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Autore: Alsha    22/07/2022    2 recensioni
| Hogwarts!AU |
Ciri ricordava poco del suo arrivo a Hogwarts, dopo che la nonna era morta. Tutto era offuscato dal dolore, in quei giorni, ma una cosa la ricordava benissimo: il giovane nel quadro, con la corona di ranuncoli gialli e il sorriso gentile. [...] - Ben arrivata, piccola principessa. - le aveva sorriso, l’unico tra i quadri a non guardarla con pietà al suo arrivo, a non chinarsi a spettegolare con il vicino di cornice.
Jaskier ed Essi sono i suoi migliori amici, di questo Ciri ne è sicura.
Il fatto che la sua mano attraversa quella di Essi quando prova a insegnarle a danzare e che Jaskier è confinato dentro la sua cornice non lo rendono certo meno reale.
-Storia partecipante alla “Perché SanRemus è SanRemus! Challenge”-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cirilla di Cintra, Geralt di Rivia, Geralt di Rivia, Jaskier/Ranuncolo, Yennefer di Vengerberg, Yennefer di Vengerberg
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante alla “Perché SanRemus è SanRemus! Challenge” indetta da Gaia Bessie e Ciuscream sul forum Ferisce più la penna




RANUNCOLO E FIORDALISO
 

Ciri ricordava poco del suo arrivo a Hogwarts, dopo che la nonna era morta. Tutto era offuscato dal dolore, in quei giorni, ma una cosa la ricordava benissimo: il giovane nel quadro, con la corona di ranuncoli gialli e il sorriso gentile.

Sembrava un principe delle favole, o forse un pirata, con la camicia candida dalle maniche a sbuffo e le collane dorate che gli pendevano dal collo.

- Ben arrivata, piccola principessa. - le aveva sorriso, l’unico tra i quadri a non guardarla con pietà al suo arrivo, a non chinarsi a spettegolare con il vicino di cornice.

Al tempo, Ciri aveva avuto appena qualche secondo per sorprendersi, mentre Geralt procedeva a passo spedito tenendola in braccio.

- Chi è quello? - aveva bisbigliato con una vocina tremante, la prima cosa che aveva chiesto in tutto il viaggio fino al castello.

- È un dipinto di Jaskier. Il personaggio dei romanzi. Non lo ascoltare, parla molto e non dice nulla.

- Oh, Geralt! - aveva replicato il quadro mentre si allontanavano, gridando per farsi sentire - Basta con tutti questi complimenti, o mi farai arrossire!

Geralt grugnì, con un’espressione così irritata da strapparle un vaghissimo accenno di sorriso, ma non proferì ulteriori parole sul quadro, e Ciri lasciò cadere il discorso. 

Ma solo per il momento, dato che appena ne aveva avuto occasione aveva provato a chiederlo a Yennefer.

- È vero che è Jaskier? 

- Prego? - Yennefer aveva inclinato la testa, scrutandola come un esperimento che non stava funzionando da sopra la sua tazza di the.

- Il quadro!

- Quale quadro? Ce ne sono a centinaia nel castello.

Ciri aveva sbuffato, incrociando le braccia.

- Quello sulle scale, di Jaskier! Con i fiori!

- Ah. Sì. Purtroppo. Da quando lo hanno spostato sulle scale, non abbiamo avuto un attimo di pace.

- Ma quindi si può fare il ritratto di una persona che non è mai esistita?

Yennefer sorrise, divertita dalla sua curiosità. Geralt le aveva detto che insegnava Incantesimi, si ricordò, e come fare i quadri magici doveva essere di sicuro nelle sue competenze.

- Sì, ovviamente. Il processo cambia, però, non ci sono copie di memorie da mischiare ai colori. Probabilmente, chi ha commissionato il dipinto deve aver letto i romanzi al quadro in modo che imparasse a comportarsi come il personaggio. - picchiettò con le dita sulla tazza, presa dal quesito - La differenza è che un personaggio fittizio, cioè immaginario, non ha memorie di ciò che è venuto prima della sua esistenza come dipinto, come d’altra parte avviene per personaggi realmente esistiti ma dipinti senza le memorie del soggetto, magari dopo la sua morte.

Yennefer le aveva sorriso, il primo sorriso vero da quando era precipitata nelle loro vite, e per quella sera Ciri aveva smesso di fare domande.

 

 

Ciri dovette familiarizzare in fretta con il castello e i suoi abitanti. Non poteva stare tutto il tempo con Geralt o Yennefer, che avevano i loro studenti a cui insegnare, e gli altri professori la intimidivano.

I quadri e i fantasmi però erano simpatici e, a patto che si fermasse a fare due chiacchiere quando poteva, erano sempre disposti a indicarle la strada o a spiegarle come funzionava la scuola.

Fece amicizia con la banda di nani in un piccolo quadro nel corridoio che portava alle cucine, e con le driadi la cui tela faceva da ingresso alla torre di Grifondoro. Valdo Marx non le piaceva molto, e non doveva piacere nemmeno ai professori dato che il suo ritratto era stato relegato in uno dei corridoi secondari del terzo piano.

Ma la sua preferita in assoluto era Essi, una ragazza che sembrava poco più grande di una studentessa del settimo anno, con i lunghi capelli chiari e un vestito babbano dalle maniche a sbuffo, stampato a piccoli pois.

Era sempre gentile con lei e spesso le faceva da guida, fluttuando accanto a lei nei corridoi con la punta delle scarpette stringate a pochi centimetri dal suolo.

Era stata lei a presentarle la maggior parte dei quadri e dei fantasmi, e soprattutto Jaskier, con cui sembrava inseparabile e che spesso la seguiva, infilandosi nelle cornici degli altri senza riguardo per non rimanere indietro.

