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Autore: Mercurionos    08/08/2022    0 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 30 – Episode of Mirk, Parte 2 – Anno 2, ??? Vendemmiaio/Brumaio
 
I contadinotti rinnovarono la minaccia, con mani tremanti e pistole puntate: “Non è affar tuo! – gridò quello più grande – Vattene da qui e non tornare!”
“E se vi dessi una mano?” propose Mirk.
“Non vogliamo l’aiuto di un imperiale! Tu non ci saresti di aiuto in nessun caso, quindi vattene!”
Mirk si guardò intorno, finché non vide un bel macigno, un masso largo qualche metro, lontano sulle pendici del monte. Alzò una mano, poi ci fu un lampo vermiglio, un boato sordo, e il masso scomparve in mezzo ad un nuvolone di polvere. I quattro ragazzini lasciarono cadere in terra le armi, con le bocche semichiuse in una smorfia di terrore confuso.
“Immagino che questo possa essere d’aiuto, eh?” Si pavoneggiò la ragazza, arricciando le labbra.
 
Quegli altri non reagirono. Si scambiarono qualche sguardo perplesso, un paio di cenni del capo, singoli battiti di palpebra. Poi il loro giovane capo rinfoderò l’arma, e parlò schietto a Mirk: “Come ti chiami?”
“Mirk” rispose lei tranquilla, abbozzando un gentile sorriso.
“Vedremo.”
L’accenno di ottimismo svanì dal volto della ragazza. Inarcò tediata un sopracciglio.
“Sai dov’è Yiro?” continuò il giovane.
Lei stortò la testa.
“È un paese a sud-ovest di qui. Domani al tramonto vai nella chiesa in centro, e aspetta.”
“Aspetto cosa?”
“Ti veniamo a cercare noi. Se non sei una spia dell’Impero.”
“Non lo sono.” Quell’accusa in particolare non le piacque.
“Questo non lo decidi tu. Se vuoi davvero darci una mano, vai nella chiesa e aspetta. E adesso lasciaci andare.”
“Non ho intenzione di trattenervi.”
“E non ci seguire.”
“Ma chi vi vuole seguire!?” I metodi del ragazzino stavano seriamente cominciando a infastidirla, ma il gruppetto si riunì e in silenzio s’incamminò verso il fondo della valle ormai abbandonato dalla luce del sole. Il giorno calò rapido oltre la cresta dei monti, e Mirk si ritrovò in fretta da sola, al buio, e venne il freddo.
 
Mirk spezzò le catene con cui era stata legata la sfera d’assalto. Gli anelli di metallo, larghi quanto le sue braccia, tra le sue mani si piegarono come burro e si spezzarono come rami secchi. Mirk prese nuovamente in mano il telecomando della capsula: un altro clic, e lo sportellone si aprì di scatto. Lei saltò all’interno, piombando sul sedile che mai le era sembrato tanto comodo e accogliente, e richiuse il portello. L’oscurità presto investì la piccola astronave, e ogni colore svanì dall’oblò rosato.
La ragazza si raggomitolò sul seggio di finta pelle, avvolgendosi nei propri capelli, sporchi e pieni di polvere, che ormai stavano perdendo il colore della tinta. Strinse a sé una grossa ciocca, riempiendo i polmoni di quell’odore acre ma inaspettatamente piacevole, e ancora riusciva a distinguere il profumo del mare da quello dei campi, gli aromi del mercato da quelle dell’erba di montagna. Ciondolò qualche minuto sul sedile, poi, finalmente, si abbandonò al sonno.
 
Sentì un tremore. No, sto dormendo, me lo sarò immaginato. Il tremore tornò all’assalto, molto più forte di prima, accompagnato da un tonfo. Mirk si svegliò, aprì gli occhi, e gridò come una forsennata. Due bulbi oculari la squadravano da oltre la finestrella, due pupille oblunghe e dall’intelletto primitivo. La ragazza ripiegò i capelli disordinati dietro la testa, e piano aprì lo sportello della navetta; subito un refolo gelido la investì, portando con sé un odore di campagna non tanto gradevole. Gli occhi, che ancora la fissavano, la salutarono con un belato: “Beeh.”
“Oh, ehi, ciao bella.”
“Beeh.”
“Non è che ti sposti?” L’animale si era piazzato proprio davanti alla porta della capsula.
“Beeh.”
“LEVATI DALLE SCATOLE!”
“Beeh.”
Questa volta, la risposta di Mirk non venne dalle sue labbra, ma dal suo stomaco: si udì un brontolio disordinato e gorgogliante. La pecorella (Mirk l’avrebbe chiamata così, noi probabilmente avremmo detto qualcosa di più simile a ‘coccodrillo’) tacque atterrita, ma non fu il borbottio intestinale della ragazza a spaventarla, bensì il suo ghigno affamato e la lingua che golosa le accarezzava le labbra.
 
Vi risparmio i dettagli dal dubbio gusto e dall’indubbia classificazione PEGI (o forse PETA), ma sappiate che, tredici minuti più tardi, Mirk esclamò: “Era da un sacco che non mangiavo le costine.”
Satolla, la brench abbandonò il tiepido fuocherello che aveva predisposto, prese in braccio la sfera d’assalto e spiccò il volo verso la più vicina cima di montagna: non appena trovò un’alcova nella roccia, vi posò la capsula. Così in alto, difficilmente qualche altro marmocchio avrebbe tentato di sequestrarla.
 
