ma Eragon sarà contento di
riaverli - aggiunse
Murtagh, ricordando il volto del fratello quando glieli aveva mostrati.
- Hai
recuperato quello che potevi, andiamo Cavaliere. -
Murtagh annuì e insieme si diressero a grandi
passi verso il corpo di guardia per incontrare Xavier. Vennero fermati
all’entrata da un giovane zelante che li annunciò
al capitano.
- Puoi lasciarli entrare – disse l’uomo chino su un
tavolo, il ragazzo si mise
sull’attenti per il saluto e lasciò la stanza.
Il capitano era intento a controllare alcune carte geografiche, al loro
lato erano
degli appunti in rosso scritti in codice. Non appena i passi del
giovane si
furono dileguati, Xavier guardò Murtagh - Mi è
stato detto di lavora con te per
cercare una via verso le terre selvagge. Cos’è
questa novità? -
Murtagh guardò Aglaia quindi sospirò - Alcune
cose sono cambiate – con l’aiuto
della ragazza gli raccontò a grandi linee cosa era successo
al suo incontro, cercando
di colmare il più possibile le sue lacune - Non
c’è più bisogno di liberare
Saphira, ma il resto del piano rimane invariato – aggiunse
alla fine.
Aglaia prese
parola rivolgendosi al capitano:
- Come avevamo stabilito, tu andrai da Reafly, tu Murtagh da Jill, io,
invece,
mi occuperò di liberare Eragon e recuperare le uova ma tutti
e tre dovremmo fare
a meno di Saphira e Castigo per raggiungere la spiaggia o attireremmo
troppo
l’attenzione. –
Xavier
intervenne - Ho dovuto intensificato i turni di guardia per volere di
Isobel ma
stamattina ho fatto in modo che ci fossero dei buchi nel cambio dei
soldati qui,
qui e qui – disse, indicando i punti sulle mura dove
sarebbero potuti passare.
- Ci
rivediamo alla spiaggia. Che la fortuna ci assista – disse
Aglaia guardandolo
uno a uno prima di divedersi.
***
Mancava ancora un’ora al tramonto e nonostante la luce del sole
riuscisse ancora
penetrare all’interno delle finestre Aglaia si
fermò ad accendere la lanterna
che teneva in mano per percorrere l’ultimo tratto di scale
che portava in cima
alla torre. In quell’area l’oscurità
aveva inghiottito tutto intono a lei,
comprese le pietre.
Arrivata
all’ultima rampa delle scale aveva le gambe tese e i nervi a
fior di pelle. I Ra’zac
erano creature notturne che amavano muoversi
nell’oscurità. Aglaia non riuscì
ad avvertire la loro presenza fino a quando non la sorpresero alle
spalle con i
loro sibili; si girò di scatto accorgendosi che
l’avevano stretta ad un angolo.
-Dove crrrrrredi d’andarrrrre?- gli fece una delle due
creature in tono bieco.
Il loro alito pestilenziale arrivò di colpo alle narici di
Aglaia,
immobilizzandola.
Il suo istinto iniziale fu di fuggire e dovette aggrapparsi a tutta la
sua
forza di volontà per rimanere al suo posto. Improvvisamente
si ricordò della
lanterna che aveva in mano, la alzò frapponendola tra lei e
le creature che
sibilarono infastidite indietreggiando di un passo per uscire fuori dal
cono di
luce.
-De..devo – incespicò all’inizio prima
di riacquistare la sua solita sicurezza.
– Devo vedere il prigioniero per ordine della regina, sono la
sua ancella-
Le due creature annusarono l’aria e si scambiarono qualche
verso. Avevano riconosciuto
il suo odore e i due Ra’zac non avevano
motivo di dubitare della sua
parola. L’accompagnarono fino a un’anticamera che
dava su una porta ferro
chiusa.
Una delle due creature estrasse delle chiavi da sotto il mantello e
dopo aver
maneggiato con le serrature sparirono nascondendosi di nuovo nel buio.
Aglaia aprì lentamente la porta ed entrò nella
cella chiudendosela alle spalle.
Nel momento
in cui udì il suono dei chiavistelli Eragon
scattò seduto in posizione
guardinga. Ebbe un leggero sussulto quando i suoi muscoli protestarono
per lo
sforzo ma mantenne lo sguardo fisso sulla porta di ferro. Ebbe un tuffo
al
cuore quando riconobbe Aglaia, l’ancella della regina. La
lotta contro i demoni
della sua mente lo aveva lasciato esausto. Non avrebbe resistito a
lungo se la
ragazza lo avesse attaccato con la magia e adesso più che
mai sentì il peso del
collare.
