Salve.Voglio ringrziare Tawariell per le meravigliosi recensioni. ALLERT ho ripostato il capitolo già precedentemente inserito aggiungendo un paragrafo finale. Per il resto è rimasto invariarto. Se volete farmi sapere cosa ne pensate lasciatemi pure un commento.
Buona lettura !
a presto Stef.
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I
giorni che seguirono l’arrivo ad Antara furono molto
impegnativi
per Eragon e Murtagh, divisi da una parte nel difficile compito di
guidare i
primi passi di Reafly con il suo drago e dall’altra chiamati
a seguire la formazione
dei maghi che avrebbero contrastato Isobel.
Così
il silenzio che aveva sempre contraddistinto la
sala del quartier generale, all’interno del quale gli
studiosi erano soliti trascrivere
i termini recuperati dell’antica lingua, era adesso ravvivato
dalla voce dei
maghi che la praticavano e ne esploravano i suoi effetti sotto la guida
attenta
dei cavalieri.
Era
pomeriggio inoltrato quando Reafly entrò nella sala
del quartier generale alla ricerca dei due cavalieri. Li aveva a
malapena
intravisti nel corso della mattinata poi aveva passato
l’intera giornata in
compagni del capitano Xavier e del suo drago.
Il
ragazzo fece capolino dalla porta e non gli fu
difficile individuare tra le tante teste i ricci mori di Murtgah. Il
cavaliere stava
insegnano ad un gruppo di tre ragazzi i diversi modi per manipolare
l’acqua,
mentre, poco più in là, Eragon seguiva i
progressi di una giovane nel controllo
di un sasso sospeso a mezz’aria.
Erano
tutti troppo impegnati per fare caso a lui, così il
ragazzo ne approfittò per passeggiare indisturbato tra una
serie dei lunghi tavoli
dove altri elfi erano intenti a scrivere su pergamene di carta. Al suo
passaggio le loro teste si alzarono a guardarlo sorridendogli per poi
tornare
nuovamente al loro lavoro. In quei giorni si erano abituati alla sua
presenza e
a quella del suo drago e se all’inizio ne erano stati
infastiditi ora era
diventato una presenza quasi familiare. Reafly era passato
già intono a diversi
tavoli quando la sua attenzione venne attirato da una postazione vuota,
si guardò
intorno con circospezione prima di dirigersi verso la sedia. Nessuno
orami badava
più a lui, quindi si mise ad ammirare
l’attrezzatura e il foglio pieno di glifi
scritti nell’antica lingua. Dalla prima volta che aveva vista
quella scrittura
tra i fogli nelle stanze di Murtagh, a Zàkhara, ne era
rimasto affascinato.
Allora il cavaliere gli aveva detto che si trattava
dell’antica lingua degli
elfi con la quale si poteva controllare la magia. Solo pochi giorni fa
aveva
scoperto che il suo studio sarebbe stata una parte fondamentale del suo
addestramento come cavaliere. Guardando quei segni si sentì
eccitato per quella
nuova sfida. Aveva appena finito di sfiorare con un dito il filo di
piume del pennino
quando una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.
– Attento, ci ho
messo tutta la mattina per scriverlo –
Reafly
fece un passo indietro e andò a scontrarsi con
giovane elfo poco più alto di lui che lo guardò
serafico prima di scansarlo e
andare a sedersi al suo posto e riprendere il suo lavoro di scrittura.
-
Scu…scusami – si affrettò a dire
Reafly. L’altro lo
guardò a lungo senza dire nulla. Non era tra gli elfi che
conosceva.
-
Non è successo niente. Tu sei il nuovo cavaliere.
– gli
disse come se fosse la cosa più normale del modno - ma il
tuo drago non è con
te – constatò questo con una punta di delusione
nella voce.
-
Lui… sta dormendo – disse ma lo sguardo del
giovane
ara già da un’altra parte, lo aveva ascoltato a
mala pena. Sul suo giovane volto
si era stampato un sorriso.