Voltò lo sguardo a sud-ovest, verso le colline e la più lontana pianura rinsecchita. Se, come le era parso, i ragazzini della sera precedente non avevano utilizzato un mezzo, la cittadina di Yiro non avrebbe dovuto essere troppo distante. Si librò in volo, dritta verso l’alto, fin quando non poté chiaramente distinguere la curvatura del pianeta. Tutte quelle montagne erano uguali l’una all’altra, ritmicamente divise da vallate e gole scarsamente verdeggianti; le colline, più a occidente, per prime mostravano segni di civilizzazione: qualche casupola, pochi terreni recintati, mandrie al pascolo. Mirk diede un’ultima occhiata alla sfera d’assalto, al sicuro in una fossetta nella pietra, poi schizzò verso ovest. Superate le colline, scese a terra, cadendo silenziosa nella periferia di una cittadina.
 
I contadini che incontrò non la salutarono, nemmeno la degnarono di uno sguardo. Uomini e donne anziani e segnati dal tempo, che di certo avevano vissuto annate migliori. Mirk si guardò intorno, in cerca di un volto più giovane, ma non vide nessuno con gli occhi vispi, o le cui guance non erano attraversate dalle rughe.
Entrò nella città e subito fu circondata dalle bancarelle della via principale, ma, al suo passaggio, il chiacchiericcio degli acquirenti sembrava affievolirsi. Qualche signora si lasciò sfuggire un’occhiata di troppo, verso il basso: la tuta dell’esercito. Sebbene avesse abbandonato il corpetto bianco-oro dell’accademia, rivendendolo ad un rigattiere della capitale, Mirk non si era ancora liberata dell’undersuit e dei guanti bianchi in dotazione alla milizia imperiale. E gli abitanti di Carioph impiegavano decisamente troppo poco tempo ad accorgersene.
 
Arruffò i capelli, tentando di nascondere almeno il tronco nella chioma rossastra, e si infilò dietro i barroccini e i banconi, strisciando lungo la parete degli edifici. Se davvero voleva presentarsi all’incontro, quella sera, avrebbe dovuto cercare un corredo più adatto a quei luoghi poco formali. Il caldo torrido delle lande di Carioph richiedeva un vestiario ancor più leggero della sola tuta dell’esercito: uomini e donne indossavano lo stretto necessario a proteggersi dal sole di mezzogiorno, ma non un lembo di stoffa in più, e talvolta ancor meno per godere dei rari soffi del vento settentrionale. In effetti, pensò Mirk, la tuta mi sta facendo sudare parecchio. Cercò qua e là per la strada un negozio di vestiti e, ben presto, riuscì a piombare dentro ad uno.
 
Era un locale fresco e buio, dall’aspetto quasi abbandonato, con le pareti d’intonaco crepato. Due occhi dietro un bancone si accorsero della sua presenza, ma non la salutarono. Mirk insistette con la tattica della strisciata lungo i muri ed esaminò in fretta gli scarni scaffali della bottega: una mezza maglietta color terra, qualcosa di leggero simile a ciò che indossavano le altre donne; dei pantaloni resistenti, abbastanza aderenti da non intralciare i movimenti; per le scarpe… non aveva molta scelta, prese al volo un paio di poulaine di tela e pelle che parevano della sua taglia, del gettonatissimo modello “Toriyama non sa che scarpe metterti”. Poggiò il malloppo sul banco in fondo al locale, davanti a quei due occhi che ancora la fissavano. L’anziana dall’altro lato del bancone non si scompose per nulla.
 
“Quanto fa?” Chiese Mirk mentre infilava una mano nella tasca dei pantaloni.
“Dipende.” Rispose la vecchia.
“Dipende?” Oh oh.
“Quella lì… me la dai?” Indicò il petto della ragazza.
“Eh? La maglietta?”
“E i pantaloni. È difficile da ottenere, quel tessuto.”
Mirk ci pensò per qualche istante, poi propose: “La mia tuta per questi vestiti?”
La donna annuì.
“…Va bene.” Dopotutto, non ne avrebbe più avuto bisogno.
 
Mirk si guardò intorno, titubante, ma non trovò ciò che stava cercando. Si voltò di nuovo verso l’anziana venditrice: “Un posto per cambiarsi?”
“Non c’è.” Disse arricciando gli angoli della bocca.
Mirk si guardò nuovamente intorno. Non c’era nessuno. Come un fulmine, levò i vestiti, li lanciò addosso alla signora, poi afferrò il suo nuovo vestiario. In quattro e quattr’otto fu vestita. Per fortuna sono della misura giusta, e sono pure comodi.
 
Fece per andarsene dal negozio, ma la donna dietro la cassa la chiamò: “Ehi!”
Mirk si voltò. Ancora una volta, quell’altra indicava il petto della ragazza.
“Anche quella lì… Me la vendi?”
Mirk abbassò lo sguardo: “Che? La fascia?”
“È roba dell’esercito? Ti do un bel reggiseno di lino, in cambio.”
“No, mi è scomodo.”
“Anche le mutande? Ne ho alcune carine, qui. Belle comode.” Il sorriso non svanì dal volto della donnetta, mentre il suo indice scivolò in direzione dei fianchi della ragazza.
Mirk rispose con una smorfia di disgusto a occhi socchiusi. Si voltò, e a grandi passi fuggì da quel tetro negozio.
 
Grazie per aver letto anche questo capitolo. Non perdetevi assolutamente la prossima parte!
   
 
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