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Autore: Zikiki98    01/08/2022    0 recensioni
- Avevo iniziato a scrivere questa storia qualche anno fa, lasciandola incompleta. La sto modificando e sto aggiungendo delle parti per renderla più piacevole e completa. Potete trovarla sia su Wattpad sia qui su Efp. I primi 9 capitoli li ho pubblicati tutti insieme, in modo che la storia segua lo stesso ritmo della pubblicazione su Wattpad. Spero vi piaccia -
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E se Bella provenisse da un mondo diverso da quello in cui siamo abituati a vederla?
Dopo la battaglia terrificante contro i demoni, avvenuta circa cento anni fa, non si è più sentito parlare di Shadowhunters, ovvero, di Cacciatori di Demoni. Da quella strage di Nephilim, tutte le creature del mondo invisibile, vale a dire vampiri, licantropi, maghi e fate, hanno creduto che si fossero estinti.
E se non fosse così? E se si fossero solo nascosti?
I demoni stanno ripopolando il mondo e la vita, non solo degli esseri umani, ma anche delle creature mitologiche presenti nelle favole dei bambini e nei racconti terrificanti degli adulti, è a rischio.
Chi li manda? Come possono uscire dalla loro dimensione? La terra potrà tornare ad essere un pianeta "sicuro"?
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Instagram: _.sunnyellow._
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FanFiction su Twilight e Shadowhunters.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Quileute | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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THE WORLD OF DEMONS
IL PORTALE DEI DEMONI

26. Daughter of No One
 
Mentre camminavo nel bosco per tornare a casa, sentivo i muscoli bruciare come mai prima d’ora, tant’è che avevo persino il fiato corto da quanto stavo faticando. Mi sentivo così svuotata da non riuscire a pensare con lucidità, ma avrei dovuto riprendermi alla svelta considerato che da lì a poco avrei dovuto affrontare la mia famiglia. Non solo dovevo confessare che mi ero innamorata di un vampiro, ma esigevo che mi venissero date delle spiegazioni per capire se quello che Emmett mi aveva rivelato era vero oppure no. Sapevo già che era inutile pensare di prepararmi una specie di discorso, l'avrei scordato in ogni caso, ma dovevo cercare di fare ordine nella mia testa, dovevo creare una specie di scaletta. Il sole era ancora alto nel cielo, anche se nascosto sia dalle nuvole che dalla fitta foresta di Forks. Probabilmente, era circa mezzogiorno.
Quando iniziai a riconoscere il sentiero che riportava verso casa, e che indicava che ero davvero vicina, realizzai quanto poco tempo mi restasse prima della mia fine, e mi venne la tachicardia. Mi bloccai per qualche secondo, cercando di mantenere la calma. Non serviva a niente entrare nel panico ora, avrei dovuto pensarci prima. Ormai era troppo tardi. Me l'ero cercata, me lo meritavo. Ripresi a camminare, stavolta a passo spedito lungo il sentiero, e in meno di cinque minuti mi ritrovai davanti ad un enorme villa tinta di bianco, ma mai grande ed elegante come quella dei Cullen. Non sapevo il perché di quel confronto, tanto non ci avrei rimesso più piede comunque, in entrambe le abitazioni. Salii gli scalini che conducevano al portico e suonai il campanello, anche se sapevo che la porta era aperta. Stavolta volevo annunciare il mio arrivo, non volevo cogliere di sorpresa nessuno. Ad aprirmi venne George, che appena si accorse che ero io, mi accolse tra le sue braccia, preoccupato.
- Per l'Angelo Raziel! - esclamò al mio orecchio - Sei ancora viva, sei sana e salva! - e dopo qualche secondo, aggiunse - Perché stai bene, vero? -.
Annuii contro il suo petto godendomi quello che sarebbe stato il nostro ultimo abbraccio - Sì, sto bene. Mi dispiace di avervi fatti preoccupare -.
- Non importa, davvero. Adesso risolveremo tutto - disse scostandosi per afferrare la mia mano nella sua e trascinarmi nel salotto di quella casa - Madre, padre! Fratelli! Scendete, è tornata! Isabella è tornata! -.
