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Autore: blackjessamine    17/07/2022    12 recensioni
[NO UPSIDE-DOWN!AU]
Chrissy non è niente, se non pelle e ossa e la cenere che le riempie la gola.
È solo spasmi e vuoto e l’angoscia che la divora, brandello per brandello, giorno e notte, e le toglie il sole e sgretola i giorni in granelli così sottili che prima o poi voleranno via, e a lei non resterà nulla.
I giorni le scivolano addosso, e lei conta i lividi che nascono fra le costole, nei silenzi dietro cui nasconde voti che vacillano ed esibizioni tutte sbagliate.
[Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2023 indetta sul forum "Ferisce più la penna"]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chrissy Cunningham, Eddie Munson
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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TW: disturbi alimentari (accennati, ma insomma, ci sono, quindi vogliatevi bene e fate attenzione, se sono cose che possono turbarvi <3




 

Cheers




 

La prima volta che nel suo petto non c’è spazio abbastanza per respirare Chrissy non la ricorda nemmeno. 

Forse una prima volta non c’è neanche mai stata, forse Chrissy ha sempre vissuto un po’ in apnea, sempre in affanno, sempre a combattere con un corpo che è solo paradossi. Un corpo che le sfugge di mano e le si rivolta contro come una bestia spaventata: non bastano gli allenamenti, non bastano gli esercizi di ginnastica che strappano sempre una lode all’insegnante – non a sua madre, non a quello sguardo capace di incastrarsi solo sulle imperfezioni – non basta niente, perché quel corpo è fatto solo di troppe ossa e costole che sono artigli stretti contro il cuore e respiro incastrato in gola assieme al senso di colpa impastato a un pranzo che neanche ha digerito. 

 

La prima volta che non ha trovato spazio per respirare Chrissy non la ricorda, ma ricorda tutte le altre, e ricorda tutte le crepe che sembrano scaturire da una voragine che ha nel petto frammentando in milioni di schegge l’immagine che cerca di restituire agli altri. 

Chrissy, la figlia di cui andar fieri. 

Chrissy, la cheerleader sempre sorridente. 

Chrissy dai buoni voti.

Chrissy che indossa una corona al ballo scolastico.

Chrissy, la fidanzata del ragazzo che tutte vorrebbero. 

 

(Chrissy che piange senza farsi sentire. 

Chrissy che è vuota e cade nel vuoto.

Chrissy che annega.

Chrissy, che è niente anche quando tutti vogliono vedere qualcosa.) 

 

***

 

La prima volta che il respiro le si allarga nel petto e il suo corpo, per un solo istante, smette di premere verso l’interno per soffocare pensieri e parole, Chrissy quasi non se ne accorge.

Ha creduto che sarebbe successo dopo. 

Ci ha sperato, ci ha sperato al punto di raccontare una bugia a Jason per non farsi accompagnare a casa da lui, ci ha sperato così tanto da mettere a rischio ogni cosa – il ruolo da cheerleader, la reputazione, l’approvazione della sua famiglia – per sedere a quel tavolo di legno nel bosco sul retro della scuola. 

E invece è successo prima.

È successo quando Eddie ha scorto il suo terrore e non ha fatto domande, ma ha trovato il modo di farla ridere. Non è stata quella risata ad aprirle una strada di ossigeno nel petto, ma la gratuita gentilezza nascosta nel gesto. È stato come trovarsi dall’altra parte dello specchio, a frugare in un’immagine distorta a cui il mondo intero vuole dare un altro significato, e Eddie l’ha capito. L’ha capito perché forse anche lui se ne sta rannicchiato da qualche parte dall’altra parte di uno specchio.

 

“Mi stai praticamente derubando, lo sai?”

Eddie lo ripete anche la seconda volta che si incontrano nel bosco. 

Due incontri non sono abbastanza per creare un’abitudine, ma Chrissy è grata per il sorriso gentile che è sempre al suo posto. 

Non sa se sia lì davvero per l’erba – che qualche volta aiuta a tenere lontani le voci che pensano al suo posto, ma troppo spesso le lascia addosso nuovi sensi di colpa con cui fare i conti – o per quell’inaspettata gentilezza.

Fumano insieme, questa volta, fumano e assieme al fumo respirano parole e minuscole concessioni. Segreti che scivolano fuori dalle loro bocche, che poi non sono nemmeno segreti, ma solo cose che non avrebbe senso raccontare a qualcun altro, perché a qualcun altro forse non importerebbe di stare ad ascoltare. 

