Jane non poté fare
a meno di sorridere quando il suo tratto
andò a disegnare la morbida rotondità del ventre
dell’animale di fronte a lei.
Il vetro che le separava non costituiva un ostacolo, anzi, le dava la
giusta
visuale sull’altra senza rischiare di disturbarla o, ancor
peggio, di mettersi
in pericolo. Le temperature continuavano ad essere rigide ma la
giornata era
soleggiata e stare all’aria aperta era gradevole. Lo zoo era
tornato alla sua
vita di sempre, anzi, sembrava aver attirato ancor più
visitatori, curiosi di
vedere dove
era stato ritrovato il cadavere. Lì, dalla
panchina su cui
si trovava, ne aveva già visti a decine:
quell’attrazione quasi morbosa per il
macabro di alcune persone non l’avrebbe capita mai,
nonostante il suo lavoro,
anzi, soprattutto per il suo lavoro.
«Ti ho già vista da qualche parte o mi
sbaglio?»
Quel richiamo inaspettato la fece sobbalzare, tirò una riga
con la matita sul
foglio e imprecò impercettibilmente fra i denti.
«Scusami…» si affrettò a dire
il ragazzo appena arrivato «So che sembra una
battuta di approccio scadente ma…»
«John?» trasecolò lei, drizzando di
colpo il capo.
Lui sorrise «Allora non era solo
un’impressione» le disse divertito «Ora
ricordo, eri qui quella mattina»
«Sì» rispose mestamente «Sono
Jane Porter, l’assistente del medico legale che
si occupa del caso» si presentò, tendendo la mano.
John la strinse timidamente,
quasi che fosse preoccupato di poter stringere troppo quelle dita
d’artista
affusolate, con la sua mano grande e ruvida «Come procedono
le indagini?» buttò
lì, cercando di fare conversazione.
Jane fece una risata nervosa «Temo di non poter rispondere a
questa domanda, mi
spiace»
«Hai ragione, non ci pensavo: perdonami» si
scusò, sinceramente pentito «Sei
molto brava» si complimentò ammirato, cambiando
discorso.
«Grazie» si schermì lei, arrossendo un
poco «E’ solo un hobby»
«E’ un peccato, se lo facessi vedere a Terk, sono
sicuro lo apprezzerebbe
molto»
«Terk?»
«La tua modella» le spiegò con un
sorriso.
«Oh,
capisco…»
«E’ una femmina molto giovane: curiosa, talvolta
irruenta ma anche estremamente
intelligente, sono certo sarà un’ottima
madre»
Jane non poté fare a meno di sorridere a sua volta
«Ne parli con grande affetto»
Lui annuì «Ne ho seguito personalmente
l’inserimento per la tesi di laurea e,
vista la possibilità offertami dallo zoo, ho deciso di
continuare il mio
percorso con lei» alzò appena le spalle, un poco a
disagio «La considero come
una grande amica»
Il suo timore di sembrare strano ai suoi occhi non si tramutò
in realtà, anzi,
sul volto della ragazza si dipinse un’espressione dolce
«E’ davvero un bel
pensiero» riportò l’attenzione
sull’animale e si avvicinò al vetro
«Certo che è
un peccato, però, vederli chiusi qui, intendo»
L’altro rimase in silenzio, tanto che Jane si girò
verso di lui e, guardando la
sua espressione stupita, arrossì violentemente
«Io… ecco… non volevo dire che
questo posto maltratta gli animali o che lavori per degli
sfruttatori» spiegò a
disagio «Dico che sarebbe meglio se vivessero nel loro
habitat naturale, no?»
scoppiò a ridere nervosamente «Come se non avessi
appena comprato e pagato un
biglietto di questo zoo: un vero esempio di coerenza, non
credi?»
