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Autore: Kat Logan    31/07/2022    3 recensioni
Makoto ripulì il banco del bar dalla sabbia e dall’ appiccicume di qualche Margarita finito lì sopra per colpa di qualche bevitore distratto. Ne aveva piene le orecchie di storie e confessioni che la gente le faceva con i piedi affondati nella sabbia fine di Malibù. Chi credeva che fare la barista fosse un lavoro semplice, si sbagliava. Lei era il confessore dei peccati più bollenti di tutta la costa e nel suo tempio sacro ogni peccato veniva perdonato con un cocktail.
«Adesso ve la racconto io una storia davvero stramba».
Avrebbe dovuto starsene zitta, ma qualcosa in lei era scattato come una molla e da confidente silenzioso, Makoto, divenne oracolo senza peli sulla lingua.
«C’è un pompiere che rischia di bruciarsi per amore e convive con un’aspirante star della musica. Un artificiere incosciente, arrogante e pieno di sé. E poi c’è lei, con lo sguardo che nasconde una ferita profonda perché per la seconda volta nella vita ha fallito in qualcosa…».
«E poi?». Usagi la interruppe presa dell’entusiasmo. «Gli altri personaggi di quest’avventura chi sono?».
Makoto sospirò, portandosi lo strofinaccio sulla spalla.
«Un timido genio, una baby sitter fuori controllo e una stupida barista…»
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Un po' tutti, Yaten | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Non ti amo.
Tre parole che come un proiettile lo avevano colpito in pieno petto.
Preso di sorpresa e disarmato, Yaten, era stato piegato come canna di bambù al vento per mano di Minako, che come il più spietato degli assassini lo aveva ucciso a sangue freddo nel bel mezzo della notte precedente.
Se n’era andata, lasciandolo inerme sul ponte della Blue lagoon. E lui - per lo shock -non aveva reagito come il più codardo degli uomini; freddato da quella manciata di sillabe non aveva chiesto spiegazione alcuna.
In fondo che cosa c’era da dire se mancava l’amore? In assenza di un sentimento nessuna soluzione sarebbe stata possibile.
 
Rimasto solo, seppe soltanto contemplare l’ultimo regalo lasciatogli da Minako. La voragine che l’assenza di lei gli aveva aperto nel bel mezzo del petto.
 
Che rumore fa l’oceano di notte? La voce della ragazza riecheggiò nella sua mente e per un attimo Yaten venne trasportato al giorno in cui fecero l’amore per la prima volta. Quello in cui lei, affamata di ogni suo piccolo particolare o pensiero, gli pose quella domanda.
Quanto tempo era passato da allora?
Un’eternità o un minuto appena?
 
Che rumore fa l’oceano di notte, Yaten?
«È il sibilo di un serpente a sonagli pronto a paralizzarti col suo veleno…» sussurrò in preda allo sconforto che mano a mano diveniva un dolore sempre più insopportabile.
 
Ma quella non era la vera risposta che le aveva dato.
 
La giungla dei ricordi lo inghiottì nuovamente.
«Stai dicendo che rimarrai. Lo sai?»
«Certo».
 
«Bugiarda».
Nonostante le parole uscitegli di bocca faticava a pensare non fosse stata sincera quella volta.
 
«Rimani?».
«Rimango».
 
Le aveva creduto senza riserve. Forse come uno stupido, ma lo aveva fatto.
E lei aveva sigillato quella promessa con un bacio prima di diventare sua una volta per tutte.
 
Non poteva aver mentito. Yaten i bugiardi li riconosceva a chilometri di distanza e sapeva che Minako non gli avrebbe mai fatto del male. La sua Minako non sapeva mentire. Non a lui.
Sospirò pesantemente.
E accadde qualcosa di inaspettato, di nuovo.
Il suo viso era bagnato.
Si passò il dorso della mano sulla guancia, incredulo.
Stava piangendo? Ne era ancora capace?  
 
Non ti amo.
 
Glielo aveva detto senza guardarlo negli occhi. Come fanno i codardi.
Ma Minako non lo era.
Un codardo non combatte per i suoi sogni, getta la spugna e rinuncia a ciò che lo rende vivo.
Era una falsa speranza la sua? Stava forse impazzendo incapace di accettare la realtà dei fatti?
Yaten strinse i denti e ripensò ancora una volta a lei. Anche se in quel momento era la cosa più dolorosa che potesse fare. Ma nel ricordo del suo angelo biondo vi trovò inspiegabilmente conforto.
La Minako che aveva conosciuto e con cui aveva corso lungo il molo per portarla nel suo posto segreto, non era capace di liquidare qualcuno così. A lei piacevano le parole, a volte ne faceva persino un uso spropositato. Le piacevano così tanto da farle cantare storie intere pizzicando le corde della sua chitarra.
Minako era dolce.
Era sensibile.
Lei teneva forse più a lui che a quel sogno che avevano raggiunto con fatica assieme.
 
Ed ecco la chiave di tutto. Il fulmine a ciel sereno che rischiarò la nottata solitaria di Yaten con estrema chiarezza.
Lui la conosceva meglio di quanto conoscesse in fondo se stesso.
 