Durante gli orari delle lezioni, la guidavano fino ad un corridoio del quarto piano dove non c’erano aule utilizzate, ma solo il dipinto di un paesaggio rurale dove Jaskier poteva sedersi tra l’erba frusciante, e le raccontavano storie o canzoni, con delle voci così belle che avrebbero potuto far piangere i muri del castello.

Altre volte, invece, Ciri si sedeva sulle scale, vicino alla cornice di Jaskier, e aspettava aggrappata alle balaustre finché le scale non iniziavano a muoversi. E allora scoppiavano a ridere tutti e tre, mentre le scale la facevano volare sopra il vuoto, finché non la riportavano da Jaskier e di nuovo più lontano, ancora e ancora, fino a che non si faceva ora di andare a pranzo. 

 
 

- E poi, mamma ha detto che se dovessi cadere mentre giochiamo tu non potresti fare nulla e che è meglio se mi faccio degli amici veri. Tu sei un’amica vera! - Ciri sbuffò, incrociando le braccia. Essi era sospesa a testa in giù, con i lunghi capelli che fluttuavano nell’aria e il vestito che ondeggiava come se le onde del mare lo spostassero.

- Piccola, tua madre ha ragione. Non sul fatto che non siamo amiche, ovviamente siamo amiche, ma hai bisogno di amici che ti possano abbracciare. - girò su sé stessa, rimettendosi in piedi, e scivolò vicino a lei - Potresti provare a chiacchierare con gli studenti, no? Tra poco sarai una studentessa anche tu, i primini sono appena più grandi di te.

Ciri scosse la testa. Non voleva parlare di come la guardavano tutti gli studenti più grandi, come se fosse un cucciolo disperso, o di come le parlassero come se fosse stupida, solo perché non aveva la divisa e perché era amica di Essi e Jaskier.

- Anche tu hai studiato qui, Essi?

- Tanto, tantissimo tempo fa. - le sorrise, e gli occhi le brillarono di gioia - Ti va di andare a salutare la banda di Yarpen di sotto? Potresti cogliere l’occasione per, uhm, recuperare un dolcetto al miele dalle cucine, già che siamo lì vicino, e descrivermelo accuratamente. Mi mancano i dolci.

- Com’è, essere un fantasma?

Essi arricciò il naso, e intrecciò le dita nella catenina con la perla che portava appesa al collo.

- Come se ti mancasse un pezzo. Non c’è fame, né sete, né sonno. Ci si abitua, ma all’inizio è stato strano non avere più tutte quelle sensazioni. Il peggio, è sapere che tutte le persone a cui volevo bene non ci sono più. - spostò il ciuffo che le era scivolato davanti ad un occhio, e le sorrise - Ma ho potuto conoscere te, e tante altre persone per le quali sarei stata solo una morta tra tutte le altre. Quindi immagino che per certi versi ne vale la pena.

 

 

Due anni dopo il suo arrivo, Ciri venne smistata in Grifondoro e fece immediatamente amicizia con Dara per il solo fatto che non era orribilmente baldanzoso come il resto dei suoi nuovi compagni.

Dara non trovava strano che fosse così amica di quadri e fantasmi, anzi, di tanto in tanto si univa a loro nel loro corridoio abbandonato per fare i compiti.

Essi era molto brava in Pozioni e Storia della Magia, che era molto d’aiuto dato il grado di dettaglio che Istredd richiedeva ai suoi studenti, mentre Jaskier li guidava in Incantesimi e Trasfigurazione, promettendo di essere d’aiuto avessero intenzione di scegliere Rune Antiche in futuro.

- Si impara tanto a osservare anni e anni di studenti e professori che ti passano davanti. - aveva spiegato, quando gli avevano chiesto come facesse a sapere tante cose - E poi tra quadri e fantasmi, ci sono tante persone da cui imparare, e ho così tanto tempo libero.

Dara ci aveva messo un po’ a sciogliersi davanti a Jaskier. Aveva letto tutti i romanzi della saga del Chiurlo, in cui il bardo Jaskier e il suo allievo Occhietto affrontavano ogni genere di misteri e pericoli, ed era rimasto senza parole quando aveva incontrato per la prima volta il suo eroe.

- È proprio come nei libri! - aveva bisbigliato appena rientrati nella Torre e, quando Ciri aveva ammesso di averne letto solo uno quando era piccola, aveva fatto dietrofront e l’aveva trascinata in biblioteca a prenderli in prestito tutti.

Ciri li aveva letti tutti d’un fiato, e poi di nuovo con più calma, ma non ne aveva mai parlato con Jaskier. Non credeva che al suo amico avrebbe fatto piacere, essere trattato come un personaggio inventato. 

D’altra parte, come le aveva spiegato Yennefer tanto tempo prima, doveva saperlo già.

 

 

- Non abbiamo fatto male a nessuno! Non è giusto toglierci cento punti!

- Piccola, tu e Dara avreste potuto avvelenarvi. La Polisucco è una pozione complicata.

- Ma non l’abbiamo fatta noi. Ne abbiamo presa un po’ dalle scorte di Lambert!

Essi incrociò le braccia. Nella sua cornice, Jaskier si stava spanciando dalle risate.

- Persino peggio! Avreste potuto sbagliare pozione e avvelenarvi, o avere una reazione allergica, o trasformarvi in una pozza di fango. - scosse la testa e i suoi capelli diventarono una nuvola di luce chiara - A che cosa stavate pensando?

- Non che avremmo fatto perdere cento punti a Grifondoro. - bofonchiò. Certo, se la pozione non avesse perso effetto proprio durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure sarebbe stato meglio. Vesemir era notoriamente severo con le sue punizioni, e vedere due studenti che all’improvviso cambiavano aspetto e si tramutavano l’uno nell’altra non avrebbe invocato la sua clemenza.

Se poi una dei due era la figlia adottiva del suo allievo preferito, e si doveva evitare di essere tacciati di favoritismo…

- Ciri. 