John dovette trattenersi per non ridere di fronte a quello sproloquio
«Se ti
può essere di conforto, gli animali, che sono ospiti qui,
sono stati tutti
recuperati da chi li sfruttava indegnamente o da chi ne era venuto in
possesso
in maniere poco lecite. Qui sono trattati molto bene e hanno buoni
spazi per la
loro mobilità ma hai ragione» la guardò
dritta negli occhi «Per quanto possano
essere accuditi, vederli liberi nelle foreste sarebbe tutta
un’altra cosa»
appoggiò una mano al vetro «Un sogno,
però, destinato a rimanere tale» disse
con dolore «Questi gorilla non riuscirebbero a tornare alla
vita selvaggia:
avrebbero difficoltà a trovare il cibo, diverrebbero facile
prede nonostante la
loro forza e mole. E non parlo di animali feroci soltanto… o
meglio, non solo
di bestie a quattro zampe» sorrise amaro «Il
bracconaggio è una piaga tremenda
che li riporterebbe a vivere fra atroci sofferenze o ad essere issati
in
qualche lussuoso salotto come trofei»
Jane in quelle parole avvertì tutto il suo dolore
«A volte ci basiamo troppo sul
concetto ideale che abbiamo del mondo, ma la vita vera è
tutto tranne che
perfetta, no?» lui questo lo sapeva maledettamente bene,
sospirò e gli sorrise
«Basta solo non smettere di sperare e lottare per renderla
migliore»
La bocca di John, davanti a quel sorriso, si aprì un poco;
scosse appena la
testa e sbatté un paio di volte le palpebre, per riuscire a
riprendere un
minimo di lucidità. Si schiarì la voce con un
leggero colpo di tosse, nascosto
da una mano chiusa a pugno a pochi centimetri dalle labbra
«Pensi che ti possa
offrire un caffè?»
Jane strinse l’album da disegno al petto e arrossì
«Perché no?»
«La seduta
è tolta»
Elsa si alzò dalla panca su cui era seduta e si
avviò verso l’uscita dell’aula
di tribunale in cui era stata invitata a prestare testimonianza, per
uno dei
casi che stava seguendo come medico legale.
«E’ sempre un piacere collaborare con lei,
dottoressa Bleket»
Una voce profonda la intercettò poco prima che potesse
imboccare la porta
d’uscita «La ringrazio, procuratore
Frollo» gli rispose, senza perdersi in
falsi convenevoli: non aveva mai reputato la cosa reciproca
«Faccio soltanto il
mio lavoro»
«E lo svolge egregiamente. Se tutti prendessero il lavoro
seriamente come lei, e
me, ci
sarebbero molti meno criminali in circolazione» le fece segno
di
proseguire.
«Non sono infallibile, purtroppo»
«Non si rammarichi» la consolò
inaspettatamente, seguendola «Di infallibile
c’è
solo Dio, noi non siamo che meri strumenti nelle Sue mani»
Elsa inarcò le sopracciglia «Se un Dio esiste, non
credo davvero operi
attraverso di me»
Lui arricciò le labbra «La sua mancanza di fede mi
stupisce, dottoressa Bleket»
sospirò «Ma che lei creda o meno, non cambia il
Suo disegno»
«E il prezioso libero arbitrio?»
Il procuratore Frollo sorrise «Vede che allora è
più coinvolta di quanto vuole
farmi credere?» si fermò, consapevole che le loro
strade stessero per dividersi
«Ma la tolleranza per chi abusa di questo dono non
è destinata a durare per
sempre»
Lei fece altrettanto «Immagino lo scopriremo solo quando
moriremo, giusto?»
«Giusto» confermò l’altro
«E’ bene, però, che ci siano mestieri
come il nostro
a ricordarlo: vivere al di fuori della legge non può essere
tollerato»
Kristoff
si calò maggiormente il cappello sugli occhi, la
frangia di capelli biondi schiacciata a solleticargli le ciglia. Una
sciarpa
malandata gli copriva gran parte del mento e sulle guance spuntava una
barbetta
incolta, testimone di diversi giorni di rasatura saltata. Si strinse
maggiormente nel pesante giaccone: vestito in quel modo, sembrava
più un
montanaro senza tetto che non un detective della squadra omicidi.