Aglaia
lasciò
la lanterna alle sue spalle, appesa a un gancio sul muro e si
avvicinò lentamente
al cavaliere.
- Devi alzarti
e venire con me - gli disse fermandosi a un passo da lui osservandolo
per
alcuni istanti: i suoi occhi erano quelli di un animale in trappola,
aveva il respiro
irregolare e il corpo teso era attraversato qua e là da
piccoli tremiti. Con
cautela sganciò una chiave sottile dalla cintura in vita e
colmando la distanza
tra loro avvicinò le mani al collare.
Eragon la
guardò confuso quando fece scattare il meccanismo di
chiusura liberandolo.
-
Che…che cosa
significa…- le chiese rilassando improvvisamente i muscoli e
massaggiandosi con
cautela il collo. La voce gli grattò la gola tanto da fargli
male.
- Sono venuta a liberarti. Murtagh, Jill, Castigo e Saphira ti
aspettano -
Nel sentire
i loro nomi gli occhi Eragon ebbero un guizzo di stupore e si mise in
piedi.
Sentire di nuovo la magia scorrere nelle sue vene gli aveva dato nuova
forza ma
non così tanta. Aglaia non ebbe alcuna difficoltà
a spingerlo indietro per
farlo nuovamente sedere. Con orgoglio si accorse di riuscire a mala
pena a fare
resistenza.
–
Prima devi
mangia qualcosa -
gli disse mettendogli in mano un pezzo di pane con del formaggio.
Aglaia sapeva
che i Ra’zac erano soliti indebolire le
loro vittime privandole di tutto.
Dopo due giorni nelle loro mani doveva essere affamato.
L’odore
fragrante
del pane raggiunse le narici di Eragon che lo addentò con
desiderio ma senza
foga
-
C’è anche
dell’acqua – gli disse porgendogli una borraccia.
Eragon accettò anche quella
di buon grado. Il liquido fresco scese lungo la gola secca alleviando
la sete.
Sotto gli occhi vigili di Aglaia, Eragon finì
l’ultimo boccone di pane poi la
ragazza si affacciò sullo sportellino della porta e
guardò sulla stanza
antistante.
I Ra’zac attendevano da qualche parte
nascosti nell’ombra. Aglaia non
poteva vederli ma sentiva i loro sibili.
- Sono ancora lì fuori vero? - gli fece eco Eragon da dietro
le spalle.
- Sì - fu la risposta secca della ragazza.
- Che hai intenzione di fare? -
- Lo scoprirai presto. Spera solo che il gioco regga ancora –
**
Aglaia
uscì
dalla cella seguita subita da Eragon. Aveva legato i polsi del
cavaliere con l’estremità
di una corda e stingeva l’altra con la mano.
I Ra’zac allargarono i loro mantelli
minacciosi quando videro il
prigioniero fuori dalla stanza.
- Dove Inttttendi porrtarrrlo – le dissero indicando il
prigioniero in maniera
malevole.
- La regina
Isobel
vuole vederlo - mentì Aglaia.
- Non abbiamo avuto nesssun orrrrdine -
- È una questione molto urgente non c’è
stato tempo di avvertire. Potreste far
chiamare qualcuno per accertare le mie parole ma quando questa
confermerà ciò
che ho detto, e lo farà, avremmo solo perso tempo preziose -
Aglaia stava rischiato tutto. I
Ra’zac
fecero un attimo di silenzio. Passarono due interminabili attimi, in
cui Eragon
tenne la testa bassa trattenendo il respiro.
Poi le due creature si fecero da parte, facendoli passare. La minaccia
aveva
sortito il suo effetto e i due scesero dalla torre indisturbati.
***
Era
già da
ore che Reafly si teneva pronto per partire con lo zaino poggiato su un
lato del
letto. Negli ultimi due giorni aveva messo da parte tutto quello che
pensava potesse
servire ma, al momento di infilarle nella sacca, aveva scartato quasi
tutto
portandosi dietro solo una porzione di gallette, la sua fionda e una
coperta.
Reafly scese i gradini delle scale a due a due per dirigersi in cucina.
Il
ragazzo lanciò uno sguardo verso la madre e la sorella
intente a impastare il
pane per il giorno dopo.
- Reafly che
fai ancora sveglio, non riesci a dormire? – gli disse la
madre scorgendolo
dalla porta
- È
tutto
giorno che traffica nella sua camera – lo colse sul vivo
Rebekha a cui non erano
sfuggiti i suoi movimenti.