-
Credo che la tua presenza abbia attirato l’attenzione
di qualcuno. Ci sarà da divertirsi, guarda…
–
Reafly
si voltò nella direzione indicata dal giovane. Uno
dei ragazzi seguiti da Murtagh si era voltato nella sua direzione ma
nel farlo aveva
persa la sua presa sulla sfera d’acqua che aveva appena
creato.
La
sfera sarebbe sicuramente caduta a terra se Murtagh
non fosse intervento in tempo. Il cavaliere Pronunciò a fior
di labbra alcune
brevi parole che riportarono il liquido in aria, all’altezza
dei suoi occhi.
–
Mai perdere il controllo, Teodor. La prossima volta fai
più attenzione - gli disse in tono secco. Il ragazzo
abbassò lo sguardo. – Sì Ebrithil
- Accanto a lui i suoi due compagni si spalleggiarono ridacchiando.
Murtagh alzò
un sopracciglio e sussurrando altre parole. – Thtysta
vindr un Gànga fram -
disse e un piccolo
vortice d’aria che passò
tra loro. Colti di sorpresa i due lasciarono cadere a terra le loro
sfere con
un sobbalzo. Lo sguardo serio di Murtagh lì
immobilizzò sul posto.
-
Letta, flauga – con quelle parole la sua
magia
si era allargata anche alle loro sfere impedendole di finire a terra.
-
In battaglia le distrazioni possono arrivare da
qualsiasi parte. E vi assicuro che ce ne saranno molte. Tenete sempre a
mente
questa lezione, non basta sapere usare la magia e conoscere a memoria
le regole
dell’antica lingua ma è altrettanto essenziale
saperla controllare in ogni
momento – disse rivolgendosi agli altri due giovani. Il
sorriso sui loro volti
era sparito e lo guardarono con aria contrita. A dimostrazione di
quello che
aveva detto fece roteare le sfere una sull’altra prima di
lasciare
l’incantesimo che le teneva in aria. Con guizzo
l’acqua si sparse sul pavimento
in tre piccole pozzanghere
–
Ora raccogliete di nuovo le vostre sfere. –
I
tre ragazzi annuirono. Guidata dalla forza dell’antica
lingua l’acqua a terra iniziò a muoversi
addensandosi e assumendo nuovamente una
forma sferica. Senza preavviso Murtagh pronunciò ancora
delle parole per tornare
a distrarli ma questa volta i tre ragazzi resistettero –
Molto bene. Per oggi
può bastare, potete andare - Sul volto di Teodor e dei suoi
due compagni si
dipinse di nuovo un sorriso.
Solo
ora Murtagh si avvicinò a Reafly che era rimasto a
guardare la scena a bocca aperta, sbalordito.
Un’ottima
presa, maestro, non c’è che
dire lo
raggiunse mentalmente Eragon che dalla postazione
aveva osservato tutta la scena. A Murtagh non sfuggì il tono
canzonatorio del
fratello.
Forse
il gande
Eragon è invidioso? Lo
punzecchiò lui.
Eragon
roteò gli occhi al cielo mentre raggiungeva Reafly.
-
Reafly, cosa ci fai qui, oggi avevi la giornata libera
–
Disse
invece rivolgendosi al ragazzo. Reafly guardò i
due cavalieri.
-
Lo so ma ho una cosa urgente da chiedervi e non potevo
aspettare domani – Murtagh lo guardò accigliato
notando solo adesso che non era
in compagnia del suo drago.
-
Che cosa succede? –
Reafly sospirò e si guardò i piedi imbarazzato
prima di rispondere.
-
Vorrei dargli un nome ma nessuno di quelli che
conoscono mi sembra, ehm, adatto – Murtagh sorrise e si
rivolse a Eragon. Naturalmente
stava parlando del suo drago.
–
Che ne dici fratello possiamo dargli una mano in
questo? – Eragon annuì. Così insieme
gli proposero una serie di nomi di draghi
leggendari ma nessuno di essi sembrava soddisfare le aspettative del
ragazzo.