All’alba di quel nuovo giorno il vento soffiò sinistro.
Al largo della costa i cavalloni d’acqua sembravano voler sfiorare il cielo con la loro spuma. E Yaten comprese che l’unica menzogna di Minako era stata proprio quella della notte precedente.
 
Rinvigorito da quella certezza e dalla cieca fiducia riposta in lei doveva solo capire il motivo per cui si era mascherata da bugiarda.
 
 
§§§
 
 
 
Pioveva a dirotto.
Il cielo di un grigio cupo pareva voler far tornare notte all’istante piuttosto che rischiararsi ed annunciare l’arrivo del mattino.
Rei, con un ombrello gocciolante aiutò l’amica con i bagagli.
«Sicura sia la cosa giusta da fare?» domandò con un filo di voce, per poi dare una spinta ad uno dei trolley di Minako.
La bionda sospirò pesantemente come non aveva mai fatto prima. Raccolse le briciole di un sorriso rassegnato e annuì all’amica.
«Non vedo altra soluzione. Oserei dire che mio padre è stato molto chiaro. Non voglio rischiare ci vada di mezzo Yaten».
Il suo cuore s’incrinò al pronunciare il nome del ragazzo.
Avrebbe voluto tanto vivere la scena di uno di quei film romantici in cui lui si rende conto della realtà delle cose e corre a perdifiato in aeroporto.
Ma Minako, per quanto sognasse una commedia romantica, sapeva di essere immersa sino alla nuca in un dramma.
Non sarebbe accaduto niente del genere. E sullo screen della sua storia d’amore erano già apparsi i titoli di coda da ore.
 
Un’occhiata al tabellone dei voli per scovare il proprio gate e strinse la cinghia della chitarra in spalla.
«Tenterò di calmare le acque tornando a casa. Poi vedrò il da farsi».
Nutriva ancora un timida fiammella di speranza in cuor suo. Quella di tornare e riprendere la sua vita in California, come se quello di suo padre fosse un capriccio passeggero.
Magari, facendo la studentessa modello, lo avrebbe convinto. Era stata una stupida a mollare l’università solo per concentrarsi sulla musica. Ma se non lo avesse fatto non avrebbe mai incontrato il ragazzo che amava con tutta se stessa e per cui era pronta a sacrificare ogni cosa pur di tenerlo al sicuro.
«C’eri così vicina…come farai con la casa discografica?». Rei interruppe quelle riflessioni che non l’avrebbero portata da nessuna parte se non alle porte della disperazione più profonda.
«Inventerò qualcosa» affermò mordendosi le labbra.
 
Il riflesso di un lampo si stagliò nelle iridi delle due giovani.
«Se…» Minako dovette far una pausa ancor prima di cominciare a parlare. «Se dovessi incontrarlo, fagli avere questo». Estrasse dalla borsa un lettore mp3 per porgerlo a Rei.
«Per favore» aggiunse quasi la dovesse convincere, ma in realtà quella era una sorta di preghiera verso la sorte della sua storia d’amore.
Rei annuì senza fare ulteriori domande.
 
Il fragore di un tuono s’intromise tra la conversazione delle due facendole sobbalzare.
«Credo che il tuo volo non sarà molto pacifico...».
«Non ci avrei mai sperato» ironizzò Minako.
Rei aprì il palmo della mano.
«Ti accompagno».
Minako intrecciò le dita alle sue con un sorriso di gratitudine.
 
E’ solo un’altra stupidissima avventura.
 
 
§§§
 
 
«Tra tutti i giorni doveva proprio piovere oggi» mugolò lamentoso Dan al volante del cingolato della SWAT, spazzando via le fitte gocce con la vigorosa passata dei tergicristalli.
Haruka, al suo fianco, fece roteare gli occhi in un moto d’intolleranza sobbalzando al loro prendere troppo veloce una buca sul manto stradale. Odiava le attese sul prima di entrare in azione, anche perché sapeva bene essere l’inizio di grezzi pettegolezzi da parte dei colleghi o sproloqui senza capo ne coda per riempire lo scandire dei minuti che poteva separarli dalla morte.
«Un romantico pic nic in autunno…cosa pretendevi? Hai avuto tutta l’estate davanti per sdraiarti sull’erba a ingozzarti in dolce compagnia».
«Tecnicamente no» le rispose piccato Dan. «Mica stavo assieme al capo Meiō».
«Ho i brividi quando la chiami così. Ora è la tua donna no?! Capo Meiō…» fece schioccare la lingua lei usando una strana vocetta per denigrare l’amico.
 