Come se non aspettassero altro che sentire quelle parole, tutti si precipitarono giù dalle scale per abbracciarmi; tranne Stephan che restò a distanza, ed era meglio così. Venni ricoperta di scuse, di domande apprensive e di carezze. Non sapevo come sentirmi a riguardo onestamente. Una parte di me si sentiva tradita dalle stesse persone che mi avevano cresciuta, l’altra parte invece si sentiva in colpa per aver mentito e messo in pericolo la propria famiglia.
- Mi dispiace di aver reagito in quel modo, ieri sera - si scusò stupendomi Jonathan - Ma ero così terribilmente preoccupato e mi sono lasciato prendere dalla rabbia che provavo, non solo per te, ma anche per i tuoi fratelli -.
Ecco, questo era Jonathan Durwood: incuteva timore da quanto era grande e grosso, e si comportava da orso la maggior parte delle volte, ma quando capiva di aver commesso degli errori, lo riconosceva sempre e chiedeva scusa.
- Anche a me dispiace, tesoro mio - borbottò con le lacrime agli occhi Marie, stringendomi nel suo abbraccio stritolatore.
- Avrei dovuto stare al tuo fianco ieri sera - si rimproverò Sebastian - Non sarei dovuto uscire -.
- Ci dispiace così tanto - concluse William, tremante.
Io... Io non sapevo cosa dire. Si stavano comportando tutti in un modo che non avevo previsto neanche lontanamente, stavano reagendo così diversamente dal loro solito modo di reagire. Mi aspettavo una sfuriata simile a quella del giorno precedente, forse anche peggiore, ma non delle scuse sincere. Una parte di me si stava illudendo che forse non se la sarebbero presa poi così tanto dopo quello che avevo fatto, ma dovevo bloccarla prima che contagiasse anche la parte razionale della mia mente. Non potevo spettarmi niente di positivo.
- Smettetela - sussurrai, allontanandomi da tutti facendo qualche passo indietro, quasi scossa – Su questo non avete niente di cui rimproverarvi – probabilmente, su altre cose sì, pensai.
- Questo non è vero... - iniziò dolcemente Marie, cercando di avvicinarsi, ma la bloccai.
- No, per favore - sospirai, per poi tentare di regolarizzare il mio respiro accelerato – Dobbiamo parlare e dovete essere sinceri come non lo siete mai stati finora... Sedetevi - li pregai, indicando i divani alle loro spalle.
Titubanti e sorpresi, eseguirono la mia richiesta. Stephan si sedette all’inizio dei gradini che conducevano al piano superiore. Sebastian, per restarmi il più vicino possibile, si accomodò su una delle poltrone, mentre Marie e Jonathan si sedettero su uno dei divani del salotto e Will e George sull’altro.
Non sapevo bene come cominciare il discorso, forse perché ne sapevo così poco e mi sembrava così assurdo allo stesso tempo, che non riuscivo bene ad elaborare una frase. Arrivai alla conclusione che forse il miglior metodo per affrontare la questione, era essere il più diretti e schietti possibili.
Guardai negli occhi Jonathan e Marie per una diversa manciata di secondi, sotto i loro sguardi confusi, finché finalmente non mi decisi a rivolgermi a loro.
- Chi sono i miei genitori biologici? – domandai a bruciapelo, mantenendo lo sguardo su di loro per captare qualsiasi segnale che potesse rivelare che mi stavano mentendo.
Jonathan sembrava non sentirsi per niente a disagio, mentre Marie improvvisamente era diventata più inquieta.
Sebastian, palesemente confuso, si alzò dalla sua postazione e mi prese delicatamente per mano – Ma cosa stai… -.
- Shh – lo zittii, restando concentrata sui nostri tutori – Allora, chi sono i miei genitori biologici? -.
- I vostri genitori biologici sono Charlie e Renée Swan – rispose a macchinetta Marie, con la voce tremolante.
- Lascia fuori Sebastian da questa storia – ribattei innervosita dalla risposta palesemente forzata che mi era stata data – Lo chiederò per l’ultima volta e gradirei che mi rispondeste sinceramente. Chi sono i miei genitori? -.
Tutti i presenti si stavano agitando, i miei fratelli si guardavano confusi. Gli unici che non sembravano essere presi alla sprovvista erano proprio Jonathan e Marie. Onestamente, stavo cominciando ad arrabbiarmi. Da come si stavano comportando, sembrava proprio che Emmett mi avesse detto la verità.
- Che cosa vuoi sapere esattamente? – mi chiese Jonathan, beccandosi un’occhiataccia da parte di Marie, alla quale rispose – Se insiste in questo modo, significa che ha già dei sospetti! -.