-
Conoscete il nome di qualche drago che aveva le scaglie
dorate? – chiese infine Reafly, non trovando nessun nome, tra
quelli menzionati
fino a quel momento, adatto al suo drago. Alla domanda Reafly vide
passare su
entrambi i volti dei cavalieri un'ombra di tristezza.
-
ho detto qualcosa che non dovevo? – chiese accorgendosi
dello scambio rapido di sguardi.
Eragon
aveva da tempo perdonato Murtagh per il ruolo avuto
nella morte dei suoi maestri. Non era stato un processo facile ed il
ragazzo aveva
rivolto al fratello parole dure, di cui poi si era pentito. Nel
ricordarlo Eragon
strinse una mano sulla sa spalla come a scusarsi ancora.
L’altro sussultò in
risposta.
Per
Murtagh, quello era forse il ricordo più bui della
sua schiavitù sotto Galbatorix. Ma si era lasciato tutto
quello spalle e il
dolore sul volto si attenuò appena mentre stringeva a sua
volta la mano del
fratello.
-
No Reafly, non hai detto nulla di sbagliato. Uno ne
conosciamo – si affrettò a dire Eragon - Il suo
nome era Gleadr.. –
-
Gleadr - ripeté il ragazzo con un sorriso mesto - Me
ne avete detti così tanti. Non saprei quale decidere -
-
Non avere fretta. Quando sarà il momento sarà lui
stesso
a indicarti il nome – intervenne quindi Murtagh.
-
È stato così anche per Castigo e Saphira?
– i cavalieri
annuirono entrambi.
-
Ma lui ancora non parla! – insistette lui per nulla
soddisfatto
delle risposte troppo vaghe da parte dei due ragazzi.
Quell’esclamazione fece
scappare ad entrambi un sorriso.
-
Anche per questo non preoccuparti. Lo farà presto. Dipende
da quanto sarai bravo ad insegnargli. – gli rispose Eragon
riconoscendo
l’impazienza della sua voce. Comprendeva il suo desiderio di
capire quello che gli
stava accadendo intorno, non era passato troppo tempo da quando anche
lui si
era trovato alla ricerca di quelle stesse risposte. Brom aveva fatto lo
stessi
con lui così tante volte. Si era sempre ripromesso che non
si sarebbe mai
comportato nella stessa maniera ed ora si trovava a dare le stesse
risposte
enigmatiche. Dovette riconoscere che non c’era altro modo per
imparare.
–
Grazie al vostro legame lui può comprende già
molte
cose e lo stesso vale per te. Non dimenticarlo, ora le vostre menti
sono legate
e lui può sentire i tuoi pensieri. Persino in questo momento
– finì di dire ricordando
quello che Oromis e Gleard gli ripetevano spesso.
Dall’altra
parte Reafly ripensò alla sensazione di vuoto
che aveva provato dopo aver toccato il cucciolo e alla percezione di
staccarsi
dal proprio corpo e perdersi in quella del drago. Come gli aveva detto
Eragon,
riusciva a sentire la presenza del suo drago anche in quel momento ma,
da
allora, non era più riuscito a raggiungere quel grado di
intimità che aveva avuto
la notte in cui si erano sfiorati la prima volta. Reafly avrebbe voluto
fare
altre domande ma le risposte che aveva ricevuto gli avevano dato tanto
da
pensare e decise che
avrebbe aspettato.
-
Ho capito, non lo dimenticherò. – rispose solo poi
quindi rimase un attimo in silenzio - Ora sento che si è
svegliato e credo che
mi sta chiamando – Murtagh si mise dietro di lui e gli
strinse le spalle.
-
Che cosa aspettiamo allora, andiamo a raggiungerlo,
qui abbiamo finito - ma
il ragazzo lo
fermò voltandosi indietro.
-
Non vieni anche tu, Eragon? – gli chiese accorgendosi
che il giovane non li stava seguendo.
-
Voi andate pure avanti Io ho un lavoro da iniziare – Anche
Murtagh si era girato sapendo a cosa si stava riferendo il fratello.