- Tu non ti
impiccare Bekh! – rispose lui lanciandole uno sguardo
furioso. La sorella
sollevò le spalle – La prossima volta impara ad
essere più silenzioso! -
- La
prossima volta… - iniziò a dire il ragazzo ma non
riuscì a finire la frase
perché la madre li rimproverò - Voi due
smettetela subito di litigate – Reafly chiuse
la bocca cacciando indietro il suo commento e guardò
contrito la madre. Non
voleva che i suoi ultimi ricordi con loro fossero legati a un bisticcio
e
abbassando il volto disse.
-Scusami
mamma, e scusa anche a te Bekh -
La donna si
era passata la mano sulla guancia e l’aveva imbiancata con un
po’ di farina. Reafly
si ritrovò a sorridere. L’aveva vista tante volte
compiere quel gesto e cercò
di imprimerli il più forte possibile
quell’immagine nella sua mente.
Era tutto il
giorno che ci pensava, da quando aveva memoria si divertiva a
sgattaiolava
fuori dalla finestra ogni volta che voleva. Era diventato il suo modo
di
evadere da una realtà che gli stava troppo stretta ma alla
fine, per quando
andasse lontano, era sempre tornato a casa.
Ora che
sapeva che il distacco sarebbe durato più a lungo il ragazzo
si rese conto che passare
il confine, quella sera, non sarebbe stato facile.
La madre aggrottò le sopracciglia.
- Non è meglio adesso? Dai ora vieni qui a prendere un
morso. Anche tu Rebecka –
gli disse porgendo a ciascun figlio un pezzo di pasta. Reafly se la
mise in
bocca. Quel sapore era il più buono che avesse mai gustato,
pensò il ragazzo
mentre inghiottita il boccone. In quel momento bussarono alla porta. La
madre
guardò i figli.
- Chi può essere a quest’ora? Rebecca puoi andare
tu? – la ragazza annuì,
ancora con la bocca piena e andò di corsa alla porta
- È
il
Capitano mamma! – gridò la ragazza poco dopo
dall’ingresso.
Reafly vide la
madre pulirsi le mani in fretta per poi guardarlo attentamente
- Se ti
conosco bene Reafly Coleman, tu sapevi del suo arrivo. -
Reafly alzò le spalle e strinse le dita dietro la schiena
mentre Xavier entrava
nella stanza seguito dalla sorella.
- Mi
dispiace disturbare a quest’ora tarda, vedo che Reafly ancora
non te ne ha
parlato – disse il capitano sentendo gli occhi della donna e
di Rebekha su di
lui.
-
…Io… non
volevano preoccuparti fino a quando non fossi stato sicuro –
si giustificò
Reafly rivolgendosi alla madre.
- Di cosa si
tratta? – chiese la donna guardano invece il capitano.
Xavier prese
allora la parola. – Alla fine ho ottenuto quel permesso
Serena. La regina ha
acconsentito a Reafly di passare una notte in caserma per mostrargli
dove
alloggiava Phill… –
- Se
riguarda nostro padre voglio esserci anche io –
protestò subito Rebekha
sentendo il suo nome.
- È
una cosa
solo tra me e il capitano – rispose Reafly con prontezza.
Serena
guardò i suoi figli in successione, erano entrambi
così orgogliosi e testardi; quella
loro indole non faceva che alimentava la competizione tra loro.
Rebekha, era abbastanza
grande da serbare dei ricordi del padre, Reafly no e questo fatto era
spesso
motivo di lite tra fratelli. Proprio per questo motivo, tempo fa, aveva
chiesto
al capitano di fargli visitare i luoghi dove aveva vissuto,
così da farlo
sentire vicino a lui ma fino ad ora Xavier aveva sempre detto che non
era
possibile.
- Rebekha
lascia spazio a tuo fratello. Vedrai che verrà anche il tuo
momento. Non è vero
Capitano? - l’uomo annui poi disse
- Certo ma
Reafly
non ha ancora ricevuto il tuo consenso. Serena mi permetti di portarlo
con me?
-
- Ti prego
mamma posso? –
Da quando
Reafly aveva smesso di parlare di draghi e cavalieri Serena era
diventata meno
apprensiva nei suoi confronti ma non così tanto da abbassare
del tutto la
guardia. Sospirò, qualcosa non le
tornava ma la presenza del capitano la
tranquillizzò.
- Va bene
puoi andare – disse infine sciogliendo i suoi timori.
- Grazie! - Reafly corse ad abbracciarla.
- Calma, non ce n’è bisogno, così mi
stritoli! - gli
rispose ridendo.