- Volevamo solo vedere cosa si provava a cambiare forma. Ci sembrava una cosa interessante. Non volevo che Vesemir si arrabbiasse. E adesso mamma e papà saranno furiosi. Sarò in punizione per tutta la vita!

Lo sguardo di Essi si fece comprensivo.

- Vuoi che ti accompagniamo dai tuoi? Non puoi nasconderti per sempre. Ed è meglio che lo sappiano da te.

Essi aveva ragione. E d’altra parte Ciri non era Grifondoro per nulla.

- Va bene. Ma voi mi aspettate fuori.

 

 

Mentre Ciri e Dara frequentavano il terzo anno, un mostro iniziò a vagare per il castello.

A novembre, una Tassorosso del quinto anno fu ritrovata pietrificata fuori dall’entrata segreta alla loro sala comune. Gli studenti furono obbligati a girare in coppia, e fu instaurato il coprifuoco.

Nonostante ciò, a gennaio un Corvonero del primo anno, piccolissimo, fu trovato dalla professoressa Vigo nelle stesse condizioni.

Per il castello iniziarono a girare delle voci. Si diceva che il culto della Fiamma Bianca si fosse risvegliato, e che Emhyr in persona era tornato dai morti per purificare il mondo magico dal sangue babbano che lo aveva macchiato tramite l’evocazione di un potente demone.

Per conto suo, Geralt aveva visitato l’infermeria, e con uno sguardo di pietra aveva sentenziato che si trattava di un basilisco. Triss invase le serre del castello con piante di mandragora, e Lambert usciva ogni giorno a passi pesanti per controllare a che punto fossero nella loro maturazione.

Furono istituite ronde di professori, e fu fissato un coprifuoco.

Ciri e Dara divennero inseparabili, e Essi prese a scortarli come una guardia del corpo quando dovevano spostarsi da soli. Nel fine settimana, Geralt e Yennefer venivano a prenderla assieme davanti al quadro delle driadi per trascorrere insieme la giornata nel loro appartamento.

Per raggiungerlo, dovevano scendere per le scale e passare davanti al quadro di Jaskier, che di solito la salutava con inchini e svolazzi, lanciando nella sua direzione fiori che finivano per depositarsi al margine estremo della tela.

Quel giorno, Jaskier sembrava bianco come una pezza, e la corona di fiori sembrava quasi appassita sul suo capo. 

- Yennefer, Geralt. Ho bisogno di parlarvi.

- Non abbiamo tempo. - replicò Yennefer. Geralt si limitò ad un grugnito.

Jaskier si infilò due dita in bocca e fischiò. Il suono riecheggiò tra le pareti di pietra, sembrando voler risalire fino al cielo, e le scale si staccarono dal pianerottolo, intrappolandoli.

- Per le brache di Merlino! - sbottò Yennefer - Cos’era quello?

- Come hai fatto? - Ciri sgranò gli occhi, vedendo che le scale si stavano trattenendo ad una distanza sufficiente da non poterli far muovere, senza dirigersi verso gli altri punti di attacco.

 - Si muove attraverso i cunicoli nelle pareti. Il basilisco. Questa notte ho sentito delle vibrazioni dietro la mia tela e l’ho seguito. Stava risalendo, quindi doveva per forza uscire da dietro l’arazzo di Lara Dorren, e infatti sono arrivato in tempo per vedere la sua coda che spariva dentro il bagno maledetto. Quello che non getta acqua dalla fondazione. Quasi come se ci fosse qualcosa nelle tubature.

Geralt inarcò un sopracciglio.

- Cosa staresti dicendo?

- Il basilisco è entrato là dentro prima che si facesse mattina e non ne è più uscito. So che i ragazzi vanno in quel bagno a… - gesticolò per un attimo con aria vaga - Nessun rimprovero, lo abbiamo fatto tutti una volta o l’altra, ma avrebbero visto un serpente di dieci metri, o il serpente avrebbe visto loro. Da qualche parte deve essere finito. Un passaggio o un nido. 

-  E i basilischi ci mettono secoli di crescita indisturbata in spazi ampi per raggiungere quella dimensione. - completò Geralt - Di solito vengono uccisi prima. Quindi deve avere un nido. Un grosso nido.

Jaskier applaudì.

- Dieci punti a Tassorosso! Ottimo professor Rivia, ora. Come andiamo ad ucciderlo?

- Tu non vai da nessuna parte. Sei un quadro. - replicò Yennefer, voltandosi verso Geralt - Dobbiamo andare a parlarne subito con Tissaia e gli altri. Se il quadro ha ragione…

- Jaskier. - puntualizzò Ciri. Yennefer alzò gli occhi al cielo.

- …se Jaskier ha ragione dobbiamo fare qualcosa immediatamente.

Jaskier schioccò le dita, e le scale tornarono al loro posto.

Mentre le risalivano, diretti all’ufficio della preside, Geralt si voltò di colpo verso il quadro, che li stava ancora fissando.

- Grazie.

Jaskier annuì, come ad accennare un inchino.

- State attenti.

 

 

- Ho fatto esplodere la testa del basilisco urlando.

Ciri era sdraiata per terra, nel loro corridoio. C’era voluto un po’ perché i suoi genitori accettassero di farla andare in giro da sola, dato che, nel preciso momento in cui l’avevano lasciata in sala professori per andare a uccidere il basilisco, era uscita per andare in bagno e si era trovata davanti il rettile gigante.

Se non fosse stato per le urla di Essi che l’avevano avvisata di chiudere gli occhi, sarebbe rimasta pietrificata. Invece, quando il rettile le si era tuffato addosso si era messa a urlare, e l’urlo si era trasformato in qualcosa d’altro.