La
perdita dei papiri caduti nelle mani di Isobel e dei
suoi alchimisti non aveva allarmato solo re Arold. Se il re temeva che
i loro
sforzi di recuperare le antiche conoscenze del loro popolo non fossero
sufficienti, ora che la regina aveva tra le mani incantesimi come le
sette parole
di morte, Eragon era preoccupato per altre ragioni.
Isobel
aveva già dimostrato di avere una fervida
immaginazione e lui temeva i tanti modi in cui avrebbe potute
utilizzare quelle
conoscenze. Arya era riuscita a placare in parte le sue paure
ricordandogli come
entrambi conoscessero perfettamente il contenuto di quegli incantesimi,
lei
perché faceva parte della preparazione di
ogni persona di alto rango del suo popolo, lui perché ne
aveva memorizzato i
lunghi brani nei mesi di addestramento ad Ellèsmera. Li
avrebbero insegnati
anche agli elfi di Antara.
Eragon
aveva deciso allora di trascrivere nuovamente quelle
formule per poterle consegnare a Arold e ritrovare così un
po’ di serenità.
-
Se devi iniziare quel lavoro, rimango a darti una mano.
– gli
disse subito Murtagh con un
trasporto che gli scaldò il cuore. Eragon sollevò
il viso verso di lui, stava
per accettare ma in quel momento vide l’espressione di
delusione sul volto di Reafly
che si vedeva di nuovo messo da parte.
-
Me la posso cavare anche da solo Murtagh – mentì,
in
quel momento Reafly aveva molto più bisogno del fratello che
lui.
-
E non sarò solo, Saphira starà con me –
Eragon aveva
parlato a lungo del suo progetto anche con Saphira. La dragonessa non
poteva
aiutarlo, i draghi avevano un legame tutto loro con la magia,
indipendente
dall’uso dell’antica lingua, ma aveva approvato.
Murtagh lo squadrò per alcuni
istanti valutando le sue parole, poi sconfitto accettò a
malincuore il suo
rifiuto. – D’accordo Eragon. Come vuoi tu. Andiamo
Reafly –
Eragon
li guardò uscire in silenzio senza dire altro quindi,
preso un respiro, andò a prendere delle pergamene vuote e
andò a sedere su una
delle sedie libere tra i pochi elfi rimasti. Nell’impugnare
il calamaio la sua
mente andò ai suoi maestri e un sorriso nostalgico si
dipinse sul volto. Sia Brom
che Oromis gli avevano sempre attribuito un grande capacità
di plasmare
l’antica lingua. Per lui era sempre stato naturale combinate
tra loro le parole
e legarle l’intenzione. Ricordare quelle formule gli
risultò quasi naturale. Con
quel pensiero a spronarlo attinse la punta del calamaio
nell’inchiostro e
poggiandola sul foglio iniziò a farla scivolare sul foglio.
***
Era
sera quando Eragon alzò di nuovo testa. Il rumore
del pennino che poggiava sul tavolo echeggiò nel silenzio
che regnava nella sala
completamente vuota.
Il
giovane cavaliere guardò fuori dalla finestra con una
smorfia. Gli spessi vetri colorati erano diventati scuri, senza la luce
del
sole a schiarirgli con i suoi raggi. Eragon piegò le braccia
dietro la testa e inarcò
la schiena per stirarla, era tutta indolenzita per essere rimasto a
lungo nella
stessa posizione. Si era talmente immerso nella scrittura da non
accorgersi che
anche gli ultimi elfi se ne erano andati via.
Fuori
è già buio e tu, piccolo mio, dovresti
andare a mangiare qualcosa
lo richiamò Saphira sentendo il suo
cavaliere muoversi.
Non
ho fame Saphira protestò
Eragon di getto, buttando completamente fuori l’aria dai
polmoni con un sonoro
sbuffo. In quel momento percepì il dissenso della dragonessa
attraverso il loro
legame mentale.