- Così va meglio - disse infine mentre Reafly allentava la
presa. Il ragazzo
nascose, per un attimo il viso sul suo petto. La madre allora lo
allontanò un
poco da sé, prendendolo per le spalle per poterlo guardare
in viso e gli
sorrise.
- Dai ora vai a prendere il tuo zaino, sappiamo già che lo
hai pronto da
stamattina, vero Bekha? –
Il ragazzo annuì arrossendo quindi si diresse a grandi passi
verso la sua
stanza seguito dalla sorella.
Prima di
prendere il suo zaino da viaggio, Reafly diede un ultimo sguardo alla
stanza. Probabilmente
non l’avrebbe vista per molto tempo e si prese tutto il tempo
necessario per
posare il suo sguardo su ogni singolo oggetto, ognuno legato ad un
momento particolare
della sua infanzia.
Rebekha lo
sorprese da dietro dandogli un forte abbraccio. – Lo sapevo
che stavi
nascondendo qualcosa. Sono invidiosa ma…diverti e raccontami
tutto quando torni
- gli disse
confessando i suoi
sentimenti. Reafly annuì.
Al piano di
sotto Xavier era rimasto in compagnia di Serena.
- Grazie per
aver accetto. So che sei preoccupata per lui ma sappi che gli
starò sempre
accanto - Xavier le aveva parlato con il cuore in mano. Non avrebbe mai
voluto
mentirle in quella maniera ma meno la donna era a conoscenza dei loro
movimenti,
meno opportunità avrebbero avuto di manovrarla.
- So che lo
farai capitano –
Reafly e
Rebekha scesero in quel momento mano nella mano
- Sono
pronto - disse Reafly, quindi abbracciò un’ultima
volta a madre ed uscì dietro
a Xavier senza guardarsi indietro.
Una volta in
strada il capitano si girò verso di lui – Da
adesso fino a quando non saremo
fuori dalle mura la velocità e il silenzio sono fondamentali
– Reafly annuì con
sguardo deciso. Xavier gli sorrise, addolcendo appena i lineamenti duri
del suo
volto, quindi alzò il cappuccio della sua mantella sulla
testa e guidò Reafly
verso la periferia della città. Il ragazzo gli stette dietro
senza dire nulla,
come gli era stato detto, anche se Xavier poteva sentirlo fremere di
impazienza
ad ogni passo.
- Non attendiamo
più i cavalieri? – chiese infine quando ormai
fuori dalla città si rese conto
che si stavano allontanavano da soli.
- Ci
incontreremo con loro alla spiaggia -
***
- Quindi
è
vero che stai per partire? – chiese Jill aggrappandosi al
braccio di Murtagh mentre
camminavano in direzione delle sue stanze. Le notizie, pensò
Murtagh,
viaggiavano veloci nella cittadella.
- Sì
è così,
ma adesso non pensarci - le disse passando oltre la porta della sua
camera ed
entrando nella stanza accanto. Al suo interno una cameriera stava
finendo di sistemare
dei fiori su una tavola imbandita. Murtagh aveva chieste ad Isobel di
passare
una serata solo con Jill. Lei era stata più che contenta di
concedergli quel
momento. Come aveva previsto Aglaia era sicura di tenerlo in pugno.
- Ti piace?
– le chiese da dietro, facendole scivolare lo scialle sulle
braccia e accarezzandole
con delicatezza la pelle nude.
- Molto, ma
perché
hai fatto preparare tutto questo? –
Murtagh le
sorride. - Ho pensato che da quando siamo qui che non abbiano passato
un vero
momento solo per noi. – gli occhi di Jill si illuminarono di
gioia e le sue
guance arrossirono. Nel guardarla Murtagh riuscì solo a
pensare a quanto fosse
bella.
- Credevo
non me lo avresti mai chiesto. Che mi odiassi perché sono
accanto a Isobel e
non a tuo fratell…-
-
Shhh… ora
non ne parliamo – Murtagh le sigillò delicatamente
le labbra con un bacio. Jill
aveva chiuso gli occhi e Murtagh la strinse a sé sentendola
tremare sotto le
sue braccia. Rimasero così per un po’ e quando
Murtagh sciolse l’abbraccio Jill
non aggiunse altro. Nel frattempo la cameriera era uscita dalla camera
e li
aveva lasciati soli.
- Adesso
accomodati
– le disse Murtagh prendendo una sedia e porgendola alla
ragazza. Jill accettò
di buon grado e rimase a guardare Murtagh affascinata mentre le serviva
il
piatto e versava del vino in due calici. Senza farsi notare il ragazzo
vi
introdusse rapidamente il sonnifero e glielo porse – Ho fatto
preparare il tuo
piatto preferito le focacce farcite – le disse sedendosi
anche lui in tavolo e
prendendo l’altro calice di vino.