Lanciò
un’occhiata all’apparenza distratta in
più direzioni, per essere sicuro di non
essere osservato da occhi indiscreti: attirare l’attenzione
era davvero
l’ultima delle sue intenzioni. Imboccò un sudicio
vicolo fra due edifici
fatiscenti. Dietro ad una cassa, c’era una figura ad
attenderlo: era un giovane
di bell’aspetto, dai folti capelli castani, un curioso
pizzetto a coprirgli il
mento e furbi occhi scuri.
«Rider» sibilò quando gli fu abbastanza
vicino «Non avevi altri posti in cui
incontrami?»
«Mi dispiace se questo posto non è di suo
gradimento» lo canzonò l’altro con un
sorriso smagliante «Ma lo sa, non è facile per me
prenotare in posti d’alta
classe e, come dire, farmi trovare in sua compagnia sarebbe quanto mai
rischioso»
Kristoff si infilò una mano nella tasca della giacca e ne
recuperò il
contenuto, tenendolo stretto nel pugno chiuso «E’
una transazione quella che
stiamo facendo, no?» l’allungò nella sua
direzione «Quello per cui ti sto
pagando non deve interessare ai tuoi amici»
L’altro gli strinse la mano nelle sue «Io non ho
amici e, come ben sa, è di
vitale importanza che continuino a disinteressarsi di me»
«Cos’hai scoperto?»
«Non molto…»
«Come sarebbe? Hai avuto un sacco di tempo»
«Ehi, calma! Non posso mica andare in giro a fare domande. So
bene di avere un
bel faccino e uno sguardo che conquista ma questo mi
permette di farmi
apprezzare dalle belle signore, di certo non mi protegge dal rischio di
ritrovarmi con l’intestino di fuori in caso di una parola di
troppo detta alla
persona sbagliata. Qui si tratta, per lo più, di stare ad
ascoltare»
«Quindi, che hai sentito?»
«I Leopard sono in fermento. C’è in
ballo il posto di nuovo capo, si stanno
dando molto da fare per trovare il degno sostituto di Sabor»
si strinse nelle
spalle «Non che manchi a qualcuno
s’intende»
«Di John Lionheart che mi dici?»
«Niente, a parte qualche piccolo pusher che si lamenta di
aver perso un ottimo
acquirente»
«Fenilciclidina?»
«Niente di rilevante, nessun cambiamento sul
mercato»
Il detective sbuffò «Pare proprio tu ti sia fatto
pagare per un pugno di mosche, Flynn
Rider» lo guardò duramente «Non fare il
furbo, lo sai che abbiamo un faldone
alto così contro di te» gli disse, mimandone la
grandezza con le dita di una
mano «Ci sono un bel po’ di persone che avrebbero
il piacere di vederti finire
dietro alle sbarre»
«Suvvia, per qualche gioiello rubato qua e là,
sono sempre stato un galantuomo.
C’è di peggio, no?»
«Ladro, ricettatore, truffatore…»
«Informatore…» lo interruppe.
«Un informatore che non sa un fico secco»
«Per adesso» lo corresse nuovamente «Ma
c’è movimento, la banda delle Iene sta
aspettando un grosso carico dal porto, potrebbe esserci ciò
che state cercando.
Lei dà qualcosa a me e io do qualcosa a lei: uno scambio
equo a tutti gli
effetti»
«Personalmente questo tuo qualcosa non lo
vedo» grugnì Kristoff
infastidito «Tienimi aggiornato su questo movimento: se in
quel carico c’è quel
che pensiamo, risalire al compratore sarà di vitale
importanza»
«Per un nome ci vorrà un extra» lo
incalzò l’altro, sfregando le dita fra loro.