Eragon
io più di tutti posso capire l’urgenza
di fermare Isobel ma non è necessario farlo a stomaco vuoto
Eragon
non poté fare a meno di sorriderle, grato. Le
attenzioni di Saphira erano quello che più si avvicinava
all’affetto di una
madre.
Come
in risposta a suoi rimproveri in quello stesso
momento il suo stomaco brontolò in protesta.
Va
bene Saphira, non dire altro, hai vinto
tu, sto andando
le
rispose prima che la dragonessa potesse replicare con
un te lo avevo detto.
Eragon
aveva iniziato a mettere a posto la sua
postazione quando sentì la familiare la fragranza di pino
invadergli le narici
e si fermò.
-
Arya - sussurrò con dolcezza.
Eragon
si girò, l’elfa era a pochi passi da lui e lo
stava guardando con un’espressione enigmatico sul volto.
Improvvisamente ebbe
un déjà-vu. Era ad Ellèsmera, alla
fine una lunga giornata di allenamenti con
Oromis, quel giorno aveva subito ben due attacchi alla schiena e il suo
umore
era a terra; Arya era ancora un enigma per lui, bellissima ed
irraggiungibile e
fece una cosa del tutto inaspettata, che lo spiazzò. Lo
invitò a uscire fuori per
distrarsi e vedere ciò che di bello poteva offrire la
capitale elfica.
Adesso
come allora il suo sguardo gli provocò un
miscuglio di sensazioni contrastanti che lo lasciavano disorientato.
-
Murtagh mi ha detto che ti avrei trovato qui. Quando
non ti ha visto a cena si è preoccupato –
Eragon
incrociò le braccia sul petto – Ed anche tu lo
sei? -
-
Non so cosa pensare a riguardo Eragon. So solo che sei
preoccupato dai poteri di Isobel e da quando sei qui non mi hai mai
parlato di
quello che è successo quando eri suo prigioniero –
gli disse passandogli una
mano tra i capelli.
Eragon
sospirò, le sue dita erano fresche e morbide e
lui gliele prese tra le mani per baciarle.
-
Lo so, mi dispiace – le avrebbe voluto dire altro ma
le parole gli morirono sulle labbra. Arya allora prese una delle
pergamene su
cui aveva lavorato e iniziò a far scorrere lo sguardo sui
glifi. Il suoi occhi
brillarono di stupore. Eragon non si era limitato a trascrivere le
antiche
formule ma ne aveva create di nuove. Una di queste, appuntate in fondo
alla
pagina, attirò la sua attenzione, era dedicato a un collare
di metallo. Accanto
a lei Eragon si irrigidì appena ma aspettò che
Arya finisse di leggere.
-
E’ questo quello che ti spaventa? – gli chiese
indicando con ma mano il disegno del collare che aveva tratteggiato con
il
pennino. Eragon serrò la mascella sapendo che il disegno non
sarebbe passato
inosservato.
–
Eragon, parlami – a quell’ultima richiesta il
ragazzo
cedette.
-
Va bene ti dirò perché lo temo – al
cenno di assenso
da parte di Arya Eragon sospirò, quindi iniziò a
raccontare quello che aveva
vissuto da quando glielo avevano fatto indossare. Non le nascose nulla.
Alcuni
fatti li conosceva solo Saphira. Quando arrivò a raccontare
del suo incontro
con Oliviana il suo cuore palpitò più forte nel
ricordare l’umiliazione e il
senso di impotenza che aveva provato nell’essere portato al
guinzaglio. Arya
ascoltò in silenzio mentre i suoi occhi si riempivano di
lacrime. Non disse
nulla. In quel momento qualsiasi parole sarebbe stata inutile. Quindi
fece
l’unica cosa possibile, lo abbracciò.
Eragon
lasciò che lo stringesse forte a lui ricambiando
debolmente l’abbraccio. Rievocare quei momenti lo aveva
completamente svuotato
e sentiva di avere appena la forza di reagire. Ora più che
mai la sentì vicina.
-
Grazie – le sussurrò all’orecchio.
Rimasero
così per un tempo indefinito poi Arya ruppe il
silenzio - Eragon – lo chiamò lei. Lui si
scostò appena.