Le pareti avevano tremato e quando Essi le aveva detto che poteva aprire gli occhi, si era trovata davanti la carcassa del serpente, con le fauci spalancate e le ossa del cranio frantumate.

Il sangue acido gli colava dagli occhi, ridotti in poltiglia, e dai buchi delle orecchie.

Ricordava di essere scoppiata a piangere, e le voci di Jaskier ed Essi che cercavano di farla calmare.

Andando contro ogni regola della scuola, Geralt l’aveva presa in braccio e portata nei loro appartamenti, da cui non era uscita per due giorni.

- Ed è stata una fortuna, principessa. Saresti stata una statua bellissima, ma ti preferisco quando respiri.

Essi si ribaltò a testa in giù.

- Ciò che non ho capito è come ha fatto il basilisco a entrare nel castello.

Ciri protese in alto le dita, tendando di afferrare l’orlo del vestito che le era passato davanti al viso, e sospirò quando ci passò attraverso.

- La preside ha detto che è sempre stato qua. È solo riuscito ad aprire un passaggio che collegava il suo nido ai bagni, ma papà dice che quelle creature sono troppo stupide per comprendere le leve e che non può essere uscito da solo.

- Tuo padre è troppo pessimista. Era affamato, a furia di sbattere contro il muro può averlo attivato per sbaglio. - Jaskier inarcò le sopracciglia - Morgana, ho fatto cose ben più complesse da ubriaco, e si può affermare che in quelle situazioni non fossi più sveglio del nostro amico squamoso. Il potere dei tentativi a caso non va sottovalutato, principessina. - agitò il dito con l’aria seria di un insegnante durante una lezione - Siamo solo fortunati che tu abbia tirato fuori l’asso dalla manica.

- Mamma dice che è stata magia non verbale accidentale. Come quella che si fa da piccoli.

- Probabilmente ha ragione. - disse Essi - La magia funziona secondo un meccanismo di proiezione del risultato, giusto Jaskier?

- Giusto. - annuì vigorosamente - La magia registra un impulso, istintivo o volontario, per il raggiungimento di un risultato, e lo proietta nella realtà. I metodi sono diversi, ma il meccanismo è lo stesso. Formule magiche, strumenti come le bacchette, danze rituali, il lancio di rune…

- Il canto. - lo interruppe Essi, guardando Jaskier negli occhi. Lui sorrise, con qualcosa di indecifrabile nello sguardo.

- Sì, anche il canto. Non un ambito esplorato dalla magia occidentale, purtroppo. Ma nei miei romanzi ci sono alcuni esempi tratti da storie vere, come quella del lupo mannaro calmato dal suono di una voce. - sorrise spavaldo - Della mia voce in quel caso.

- Non solo della tua. - si intromise Essi, quasi stizzita.

- Giusto, giusto. Senza il controcanto di Occhietto, saremmo di certo stati divorati!

E si voltò di colpo verso Ciri, ringhiando e mimando delle zampe artigliate.

- Non temere! - Essi si tuffò con aria drammatica tra la ragazzina e il quadro, e iniziò dei vocalizzi dolci come quelli delle sirene. Jaskier si lasciò cadere di peso sul prato e poi si ritirò in piedi, tastando con aria frenetica il suo petto.

- Sono guarito! Oh dolce fanciulla! Sono di nuovo un uomo, e il merito è vostro e della vostra meravigliosa voce! Come potrò mai ringraziarvi? - cadde in ginocchio, sfilandosi la corona di fiori e fingendo di porgerla oltre la cornice.

- Badando alla nostra piccola principessa, ovviamente. - sorrise, e l’unico occhio visibile dietro la cortina di capelli brillava intensamente - Fino alla fine, saremo con te. 

 

 

Durante le vacanze estive, Ciri procedeva alla graduale conquista della tavolata di Grifondoro nella Sala Grande. Ai libri e ai rotoli di pergamena si aggiungevano le carte da gioco e gli scacchi magici di Geralt, gli appunti di Yennefer e gli scacchi magici a cui l’aveva sfidata Vesemir. 

Durante il secondo anno, aveva trovato un paesaggio con un ponticello che passava su un ruscello gorgogliante, e aveva puntellato la cornice sul tavolo in modo che Jaskier potesse aiutarla a fare i compiti.

O a barare.

Geralt si guardò oltre le spalle, convinto che fosse Essi a suggerirle, dando il tempo a Jaskier di dirle che aveva appena pescato un jack di picche.

Yennefer sorrise, vedendoli, e Jaskier le fece l’occhiolino. Misteriosamente, quando i suoi genitori erano arrivati al tavolo, la sua camicia bianca si era slacciata fino alla cintola, lasciando le collane dorate e il petto nudo in bella vista.

Geralt parve intuire che Jaskier lo stava prendendo in giro, e spostò la cornice dall’altro lato del tavolo, vicino agli appunti di Yennefer.

- Sta aiutando Ciri. - grugnì.

- E ti ci sono volute solo tre partite per rendertene conto. - sospirò - Sapevo di non averti sposato per l’intelletto.

- È stato per i pettorali? Io l’avrei sposato, per quei pettorali. - Jaskier lanciò a Geralt uno sguardo che lo fece diventare paonazzo, e Yennefer alzò gli occhi al cielo - Che c’è, sono un quadro, non sono morto.

- Ti assicuro che la morte non cambia niente, da questo punto di vista. - Essi, riapparsa da dietro Geralt, tirò indietro i capelli per far vedere chiaramente che gli stava facendo un occhiolino.

Geralt si ricordò improvvisamente perché amava insegnare Cura delle Creature Magiche. Gli animali non si coalizzavano per bullizzarlo, a meno che non fosse per ottenere da mangiare.

