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Autore: starlight1205    15/08/2022    6 recensioni
Edimburgo, 1996
Diana Harvey è una normale ragazza che vive con la zia e lavora nel negozio di antiquariato di famiglia. Una serie di circostanze e di sfortunati eventi la porteranno a confrontarsi con il mondo magico, con il proprio passato e con un misterioso oggetto.
Fred Weasley ha lasciato Hogwarts e, oltre a dedicarsi al proprio negozio Tiri Vispi Weasley insieme al gemello George, si impegna ad aiutare l'Ordine della Fenice nelle proprie missioni.
Sarà proprio una missione nella capitale scozzese a far si che la sua strada incroci quella di una ragazza babbana decisamente divertente da infastidire.
[La storia è parallela agli eventi del sesto e settimo libro della saga di HP]
- Dal Capitolo 4 -
"Diana aveva gli occhi verdi spalancati e teneva tra le dita la tazza di tè ancora piena.Non riusciva a credere a una parola di quello che aveva detto quel pazzo con un'aria da ubriacone, ma zia Karen la guardava seria e incoraggiante. Il ragazzo dai capelli rossi nascondeva il suo ghigno dietro la tazza di ceramica, ma sembrava spassarsela un mondo. Diana gli avrebbe volentieri rovesciato l'intera teiera sulla testa per fargli sparire dal viso quell'aria da sbruffone."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Fred Weasley, George Weasley, Mundungus Fletcher, Nuovo personaggio | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Il cielo era grigio, opprimente e cosparso di nuvole scure e grevi di pioggia, tra le quali filtravano pallidi raggi di sole; in lontananza, oltre le colline ricoperte di erba secca, si scorgevano bagliori temporaleschi. Il vento soffiava forte portando già con sè un pungente odore terroso, sospingendo le nubi dense di umidità, eppure Lord Voldemort si sentiva bene. Quel clima che preannunciava una tempesta era sempre stato quello che prediligeva. Lo faceva sentire potente e il sentirsi potente era tutto ciò che da sempre aveva cercato.

Non ricordava da quanto tempo fosse affacciato alla terrazza del Malfoy Manor perso nei suoi pensieri di gloria, quando lo sentì. Un dolore sordo all’altezza del petto che gli lasciò sfuggire un gemito. Una fitta che svanì in fretta lasciando dietro di se un leggero bruciore che lo obbligò a portarsi una mano all’altezza del cuore, quasi a sincerarsi che il suo corpo fosse ancora tutto intero. 

- Mio signore, stai bene? - chiese Bellatrix Lestrange preoccupata muovendo un passo verso la terrazza per cercare di vedere il suo volto
- Sto bene, Bellatrix - rispose seccamente Lord Voldemort allungando un braccio verso di lei per evitare che si avvicinasse ulteriormente

Bellatrix si bloccò all’istante con lo sguardo fisso sul pavimento. Rispettosa nei confronti del suo signore, come era sempre stata.

- Chiedo perdono, mio signore - rispose con tono flebile e quasi infantile, mentre continuava a fissarsi la punta dei logori stivali neri.
- Puoi andare - la congedò Voldemort e guardando gli altri Mangiamorte presenti nella sala aggiunse - potete andare, tutti!

Si sentì uno tramestio, uno spostamento di sedie e degli obbedienti passi che portarono i presenti altrove. Voldemort, noncurante, era già tornato a fissare la nebbia pesante che avvolgeva la campagna scozzese pensieroso. Che cos’era quella fitta? Non ne aveva mai provate prima a sua memoria. Un flebile dubbio gli si insinuò nella mente. Non poteva essere. Nessuno sapeva. Per sicurezza doveva controllare. Bellatrix pendeva dalle sue labbra e non avrebbe esitato un secondo a fare ciò che le sarebbe stato ordinato. Non poteva perdere proprio ora che la vittoria era così vicina.

- Bellatrix... - la donna si era attardata ed era rimasta l’ultima Mangiamorte che stava ancora attraversando la grande sala da pranzo che l’avrebbe condotta al corridoio quando Lord Voldemort la richiamò. Si voltò di scatto, ebbra di gioia al pensiero che il suo signore avesse ancora bisogno di lei - ripensandoci, ho bisogno che tu faccia una cosa per me.
- Ma certo, mio signore, qualunque cosa - acconsentì servile.
- La coppa d’oro e rubini si trova ancora nella camera blindata dei Lestrange, vero? - chiese conferma lentamente Voldemort.

Bellatrix sgranò gli occhi. Fortunatamente era ancora a capo chino e il Signore Oscuro non parve accorgersi della sua reazione.

Voldemort fissò i capelli corvini della donna davanti a se e ordinò con tono duro, in attesa di una risposta affermativa : - Ebbene?

Solo allora Bellatrix alzò lentamente il capo per portare il suo sguardo ad intrecciarsi con quello del suo signore. Quello sguardo le provocò il solito miscuglio di emozioni: timore e venerazione. Lord Voldemort la stava osservando ancora in attesa di una risposta. Se ancora avesse avuto le sopracciglia, sicuramente sarebbero state aggrottate in un’espressione di sorpresa.

- Ricordo bene la coppa di cui parli - iniziò Bellatrix con tono incerto - ma purtroppo non credo sia più in possesso della famiglia Lestrange.