–
Sono qui –
Il
senso di smarrimenti era sparito e si sentiva più
leggero. Il peso di quello che aveva vissuto aveva iniziato a gravare
di meno
sulla sua anima Non si vergognava di essere apparso fragile agli occhi
di Arya.
Nonostante il suo aspetto fosse più simile a quello degli
elfi, dentro rimaneva
sempre un essere umano con tutte le sue fragilità. Era
consapevole di aver
superato una prova molto dura e di esserne uscito più o meno
indenne. Questo lo
aveva portato ad una nuova consapevolezza di sé e dei suoi
limiti.
-
Re Arold convocherà il suo consiglio domani e noi
saremo chiamati a parlare della nostra posizione nella guerra contro
Isobel –
le disse Arya cercando il suo sguardo. Lui aggrottò la
fronte.
-
Già domani? Pensavo avessimo più tempo
– rispose ed
Arya scosse la testa.
-
Temo che il re ce ne abbia già concesso abbastanza. Se
domani mostrerai questi fogli ti esporrai in primo piano –
Eragon ci pensò un
attimo. Ne aveva parlato a lungo con Saphira delle possibili
conseguenze di una
loro presa di posizione. Senza il minimo di esitazione la
guardò negli occhi
sorridendo.
-
Arya se ci sarà da esporsi, non mi tirerò
indietro –
-
Ed io sarò al tuo fianco – gli disse Arya con
amore.
Anche
io ci sarò. Si
inserì
Saphira Sempre
***
Arya
rientrò nelle sue stanze sola. Si era lasciata da
poco con Eragon ma la sua presenza già gli mancava. Essere
riuscita a vedere
così tanto della sua anima quella sera le aveva dato prova
ancora una volta di quanto
fossero affini e quanto il suo essere si fosse legata a lui in maniera
così
intima da farle mancare il fiato. In quel momento doveva essere
già con Saphira
che aveva insistito che mangiasse ma l’avrebbe raggiunta a
breve.
Quando
andò per rilassarsi sul divano notò qualcuno
seduto
nella penombra. Arya non lo riconobbe subito. La figura si mosse e
andò ad
accendere un lume che ne illuminò i riccioli biondi
rivelando i lineamenti del
capitano Daco.
Arya
non lo vedeva dal loro ritorno in città. Dell’elfo
ricordava
i suoi modi teatrali che sfociavano spesso nella tracotanza ma non
poteva
negare che aveva mostrato coraggio e determinazione nel condurre la
nave e gli
elfi dell’equipaggio per soccorrere i suoi compagni.
-
Speravo di incontrarti da sola per darti questi, li ho
colti io stesso questa mattina –
L’elfo
aveva in mamo un mazzo di fiori che le porse con
un sorriso. Erano bellissimi e colorati, Arya prese il mazzo in mano.
Sul volto
di Daco si accese subito una luce di gioia nel seguire i suoi gesti
mentre
quello di Arya si rattristò. I pensieri dell’elfa
erano altri. Per il solo piacere
della loro vista quei fiori erano stati strappati alla terra a cui
appartenevo,
condannati ad appassire e morire il giorno dopo. Arya chiuse gli occhi
e
abbassò lo sguardo.
-
Capitano Daco. Non avresti dovuto… –
-
Shhh, non dire altro, è stato un piacere principessa
–
rispose lui senza lasciarle il tempo di terminare la frase. Il sorriso
si
allargò ancora di più, smagliante; in quel
momento Arya seppe che non avrebbe
mai potuto fargli capire il suo dispiacere per quei fiori nemmeno fra
un
centinaio di anni. L’elfa sospirò e quella
esitazione diede a Daco lo spazio
per continuare il suo discorso.
-
Arya Svit-kona, non sono venuto solo per darti questo
dono – aggiunse assumendo un contegno più neutro.
-
Come suo membro il consiglio mi ha scelto per fare il portavoce.