Marie si passò nervosa entrambe le mani sul viso. Non potevo crederci.
- Tutto! – esclamai a Jonathan, con gli occhi sbarrati.
- Va bene – disse – Tu e Sebastian avete la stessa madre… ma non avete lo stesso padre – fece una pausa, per poi specificare – L’unico figlio legittimo di Charlie Swan è Sebastian -.
Nonostante Emmett sembrasse avere ragione a questo punto, avere questa conferma dall’uomo che mi aveva cresciuta per la maggior parte della mia vita, era una pugnalata al cuore. Lo rendeva effettivamente reale. Sebastian accanto a me sembrava non capire, come se stessimo parlando in un’altra lingua.
I miei occhi si riempirono di lacrime fuori controllo. Non potevo crederci. Avevo vissuto sedici anni pieni di menzogne e segreti sulla mia vera identità. Come avevano potuto mentirmi su una cosa del genere, con tutto quello che io e Sebastian avevamo già dovuto affrontare dopo l’Invasione?
Mi sforzai a guardare i volti di Will, George e Stephan, totalmente sconvolti.
- Chi è mio padre? – mormorai e, lentamente sentii Sebastian allontanarsi da me per appoggiarsi con la schiena contro il muro.
- Non ti serve saperlo – rispose duramente Marie, cambiando totalmente atteggiamento – È morto da più di un decennio -.
Scoppiai a ridere senza alcuna traccia di divertimento, mentre le lacrime correvano senza sosta giù dalle mie guance arrossate. Cominciai a camminare avanti e indietro, nervosamente, passandomi le mani fra i capelli e tirandomeli dall’attaccatura.
- Non mi serve saperlo – ripetei, senza alcuna emozione nella voce, schernendola – Non mi serve -.
- No, davvero, non ti serve – ribadì, cercando il mio sguardo – Lo dico per evitarti un’ulteriore sofferenza, fidati di me -.
- Direi che ormai è un po’ troppo tardi per fare questo ragionamento – sussurrai, piena di rabbia, per poi aggiungere – O forse per voi, il fatto che sia ancora vivo, ma sotto una forma diversa, è ancora peggio della morte stessa! -.
Non riuscii proprio a trattenermi. Volevo fargli capire che sapevo molto di più di quello che mi stavano propinando, per fargli vuotare il sacco più velocemente. Volevo dargli la possibilità di confessare e, allo stesso modo, fornire un’occasione anche a me per cominciare a dire la verità.
Jonathan si alzò in piedi, stringendo i pugni lungo i fianchi – Cosa stai insinuando? -.
- Quello che ho detto – ribadii con sicurezza – Che i Nascosti vi danno talmente il voltastomaco che in confronto preferireste la morte -.
Marie guardò suo marito, dallo sguardo sembrava sfinita e non l’avevo mai sentita così lontana e distaccata nei miei confronti come in quel momento. L’avevo sempre considerata come una madre per me e vedere che ciò in cui avevo sempre creduto, tutte le mie sicurezze, quella che avevo sempre considerato la mia famiglia, sgretolarsi pezzo per pezzo davanti ai miei occhi, era devastante. Una cosa che onestamente non avrei mai immaginato di vivere.
Dopodiché, spostò lo sguardo su di me, constatando – Sai che è un vampiro -.
- Sì, lo so! – esclamai, non riuscendo a controllare il tono di voce né le parole che sgorgavano dalla mia bocca – E adesso capisco anche il perché della tua reazione quando sei venuta a prendermi in ospedale qualche settimana fa, dopo l’incidente! -.
- Non so di cosa… - cominciò a mentire, ma la interruppi.
- Hai finito di prendermi in giro?! – urlai, lasciando senza parole tutti i presenti.
Odiavo dover alzare la voce e sicuramente non avrei mai pensato in vita mia che un giorno sarei arrivata a farlo contro la donna che mi aveva cresciuta e accudita. Ma ero furiosa e in cerca di spiegazioni, e non mi interessavano le modalità che avrei dovuto usare per ottenere le risposte che volevo.
Dopo qualche secondo di imbarazzo, moderai il tono di voce – Sai benissimo di cosa sto parlando -.
Jonathan passò lo sguardo più volte tra una e l’altra, con un evidente sospetto che gli si leggeva in volto – Che cosa mi state nascondendo voi due? -.