Una mano si strinse rapida attorno al bavero della sua giacca e il suo
viso si
ritrovò ad un soffio da quello del detective
«L’unico extra che riceverai
saranno cinque dita chiuse a pugno sul muso»
Rider alzò le mani in segno di resa «Per
carità: ci tengo al mio naso, grazie»
sorrise furbetto «Ci ho provato e mi è andata
male. Non si preoccupi, non la
deluderò, come ho detto, ci aiutiamo a vicenda. Ho tutti gli
interessi a far funzionare
questo rapporto clandestino. Ah, mi chiedo cosa direbbe sua moglie in
merito»
Kristoff sgranò gli occhi: lo spiava, per caso?
«Era solo una battuta» lo tranquillizzò
quello «Mi stia bene»
«Rider» lo richiamò prima che potesse
andarsene «Hai mai pensato di cambiare
vita?»
«Un bravo ragazzo, io? Naaah… non mi si addice per
niente. E poi come farebbe
senza le mie preziose informazioni?» lo canzonò,
facendogli un occhiolino
d’intesa «Mi farò vivo io. Grazie per
non avermi arrestato neanche oggi»
«Grazie
davvero per essere venuta»
Elsa sorrise alla sorella e la seguì per l’ampia
sala d’ingresso della galleria
d’arte «Figurati, lo sai che mi fa piacere darti
una mano»
«Oh, non ti ringrazierò mai abbastanza»
le fece presente l’altra sinceramente
riconoscente «La mostra è ormai alle porte,
perciò avevo davvero bisogno della
mia sorellona maniaca del controllo»
«Non so se prenderlo come un complimento o no»
«E dai» la rabbonì l’altra,
dandole una leggera spallata «Lo sai che la tua
opinione è l’unica che conta per me» ci
pensò un po’ su «Assieme a quelle di
Kristoff e Freja» precisò, non volendo mentire
«Ma il primo riempirebbe tutto
di muschi, licheni e statue di ghiaccio; la seconda, invece, di
arcobaleni,
pupazzi di neve e, adesso, pure conigli»
Elsa ridacchiò «Sai che l’idea delle
sculture di ghiaccio mi piace?»
«Questo lo immaginavo» ribatté
l’altra per niente sorpresa, lasciandosi
contagiare dal suo sorriso.
Entrarono nell’ufficio e presero posto alla scrivania.
«Sono certa che non hai motivo di essere così
agitata, avrai organizzato tutto
alla perfezione»
«Oh, la perfezione non mi appartiene» si
schermì l’altra in crisi «Direi
piuttosto di essere la regina del caos: è vitale che questa
mostra vada bene
ma, fra la lista degli ospiti, la disposizione dei quadri, il
catering… ah!»
quasi ringhiò «Rischio di uscirne pazza»
La maggiore serrò le labbra per impedirsi di dare voce a
ciò che stava
pensando.
«Tu credi che già la sia!»
Sgranò gli occhi «Non ho aperto bocca»
Anna non poté fare a meno di ridere «Ma le tue
espressioni sanno essere così
eloquenti» disse, prendendola bonariamente in giro
«Com’è andata questa
mattina?»
«Bene, anche se – lo sai – non amo
particolarmente collaborare con il
procuratore Frollo. E’ una macchina nel suo lavoro ma,
appunto per questo,
sembra quasi abbia perso la sua umanità. Come se, in
realtà, verificare la
colpevolezza dell’imputato non sia veramente quello che vuole
ma,
semplicemente, trovare qualcuno da punire» sospirò
«Ma smettiamola di parlare
del mio lavoro. Ho o no il pomeriggio libero? Parliamo piuttosto del
tuo:
coraggio, fammi vedere il progetto»
Anna attese il responso della sorella tesa come una corda di violino.
Rimase in
silenzio, trepidante, per tutto il tempo che la sua pazienza
– scarsa – le
permise «Allora?» chiese, sporgendosi verso di lei
«Che ne pensi?»