A Eddie importa, invece, e anche a Chrissy importa. 

Respirare è comunque difficile, ma fa meno male quando qualcuno riesce a vederti annaspare. 

 

***

 

Qualche volta anche la sua testa sa essere teatro di paradossi. 

Con l’estate alle porte i giorni di Chrissy lasciano entrare sempre più s0le, ed è facile chiudere gli occhi e far finta che il respiro non le si interrompa in gola ogni volta che la cerniera della divisa si tende sui fianchi. 

Nei giorni di luce è più facile credere a un futuro che si può cogliere allungando una mano, è più facile pensare di essere abbastanza forti da poter lasciare andare chi è sempre stato una sicurezza, ma non la felicità.

 

Lasciare Jason è facile, fino a quando lui non scoppia a ridere e la guarda con occhi freddi come non lo sono mai stati, non con lei. 

“Tu sei pazza, Chirs. Hai perso la testa se credi davvero di poter andare avanti senza di me”. 

E Chrissy, che la testa sente di perderla ogni giorno di più, anche quando ci sono i giorni di sole, vacilla. Perché Jason c’è sempre stato, e senza di lui Chrissy non è sicura di poter continuare a essere Chrissy. Ma accanto a lui respirare è difficile, è sempre più difficile, perché lui vede solo la perfezione e non capisce quante ombre possano esserci nascoste dietro un sorriso. 

Quando Chrissy chiude gli occhi e ribadisce che tra di loro è finita, Jason non ride più. 

“Te ne pentirai, Chrissy, te ne pentirai e tornerai da me strisciando, ma non mi troverai. Mi ero sbagliato su di te: tu non sei niente”. 

 

***

 

Chrissy non è niente, se non pelle e ossa e la cenere che le riempie la gola. 

È solo spasmi e vuoto e l’angoscia che la divora, brandello per brandello, giorno e notte, e le toglie il sole e sgretola i giorni in granelli così sottili che prima o poi voleranno via, e a lei non resterà nulla.

I giorni le scivolano addosso, e lei conta i lividi che nascono fra le costole, nei silenzi dietro cui nasconde voti che vacillano ed esibizioni tutte sbagliate. 

Vomitare è più facile che sorridere.

Sollevare un pon pon di carta luccicante verde e dorata è come sollevare il mondo intero.

Dopo i giorni di sole, scoprirsi in grado di precipitare ancor di più fa sempre più male. 

 

Nei corridoi della Hawkins High School lei e Eddie non si incrociano quasi mai. Quando lo fanno, sembrano non vedersi, troppo presi a restare rannicchiati nello specchio che continuano a tenere in piedi. 

Eppure, durante il pranzo Chrissy getta sempre un’occhiata rapida al tavolo di quegli strambi dell’Hellfire Club – che poi forse strambi non sono, o forse sì, ma non più di ogni altra persona chiusa in quella stanza.

Mescola l’insalata, soffoca la nausea e lancia sguardi furtivi a Eddie che si esibisce in uno spettacolo istrionico a favore dei suoi amici.

Getta via il vassoio ancora pieno e lo guarda e sente l’odore della terra umida del bosco dietro la scuola, e la mensa scolastica pare trasformarsi in un mare infinito di persone e suoni e grida che la schiacciano da ogni lato, impedendole di muoversi.

Ma Chrissy si muove.

Ignora le domande delle sue amiche, si concentra su un passo, e poi su quell’altro. Supera un tavolo, poi ne supera un altro. 

Davanti al tavolo dell’Hellfire Club si ferma, non guarda nessuno ma avverte comunque gli occhi sgranati di tutti puntati su di lei – forse davvero anche lei sa sembrare cattiva e spaventosa allo sguardo di qualcuno. 

“Eddie? Puoi… per quella cosa… questo pomeriggio?”
È strano vedere Eddie Munson preso in contropiede, vederlo per un istante cercare le parole e inciampare in ciò che cerca di dire. Ma si riprende in fretta, la fissa con sguardo attento, come se riuscisse a vedere tutta la sua disperazione. 

“Sì, come no… sicura di star bene?”
Chrissy non si dà nemmeno il tempo di rispondere, scappa via mentre un ragazzino del primo anno snocciola parolacce e cerca di scucire a Eddie una spiegazione.

 

***

 

Respirare nel bosco non è più facile che a scuola, ma Chrissy è contenta che a vedere il tic nervoso con cui si tormenta la pelle sottile del polso ci sia soltanto Eddie.

