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Autore: Soul Mancini    12/08/2022    2 recensioni
Cambiare scuola quell’anno aveva fatto scattare qualcosa in lei. Quando aveva appreso che sarebbe entrata a far parte di un ambiente nuovo, in cui non conosceva nessuno e nessuno la conosceva, si era per la prima volta soffermata a pensare a tutti coloro che criticavano il suo carattere ostile e poco aperto. [...]
Ma Jia, per cambiare, non sapeva nemmeno da che parte cominciare.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ice'
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Time after time I lose again
 
 
 
 
Il bus gremito di passeggeri frenò bruscamente e Jia rafforzò la stretta sul palo giallo vivido per evitare di perdere l’equilibrio. Le porte del mezzo si spalancarono e una nuova orda di sconosciuti si riversò nello spazio già angusto; la ragazzina fu costretta a schiacciarsi maggiormente contro uno dei sedili occupati, stringendo forte a sé lo zaino che custodiva i suoi adorati pattini. Aveva il terrore che, venendo sballottati da una parte all’altra, potessero in qualche modo rovinarsi.
Non posava lo sguardo sul volto di nessuno dei suoi compagni di viaggio, lo perdeva unicamente fuori dal finestrino per due principali motivi: non voleva rischiare di scendere alla fermata sbagliata e aveva paura che gli altri notassero il leggero rossore dei suoi occhi.
Si sentiva spossata, svuotata completamente. Nella sua testa in quel momento si susseguivano solo figure e coreografie da eseguire in bilico sui pattini, intervallate da un senso di fallimento che conosceva fin troppo bene nonostante i suoi tredici anni appena compiuti.
Ogni volta che decideva di cambiare, ogni volta che provava a partire con le migliori intenzioni, finiva per fallire, sbagliare qualcosa e non riuscire.
Cambiare scuola quell’anno aveva fatto scattare qualcosa in lei. Quando aveva appreso che sarebbe entrata a far parte di un ambiente nuovo, in cui non conosceva nessuno e nessuno la conosceva, si era per la prima volta soffermata a pensare a tutti coloro che criticavano il suo carattere ostile e poco aperto. Dovresti essere un po’ più gentile e carina per piacere agli altri, le era stato detto per anni da maestre, compagni di classe e ragazzini del gruppo di pattinaggio. Lei ci era sempre passata sopra, troppo immatura per capire che forse parte della responsabilità era sua – in quale altro modo si sarebbe dovuta comportare se le era stato insegnato solo quello? Erano gli altri a essere sbagliati, non lei.
Ma forse se lei fosse cambiata, anche solo di un pochino, le cose sarebbero andate meglio. Se avesse abbandonato quell’atteggiamento sempre critico verso gli altri, se il suo solito broncio qualche volta avesse ceduto il posto a un sorriso, le cose sarebbero davvero andate meglio.
Si era sempre sentita così sola, rinchiusa nel suo mondo privo di affetto e calore costituito da una casa troppo grande e poco vissuta, in cui l’unico modo per avere attenzioni era eccellere e ogni espressione di emozioni pareva vietata. Forse non si era mai nemmeno resa conto di quanto questa solitudine fosse pesante e l’avesse segnata.
Un cambiamento, ecco cosa ci voleva.
Ma Jia, per cambiare, non sapeva nemmeno da che parte cominciare.
Il primo giorno di scuola era stato un inferno: ai suoi compagni bastava uno scambio di sguardi per instaurare una prima complicità e cominciare a chiacchierare, mentre lei si sentiva così imbarazzata che non riusciva nemmeno a sostenere le loro occhiate. Non sapeva proprio come comportarsi, cosa dire e come farlo, come cominciare una conversazione. Non le piaceva nessuno, sentiva di non avere nulla in comune con loro, li vedeva come degli avversari – la gara stava nel dimostrare di essere bravi a farsi degli amici, ma era una competizione che Jia aveva già perso in partenza.
Così aggraziata e disinvolta quando danzava sui pattini, così rigida e impacciata quando doveva rivolgere la parola ai suoi vicini di banco, fosse anche solo per chiedere una penna in prestito.
I bronci non lasciarono mai posto ai sorrisi.
La sua corazza di prepotenza e superbia venne nuovamente a galla, più forte di prima. Jia sentiva di doversi in qualche modo difendere da loro, che erano tanti e tutti alleati, mentre lei era da sola ed era quella diversa, che non piaceva a nessuno. Doveva dimostrare di essere brava almeno in qualcosa – in matematica, nel pattinaggio, a maltrattare i suoi coetanei, qualsiasi cosa sarebbe andata bene.
Più loro si allontanavano, più lei li chiudeva fuori dal suo mondo.
Più lei li chiudeva fuori dal suo mondo, più loro l’allontanavano.
E, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ogni giorno il suo cuore andava in frantumi insieme alle sue speranze iniziali di cambiare, essere una Jia migliore.
Alla fine era di nuovo sola. Alla fine nemmeno la buona volontà che ci aveva messo era stata abbastanza.
Ogni giorno apriva gli occhi e veniva assalita da un senso di delusione, pesantezza, fallimento. La storia si ripeteva: prima respinta dai suoi genitori troppo presi dal loro lavoro, ora respinta dai compagni di classe.
Ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso era arrivata quel pomeriggio, quando si era sentita per la prima volta tagliata fuori ufficialmente. Aveva scoperto quasi per caso, sui social, che alcuni ragazzi del suo stesso anno stavano organizzando una festa e avevano invitato tutti.
Tutti tranne lei.
