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Autore: Cherry_Illusion    26/07/2022    1 recensioni
Diana ha deciso di agghindarsi per una serata speciale. Andrea sta tornando a casa dal lavoro. Diana è la futura moglie di Andrea, manca un mese al loro matrimonio, ma ci sono ancora dei segreti nelle loro vite che hanno deciso di non confessarsi l'un l'altro.
Questa sarà la serata in cui si scoprirà tutta la verità, dal soggiorno fino alla camera da letto.
Genere: Malinconico, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Verde come la speranza e la malattia

L’orrore più vivido è quello più reale.

Seduta sul divano verde prato, Diana stava guardando una serie tv da diverse ore con addosso uno splendido abito da sera perfetto per un appuntamento. Quella era la casa del suo ragazzo dopotutto, si era preparata alla perfezione per poterlo accogliere nelle proprie condizioni migliori. Gli occhi da gatta e le labbra rosso scarlatto, quel lungo abito smanicato con un ampio scollo sulla schiena e sulla coscia sinistra, i tacchi ai piedi. Desiderava stregarlo e fare in modo che pensasse solamente a lei.

Così, prima che arrivasse, mentre era già pronta, aveva deciso di guardarsi quella vecchia serie in televisione. Le risate da telenovela riempivano i momenti di silenzio e lei si univa con queste, arricciando una lunga ciocca castana tra le dita tanto era affascinata da quell’aura di divertimento alla vecchia maniera.

Il suono della serratura che scattava la portò a girarsi, accavallò le gambe, poggiando il braccio destro sullo schienale e girando il busto per guardare la porta che dava sull’ingresso. Intravide il buio illuminarsi per un momento lasciando intravedere la sagoma di un uomo, poi tornò di nuovo l’oscurità. Apparì solo successivamente da quella porta il suo ragazzo, aveva l’aria sfatta di chi era appena tornato dal lavoro, un berretto di lana in testa e la giacca ancora addosso. “Amore! Sei finalmente tornato!” Lo disse con voce contenta, alzandosi dal divano e passando le mani sui propri fianchi, ricevendo un fischio di apprezzamento dal suo ragazzo. Un sorriso le apparve sulle labbra per un solo istante, prima di svanire in un’espressione maliziosa. Camminò verso di lui nel vederlo togliersi la giacca, poggiando le mani sul suo petto coperto da un antiestetico maglione verde pino. “Sai che giorno è oggi?” Glie lo chiese con tono divertito, accarezzando il suo petto, le lunghe unghie dipinte di nero raschiavano quel tessuto fastidiosamente pesante. “Mi sono dimenticato il nostro anniversario, amore? Dimmi di no, ti prego!” Sbuffò la castana, poi ridacchiò subito dopo, scrollando il viso con un sorrisetto sulle labbra, a fargli intuire che non c'era nemmeno andato vicino. “Direi proprio di no, altrimenti sarei molto arrabbiata che non ricordi nemmeno il nostro anniversario. Per oggi te la faccio passare.” Usò unno l toascivo nel parlare, poggiando le mani sulle sue spalle e sporgendosi per baciarlo sulle labbra. Lui la ricambiò, le labbra che si muovevano sulle proprie, le bocche schiuse e le lingue unite in un’ultima danza passionale. Si sentì prendere per i fianchi Diana, ma quando si sentì spingere verso la camera da letto si fermò, spostando con una carezza le mani dalle sue spalle al suo petto.

No, oggi voglio qualcosa di più selvaggio per festeggiare.” Lo sussurrò contro le sue labbra, lasciandovi piccoli baci nel sentirlo boccheggiare per parlare. “Non ho ancora capito cosa dobbiamo festeggiare, piccola.” Lei gli rispose con un cenno, come a indicargli che ne avrebbero parlato poi, quando avrebbero concluso, poggiando poi l’indice sulle sue labbra e sussurrando solamente uno “Shh” per richiedere il suo silenzio. A quel punto scese, fino a inginocchiarsi a terra di fronte a lui, poggiando le mani sui suoi pantaloni per aprirli e sollevando lo sguardo su di lui. Aveva un ghigno lussurioso sulle labbra.

 

[...]

 

Diana era svestita. Stesa sul divano insieme a lui mentre la sitcom che stava guardando prima dell’arrivo di Andrea continuava ad andare avanti. Era ironico che fosse diventata la colonna sonora del loro sesso selvaggio. Gli aveva detto di farle di tutto, dallo schiaffeggiarla nei loro amplessi al metterle le mani al collo. Qualcosa di diverso dal solito, ma che a lui non era dispiaciuto per niente. A un passo dal matrimonio, quando un solo mese li separava dal diventare marito e moglie, una simile scoperta non sarebbe certamente stata scomoda, anzi, avrebbero potuto sperimentare ancor di più.