- Dovresti cambiare la transizione inserendo un movimento ascendente. - esclamò improvvisamente Jaskier, che nel mentre si era proteso per leggere gli appunti di Yennefer su una variazione dell’incantesimo - Non è come usare la runa “tiwaz”, ma il movimento aumenta comunque la forza degli incantesimi. Così. - mimò il movimento, replicando i gesti di Yennefer ma modificando le due componenti dell’incantesimo.

- Magia runica?

- Ovviamente. Il fondamento della magia nord europea, non capisco perché i maghi moderni non la studiano più. - Jaskier si raddrizzò la corona di fiori - In biblioteca c’è un trattato, “Il lancio delle rune e l’incantesimo moderno”, molto interessante e potrebbe esserti utile.

- E tu come fai a saperne così tanto?

Jaskier sorrise, attorcigliano le dita nel ciondolo a diapason che gli pendeva dal collo. Il suo sguardo si fece lontano.

- L’autore ha insegnato Rune Antiche a Hogwarts per vent’anni. Molto sveglio, grande conversatore. Gran bell’uomo. -  ammiccò - Ti sarebbe piaciuto. Purtroppo è morto decenni fa, ma qualcosa l’ho trattenuta se i libri non bastassero.

Yennefer annuì, impressionata. Era forse la prima volta che lo guardava senza aperta irritazione.

- Grazie, Jaskier.

Le guance del quadro si fecero rosse di compiacimento.

- Non c’è di che.

 

 

- Stasera, Essi avrebbe compiuto cento anni, se fosse stata viva, e io e Jaskier vogliamo organizzarle una piccola festa. - Ciri spiegò per l’ennesima volta. Non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto complesso - Le piacciono la musica, le stelle e i fiordalisi, quindi stiamo andando sulla Torre di Astronomia per guardare le stelle e ascoltare musica.

Jaskier, da quella che aveva ribattezzato la sua cornice da viaggio, annuì vigorosamente.

- Non si può andare in giro per il castello di notte. - puntualizzò Geralt - E non vedo Essi.

Ciri sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

- È estate, papà! Ci siamo solo noi. E poi è per questo che ti stavo venendo a cercare. Se la vedi la puoi mandare su? Io sto andando a preparare il giradischi e le decorazioni.

- Non so se sono d’accordo a lasciarti sulla torre di notte da sola.

Ciri allargò le braccia con tanta forza che Jaskier capitombolò fuori dalla cornice. 

- Ho quindici anni!

- E sei sempre invitato, Geralt! Anche Yennefer, se vuole venire, più siamo meglio è. - strillò Jaskier, appendendosi al ponticello per non essere sbalzato di nuovo fuori dal quadro.

Ciri e Jaskier lo guardarono allontanarsi per il corridoio senza avere idea di quale sarebbe stata la sua risposta, ma ugualmente decisi a organizzare la festa.

Sulla terrazza della torre di Astronomia, Ciri aveva trascinato vasi di fiordalisi gentilmente prestati da Triss, e un grande festone che recitava “Auguri Essi!”. Il giradischi era stato prestato da Vesemir, e Jaskier le aveva mostrato come raggiungere la Stanza delle Necessità, dove aveva trovato una scatola di dischi vecchi di decenni.

- Non dovevate. - Essi era arrivata silenziosamente, attraversando il pavimento, e dietro la cortina di capelli si poteva vedere che i suoi occhi si erano fatti lucidi. 

- Certo che dovevamo, bambolina. - disse Jaskier - Musica e fiori, cosa c’è di meglio nella vita?

Essi si voltò verso il quadro, e Ciri intravide tra le ciocche di capelli, le scie luminose lasciate dalle lacrime lungo le guance.

- Lo sai, che cosa. - replicò, stirando le labbra tremanti in una specie di sorriso - Lo sai. Ma grazie.

La porta si aprì con uno scricchiolio, e dalle scale emersero Geralt e Yennefer, tenendosi sotto braccio. Alla luce delle stelle sembravano usciti da un libro di fiabe.

Ciri fece partire un disco, e Essi si dilettò a insegnare loro il charleston e il fox trot, anche se non poteva ballare con nessuno.

Jaskier, intrappolato nella sua cornice, cantava assieme ai dischi, intrecciando fiori di campo in una corona che non avrebbe potuto dare a nessuno. La sua voce era dolce come il miele, e Ciri avrebbe potuto giurare che i fiordalisi che avevano portato per Essi si fossero piegati verso di lui per ascoltarlo meglio.

Non li guardava, se non di sfuggita, abbassando lo sguardo immediatamente quando si accorgeva che Ciri lo stava fissando. Cercando di essere discreta, Ciri raccolse la caraffa d’acqua e il suo bicchiere, fingendo di sedersi a bere vicino al quadro.

- Stai bene? - bisbigliò.

- Perché non dovrei, principessa? - inarcò le sopracciglia, e le regalò un sorriso smagliante, ma vide lo sguardo che schizzava rapidamente di lato a controllare che gli altri non li stessero ascoltando.

- Sembri triste.

Jaskier scrollò le spalle.

- Lo sono. Avrei voluto che questo fosse veramente il centesimo compleanno di Essi. Avrei voluto ballare un fox trot con lei, e mangiarci una torta intera da soli. Avrei voluto duettare con lei, violino e pianoforte, avrei voluto metterle questa corona di fiori e baciarle la fronte. Ma non è possibile. - giocherellò con il suo diapason, e il suo sguardo scivolò da Essi che piroettava a Yennefer e Geralt, che danzavano abbracciati. La sua bocca si storse in una smorfia di dolore - Tante cose non lo sono. Ci si fa l’abitudine.

- Vorrei che tu ed Essi foste qui in carne ed ossa. Vorrei abbracciarvi.

Jaskier sorrise.

- Grazie, principessa. Ma in quel caso, Essi sarebbe una vecchietta di cento anni, e io… - scosse la testa - Non ci saremmo mai conosciuti, e se ci fossimo conosciuti non avresti avuto interesse per noi, se fossimo stati qualcosa di diverso da un fantasma e da un quadro. Penso che ne valga la pena, non poterci abbracciare, se abbiamo potuto conoscerci. Non lo pensi anche tu?