«Per quel che vale l’idea di un pic nic autunnale io l’approvo in pieno».
Ad Haruka quasi venne un infarto a sentire quella voce alle spalle. Si voltò con gli occhi spalancati e incredula scorse la figura di Usagi che biascicava allegramente un chewingam, esibendo bolle rosa da primato tra una presa di fiato e l’altra.
«Voglio dire, si possono fare degli scatti fantastici per insta con il foliage e poi essere sorpresi dalla pioggia e stare in due sotto allo stesso ombrello a braccetto…e…».
«COSA DIAVOLO CI FAI QUI?!» Haruka non riuscì a controllare il tono della voce mandando in frantumi i sogni romantici della bionda.
«Kansas, datti una calmata…» intervenne bonario Dan avendo ricevuto manforte dalla ragazza.
«Si, datti una calmata!».
«SIETE IMPAZZITI PER CASO?! E TU…» l’indice di Haruka indicò l’infiltrata con fare minaccioso. Tu, sei su un mezzo militare nel bel mezzo di un’azione, sei forse andata FUORI DI TESTA?!».
Usagi sembrò dover processare una risposta esauriente.
«Haru, è quel giorno del mese per caso?».
«Non posso crederci…» farfugliò sfinita da quel siparietto senza capo ne coda, Haruka.
Dan arrestò il mezzo inchiodando bruscamente.
«Arrivati!». Il ragazzone gongolò con un mezzo sorriso apprestandosi ad uscire sotto alla pioggia battente. «Su Haru, metti via il broncio. Le abbiamo dato solo un passaggio…».
«Eh già Haru» sospirò Usagi sistemandosi le calosce a fiorellini modaiole che sfoggiava nei rari giorni di maltempo «mi avete accompagnata dal mio principe!». Un secondo per indicare Mamoru, intento a ispezionare la zona, e sparì da sotto gli occhi dei presenti per precipitarsi da lui.
 
Facciamo anche il servizio taxi ora.
 
Il fragore di un tuono coincise col suo salto fuori dal cingolato.
Lei, incurante del temporale lasciò che la pioggia carezzasse il suo viso. Le iridi cerulee percorsero il perimetro fino a schiantarsi ancora una volta tra le onde acqua marina di Michiru intenta a conferire con Setsuna.
Poi, come se la sua presenza potesse richiamarla all’istante, la mediatrice si voltò verso di lei sorridendole. Haruka non poté far altro che fare il conto alla rovescia al perdere il controllo di se stessa. Ogni muscolo del corpo chiedeva pietà per il supplizio di resistere ancora sull’attenti come un soldato intento al saluto militare.
La verità è che si sarebbe inginocchiata sotto alla pioggia per Michiru Kaiō; ormai il gioco del gatto e il topo era durato sin troppo a lungo.
Avrebbe voluto abbracciarla, ispirare il profumo della sua pelle e annodare le dita ai suoi lunghi capelli fino a sentirsi in pace col mondo. Fino a regolare il proprio battito con quello della pioggia.
Forse sarebbe diventata una pappa molla come il suo amico Dan e avrebbe escogitato strambi pic nic autunnali anche lei se fosse servito a far felice Michiru Kaiō.
La stessa Michiru che quasi a passo di danza si avvicinò a lei sino a prenderla sotto il suo ombrello navy.
«Ti prenderai un malanno» le disse con voce carezzevole. «E non puoi proprio permettertelo, no? Abbiamo un viaggio importate da fare dopo questo lavoretto».
Lei riusciva a far sparire tutto. Persino la tensione di dover scovare la sua vera madre. Haruka ormai vedeva solo lei.
Cos’è questa sensazione?
«Tutto bene, Haruka?» domandò poggiandole una mano sulla spalla l’altra.
Sono completamente andata. E non ho la minima idea di cosa fare. Perché non so comportarmi diversamente dalla cinica, insopportabile, irreverente Haruka che viene dal Kansas.
Sarebbe dovuta scappare da se stessa, così come aveva fatto dagli amish per piacere a Michiru?
«Senti…Hollywood». Il soprannome le uscì quasi stonato dalle labbra. Appena impercettibile, soffiato all’orecchio dell’altra quasi dovesse essere un segreto tra due teneri amanti.
Michiru rimase in attesa, con un velo di preoccupazione negli occhi chiari che non accennavano a smettere di guardarla.
Forse aveva capito che era imbarazzata. Che voleva dirle che era interessata a lei non per gioco.
Lo sguardo della bionda scivolò altrove, senza riuscire a mantenere quello dell’altra. E fu in quel momento che qualcosa la bloccò dalla sua “dichiarazione”.
«Mi stai preoccupando, cosa c’è che non va?».
Il cielo. Il cielo aveva cambiato colore.
Tinte verdastre si affacciavano tra le nubi temporalesche.
 
«To-tornado».
Deglutì anche se lo trovò impossibile da fare per la prima volta nella vita.
 
«Credo ci sia in arrivo un tornado».



Note dell'autrice:
Non dirò più la cadenza con cui posterò perché purtroppo ho capito di non riuscire più a far previsioni. Posso solo scusarmi per il tempo passato tra questo e lo scorso capitolo ma quando il "blocco dello scrittore" colpisce è davvero impietoso con la sottoscritta. Ad ogni modo mi scuserò anche per il capitolo in sè che come solito non mi convince, ma se devo stare dietro anche a tutte le mie paranoie possiamo dire addio alla fine della storia...perciò ho rischiato e ve l'ho postato.
Alla prossima e...buone vacanze!
   
 
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