Vado in bagno un attimo.” La sentì dire, guardandola alzarsi e sfuggire dalle sue braccia mentre la coccolava. Se ne lamentò con un mugugno, osservando il suo bel sedere muoversi al ritmo dei suoi passi fino ad arrivare al bagno. “Non mi hai ancora detto per che motivo eri così bella stasera!” Urlò quelle parole dal soggiorno Andrea, sentendo per un attimo il silenzio da parte della sua fidanzata. Poggiò le mani sul divano, mettendosi così seduto per guardarla mentre si trovava davanti allo specchio, lei si voltò verso di lui e una smorfia insoddisfatta le apparve sulle labbra. Si sentiva in colpa, non ricordava alcun evento che centrasse con loro due. “Sei proprio uno smemorato!” La guardò lamentarsi e scuotere la testa, poi si voltò in direzione della doccia. Non gli sarebbe dispiaciuto continuare anche in doccia, anche soltanto ammirarla un po’ mentre si lavava, ma l’altra sembrava aver altri piani per come continuò. “Non ti scusi nemmeno per essere uno smemorato? Comunque in camera da letto ho lasciato una cosetta per ricordartene!” Scoppiò in una risata nel sentire quella risposta, unendo le mani per chiederle perdono, prima di alzarsi dal divano. Era piuttosto curioso di capire esattamente per quale motivo si fosse messa così in tiro per quella serata, quale genere di evento si fosse scordato. “Perdonami amore, adesso vado a vedere e mi faccio subito perdonare massaggiandoti la schiena!” Ammiccò, utilizzando la scusa del massaggio per sottintendere che sarebbe entrato anche lui in quella doccia a guardarla tutta svestita. Tuttavia, in quel momento dovette girarsi, camminando verso la camera da letto. 

La porta era ovviamente chiusa, se lo aspettava se l’altra aveva preparato tutto con l’idea che non si sarebbe ricordato di quell’evento, o probabilmente si trattava di una sorpresa e non voleva fargliela scoprire prima del tempo. Poggiò la mano sulla maniglia, provando ad aprire la porta, ma trovandola chiusa. “Amore?” La chiamò ad alta voce e la sentì rispondere con un mugolio dal bagno, intravedeva il suo bel sedere muoversi, probabilmente stava trafficando con la leva dell’acqua per aprire l’acqua calda e mettere qualche temperatura inumana. “La porta è chiusa, dove hai messo la chiave?” Finalmente spuntò nuovamente dallo spiraglio che dava verso il soggiorno, aveva un’espressione piuttosto concentrata e il suo sguardo si muoveva lungo tutto il soggiorno, poi sembrò illuminarsi con un bel sorriso. “Oh, scusa, amore! Avevo messo la chiave nelle mutandine, ma deve essere caduta prima, deve essere sul divano o sul pavimento!” Annuì a quelle parole, sbuffando appena per quella scocciatura, ma arrendendosi immediatamente per il solo desiderio di trovare la scusa giusta per continuare la loro serata. Camminò fino al divano, cercando nelle pieghe la chiave e poi a terra, sentì l’acqua cominciare a scorrere nella doccia, segno che doveva muoversi a trovare la chiave e andare ad aprire. La trovò a terra, tra i loro vestiti, la prese e corse praticamente per andare fino alla camera da letto. “Sto aprendo, amore!” Lo disse ad alta voce per farsi sentire da lei, infilando la chiave all’interno della toppa e girandola per sbloccare la serratura, poi poggiò la mano sul pomello aprendo la porta.

Non era quello che si aspettava. Jennie era stesa sul letto. I polsi legati alle sbarre di metallo della testata del letto, totalmente nuda e con sangue ovunque, insieme a un coltello piantato proprio al centro del suo stomaco. Fece un passo indietro, ma prima che potesse voltarsi e comprendere che razza di scherzo fosse quello, qualcosa gli colpì con forza la testa. Cadde a terra di peso, emettendo un grugnito di dolore per quel forte colpo contro la propria nuca, portando immediatamente le mani dietro la propria testa per cercare di gestire quel dolore, poi quell’oggetto lo colpì nuovamente, questa volta sulle gambe.

Gridò Andrea, un grido di folle dolore che lo portò a spalancare gli occhi, vedendo lì davanti a lui Diana, in piedi e con una mazza di metallo tra le mani. La sua espressione sadica sul volto, un sorriso distorto di piacere e lo sguardo gelido puntato su di lui. Mentre poggiava una mano sulla gamba che stava facendo così male, come se quel colpo fosse bastato per romperla, sollevò l’altro braccio nel tentativo di bloccare la ragazza dal colpirlo ancora. Diana alzò di nuovo la mazza e rise, prima di colpire con forza lo stesso braccio che aveva sollevato nel tentativo di fermarla. E continuò. Continuò ancora e ancora. Lo colpì sulle ginocchia, sulle gambe, sulle braccia per non sapeva quanto tempo, perché a un certo punto quel dolore fu talmente intenso da fargli perdere la coscienza. Era un brutto sogno?

 

[...]

