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Autore: gabryweasley    17/08/2022    3 recensioni
«Dimmi qualcosa di gentile, allora»
«Sei più noioso che mannaro»

{Raccolta disordinata di missing moment Remus/Tonks}
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Logico

 

Giugno 1996

 

Il San Mungo è freddo e asettico. È un via vai di maghi e streghe trafelati, di espressioni appesantite e rari sorrisi. 

Ogni volta che varca quella soglia, Remus ricorda la prima volta in cui si è trovato lì. È il ricordo lontano e frammentato di un bambino, sembra quasi che non sia suo, come fosse un racconto ascoltato da qualcun altro. Suo padre trovava guaritori da portare a casa ogni volta che ne aveva bisogno perché andare in ospedale era pericoloso, sconveniente

Se solo suo padre sapesse che, in fin dei conti, Remus nel pericolo ha scelto di viverci, gli direbbe che è un folle a tentare di mettere in ordine una vita che non potrà mai essere definita tale. Probabilmente avrebbe ragione perché Remus, in ogni passo appesantito che percorre verso il reparto, sente di aver perso già così tanto da non riuscire a rimettere in ordine niente, in quella vita. 

James.

Lily.

Sirius.

Harry che si dimena nella sua stretta. 

Ninfadora schiantata violentemente lontano da lui.

È l'ennesima zavorra che grava sui suoi pensieri.  Giorni in cui rivede e sente tutto, in ogni respiro. 

Dovrebbe essere lui - il lupo mannaro - quello sacrificabile, lui a perdersi.

Si chiede, mentre cerca e trova la camera di Tonks, se la vera maledizione nel suo caso non sia proprio quella. Il mostro non è il lupo, è la terra bruciata tutto intorno.

È la voce di suo padre radicata nella testa che gli spiega a ogni luna piena quanto sarà difficile - impossibile - ambire a una vita normale. 

È con questo pensiero che arriva sulla soglia della stanza di Tonks e non è un ricordo sfocato, tutt'altro. È nitido, limpido, e Remus lo detesta con la stessa intensità del bambino che ascoltava quelle parole. Lo subisce ancora come una tortura, la condanna a non affezionarsi, non amare, non cercare salvezza, e si odia. Remus odia incrociare gli occhi di Tonks quando quei pensieri che non fanno altro che avvelenarlo. Vorrebbe guardarla e riuscire ad ammettere di essersi sentito debole e più vuoto di quanto pensasse in quei giorni senza i colori che hanno macchiato gli ultimi mesi.

È il pensiero più egoista che la sua mente abbia mai partorito perché desiderare di appoggiarsi a qualcuno - a lei - senza fardelli e senza dolore, vorrebbe dire peccare di una leggerezza che non può permettersi.

Per un po’, però, ha bisogno di essere un uomo - solo un uomo - che ha fatto delle scelte, che non ha una guerra dentro oltre a quella combattuta con gli altri. Dieci minuti, solo dieci minuti, prima di pensare ancora a tutto quello che ha perso, alle idee di Silente, alle missioni complesse. 

Tonks è seduta sul letto, le gambe penzoloni, c'è Andromeda seduta vicino a lei. 

Gli occhi di Tonks che si illuminano nel vederlo, sono ancora una sorpresa per Remus. 

Non dovrebbero, pensa, ché per alimentare quello strano egoismo non c'è niente di peggio della gioia che Dora non riesce a contenere vedendolo. Si ritrova a pensare e non per la prima volta, che quegli occhi non dovrebbero assomigliare ai suoi boschi, non dovrebbero illuminarsi come una notte stellata e stregarlo. Dovrebbero essere grigi e spenti e amareggiati quando lui si presenta - come quelli di Andromeda.

«Stai bene» la voce di Tonks è flebile, tradisce le sue condizioni, il suo colorito è ancora un po' pallido, i suoi capelli opachi, ma la mano che tende verso di lui per farlo avvicinare è l'ancora che Remus desidera e non è ancora pronto a levare. 