Elsa trattenne a stento un sorriso, alzò lo sguardo dai
fogli che aveva di
fronte e la guardò dritta negli occhi «Penso che
la serata sarà un successo»
posò una mano sulla sua e la strinse «Mamma e
papà sarebbero fieri di te»
L’altra ricambiò la stretta
«Davvero?»
«Assolutamente sì!» questa volta le
sorrise apertamente, di orgoglio e
commozione.
Anna l’abbracciò di slancio. Quando si
staccò, avevano entrambe gli occhi
lucidi e, nel trovarsi di nuovo con gli sguardi allacciati, scoppiarono
entrambe in una risata liberatoria.
«Sai chi non sarebbe stato orgoglioso per niente?»
chiese improvvisamente la
minore per smorzare la tensione «Nonno Runeard! Questa
la chiami arte? Che
sciocchezza! Quando la smetterai di sognare, Anna, e deciderai di
vivere nel
mondo reale?» ne scimmiottò la voce in
maniera egregia.
«Anna!» la riprese Elsa, senza però
riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
«Cosa? Vuoi dirmi che non l’avrebbe
detto?» rincarò la dose l’altra
«O, per
caso, avrebbe approvato Kristoff e la sua famiglia adottiva? Dai, gli
sarebbe
venuto un colpo secco…»
La maggiore scosse il capo «Era pur sempre nostro
nonno»
«Ciò non toglie che fosse un rigido bigotto. Ha
sempre denigrato la mia
passione per l’arte, facendomi sentire in colpa
perché – secondo lui – potevo
seguirla solo perché avevo i soldi di mamma e
papà, poiché non sarei mai
riuscita a mantenermi con i miei frivoli sogni. Mi ha fatto sentire
un’approfittatrice, quasi fossi contenta della loro morte
perché, finalmente,
potevo fare come volevo…»
«Stai esagerando…»
«Esagerando? Ha reso la mia vita un inferno e a te ha sempre
chiesto troppo.
Me lo ricordo, sai, cosa volevi fare prima di diventare medico; ha
distrutto la
tua relazione con Jack…»
«Jack ha distrutto la mia relazione con
lui…» la interruppe Elsa infastidita,
scoccandole un’occhiata tagliente.
Anna alzò gli occhi al cielo «D’accordo,
non nego che l’idiota ci abbia
messo del suo ma lo sai anche tu che non è solo quello
il motivo per cui
avete rotto»
L’altra, però, non aveva più alcuna
intenzione di starla a sentire «Non sono
venuta qui per parlare di Jack: lo vedo anche troppo per via del
lavoro.
Sinceramente, gradirei non fosse il centro dell’attenzione in
questo momento,
né in altri» precisò.
La minore sospirò «Lo so: sono una sorella
impicciona e pedante ma quello che
voglio, in realtà, è che tu sia felice. Sono
convinta che tu non abbia mai
dimenticato Jack? Sì! Voglio costringerti a tornare con lui?
No! E’ la tua vita
Elsa, sta a te decidere. Ma, ti prego, smetti di vivere nel passato:
lascia
andare mamma e papà, è quello che avrebbero
voluto» prima che l’altra potesse
ribattere, continuò «E, a proposito di questo, ho
una proposta da farti»
Elsa inarcò le sopracciglia, presa completamente in
contropiede «Che proposta?»
«Penso che sia giunto il momento di vendere la casa»
«Cosa, e perché? Hai bisogno di soldi? La galleria
va male?»