“Il martedì suonate ancora all’Hideout?”
Chrissy non sa perché lo chieda. Forse perché martedì è domani, e il martedì è il giorno degli allenamenti che finiscono più tardi e la sola idea di tornare in quella palestra soffocante a misurarsi con le proprie imperfezioni per poi tornare a casa e doversi sforzare di mangiare tutto quello che sua madre le avrà messo nel piatto – ma non troppo, Chrissy, cerca di fare attenzione, tesoro –  le fa venir voglia di fuggire lontano anche da sé stessa

Eddie la guarda sospettoso, sbuffandole in faccia una nuvola di fumo denso. Poi sorride, quasi avesse capito qualcosa che nemmeno Chrissy è sicura di saper afferrare.

“Il martedì suoniamo sempre all’Hideout. Non potremmo mai rinunciare, sai, siamo l’attrazione principale del locale!”
Non ne parlano più, ma Chrissy sente quella domanda continuare ad avvolgerli assieme al fumo, insinuando implicazioni e accendendo interrogativi che nessuno vuole porre – ma la risposta è comunque sì. 

 

***

 

Che idea stupida. 

Chrissy è ancora ferma sulla soglia, ma è già pronta a fare un passo indietro e tornare a casa: a sua madre ha detto che si sarebbe fermata da un’amica per completare una ricerca, ma può sempre inventare un’indisposizione dell’amica e chiudersi in camera a fingere di studiare da sola. 

Che idea stupida presentarsi in un posto del genere da sola, senza conoscere nessuno, pensando di potersi confondere nella vasta folla dei cinque ubriaconi che guardano con sguardo vitreo in direzione del gruppo intento a suonare. 

Se ne andrebbe volentieri, ma in quel momento un ragazzino le si para davanti: bocca spalancata a mostrare una finestra di denti mancanti e sguardo incredulo, Dustin Henderson – è quasi sicura che si chiami così – le punta un dito al petto, scandendo:
“Oh, merda, sei venuta davvero! Vieni, ti faccio strada”. 

E Chrissy, sommersa dal coro di chiacchiere con cui Henderson la assale, si ritrova a seguirlo attraverso lo squallido locale semivuoto, per arrivare a un tavolo attorno a cui siedono solo ragazzini che forse non avrebbero nemmeno l’età per stare lì.

Riconosce sorpresa Sinclair, della squadra di basket, seduto accanto a una ragazza con le trecce rosse che è sicura di aver già incrociato nei corridoi. 

Imbarazzata, senza avere idea di cosa dire e cosa fare, Chrissy siede al loro tavolo, e finalmente si volta verso il gruppo che sta suonando in un angolo del locale. 

Pur nella penombra, sente gli occhi di Eddie puntati addosso, e accenna un sorriso. Non è sicura che lui riesca a vederle il viso, ma non le importa.

Lei invece il suo viso, sotto le luci rudimentali di quella specie di palcoscenico, lo riesce a vedere benissimo. E anche se non si avvicina al microfono del cantante, lei ha l’impressione di riuscire a vedere ciò che Eddie mormora prima di cominciare un nuovo pezzo: 

“Chrissy, questo è per te”.


 

Forse ai giorni di luce seguiranno sempre ombre terribili.

Forse respirare non le sarà mai facile. 

Ma è bello aver voglia di continuare a provarci.





 

 


 

 

Note:

Questo è il mio esordio nel fandom, ed è paradossale che arrivi solo ora, dato che Stranger Things è una delle mie serie preferite.

Forse dovrei dire tante cose, ma mi limito a dare due linee di contesto: Chrissy è un personaggio che mi ha subito intenerita molto, e mi sarebbe piaciuto moltissimo vederla interagire un po’ di più con Eddie, perché, al di là di ship o non ship, quella scena secondo me è stupenda e riesce in pochissimo tempo a dare proprio la cifra di entrambi i personaggi.
In questa storia, dove ho eliminato tutto il contesto sovrannaturale, ho voluto immaginare che il suo malessere sia sì molto grande, ma non essendo aggravato dalle allucinazioni di Vecna ho ritenuto credibile che lei al loro primo incontro si accontentasse dell’erba, senza chiedere qualcosa di più forte.

Non so, ho l’impressione di non essere più in grado di scrivere cose relativamente brevi, e mi sembra che questa storia sia solo un insieme di bozze e di idee diverse, ma mi faceva comunque piacere provare a condividerla. Spero di avere comunque l’occasione di tornare a scrivere di loro.

Grazie a chiunque abbia letto fino a qui!




 

   
 
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