– Arya immaginò che non dovesse aver avuto molti
problemi a farsi dare quel
ruolo dato la sua influenza sugli altri. Alle sue parole si
limitò ad annuire
lasciando che continuasse. Non aveva idea dove volessero portare le sue
chiacchiere.
- Re Arold e
tutti noi apprezziamo quello che stai facendo per il nostro popolo ma
abbiamo
bisogno di sapere che i cavalieri non ci abbandoneranno quando avranno
trovato gli
altri draghi –
-
Capitano Daco non sappiamo neanche noi se esistono – Daco
alzò una mano – Ma lo credete possibile. Aglaia ci
ha riferito le intenzioni di
Isobel, quello che sanno i tuoi cavalieri lo sappiamo anche noi
–
-
Cosa vuoi dire? – Arya corrugò le sopracciglia in
un’espressione stupita.
-
Arold non vuole trovarsi ancora una volta indietro e
contrattaccherà
ora che ne ha la possibilità. Sta preparando una missione
per andare alla
ricerca delle uova di drago come voleva fare Isobel.
C’è spazio solo per uno
dei due cavalieri, all’altro chiederemo di rimanere per
seguire l’allenamento
di Reafly –
-
Assicura il consiglio che faremo la nostra parte, Daco
- Sentirono una voce alle loro spalle.
-
Eragon – Arya sussultò nel pronunciare il sui
nome. Il
capitano sorrise.
-
Sono contento che la pensi così, il consiglio mi
ascolta se vuoi posso fare il tuo nome perché sia tu a
partire – aggiunse lasciando
che quella possibilità alleggiasse nell’aria.
Eragon sentì lo stomaco serrarsi.
Il capitano lo stava sfidando una seconda volta. Eragon non si era
affatto
scordato il loro primo incontro sul ponte della nave ma solo ora capiva
il
motivo di tanto astio nei suoi confronti. Ora poteva vederli con
chiarezza i
forti sentimenti del capitano verso Arya e si chiese se anche lei se
fosse resa
conto o era solo nella sua immaginazione.
Eragon
stai attento a quello che dici, non
mi piace quello che ha insinuato. Se continua così lo
carbonizzo con il mio
fuoco! Intervenne
Saphira che aveva ascoltato ogni parola
attraverso il loro legame. Eragon non riuscì a trattenersi e
le sue labbra si
piegarono appena in un sorriso prima di riuscire a riprendersi.
-
Non vorrei scavalcare il volere del consiglio Capitano
Daco. Inoltre mio fratello Murtagh non è stato ancora
contemplato. Ne converrai
che sarà più opportuno aspettare domani per
qualsiasi decisione – Eragon
vide i lineamenti sul volto di Daco
contrarsi appena in una smorfia poi si passò le dita tra i
capelli in un gesto
di noncuranza e annuì.
-
Hai ragione cavaliere -
-
Ci hai fornito tante informazioni preziose a cui
dovremmo pensare, capitano. Ti auguriamo una buona serata –
intervenne Arya
congedando l’elfo con estrema cortesia. Daco si
votò verso di lei indeciso sul
da farsi, ma lo sguardo serio di Arya gli fece capire che non poteva
fare
altro.
-
A domani. Cavaliere Eragon, Arya –
Non
appena il capitano uscì Arya corse ad abbracciare
Eragon. Eragon la sentì stringersi a lui con forza.
-
Hai intenzione davvero di partire? – gli chiese
premendo la guancia sopra la sua spalla. Eragon le accarezzò
la testa prima di
rispondere
-
Arya appena Daco lo ha proposto ho sentito il terreno
franare sotto i miei piedi ma ora più ci penso e
più sono dell’dea che a
partire dovremmo essere io e Saphira – Arya si
scostò da lui per guardarlo
negli occhi – Eragon cosa dici? – Eragon le sorrise
anche Saphira era
d’accordo con
lui dopo un breve scambio
di pensieri.
-
Pensaci Arya, Reafly si è molto affezionato a Murtagh.
Chi meglio di lui potrebbe fargli da insegnante? -
-
Murtagh, non sarà facile convincerlo.
***