Geralt fece piroettare Yennefer, e la gonna del suo vestito ondeggiò dolcemente, seguendola. Avvolti dalle ombre della torre, si baciarono appena, giusto per un secondo. Era una cosa che non facevano mai in pubblico, ma forse le stelle e la notte li avevano fatti sentire al sicuro abbastanza da lasciarsi andare.

Quando Ciri si voltò di nuovo verso Jaskier, la corona di fiori galleggiava nel ruscello, disfacendosi nella corrente. Il suo volto era illeggibile, gli occhi fissi sulla coppia.

- Se fossi stato una persona vera, pensi che… - si interruppe. Ciri conosceva Jaskier da anni. Aveva catalogato le sue reazioni a Yennefer e Geralt, i sorrisi, gli occhiolini, gli sguardi con cui li seguiva da dentro le cornici, il modo in cui li punzecchiava e il tono gentile che prendeva quando invece parlava di loro con lei.

Sapeva cosa avrebbe voluto chiedere, ma non sapeva che cosa avrebbe potuto rispondere.

- Tu sei una persona. - disse invece, e poi, a voce più alta - Essi, perché tu e Jaskier non ci cantate una canzone?

Essi si avvicinò con un fruscio del suo vestito, con tanta foga da passare attraverso ad una spalla di Ciri.

- Sì, Jaskier, ti prego! Sotto le stelle, come… lo sai come. Per favore.

Jaskier sorrise. I fiori erano spariti nella corrente e ricomparsi nel prato, come se non li avesse mai raccolti.

- Non c’è bisogno di chiedere, bambolina. Che cosa vuoi cantare?

 

 

Durante il sesto anno, qualcuno si introdusse nel castello di Hogwarts e cercò di portare via Ciri mentre prendeva una scorciatoia per raggiungere Dara in biblioteca. Fu l’inizio della fine.

Ciri urlò e Cahir, così disse di chiamarsi, con il sangue che gli colava dagli occhi e dalle orecchie annunciò che la Fiamma Bianca stava venendo a prenderla, prima di trasformarsi in un cuculo e sparire attraverso la stessa finestrella da cui era entrato.

I giornali si riempirono di articoli che parlavano di attacchi ai Babbani e Nati Babbani da parte di individui che portavano il simbolo della Fiamma Bianca.

- Fanatici. - aveva sentenziato Geralt - Ti terremo al sicuro da quei pazzi, e al resto ci penseranno gli Auror.

Yennefer aveva storto la bocca.

- C’è qualcosa che non va, Geralt. Non mi piacciono queste notizie. Dicono che Emhyr è tornato dai morti per ripulire il mondo grazie al Sangue Antico. Non dico che sia vera la prima parte, ma se qualcuno avesse trovato quell’incantesimo…

Il giorno dopo, era andata da Jaskier con Dara ed Essi (l’unica alternativa al farsi scortare dai suoi genitori ovunque), e lui le aveva spiegato che l’An Ichaer era un rituale andato perso secoli prima.

- E per fortuna, - aveva proseguito - è una maledizione del sangue, il che la rende già di per sé pericolosa. Ma con i giusti ingredienti ed un mago potente potrebbe essere utilizzata per un genocidio. Non mi stupisce che la Fiamma Bianca lo desideri. 

- Voi c’eravate, durante la Guerra? - aveva chiesto Dara. Essi aveva annuito.

- È stato un periodo terribile, e quando Calanthe ha ucciso Emhyr è stato come se il mondo riprendesse a respirare. L’idea che possa accadere di nuovo…

Ciri lo sapeva. Emhyr aveva ucciso i suoi genitori quando lei era appena in fasce, e Calanthe l’aveva ucciso per questo.

E adesso i membri della Fiamma Bianca avevano cercato di rapirla. Era come se si stesse chiudendo un cerchio.

A scuola c’erano sempre meno studenti, ritirati dai genitori per completare gli studi a casa, o spediti fuori dal Paese. Incantesimi protettivi e cerchi di rune ricoprivano tutto il perimetro del castello, e non si poteva aprire più nemmeno una finestra.

Come ai tempi del basilisco, ci si poteva spostare solo a gruppi rispettando il coprifuoco, e i professori pattugliavano i loro corridoi. Le ronde erano state estese a fantasmi e quadri, che dovevano sorvegliare le zone a loro assegnate senza potersi muovere.

Essi era di stanza nei sotterranei, e Ciri riusciva quantomeno a scambiare due parole quando andava al laboratorio di Pozioni. Jaskier, sulle scale, la salutava ogni volta che gli passava davanti.

Riusciva quasi a capire come doveva sentirsi Essi, a fluttuare nel mondo senza lasciare traccia.

 

 

Un giorno, dopo l’ora di Trasfigurazione la professoressa Vigo le aveva chiesto di andare nel suo studio per discutere di un compito. Ciri aveva l’ora buca, il che non lo rendeva un problema, ma quando erano entrate c’era un’altra persona nella stanza

- Mio signore. - aveva detto la professoressa, e l’uomo si era voltato. Ciri riconobbe prima l’insegna sui suoi vestiti, la Fiamma Bianca, e solo dopo riuscì a vederlo in viso, un viso che aveva visto per anni solo sulla lapide dei suoi genitori - Le ho portato sua figlia.

- Grazie, Fringilla. Ora puoi andare a prepararti, io e Cirilla dobbiamo parlare.

Con un inchino, la professoressa Vigo uscì dalla stanza.

- Prepararsi per cosa? Chi sei tu? Perché… perché hai la faccia di mio padre?

- Siediti. Potresti mostrare più affetto al tuo padre redivivo.