 

Un mugugno dolorante portò Diana a emettere un sospiro scocciato. Si allacciò le scarpe da ginnastica, mettendosi in spalle lo zaino con dentro tutti i vestiti che aveva usato esclusivamente per quella serata e spostandosi poi verso il soggiorno. Aveva ripulito le tracce di sangue sul pavimento della camera da letto, quelle che aveva lasciato colpendo così tante volte nella foga Andrea, aveva messo i guanti che aveva usato per ammazzare quella troia nello zaino e si era preoccupata di preservare ogni traccia di Andrea in quella casa, nella sua stanza da letto, sulla sua bella troia. 

Le merde non crepano mai, non è vero tesoro?” Gli parlò con un sorriso sul volto, guardandolo steso sul tappeto che le sarebbe servito per portarlo fuori da quella stanza. Era così tanto arrabbiata che avrebbe potuto trascinarlo anche per i piedi per quelle scale, ma ci teneva a fare un lavoretto pulito, così che lui pagasse per tutto quello che le aveva fatto. “Diana … Perché? Io … Perché mi stai facendo questo?” La sua voce era un sussurro, niente a che vedere con il tono squillante da marpione che usava ogni volta che doveva fare il carino con lei. Diana alzò lo sguardo verso il soffitto, scocciata per quelle domande. “Perché io ti sto facendo questo? No, no cucciolo, la domanda è perché tu ti sei fatto questo.” Si avvicinò, poggiando il piede sinistro sul suo stomaco e premendolo con forza contro questo, sentendolo gemere dal dolore. “Sai come ho scoperto che stavi facendo il porco in giro? L’ho scoperto perché non sai usare nemmeno il preservativo, brutto figlio di puttana.” Gli diede un calcio piena di rabbia, sentendolo piagnucolare come un bambino viziato, una smorfia disgustata le nacque sul viso. “Mi sono ammalata, brutto stronzo. Mi hai passato l’AIDS con quella merda di attrezzo che non riesci a tenere nelle mutande.” Sollevò il braccio destro indicando la camera da letto dove aveva ammazzato ore prima quella puttana con cui se l’era fatta. Aveva passato mesi a controllarlo, a comprendere con chi se la fosse fatta fino a quel momento, come l’avesse tradita, con chi e soprattutto come le avesse trasmesso quella merda. Poi aveva capito. Aveva capito che il coglione andava a puttane e lei non poteva accettarlo. Spendeva i suoi soldi nei locali pieni di spogliarelliste, si portava a casa sempre la solita zoccola e la scopava, fino a quando la troia non si era presa l’AIDS, non l’aveva passato a lui e lui non l’aveva trasmesso a lei.

Amore, ti giuro, non volevo, ti prego.” Piagnucolava ancora lo stronzo, dopo quello che le aveva fatto quando erano sul punto di sposarsi. “Amore, ti prego, non voglio essere condannata a morte. Ah, no. Non puoi tornare indietro, giusto, non puoi togliermi questa merda.” Tolse il piede da sopra di lui, camminando per spostarsi verso il bagno, recuperando nuovamente la mazza di metallo, l’unica cosa che mancava. Si avvicinò di nuovo a lui, poggiando la mazza sulla propria spalla. Aveva lavorato bene, l’aveva colpito così tante volte sugli arti che adesso sembrava il verme che era, incapace di muoversi. “Ah! Non ti ho detto di parlare, amore. Non vorrai che io riprenda a colpirti in preda alla rabbia solo perché non sai tenere le labbra chiuse.” Glie lo disse nel vederlo aprire la bocca per pregarla ancora, poggiando l'indice contro le labbra. “Adesso noi due andremo a farci un giro con la tua macchina e andremo lontano lontano. Tu sei stato una splendida comparsa, hai lavorato così duramente per fare il colpevole della nostra storia, dall’andare a puttane fino a lasciarmi questi splendidi segni addosso. Sarà così semplice dire che sono stata aggredita da te, che sei scomparso perché non sei riuscito a fare un’altra vittima questa notte. Piangerò tanto perché sei uno stronzo porco di fronte alla polizia, tranquillo. Non mi dimenticherò mai di te, dopotutto mi hai segnata a morte.” Parlò a lungo, osservando la sua espressione mutare con orrore. Non gli diede tempo per pensare a come fuggire, colpendolo con forza in viso con la mazza. Diede diversi colpi, fino a quando non fu sicura che l’altro fosse incosciente o morto. Lanciò la mazza sul tappeto, prima di accovacciarsi a terra per afferrare un lato del tappeto, incominciando ad arrotolarlo con il suo ragazzo dentro.

 

[...]

 

Gli occhi di Andrea si spalancarono quando della terra gli arrivò sul volto, tossendo incapace di riuscire a pulirsi se non scrollando il viso. Gridò, urlando e cercando di far comprendere che fosse ancora vivo. Una nuova palata di terra arrivò nella fossa in cui si trovava. Pianse, gridò e urlò a lungo, fino a quando tutto il suo volto non venne seppellito dalla terra. Silenzio.

 
   
 
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