- Niente! – disse Marie, ma rispose con una tale velocità che si capì subito che era una bugia.
Mi soffermai a guardare i miei fratelli, tutti e quattro, con i volti confusi e preoccupati di chi non riusciva a capire cosa stava succedendo e quello che sarebbe successo da lì a breve. Mi voltai verso Sebastian che era distrutto. Solo una volta nella vita l’avevo visto soffrire in quel modo, ed era il giorno della morte di Charlie e Renée. Sapevo quanto lui tenesse particolarmente ai legami di sangue e sicuramente l’idea di non essere “fratelli puri”, lo stava facendo impazzire divorandolo dall’interno. E infine, lasciai per ultimi i miei genitori adottivi, i miei tutori. Marie era addolorata, piegata su sé stessa con le mani in grembo, come per farsi più piccola e sparire da quella stanza. Jonathan invece… Beh, lui, capendo di essersi perso molte cose in queste settimane, sembrava un leone pronto ad attaccare non appena avessi rivelato la verità. L’unica cosa che di certo non sapeva era che, dopo tutte le cose che mi avevano nascosto, e a intuizione potevo immaginare che fossero parecchie, anche io ero pronta e carica allo scontro.
Sgranchii la voce e, senza paura e senza vergogna, dissi ad alta voce – Mi sono innamorata di un vampiro e, il caso vuole, che uno dei suoi fratelli vampiri mi ha detto che sono sua figlia – non riuscii trattenere una risata isterica – E inizialmente credevo che fosse un modo per raggirarmi o semplicemente volevo negare l’evidenza anche dopo le prove che mi sono state fornite. Ma a vedere dal modo in cui avete reagito… - mormorai, estremamente delusa da loro – ho capito che siete voi ad avermi raggirata, da tutta la vita, e non lo avete fatto solamente con me o con Sebastian, ma anche con i vostri stessi figli – e infine, aggiunsi – Inoltre, è giusto che sappiate che gli ho raccontato tutto su di me, su di noi, considerato che mi hanno raccontato di loro e dei Licantropi -.
Gli sguardi di tutti i presenti, persino quello di Stephan, erano di stupore, sorpresa, delusione e incredulità. Ormai ero certa che quella discussione non potesse terminare pacificamente. Era come se me lo sentissi che da lì a breve ci sarebbe stato uno scontro.
- Tu... - provò a dire Jonathan incredulo, talmente fuori di sé da non riuscire a formulare una frase di senso compiuto - L'hai fatto davvero? Tu... Tu ci hai traditi? -.
- Sì – ammisi sostenendo il suo sguardo, anche se un po’ impaurita dal fatto che non avesse ancora iniziato a sbraitare - Ho tradito tutti voi, ho ignorato le regole imposte dal Conclave. Mi dispiace. Ma anche voi avete le vostre colpe e siete dei traditori nei miei confronti -.
L’unica cosa che mi dava un po’ di sicurezza era proprio quella. Conoscere parte delle mie vere origini che loro avevano palesemente, da sempre, cercato di insabbiare. Se il Conclave fosse stato a conoscenza di questa storia, sicuramente non avrei raggiunto il mese di vita. A Idris qualsiasi tipo di tradimento era condannato gravemente, quindi anche l’adulterio e il frutto che ne poteva nascere, ad esempio una figlia illegittima come me. Era il Conclave a decidere chi si doveva sposare con chi e, di conseguenza, le famiglie che si dovevano unire. Non potevamo avere libero arbitrio in merito, come in realtà non potevamo averlo su niente. E sicuramente, se avessero saputo della storia clandestina fra Renée e Emmett, sarebbero intervenuti prima ancora che qualcuno potesse prendere esempio da loro. Alla fine, è un bene che il popolo tema il suo aguzzino senza riserve, solamente così si ha il pieno controllo delle vite altrui. Se dai loro un pezzetto di pane, pretenderanno di avere una pagnotta intera. Secondo lo stesso ragionamento, dai loro un briciolo di libertà e cominceranno a desiderare di avere il diritto decisionale su qualsiasi cosa.
Jonathan scoppiò a ridere, ma senza alcuna traccia di divertimento - Hai sentito Marie? - disse voltandosi verso di lei, che lo guardava allarmata - Le dispiace e ci ha dato dei traditori, che coraggio! -.