Jia non era affatto una tipa da feste e probabilmente, anche se l’avessero invitata, avrebbe declinato e trascorso la sua serata al palaghiaccio. Ma quella notizia l’aveva colpita in una maniera inaspettata, come se il terreno avesse ceduto sotto i suoi piedi.
Non me ne importa niente, al diavolo loro e la loro festicciola da idioti, si era detta con rabbia, ma qualche dopo si era ritrovata a piangere senza controllo con il viso affondato nel cuscino e gli auricolari alle orecchie. Nemmeno la musica metal al massimo del volume riusciva a coprire i suoi pensieri, che gridavano sempre più forte di tutto e tutti; e se da una parte la sua mente continuava a ripetere che non gliene fregava niente, il cuore si domandava disperatamente cosa avesse fatto per meritare un trattamento simile. Certo, sapeva di essere diversa, sapeva anche di non essere stata poi tanto carina con i suoi compagni, ma non era riuscita a trovare altre alternative. Ci aveva provato, ma non era servito a niente.
E quell’invito mancato era l’inequivocabile e ufficiale conferma del suo fallimento. Aveva perso. Non ce l’aveva fatta. Forse per lei non ci sarebbe mai stata speranza.
Era tanto tempo che non piangeva come quel pomeriggio. Le lacrime di Jia erano sempre silenziose, piene di vergogna come ladre colte sul fatto, segrete; a nessuno importavano, i suoi genitori erano sempre assenti, e in ogni caso non sarebbero mai andati a bussare alla porta della sua cameretta per sapere come stava.
Tanto lei avrebbe risposto bene a prescindere, così le avevano insegnato. Tanto le sue lacrime non gliele avrebbe fatte vedere; non le avrebbe mostrate a nessuno. Erano qualcosa di cui lei stessa si vergognava, che detestava perché la facevano sentire debole.
E mentre stava sdraiata sul letto, con quelle goccioline amare che le scorrevano sulle guance e le piovevano sui capelli e bagnavano il cuscino, si lasciava trasportare dalla musica… e improvvisamente ecco che una coreografia si andava a formare nella sua mente, immagini di trottole, flip e axel perfettamente collocati all’interno del brano che le inondava le orecchie. Il suo corpo avrebbe saputo esattamente come muoversi, in quale istante darsi lo slancio, quale centimetro della pista coprire.
In quel momento Jia aveva ricominciato a respirare, si era appigliata a quei pensieri e a quelle immagini che parevano tenderle la mano, volerla aiutare a riemergere da quell’oceano di disperazione che la stava inghiottendo.
Il pattinaggio non risolveva i suoi problemi, ma era l’unico aspetto della sua vita in cui non sentiva di fallire ogni giorno. Le capitavano delle giornate storte, si innervosiva, se la prendeva con se stessa, ma provava e riprovava finché non riusciva, giorno dopo giorno, e alla fine la battaglia con se stessa la vinceva.
Sui pattini non falliva.
Sui pattini si sentiva brava.
Sui pattini sentiva finalmente di valere qualcosa.
Aveva riposto i suoi auricolari in una tasca della borsa ed era sgattaiolata fuori casa senza che nessuno se ne accorgesse.
Era scappata di casa.
Aveva ben chiara in mente la sua meta, ma non voleva farlo sapere a nessuno. In genere era sua madre o l’autista della famiglia ad accompagnarla, ma i suoi genitori – soprattutto suo padre – non avrebbe apprezzato di saperla al palaghiaccio in un giorno in cui di solito non aveva lezione. Nel suo ideale, Jia doveva stare a casa a studiare per prendere buoni voti.
Conosceva la strada, la vedeva scorrere fuori dal finestrino da anni, non sarebbe stato difficile.
Aveva cercato un autobus che andasse nella giusta direzione e, con le mani che tremavano appena, aveva atteso alla fermata. Erano circa le sei del pomeriggio, faceva fresco e il sole era appena calato, lei stava prendendo i mezzi per la prima volta ed era da sola, al buio, senza biglietto.
Non riusciva nemmeno a sentirsi impaurita per quella situazione, il pianto l’aveva stremata e ora la sua mente era in grado di concentrarsi solo sul suo obiettivo.
Pensava ai suoi compagni che prendevano il pullman per tornare a casa da scuola e percorrevano la stessa strada, ma lei non si era mai potuta unire a loro perché c’era sempre qualcuno che veniva a prenderla in auto.
Pensava ai suoi occhi che forse erano ancora rossi e lei non lo poteva accettare; era uscita nuovamente allo scoperto, si era immersa nel mondo e quindi era tornata la Jia di sempre, quella imperscrutabile e fredda, che apparentemente non provava nessuna emozione.
Pensava a quanto la sua famiglia benestante l’avesse limitata in quegli anni, tolto esperienze che alla sua età i suoi coetanei facevano, imposto rigide regole sull’organizzazione della sua giornata.
Quando il bus arrivò, lei vi salì senza voltarsi indietro. Non sapeva assolutamente come muoversi da sola per la città, eppure quella libertà le metteva addosso un senso di soddisfazione ed euforia incredibili.
Aveva controllato su internet il nome della fermata a cui sarebbe dovuta scendere, così quando lo lesse sullo schermo luminoso si allungò per prenotarla. Ce la stava facendo.
Il mezzo si fermò, le porte si spalancarono e sulla banchina comparve la figura di una ragazzina slanciata, così esile che sembrava sul punto di spezzarsi eppure dal passo deciso e fermo; lunghi capelli lisci piovevano attorno al suo volto dai tratti orientali e l’espressione corrucciata, sulle spalle portava uno zaino che racchiudeva gli unici oggetti di cui aveva bisogno per continuare a vivere – i pattini.
Tutto in lei gridava: che mi vogliate o no, io sono ancora qui.