«Non sei tu quella in un letto d'ospedale?» 

«Sto bene. Sarò presto a casa» Tonks scuote le spalle mentre le loro mani finalmente si intrecciano. 

«Tutti ne saranno sollevati» 

Ninfadora alza gli occhi al cielo. È un'abitudine che Remus non riesce a superare quella di tenderle la mano senza però parlare dei suoi sentimenti. Mai una volta che sia riuscito a dirle a parole quanto di sé stesso le stia regalando. Ai suoi gesti, alle carezze, ai baci, non ha fatto mai seguire nulla che avesse la forza di sancire quel legame che nei mesi si è venuto a creare con lei. Come se non esporsi possa farlo diventare trascurabile per entrambi.

C'è un lieve sospiro di Andromeda che - Remus ne è certo - sottolinea quanto sia sconveniente il legame fra lui e Dora.  

La vede alzarsi d'improvviso e, dopo una veloce carezza a sua figlia e un altrettanto veloce saluto, guadagnare passi verso la porta della stanza, senza rivolgergli uno sguardo.

«Fa così ogni volta?» Remus fa un cenno verso la sedia lasciata vuota.

«Ultimamente, solo quando tu sei nei paraggi.»

«Capisco» 

«Si, anche io la capisco. Vuoi sapere cosa ha pensato?» 

«Sei una Legilimens?»

«Siamo le parole che usiamo, Lupin» Dora fa il verso a sua madre e intanto allunga l'altra mano verso il viso di Remus. Quella vicinanza sembra farla tornare subito sé stessa «Tutti ne saranno sollevati?»

Ha preso l'abitudine di percorrere alcune delle sue cicatrici quando sono soli, riesce a scoprirne sempre nuove, le memorizza sotto le dita. 

Quel gesto piace a Remus più di quanto potrà mai riuscire ad ammettere.

«Qualcuno mi ha chiesto di te» sussurra. 

È una mezza verità e sa che Dora lo sente. Se ne accorge dalla brevissima pausa nei suoi movimenti e nonostante lui abbia gli occhi chiusi. E - di nuovo - si odia per ciò che prova mentre le dita di lei si muovono senza nessun ordine sul suo viso. Ama quelle sensazioni e le teme anche, al punto da voler scappare. Uscire dalla stanza, ora che si è accertato delle sue condizioni, che ha avuto la possibilità di riprendere fiato da quei giorni solo guardandola. Sarebbe meglio.

«E cosa gli dirai?»

«Che sei scolorita»

«Ti somiglio?»

«Mi sembra ovvio che sono ancora il più carino»

Le parentesi di spensieratezza con Dora si sono allargate. Adesso custodiscono mesi e stagioni, un’estate e un inverno, e hanno dato un senso a tutto. Al movimento della sua mano che non riesce a controllare mentre le sposta i capelli dal viso, alle dita che non riesce a slegare da lei. 

Ancora un po'. 

«Remus»

«Mmm»

«Mi dispiace. Per Sirius» 

Remus non riesce a capire se quel nodo allo stomaco è dato dalle dita di Ninfadora che si sono allontanate dalle sue cicatrici o dal ricordo prepotente di quel velo nero. 

«Già… È stato avventato, come al solito»

Un incosciente, per aver voluto correre in aiuto a Harry. Un disperato, nel voler difendere a costo della sua stessa vita l’impronta di James e Lily.

James.

Lily.

Sirius.

Harry che si dimena nella sua stretta. 

Ninfadora schiantata violentemente lontano da lui.

Passato, presente, futuro

«Avrei fatto la stessa cosa, Remus. Per te.»

Quelle parole hanno il potere dello stesso schiantesimo che ha colpito lei, in quel momento. Chiudono la parentesi e lo riportano sulla strada tracciata da suo padre.

Sconveniente.