Dopodiché, con uno scatto impressionante, si lanciò verso di me e bruscamente, racchiuse le sue enormi mani intorno al mio collo, facendomi sbattere la schiena contro il muro alle mie spalle. Sentivo le urla disperate del resto della mia famiglia, ma le mie orecchie pulsavano talmente forte in quel momento da non riuscire a distinguerne le voci. Le sue dita intorno alla mia gola erano talmente strette da impedirmi di respirare correttamente. Mi aveva praticamente sollevata da terra e l'unico appoggio che avevo era il muro dietro di me. La mia testa era inclinata innaturalmente verso il soffitto bianco, dove iniziarono a comparire delle insolite macchioline nere. Mi sentivo confusa. Non riuscivo a credere che mi stesse facendo del male intenzionalmente, lui, l'uomo che mi aveva cresciuta e addestrata. Non riuscivo a credere nemmeno alla calma dei miei pensieri. Ma in tutto ciò, ci trovavo della leggera ironia: neanche ventiquattro ore fa ero stata salvata dopo aver quasi rischiato la vita, e ora la stavo rischiando di nuovo. Se non era destino questo.
- Jonathan! Mettila giù immediatamente! Non riesce a respirare! - urlò Marie disperatamente.
Ci fu altro trambusto e quando finalmente lasciai i miei occhi chiudersi e sentii i miei pensieri diventare dei piccoli sussurri incomprensibili, capii che dovevo fare qualcosa se volevo sopravvivere, dovevo agire. Con cautela, cominciai a sfilare uno dei miei pugnali dalla fodera che avevo sul fianco e, sempre con gli occhi chiusi, alzai di scatto il braccio destro e con tutta la forza che avevo, cominciai a colpirlo, ma non con la lama, bensì con la parte bassa dell’elsa che stavo tenendo. Preso alla sprovvista e, probabilmente perché lo colpii di netto dietro al collo, cadde a terra in preda agli spasmi, liberandomi dalla sua presa ferrea. Aprii gli occhi di scatto, con la bocca completamente spalancata alla ricerca di ossigeno, mentre un attacco di tosse mi fece tremare la cassa toracica. I polmoni smisero gradualmente di formicolare. Istintivamente mi portai le dita al collo, stringendolo leggermente per sentirmi meglio. Aveva stretto così forte, da farmi più male l'assenza delle sue dita intorno alla pelle della mia gola, che tutta l'azione in sé. Quando iniziai a riprendermi, mi accorsi che tutt'intorno a me, inginocchiati, c’era la mia schiera di fratelli che mi facevano da scudo. Marie, invece, si stava assicurando che Jonathan stesse bene, aiutandolo ad alzarsi.
Con fatica, ignorando l’aiuto dei miei fratelli, mi alzai in piedi e feci qualche passo avanti per guardare meglio Jonathan. Il mio fiato era ancora affaticato e mi tremavano le gambe per lo spavento, ma ormai lo avevo affrontato e non avevo più nulla da temere.
- Osa un’altra volta mettermi le mani addosso e, te lo giuro sull’Angelo Raziel, sarà l’ultima volta che vedrai le tue mani! – lo minacciai, mentre Sebastian mi teneva per un braccio e Will per l’altro.
Jonathan non rispose, si limitò a sbuffare rabbiosamente dal naso. Senza che potessi controllarlo, una volta che Sebastian si era assicurato che stavo bene, cominciò a tremare dalla furia che provava e istintivamente estrasse la sua spada.
- HAI CAPITO?! – gridò mio fratello con tutto il fiato che aveva in corpo.
Non pensavo nemmeno che fosse umanamente possibile urlare in quel modo.
- Sebastian - lo richiamò Marie, che stava aiutando suo marito a sorreggersi, nel tentativo di calmarlo - Basta, metti giù la spada! -.
Ma non funzionò.
- CON CHE CORAGGIO HAI FATTO UNA COSA DEL GENERE?! - continuò imperterrito, senza ascoltarla, lasciandomi tra le braccia di Will, per fare qualche passo verso di lui - DOPO OGGI, HAI ANCHE IL CORAGGIO DI DEFINIRCI FIGLI TUO?! LA STAVI UCCIDENDO, STAVI UCCIDENDO LA STESSA BAMBINA A CUI RIMBOCCAVI LE COPERTE PRIMA DI ANDARE A DORMIRE! MA CHE MOSTRO SEI?! -.