Jill prese
il vino e lo portò alle labbra e iniziò a
mangiare con gusto tutto quello che
le offriva Murtagh. Senza nessun preavviso la ragazza perse
l’equilibrio e cadde
con il busto in avanti. Murtagh non l’aveva persa di vista
nemmeno un momento, le
sollevò il volto dal mento e la sorresse per le braccia -
Cosa mi succede? – gli
chiese lei guardandolo spaesata. Murtagh cercò di
tranquillizzarla. - Non
temere ci sono qui io – le disse con dolcezza. Poi la ragazza
perse del tutto i
sensi e si accasciò.
* * *
Eragon
respirò a pieni polmoni l’aria fresca della sera e
poggiò la schiena contro una
parete in attesa del ritorno di Aglaia. Usciti dalla torre lo aveva
condotto
ancora per una serie di corridoi e passaggi, cambiando spesso direzione
per
evitare di imbattersi in qualche cortigiano o peggio ancora in una
guardia.
Erano usciti dalle mura della cittadella e avevano superato appena due
isolati
quando lei lo sospinse sotto gli archi di un porticato - Devo
ancora fare
una cosa, aspettami qui – gli disse senza
aggiungere altro.
Il miagolio di
un gatto ruppe il silenzio della notte attirando l’attenzione
di Eragon. L’animale
era piombato nella piazzola accostandosi alle colonne e girandole
intorno
intorcinando la coda. L’improvviso scalpitio di zoccoli
disturbò l’animale che fuggì
via. Sentendo che si avvicinava nella sua direzione Eragon si
ritirò in fretta dietro
una delle colonne e si nascose nell’ombra.
Una figura con
un mantello appartenente alle guardie reali emerse dalle vie laterali.
Eragon
trattenne il respiro seguendo i suoi movimenti, pronto a combattere se
necessario. Trasse un sospiro di sollievo quado riconobbe Aglaia.
– Sono
qui –
le disse uscendo da dietro una colonna. Lei si girò e gli
venne incontro. – Una
guardia mi doveva un favore - disse porgendogli un secondo mantello.
Eragon lo indossò
subito. Solo allora notò il telo avvolto intorno alle spalle
e al busto di
Aglaia da cui si intravedevano delle sporgenze tondeggiati.
– Sono
quello che penso? -
Aglaia
annuì
– purtroppo sono stata trattenuta – disse tradendo
una certa tensione nella
voce.
–
Quando Isobel
verrà informata che non sei più nella tua cella
partirà l’allarme. Dobbiamo
esser fuori dalle mura prima di allora o sarà molto
difficile fuggire – gli
disse passandogli le redini di uno dei due cavalli e salendo in sella
all’altro.
– Se
non
impossibile – sussurrò cupo Eragon. I cavalli
scalcinarono innervositi. I loro
nitriti riecheggiarono nel portico allarmando Aglaia che,
evidentemente, non
voleva attirare troppo l’attenzione.
Eragon posò una mano sul collo del cavallo che reggeva. -
Questi animali sono
abituati con la minaccia del frustino – aggiunse ricordando
come erano stati
trattati da Isobel e Oliviana. – Se vogliamo essere
silenziosi e veloci
dobbiamo fargli comprendere le nostre necessità ma
soprattutto che non gli faremo
del male. – disse passando una mano sul collo.
- Come intendi
farlo? – gli domandò lei scettica. Eragon non si
scompose, semplicemente chiuse
gli occhi e pronunciò alcune parole nell’antica
lingua. Sussultò quando la
magia pretese il suo prezzo attingendo alle esigue energie che gli
rimanevano. In
risposta due destrieri mossero la testa in su e giù, smisero
di nitrire e
pestarono gli zoccoli a terra silenziosamente. Per Eragon ne era valsa
la pena.
Aglaia aveva riconosciuto la radice delle parole che aveva usato ma non
la loro
declinazione – Una volta che saremo al sicuro dovrai
insegnarmelo – gli disse rivolgendogli
uno sguardo di ammirazione.
In sella ai
due destrieri Aglaia e Eragon raggiunsero una delle porte indicate da
Xavier.
Come previsto dal capitano nessuno era di guardia a fermarli. Aglaia
attivò il
meccanismo di apertura della porta con la magia e la lasciò
chiudersi alle loro
spalle
Solo fuori
dalle mura della città spronarono i cavalli al galoppo
lasciandosi velocemente
Abalon alle spalle.