L’altra sorrise «Nessuna delle due cose, la
galleria va molto bene e questo
evento in arrivo lo dimostra» la rassicurò
«Penso solamente che sia giunto il
momento di voltare pagina: è chiaro che nessuna di noi due
tornerà mai a vivere
lì. Ci sono troppi ricordi: bellissimi ma anche dolorosi. Da
quant’è che non ci
andiamo? E’ lì, abbandonata a se
stessa… per cosa? Non lo scopriremo mai chi li
ha uccisi, Elsa, è stato solo un tragico incidente, devi
fartene una ragione»
Lei non ne era così convinta, non lo era stata mai. Iduna
era un giudice
rispettabile, Agnarr un procuratore dalla carriera più che
avviata ed erano
morti, coinvolti in un incidente in cui non era mai stato possibile
trovare un
responsabile: nessun testimone, le telecamere dell’incrocio
non funzionanti
«Io…»
«Senti…» la interruppe la sorella
«Non me lo devi dire subito, prenditi tutto
il tempo di cui hai bisogno per pensare a quello che ti ho detto, poi
decideremo. Non voglio fare questa cosa se non sei decisa anche
tu»
«Ehi,
Principessa della Torre:
sciogli i tuoi capelli che per salir mi servirò di
quelli»
Una testa bionda, accompagnata da un viso da un’espressione
piuttosto
infastidita, fece capolino dalle protezioni del soppalco
dell’agente Sunlight
«Molto divertente» borbottò
«Hai deciso di venire a sfogare le tue frustrazioni
su di me?»
Jack le apparve alle spalle con un sonoro sbuffo «Non
tocchiamo questo tasto
dolente, per favore»
«Oh, è impossibile non farlo»
ridacchiò lei in risposta «La lavata di capo che
ti ha fatto il Signor Bunnymund è risuonata per tutto
l’ufficio: ne parleranno
per giorni, settimane»
«Ah, come se fosse stato auspicabile che, dopo tutto questo
tempo, alla stampa
non arrivasse niente di niente»
«E di chi è la colpa di tutto questo
tempo passato?»
Lui le scoccò un’occhiata ironica
«Guarda che su questo caso ci stai lavorando
anche tu, Principessa»
«Touché» ammise lei, voltandosi verso lo
schermo del suo computer «C’è da dire
che questi titoloni fanno davvero paura: I Fearling sono in
città - I
criminali non hanno scampo» sospirò
«Ma chi si immaginava che tutto questo
avrebbe portato a una reazione di questo tipo? I centralini sono
letteralmente
impazziti»
«Telefoni a cui, a quanto pare, dovrò rispondere
io se non troviamo,
quantomeno, chi ha fatto la soffiata alla stampa» Jackson
sbuffò «Non è proprio
la mia aspirazione massima spiegare a persone che non hanno pagato una
multa o rubato
qualcosa al supermercato che no, non sono in pericolo di vita»
«Magari qualche cattivone si costituirà per
davvero»
«Sei troppo ottimista, Principessa»
ghignò lui, prendendo posto sulla sedia
accanto a lei «I criminali, quelli veri, non si fanno di
certo spaventare da
queste cose, anzi…»
«Come posso aiutarti?»
«La stampa nomina i Fearling, non c’era questo nome
nel primo biglietto:
escluderei Robert Locksley e Richard Lionheart che, davvero, non ha
bisogno di soldi. Chi ha fatto la soffiata ha avuto modo
di leggere quello lasciato sul corpo di Sabor» fece mente
locale «Greystoke e sua
madre, quel Clayton, tutti gli agenti che avrebbero potuto farsi
ingolosire da
una generosa offerta di denaro»
«Devo controllare anche il tuo conto in banca?»
Lui la guardò storto «Non sei
spiritosa…»
«Oh sì che la sono» ridacchiò
«E’ un dato di fatto»
«Se ne sei convinta, non sarò di certo io a far
crollare il tuo castello…»
le fece presente con una faccia da schiaffi.
«Sono certa cambierai espressione molto presto: guarda un
po’ chi ha
improvvisamente lasciato il suo posto di guardiano dello zoo?»
«Quel maledetto figlio di…»
masticò fra i denti, alzandosi di colpo «Grazie,
Punzie» le disse, prima di volare – letteralmente
– al piano di sotto.
«Mi devi un pranzo!»
«Dottoressa Bleket,
mi ha fatto
davvero piacere la sua chiamata: sono contento abbia deciso di venire
oggi»
Sull’uscio dello studio del dottor Pitchiner, Elsa si
sentì improvvisamente
insicura: inspirò a fondo e mosse appena la mano libera,
completamente
sudata, l’altra ben salda alla sua borsa.