Non c'è futuro per uno come lui, nessun legame senza rischi. La terra bruciata arriverà anche ai piedi di Dora e allora non resterà niente. 

«Non sai cosa dici» Remus si allontana, lascia andare carezze, dita e respiri. 

«So esattamente quello che dico»

«Non capisci»

Non è come pensi. Non puoi capire. Sottovaluti tutto. Sono parole che usa ogni volta che con disperazione si aggrappa a lei.

«Cosa non capisco, Remus?»

Dora è rimasta l'unica a far sembrare banale ogni sua ragione.

Come faceva James. E chissà che con lei non stia cercando solo la spensieratezza di quegli anni, quando qualcuno gli ha voluto così bene da vedere oltre quella sua condanna. 

«Non è questo il punto»

«E qual è il punto, Remus?»

«Hai appena detto che andresti a morire per un mostro.»

«Non sei un mostro, sei un idiota!»

«Dora, non puoi arrivare a questo punto. Ho una maledizione...»

«E sei troppo logico. Sempre. Troppo. Logico. Non c'è niente di logico nella vita, Remus, niente»

Ha ragione lei, niente di logico, nemmeno quella discussione in una stanza di ospedale. Se fosse stato logico non sarebbe andato a trovarla, è stato avventato. Voleva solo tornare a respirare ancora, togliersi la forza di Harry impressa nelle ossa e dimenticare, solo per un momento, un altro pezzo di vita svanito nel nulla. Dietro un velo. 

«Remus»

Remus. Remus. Remus.

Tonks ha il tono dei momenti in cui gli scava dentro, di quando si prepara a demolire muri e raziocinio, mostrandogli cosa c'è dietro, dentro, sotto, quando lui cocciuto non vuole vedere. 

«Mi ami?»

Quella domanda suona quasi come un'offerta alle orecchie di Remus. Il dono di un sentimento intenso e inaspettato, di una promessa. 

.

Ma non può - davvero, non può - contaminare Dora con la sua maledizione e la tristezza che si porta dietro. Non può permettere che lei sia parte della terra bruciata tutto intorno, che la sua giovinezza non fiorisca, che consumi sorrisi per lui, inaridito dalla sua condanna, dalla sua infanzia e da una guerra che già una volta lo ha lasciato senza nessun legame. 

Forse è ancora in tempo per raggiungere Andromeda, immagina di tranquillizzarla su quel legame e sui passi indietro che farà. 

Siamo le parole che usiamo, Lupin. Avrebbe detto e voluto questo, ne è certo anche lui.

«No, non ti amo» un mormorio, nessuno a parte lui e Tonks avrebbe capito. A nessuno, a parte loro due, avrebbero fatto così male.

Gli occhi di Ninfadora sono ancora verdi come la selva e brillano come una notte stellata, quando Remus si allontana e lascia la stanza. 

 

 

***

 

 

Ciao a tutti!

Io e l’ansia da prestazione - mia eterna compagna di pubblicazioni – torniamo per aggiungere un nuovo momento a questa raccolta. Sono tutte circostanze che ho abbozzato quando ho deciso di cominciare questo percorso (?) e che a quanto pare arriveranno qui quando avrò tempo/voglia/ispirazione a sufficienza per concluderli.

Come sempre, non sono sicura di essere riuscita ad infilare in questa shot tutto quello che mi passa per la testa su questi due. Sappiamo che lei è stata violentemente colpita durante gli scontri nell’Ufficio Misteri e io ho sempre immaginato che i giorni immediatamente successivi a quegli avvenimenti abbiano messo Remus nella condizione di pensare ancora di più al suo legame con Tonks. E lo immagino abbastanza duro da aver provato ad allontanarsi da lei già durante la sua degenza per farlo poi definitivamente con la missione affidatagli da Silente.

Spero di non avervi annoiato troppo, grazie!

Mano sul cuore,

gabry

   
 
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