Avrei tanto voluto voltarmi, andare in contro a mio fratello e abbracciarlo. Avrei voluto dirgli che sarebbe andato tutto bene e che ce la saremmo cavata comunque, perché dentro di me sapevo che in qualche modo lui ne era uscito più ferito di me da quel che era accaduto quel giorno. In fondo, lui era quello che non ci aveva mai creduto. Lui aveva sempre messo in discussione la nostra "nuova famiglia", non si era mai lasciato andare completamente alle loro coccole, ai loro doni, ai loro gesti. Era convinto che nonostante tutto, non ci saremmo mai integrati totalmente a loro. Come diceva lui, noi non eravamo quelli "indispensabili". Lui era quello terribilmente insicuro nella nostra coppia. A lui, in questo momento, era crollato il mondo addosso, avendo ricevuto su un piatto d'argento, tutte le sue paure diventate realtà. Perché in fondo, l'ho sempre saputo inconsciamente, che desiderava più di qualsiasi altra cosa essere considerato un figlio e un fratello alla pari, ma non si era mai concesso di sentirsi così per non essere ferito… eppure.
- Ha messo in pericolo tutti noi, la nostra specie! - esclamò furioso Jonathan, contrastando mio fratello con la sua altezza – Deve pagare Sebastian, ha sbagliato! Lo sai anche tu che ha sbagliato! -.
- Per arrivare a lei, prima dovrai passare sul mio cadavere! – esclamò in tutta risposta mio fratello.
Will, che era ancora al mio fianco, si intromise dicendo – Non ti permetterò di farle del male, padre! -.
- Neanche noi! – si schierarono George e Stephan.
Per l'Angelo, non vedevo l'ora che la smettessero, tutti quanti.
- Jonathan! - lo richiamò Marie, stavolta alzando la voce - Smettila, ci stai spaventando, tutti quanti! Nessuno ucciderà nessuno, nemmeno il Conclave lo farà! Gli parleremo e troveremo una soluzione! -.
Non mi importava di morire sinceramente, tanto ormai avevo perso tutto. Non avevo più nulla: la nostra famiglia si era appena distrutta, mio fratello si sarebbe reso conto del valore dello sbaglio che avevo commesso e mi avrebbe allontanata e, come se non bastasse, avevo abbandonato e ferito Edward. Quanto ero stata stupida.
Mi scostai da William per fare qualche passo avanti, ma la sua mano finì immediatamente sulla mia spalla, come per fermarmi.
- Stai bene? - chiese apprensivo, con gli occhi spalancati per l’adrenalina.
Annuii silenziosamente guardandolo negli occhi. Afferrò la mia mano e, insieme a George, mi trascinarono in un abbraccio, nel quale alla fine si aggiunse anche Ste. Pure Marie cambiò posizione, avvicinandosi di più e con cautela a suo marito e a suo figlio adottivo.
- Abbassa la spada, Sebastian - sussurrò guardandolo gentilmente, prima di posare un dito sul lato liscio della lama per spingerla verso il basso - Forza - lo incoraggiò di nuovo.
Sebastian obbedì, e tutti tirammo un lungo sospiro di sollievo. Poi Marie si voltò completamente nella direzione di Jonathan. Non l'avevo mai vista così arrabbiata e la sua calma apparente la rendeva ancora più terrificante.
- Si può sapere che cosa ti è preso? - chiese, cercando di mantenere il tono tranquillo che usava solitamente, anche se a causa di ciò che provava realmente, le tremava la voce - Ti sembra il modo di reagire? Ti sembra il modo di trattare tua figlia? Ti rendi conto di ciò che hai fatto? -.
- Lei non è mia figlia - ringhiò, facendomi rendere conto chi avevo davvero davanti – Oggi ho finalmente capito che è la degna figlia bastarda di suo padre! -.
Rimasi in silenzio perché non volevo dargli la soddisfazione di avermi ferita, ma quelle parole facevano male davvero. Ma non mossi assolutamente ciglio. Lui aveva rivalutato me? Bene, anche io avevo rivalutato loro e non in positivo.