 
“È il tuo giorno libero.” Celia spostava il suo sguardo perplesso dalla figura di Jia al gruppo di bambini che scivolavano sul ghiaccio – in quella fascia oraria solitamente faceva lezione agli allievi dagli otto ai dieci anni.
“No” ribatté Jia in tono piatto, estraendo i pattini dalla borsa.
“Sì invece. Il mercoledì non hai allenamento, abbiamo concordato così. Abbiamo deciso che i giorni di pausa…”
“Non mi servono dei giorni di pausa” la interruppe la ragazzina con una fermezza quasi inquietante.
Era tornata a essere lei, la solita Jia, quella che faceva tutto di testa sua.
“Tua madre sa che sei qui?” Senza prestare troppa attenzione alla risposta, Celia si voltò verso i ragazzini della lezione serale e si portò le mani sui fianchi. “Tommy, lascia stare Mariam! Te l’ho già detto una volta: se continui a comportarti così non ti iscriverò al torneo junior del prossimo mese, e non è una minaccia a vuoto!” gridò rivolta a due bambini che si accapigliavano a bordo pista.
“No, non lo sa” borbottò Jia, sperando che nel baccano generale le sue parole si perdessero.
“Come sarebbe a dire che non lo sa?! E come sei arrivata fin qui?” sbottò invece l’allenatrice, sgranando gli occhi e incanalando nuovamente tutta la sua attenzione su Jia.
Lei si strinse nelle spalle. “Prendo un pezzetto di pista. Non disturberò la lezione, non invaderò i vostri spazi” cambiò argomento.
“Non hai risposto alla mia domanda!”
Ma, già con i pattini ai piedi, Jia le aveva dato le spalle e si stava rivolgendo verso l’angolo opposto del palaghiaccio. Fece appena in tempo a sentire la sua allenatrice che borbottava: “Farà prendere un infarto sia a me che ai suoi genitori prima o poi”, prima di infilare gli auricolari bluetooth e mettere in play la sua musica.
Le coreografie, le trottole, le figure e i salti erano sempre lì, nella sua mente; la differenza era che ora il suo corpo le poteva assecondare, creare, modellare.
Pattinò senza fare caso ai tecnicismi, lo fece col cuore e con tutta la rabbia che aveva dentro. Quel giorno si sentiva distrutta, a pezzi, e si sarebbe sfogata sulla pista finché non l’avessero portata via con la forza e chiusa fuori dal palaghiaccio.
Alla fine della giornata sarebbe stata sempre sola e sempre triste. Alla fine della giornata i suoi compagni avrebbero continuato a progettare la festa senza invitarla, a fine giornata non avrebbe comunque saputo cosa fare per piacere agli altri.
Ma a fine giornata avrebbe potuto dire a se stessa di non essere una fallita, di saper fare qualcosa.
 