- Duny Urcheon è morto quando ero solo una bambina. Emhyr l’ha ucciso.

L’uomo rise.

- Si potrebbe dire di sì. Si potrebbe dire che l’ho ucciso quando ho deciso di non indossare più il suo nome e la sua faccia. Pavetta mi aveva scoperto e ho dovuto eliminarla, mi capirai sicuramente. Per fortuna non aveva detto nulla a quell’arpia di Calanthe, altrimenti non avrei potuto continuare il mio piano.

- Stai mentendo. Duny è morto e Calanthe ha ucciso Emhyr. - si sentiva fradicia di sudore freddo, tremava da capo a piedi, ma non riusciva a muoversi.

- Quella vecchia carogna. Mi ha sempre odiato, ha sempre voluto liberarsi di me. Di entrambi i me. È stato facile convincerla di avercela fatta. E nel frattempo sono potuto sparire nell’attesa che tu manifestassi i tuoi poteri. Saprai quel che si dice del Sangue Antico, giusto? Sei una ragazzina sveglia, Fringilla me lo ha assicurato.

Ciri annuì, tremante.

- Ma ciò che non saprai, è che il Sangue Antico non è un incantesimo o un rituale. È una capacità innata che alcuni individui della stirpe di Lara Dorren hanno. Individui come tua madre, e come te. C’è solo voluta una spintarella per farlo uscire.

- Il basilisco. - sussurrò.

- Sapevo di quella creatura da quando ero uno studente. Fringilla è stata molto brava a liberarlo al momento giusto. Se fosse stato troppo presto non avresti potuto difenderti. - le sorrise, quasi con gentilezza - Sei stata bravissima, Cirilla. Ora però devi venire con me. - sollevò la bacchetta - Con le buone o con le cattive.

Ciri si tuffò verso la porta, ma la trovò chiusa.

- Tale e quale a tua madre, Cirilla. Guarda a cosa mi hai costretto. Imp…

Non lo lasciò finire. Urlò a pieni polmoni, sbalzandolo indietro e mandando in frantumi le finestre, e poi ancora più forte, facendo cadere calcinacci dal soffitto e spaccando la porta a metà.

Con una spallata riuscì a farsi strada e tuffarsi per i corridoi, in un inferno di grida e di sangue. Un incantesimo le passò sopra la testa, ed esplose contro la parete.

Ciri si girò verso un quadro, una ragazza bionda con un liuto.

- Dove sono i miei genitori? - gridò per sovrastare il fracasso.

- La Sala Grande! L’attacco è iniziato da lì! Devi scappare, leoncina, non è il momento di fare l’eroe!

Ciri scosse la testa.

- Emhyr è vivo. Fai girare la voce ai nostri.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, ma annuì.

- Ragazzina! - le gridò prima di allontanarsi - Prendi il cunicolo dietro il quadro della Caccia Selvaggia, al bivio scendi. Sulle scale è tutto in fiamme!

 

 

- Ciri, la tua amica Essi vuole parlarti.

Ciri batté lentamente le palpebre, guadagnando lentamente lucidità. Non si era mossa, né aveva parlato dopo aver ucciso Emhyr. Suo padre.

Il suo orribile, malvagio, crudele padre, che aveva ucciso Pavetta per i suoi terribili scopi, che aveva sperimentato su di lei perché diventasse l’arma preannunciata da un’antica profezia.

E lei l’aveva ucciso, senza pensarci due volte.

I suoi genitori l’avevano portata via dalla ressa, nel loro appartamento, le avevano fatto un bagno e messo dei vestiti puliti. La puzza di fumo e di maledizioni le aveva intriso i capelli.

Ciri non sapeva ancora chi fosse morto nella battaglia. Non aveva avuto la forza di chiederlo, ma ricordava i corpi riversi e coperti di cenere, le armature e le cornici in pezzi.

- Vuoi uscire un attimo per vederla? Credo sia importante.

Ciri annuì debolmente, e lasciò che Yennefer la guidasse fuori nel corridoio. Geralt le stava aspettando con Essi, il volto costretto in una maschera di pura neutralità.

- Ciao, piccola.

Essi sorrise, fioca e tremolante. Stava svanendo.

La parte inferiore delle sue gambe, con le scarpette stringate e i calzini bianchi, non c’era più, e la stoffa del suo vestito si stava disfacendo nell’aria.

Stava morendo.

Ciri non riconobbe il verso gutturale che le sfuggì dalle labbra, ma sentì chiaramente che le ginocchia le stavano cedendo. Geralt la prese al volo, cingendole la vita con un braccio.

- Mi dispiace, piccola. So che non è il momento ideale, ma non mi resta molto tempo. Ho promesso a Jaskier che avrei fatto una cosa.

- Jaskier?

Il viso di Essi si fece devastato. Per un secondo, la sua immagine tremò come la fiamma di una candela mossa dall’aria.

- L’ha preso l’Ardemonio. Mi dispiace tanto, piccola. Mi dispiace dovertelo dire adesso, e dovertelo dire così. Ma ho bisogno di mostrarti una cosa.

I singhiozzi la scossero tanto forte che Geralt dovette prenderla in braccio.

- La porto io. - disse - Facci strada.

Ciri tenne la faccia nascosta nella spalla di Geralt per tutto il viaggio, ignorando i pianti, le voci che la chiamavano, la puzza di bruciato.

Alzò il volto solo quando le voci si quietarono, e si rese conto di essere nel corridoio dove avevano passato innumerevoli pomeriggi a chiacchierare e fare i compiti.

Superarono il paesaggio da dove Jaskier le aveva cantato canzoni e spiegato Rune Antiche, e girarono l’angolo. Il corridoio terminava in un vicolo cieco.