- Non trovi che sia buffo? - continuò improvvisamente, l'uomo che mi aveva cresciuta - Avevamo deciso di non dire a Stephan e Isabella, il giorno della riunione del Conclave prima di partire, cosa sarebbe successo se un Cacciatore non avesse rispettato i patti. Che cosa avevamo detto? Ah sì, che era inutile, perché tanto tutti i nostri figli avrebbero rispettato le nuove leggi, che sarebbe stato meschino spaventarli inutilmente - fece una lunga pausa, spostando il suo sguardo gelido su di me - E guarda che cos'è successo, Marie. Guarda. Soltanto Stephan e Sebastian hanno rispettato a pieno le raccomandazioni - poi si rivolse unicamente a me - Vuoi sapere che cosa succede a chi non rispetta gli ordini, Isabella? -.
Deglutii a fatica, immaginando già che cosa stesse per dire. Non ci voleva sicuramente un genio per capirlo.
- Viene interrogato, torturato e, se dovesse sopravvivere alle torture, giustiziato davanti al popolo - disse seriamente, senza un briciolo di pietà nello sguardo - E sai perché? Perché sono convinti che usare lo stesso metodo che usano i Volturi, per mantenere sotto controllo la situazione, per evitare che i vampiri parlino troppo agli umani o si facciano scoprire, possa aiutare a tenere nascosta la razza. Tu, in questo momento, sei una nemica del Conclave, Isabella. Hai rivelato la nostra esistenza a dei Nascosti -.
Marie, che a quanto pare non ce la faceva più a starlo a sentire, uscì di corsa dalla stanza con le lacrime che le cadevano dagli occhi e i singhiozzi che le uscivano ritmicamente dalla bocca. Nonostante fossi molto arrabbiata anche con lei, mi si spezzava il cuore vederla così. Avrei voluto abbracciarla, stretta a me, per non farla soffrire così tanto, ma non ne sarei stata in grado. Stavo ancora cercando di smaltire il gesto e le parole di Jonathan. I miei fratelli, intorno a me, sembravano appena tornati da una ricognizione a sentire i loro respiri accelerati.
- Prima di essere il tuo tutore, io sono un Cacciatore, Isabella – sottolineò incrociando le braccia al petto con fare risoluto - E questo discorso non vale solo per te o per Sebastian, ma anche per i miei figli biologici. Prima di essere vostro padre, sono un Guerriero, che lotta per avere giustizia. Se l'avesse fatto Stephan, avrei reagito allo stesso modo - continuò, passandosi una mano sul viso, deluso, davvero deluso – Mi dispiace di aver perso il controllo -.
Non sapevo se credere ancora a quelle parole, dopo che mi aveva quasi strozzata e aver ammesso di volermi uccidere, o che mi avrebbe lasciata morire per mano del Conclave. Lui era davvero d'accordo all'idea che morissi? In quell'istante ringraziai la mia intelligenza per aver tenuto fuori dalla mia versione Stephan. Non volevo che anche lui finisse nei guai, non volevo che rischiasse di morire o di finire in prigione. Lui non aveva rivelato niente della sua vera natura ai Cullen, avevo fatto tutto io. Quindi, se lui non avesse mandato a quel paese tutto il mio piano dicendo la sua versione dei fatti, sarebbe rimasto al sicuro. Per quanto potesse essere al sicuro uno Shadowhunters.
- E proprio per questo, ti darò tre giorni per scappare prima di avvisare il Conclave. Avrai tre giorni di vantaggio per trovarti un posto sicuro prima che ti trovino loro. Questa è l'unica concessione che posso farti in questo momento. Vattene, e non tornare mai più -.
Come per farmi coraggio, cercai con le dita la pietra blu zaffiro che portavo sempre al collo. Toccarla mi faceva tranquillizzare e ragionare meglio. Eppure tastando la pelle, non la trovai. Probabilmente l’avevo persa la sera precedente durante lo scontro con i licantropi. Quella collana era l’unica cosa che mi faceva sentire ancora parte di una famiglia, e adesso non avevo più nemmeno quella. Da quel giorno, sarei stata ufficialmente figlia di nessuno.
 
 
 
 
 
Grazie per aver letto il capitolo :-)
Se vi fa piacere, lasciate una stellina e un commento.
Besos :-*
Zikiki98
Instagram: _.sunnyellow._
 

Mi scuso per il ritardo, ma dato che alla sfiga piaccio particolarmente, sono a casa con il covid e non sono stata molto bene. Perciò sono riuscita a prendere in mano il computer per scrivere solamente oggi. Spero mi perdoniate, buonanotte.

 
  
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