Lo sguardo del Signore Oscuro avrebbe potuto lanciare fiamme d’odio in quel momento e Bellatrix ne rimase totalmente ipnotizzata. Non si rese nemmeno conto che con un colpo di bacchetta Voldemort l’aveva scagliata dall’altra parte della sala fino a che la sua schiena non  sbatté violentemente contro la parete opposta e rimase sospesa ad almeno due metri da terra. In un batter d’occhio il viso del Signore Oscuro fu a pochi centimetri dal suo. La punta della bacchetta di legno di tasso le premeva sulla giugulare impedendole di respirare agevolmente.

- Che cosa hai detto? - ruggì Lord Voldemort mentre si avvicinava sempre più al suo viso.
- Rr...Rodolphus- balbettò Bellatrix impaurita non perché avesse paura che il suo signore le potesse fare del male, ma perché non voleva deluderlo. 

Voldemort si allontanò di scatto, con espressione di disgusto e lasciò cadere il corpo di Bellatrix che atterrò agilmente solo grazie a un incantesimo.

- Rodolphus cosa? In ogni cosa che non va per il verso giusto c’è sempre di mezzo quell’idiota di tuo marito- ruggì Voldemort furente mentre con impeto di rabbia faceva esplodere la credenza contenente l’argenteria di casa Malfoy. Bellatrix non poté fare a meno di immaginare l’espressione di suo cognato Lucius alla vista dei suoi bei piatti d’argento ridotti a pezzi sul pavimento. La frase del suo signore le diede coraggio e avanzò verso di lui.
- Si Rodolphus è un idiota - concordò con lui. Solitamente non avrebbe tentato di difenderlo. Non aveva mai provato il minimo trasporto verso quell’uomo che la sua famiglia le aveva fatto sposare per mantenere in vita la purezza di sangue della nobile casata dei Black - ma dopo i quindici anni che abbiamo passato dentro e fuori da Azkaban, la maggior parte dei beni della famiglia erano stati confiscati ed è stato costretto a vendere quasi tutto quello che ci era rimasto. Lo ha fatto per te, mio Signore! Non avremmo potuto aiutarti nella tua ascesa come stiamo facendo senza i soldi che abbiamo ottenuto... - Bellatrix stava cercando febbrilmente di spiegarsi ma Voldemort la zittí sollevando la mano che stringeva la bacchetta.
- Ringrazia che tuo marito sia ancora ad Azkaban, altrimenti sarebbe già morto - sibilò Lord Voldemort tra i denti mentre le dita si stringevano intorno alla bacchetta.

Bellatrix annuì lasciando intendere che, se così fosse stato, non avrebbe alzato una bacchetta per difenderlo.

- Se avessimo saputo che era così importante per il nostro Signore non l’avremmo venduta - cercò di scusarsi nuovamente Bellatrix. Avrebbe dato qualsiasi cosa affinché il Signore Oscuro si confidasse con lei, ma vedendo la sua espressione truce capí che non sarebbe successo, quindi terminò il discorso con quello che lui voleva sentirsi dire: - Mi farò dire da Rodolphus dove trovarla.

Lord Voldemort le sorrise lasciando scoperti i piccoli denti aguzzi e anneriti e inclinó leggermente il capo calvo da un lato e con voce flebile e infantile, quasi ad imitare quello tanto utilizzato dalla donna dai capelli corvini che aveva davanti, disse: - Certo che lo farai, cara Bellatrix. Tu la troverai e la porterai da me. Non mi hai mai deluso e non lo farai nemmeno stavolta, altrimenti non uccideró il tuo insulso marito di cui non importa a nessuno, ma ucciderò te.

Detto questo Lord Voldemort sparì in una nuvola nera oltre la balaustra della balconata. Non poteva più sopportare di trovarsi tra le stesse mura dei suoi inetti seguaci dopo ciò che era accaduto in quella giornata.

Bellatrix rimase qualche attimo a fissare la nuvola nera dissolversi e poi, a passo barcollante si incamminò verso la sala oltre il corridoio. Spalancò la porta del grande salone da ricevimento dove si trovava il gruppetto di Mangiamorte congedato poco prima e il suo sguardo famelico e carico di rabbia si posò su un piccolo omino paffuto dagli occhi acquosi. L’uomo aveva lo sguardo fisso sulle proprie mani appoggiate in grembo, che si sarebbe sicuramente torturato dal nervosismo se solo una delle due non fosse stata un pesante arto in ferro argentato. Non appena l’uomo capì che Bellatrix guardava nella sua direzione rabbrividí e cerco con gli occhietti da topo una via di uscita muovendo freneticamente lo sguardo verso le porte della sala. Ma era troppo tardi. Bellatrix Lestrange avanzava verso di lui con la bacchetta tesa e le labbra dischiuse. Era come se il tempo in quella stanza si fosse fermato. Nessuno osava muoversi o parlare per evitare un impeto di rabbia della squilibrata strega dai folti capelli neri. Quando Bellatrix fu di fronte a lui si fermò. Inclinò la testa verso destra e sussurrò con tono infantile : - Crucio!

L’uomo cadde a terra contorcendosi in spasmi di dolore. Bellatrix rimase a fissarlo per dei minuti che all’uomo parvero un’eternità, solo per il gusto di vedere il dolore scavare i suoi lineamenti. Quando finalmente abbassò la bacchetta per fermare l’agonia, si rivolse all’omino chinandosi per avere il viso di fronte al suo.

- In piedi, Codaliscia, si va ad Azkaban.

 

  
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