Kozmotis sorrise appena «Coraggio, prometto che non la mangerò: si
accomodi»
Lei entrò, senza riuscire ad abbandonare il suo meccanismo
di difesa «Come
funziona adesso?»
Lui prese posto su una sedia accanto ad un comodo lettino imbottito
«Si può
sdraiare lì o sedersi, se preferisce»
Optò per la seconda scelta «Come mai ha scelto di
specializzarsi in terapia del
lutto?»
L’altro inarcò appena le sopracciglia, stupito
«Qui, di solito, le domande le
faccio io»
Elsa arrossì appena «Mi scusi, penso sia
deformazione professionale: anche se,
come dire, i miei pazienti mi rispondo in altri modi»
«Non si dispiacerà se io le risponderò
parlando» celiò appena.
Nonostante la tensione, non poté fare a meno di sorridere
«Prego»
«Ho perso mia moglie e mia figlia, ormai molti anni fa: ho
preso il mio dolore
e ne ho fatto da catalizzatore per aiutare gli altri a superare il
loro»
«Mi dispiace…» sussurrò lei,
improvvisamente pentita di essere stata tanto
invadente.
L’espressione di Kozmotis Pitchiner
s’indurì appena: la mascella più
contratta,
lo sguardo più affilato. Il tutto durò,
però, solo il tempo di un battito di
ciglia: il suo volto tornò calmo e professionale
«Ma ora mi parli di lei,
dottoressa, mi pare di capire che questa sia la sua prima
volta»
Elsa annuì.
«Come mai? La perdita di entrambi i genitori in maniera
violenta metterebbe a
dura prova chiunque. Quanti anni aveva quando è
successo?»
«Diciotto»
«A maggior ragione, allora»
«Nostro nonno non era favorevole»
Lui fece oscillare un paio di volte la penna che aveva in mano
«Un
conservatore, immagino: gli strizzacervelli solo per i pazzi,
giusto?»
«Si può dire che il concetto fosse
quello»
«Eppure se ci fa male lo stomaco, affatichiamo un muscolo o
ci tagliamo la
pelle, ci curiamo, no? Perché per la mente stanca e ferita
dovrebbe essere
diverso? Perché non dovremmo curarla così come
facciamo con tutto il resto del
nostro corpo?» la guardò dritta negli occhi
«Che cosa l’ha spinta a venire
oggi?»
«Ho letto il suo libro…»
«E?»
«E mia sorella mi ha proposto di vendere la casa dei nostri
genitori»
«Immagino non si senta pronta a lasciarla andare»
«Lì dentro ci sono ancora tutte le loro cose, mi
sembra di voltargli
liberamente le spalle»
«Voltargli le spalle? Dopo tutti questi anni? Si sente
responsabile di un
incidente?»
Lei titubò.
«Com’è successo?»
«Le dinamiche non sono chiare: la polizia ha trovato la loro
auto distrutta.
Dai rilevamenti è risultato che sono stati travolti da un
mezzo pesante ma i
responsabili non sono mai stati trovati»
«Parliamo di omicidio stradale, quindi, i cui colpevoli
risultano ignoti:
decisamente questo cambia tutto» scribacchiò
qualcosa sul suo taccuino «E’ per
questo che ha scelto questa carriera?»
«Immagino di sì…»
«Immagina? Che cosa voleva fare prima?»
«L’architetto…»
sussurrò.
«Ha deciso da sola di virare verso la carriera
medica?»
Elsa si morse appena il labbro inferiore «Mio nonno aveva
sempre spinto in
quella direzione, avrebbe voluto diventassi un chirurgo»
«Almeno è riuscita a decidere la
specializzazione»
«Non mi ha costretta» si sentì in dovere
di spiegare.