- La vedete, la pietra con incise “E - J”? Toccatela con la punta della bacchetta, la parola d’ordine è “ranuncolo e fiordaliso”. - Essi si voltò, fluttuando fino a mettersi alla sua altezza, per guardare Ciri negli occhi - Piccola, non piangere. Sai cosa sono i fantasmi?

Ciri scosse la testa, ma Yennefer annuì.

- Un’impronta delle ultime emozioni di una persona morente.

- Dieci punti a Serpeverde. Io sono solo la disperazione di una ragazzina che voleva cantare ancora, e Jaskier non era più che un complesso incantesimo. - sospirò - Lo so che non aiuta, che fa male e continuerà a far male. Per quello che vale, piccola principessa, per noi ne è valsa la pena. Ricorda, ranuncolo e fiordaliso. Ti volevamo bene.

L’aria si fece rarefatta. Essi si voltò un’ultima volta verso le pareti e, con le dita trasparenti sfiorò le lettere incise nella pietra.

Poi, la luce che la componeva si disfò in una nebbia sottile, che rimase sospesa nel corridoio. Ciri ancora piangeva quando infine si dissolse nel nulla.

 

 

La parola d’ordine apriva una nicchia, e nella nicchia era conservato un baule, ricoperto di rune di protezione.

Ciri si raggomitolò in salotto con i suoi genitori per aprirlo.

Al suo interno, vi erano file su file di quaderni, album di foto, plichi di carte legati con lo spago. Spartiti accompagnati da testi di canzoni, poesie, lettere. Due cravatte verde smeraldo. Due bacchette, una piccola e chiara con degli intarsi di madreperla, l’altra di legno scuro con fiori dipinti di smalto colorato.

Il baule profumava di carta e di fiori.

Sopra a tutto, c’era una lettera chiusa con un sigillo di ceralacca e una foto. Sul retro, c’era scritto “Julian e Esther, al porto di Brighton, ottobre 1919”.

Yennefer la girò, delicatamente.

Essi indossava un abito molto simile a quello con cui l’aveva sempre vista, ma portava i capelli in una treccia ed un cappellino decorato con un fiore. Come sempre, un ciuffo ribelle le copriva uno degli occhi. Reggeva una macchina fotografica, e periodicamente la sollevava per mimare una foto, per poi scoppiare a ridere.

Di fianco a lei, con indosso un elegante completo e un lungo soprabito, Jaskier sorrideva e faceva l’occhiolino, mettendosi in posa con un taccuino e una penna. Era proprio lui, non c’era dubbio, con un berretto elegantemente storto e gli occhi scintillanti.

Vivo e vegeto, nel 1919.

Avevano delle valigie coperte di adesivi vicino ai piedi, e sembravano così giovani e felici.

Ciri aprì la lettera.

 

 

 

Caro sconosciuto, dubito che tu abbia trovato la nicchia per caso.

Essi, il fantasma della mia carissima Esther, o Jaskier il quadro devono averti condotto qui, agli ultimi rimasugli della nostra vera esistenza.

Confido nel loro giudizio, sapendo che, pur non essendo noi, sono quanto di più simile a noi sia rimasto nel mondo. Hanno le nostre memorie e i nostri valori, sono certo abbiano fatto la scelta giusta.

D’altra parte, ho seppellito Esther trent’anni fa, e con lei l’unica famiglia che abbia mai avuto. Io stesso, mentre ti scrivo, sto morendo. Ho iniziato a morire quando ho dovuto coprire di terra la mia sorellina.

Non mi restano molte alternative.

Non so se Jaskier ed Essi ti abbiano mai parlato di noi, della nostra vita di prima. Hanno sempre avuto la tendenza a comportarsi nel modo più drammatico possibile, come d’altra parte l’avevamo io ed Esther, prima che morisse. 

Spero che non sarai deluso dallo scoprire chi eravamo, di leggere dei nostri viaggi e delle nostre avventure: scoprirai che nei romanzi di Jaskier e Occhietto ho messo più cose vere che inventate.

O, forse, non è passato poi così tanto tempo e ci siamo conosciuti. Magari sei passato dalle mie aule, e ti ho insegnato qualcosa che di certo avrai dimenticato, o mi hai visto di sfuggita per i corridoi del castello.

Ci sono così tante possibilità nel mondo, che non so quale scegliere pensandoti a leggere la mia lettera. Quanti anni hai, come ti chiami, qual è il tuo colore preferito?

Ti importerà qualcosa, di noi due?

Quale che sia la tua risposta, l’ora è tarda e le mie ossa sono sempre più stanche. Non so se arriverò a domattina. Ma non ti preoccupare, quando troverai questa lettera sarò con Esther, a suonare e cantare insieme ancora una volta.

Buona lettura, e grazie.

Con tutto il nostro affetto,

Julian A. P. De Lettenhove e Esther Daven

 
 

NOTE:
>La storia è basata sul pacchetto "Irama - Ovunque sarai" della challenge. Ho preso ispirazione dalla frase "Dove ogni anima ha un colore", perchè mi ha evocato fortissima l'immagine di un Jaskier dipinto che non sa se considerarsi umano, e da lì è un po' partito tutto.
>L’aneddoto del lupo mannaro è tratto dai libri, escludendo però la presenza di Essi/Occhietto
>Il nome Essi è un’abbreviazione di Esther, per questo ho voluto immaginare che fosse un soprannome e che Esther fosse il suo vero nome, per rispecchiare la dualità Jaskier/Julian

 

 Se questa storia vi è piaciuta, lasciatemi un commento!
Non c'è modo migliore per spronarmi a scrivere di più, ve lo assicuro.

Se bazzicate in quel di The Umbrella Academy, ho scritto un'altra storia per questa challenge, la trovate QUI.

Oppure, passate a fare due chiacchiere in quel di tumblr.

Alla prossima!


Edit 16-10-22: ho corretto alcuni errori di battitura

 

  
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