 
 
 
♠ ♠ ♠
 
 
Ho scritto questa storia circa due mesi fa, buttando fuori tutta la mia anima. Non è funzionale alla trama della serie e forse nemmeno il modo migliore di ripresentarsi su EFP dopo mesi, ma scriverla è stato davvero terapeutico e in quel momento avevo bisogno di vivere la scrittura in questo modo – tutt’ora è lo stesso.
Mi scuso per questo flusso di introspezione senza capo né coda e senza nemmeno una vera trama ^^
Non c’è tanto da spiegare, soprattutto per chi già conosce la serie. Unico appunto: il titolo è un verso della canzone “Night After Night” dei The Rasmus, su cui non ho potuto far pattinare Jia in questa specifica storia perché è stata pubblicata dopo rispetto a questo episodio della storyline, ma è saltata fuori su una radio di Spotify mentre scrivevo e mi ha colpita tantissimo! Vi lascio il link nel caso la vogliate ascoltare:
Night After Night (Out of the Shadows)
Non sarebbe stupendo se Jia ci pattinasse sopra? *_______*
Grazie ai coraggiosi che sono ancora qui a seguire le mie serie e i miei deliri, nonostante le mie imbarazzanti assenze dal sito e dalla scrittura in generale… spero di riuscire a tornare con più costanza prossimamente! :)
Alla prossima! ♥
 
 
   
 
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