«Se ne è convinta» le concesse con una
piccola alzata di spalle «Ma si ricordi
che le pressioni psicologiche sanno essere redini tirate tanto quanto
quelle
fisiche, anzi, talvolta di più perché sono
più subdole e difficile da
identificare»
«Il mio lavoro mi piace…»
«I morti non fanno domande, giusto?»
Lei assottigliò lo sguardo «Comincio a credere che
non sia stata una buona idea
quella di venire qui»
Kozmotis sorrise appena «La terapia ci mette di fronte al
nostro io più profondo, anche quello che cerchiamo di
nascondere, può risultare
spiacevole all’inizio» fece una breve pausa
«Cerca vendetta, dottoressa
Bleket?»
«Vendetta?» ripeté stupita «Io
cerco giustizia, per loro e per tutti»
«Tutti?»
«Che sta insinuando?»
«Non mi vorrà dire che ha eseguito
l’autopsia sul corpo di Sabor con lo stesso
stato d’animo che, di solito, riserva alle sue
vittime?» la sfidò con lo
sguardo «Non ha avuto neanche un minimo di esitazione? Non ha
mai avuto la
tentazione di omettere qualche particolare importante, dopo aver
scoperto che
John Lionheart era un pirata della strada come l’assassino
dei suoi genitori?»
«Sì» ammise lei, senza esitazione
«L’ho pensato ma non l’ho fatto: il mio
lavoro io lo svolgo al massimo, sempre» ricambiò
il suo sguardo di sfida «E
lei?»
Gli occhi di Kozmotis Pitchiner brillarono «Anche
io»
«Fino a dove è disposto a spingersi per aiutare i
suoi pazienti, dottore?»
Lui scoprì appena i denti bianchissimi in un mezzo sorriso
«Temo che siamo
tornati al punto di partenza»
«Forse non sono tagliata per la terapia»
«Non dica così: mi era parso fosse un tipo che non
teme le sfide»
Elsa si alzò «Credo possa ritenersi corretto,
cerchi di ricordarlo»
«Dovrei leggere qualcosa fra le righe?»
«Questo, al momento, lo può sapere solo
lei»
«Mi pare che se ne stia andando, è un peccato, era
da molto che non mi capitava
una paziente come lei: un vero piacere»
«E non le ricapiterà, questo piacere è
diventato solo suo»
Con
un pochino di ritardo rispetto alla solita tabella di marcia, arriva il
nuovo aggiornamento, pieno di
tête-à-tête! Se li stavate aspettando, eccoli! Jane e Tarzan (John) non potevano non incontrarsi, si chiamavano come la calamita chiama il ferro ù_ù Abbiamo anche un nuovo interessante personaggio, sebbene appaia molto poco... so che c'è chi lo aspettava con ansia XD Ebbene sì, il misterioso ladruncolo, nonché contatto di Kristoff, è Flynn Rider... chissà se anche qui si prenderà la sua bella padellata in faccia. E per rimanere in tema, Jack e Punzie stanno rendendo più saldo il loro legame e ho come l'idea che qualcuno potrebbe non essere felice di questa cosa ù_ù E, dato che lupus in fabula, Elsa si trova davanti ad un bivio difficile: recidere i legami con il passato e vendere la casa dei suoi genitori o continuare ad indagare e andare fino in fondo? Spero che il suo confronto con Kozmotis vi sia piaciuto, anche se non è finito nel migliore dei modi. Concludo con Anna: ebbene sì, gestisce una galleria d'arte. Mi sembrava ideale per lei: hang in there, Joan! Abbiamo avuto anche un ulteriore scorcio sul passato delle sorelle, il burrascoso rapporto con loro nonno e - di nuovo - della storia con Jack: da un occhio esterno, pare che il motivo della rottura non sia stato proprio tutta colpa sua... Al solito, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto! Grazie per averlo letto! <3 Se voleste spendere un pochino del vostro tempo per farmi sapere cosa ne pensate mi fareste immensamente felice. Grazie anche a chi ha listato questa storia. Un abbraccio e alla prossima Cida |