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Autore: EllyPi    30/08/2022    0 recensioni
Dopo la morte del tiranno Galbatorix ognuno prese la sua strada, due donne sedevano sui loro troni, due cavalieri alla ricerca di qualcosa. Il destino a volte porta a risultati diversi da ogni speculazione e previsione. Come procederà la storia di Alagaesia dopo la pace?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nasuada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo i festeggiamenti, durante i quali il re del popolo nanico, con cui il Cavaliere della regina aveva tentato di aprire un dialogo neutro e quanto più cordiale, era rimasto a corte senza mai degnare Murtagh della sua parola, fu il momento del giovane di visitare il Farthen Dur per scortare le uova di drago in cerca di Cavalieri. Era teso come non mai per la missione, tanto da essersi spinto a lasciare un documento ufficiale in quanto duca di Dras-Leona per il figlio, nominandolo erede di tutta la sua fortuna ancor più ufficialmente, nascosto nel cassetto della scrivania della consorte.
La moglie lo aveva ammonito di non dimostrarsi mai scortese con un sovrano che, per vendetta, avrebbe potuto anche condannarlo a morte, avendolo solo e senza nessuno che gli proteggesse le spalle nel suo regno. Orik era un sovrano saggio sì, ma pur sempre rancoroso quanto tutti gli altri suoi simili, gli aveva spiegato. Ovviamente da bambino gli erano state raccontate storie antiche riguardo le vendette epiche dei nani, ma Eragon non ne aveva più accennato nelle sue lezioni dunque se non fosse stata per la conoscenza lunga della regina del popolo che per lungo tempo li aveva ospitati, Murtagh avrebbe potuto rischiare davvero un incidente diplomatico.

La mattina della partenza designata, si vestì con lentezza, quasi fosse riluttante a far iniziare la nuova giornata. Gli fu portato suo figlio dalla domestica castana, che aveva un’aria ancor più mesta di lui. Lo fissò tutto il tempo, rovinandogli il momento con il principe.
“Maeve, perché quella faccia?” , le chiese a un tratto, stanco dell’umore nella stanza.
Lei alzò le spalle. “I nani sono pericolosi, e temo per la vostra incolumità, visto il vostro passato.”
Le posò il bambino tra le braccia. “Me lo sarò meritato, dovesse accadermi qualcosa. Aiuta mia moglie a crescere il principe, se dovesse succedermi qualsiasi cosa.”
Come una madre con il figlio testardo s’impuntò. “Lo farò, come se fosse sangue del mio sangue… Ma non parlate così, non potete permettere vi accada qualcosa! Non dopo avervi trovato!”
“Avermi trovato?” , le chiese confuso.
“Sì… non avrei mai pensato che, conoscendovi, poteste essere un padrone così onorevole.” , gli spiegò con aria strana, probabilmente dovuta all’imbarazzo della confessione.
“Ah, sì, non perdi mai occasione di ricordarmelo, ma ancora non riesco a crederci… Perdonami la fretta, è giunta l’ora di salutare anche la mia amata.” , le rispose congedandosi sbrigativamente e con distacco dovuto dalla preoccupazione. La mise da parte quanto meglio riuscì nel breve tragitto che lo condusse alla stanza dove si trovava la giovane e bellissima regina.

La trovò che non era intenta a lavorare, ma a guardare fuori dalla finestra, assorta nei suoi pensieri. “Mia adorata compagna di vita, sono venuto a salutarti prima della partenza.”
La regina annuì poi si alzò, andandogli di fronte per abbracciarlo. “Fa’ buon viaggio e porta rispetto a Orik e al suo popolo. Ma ancor di più alle loro usanze.”
“Sarà fatto.”
Si staccarono dopo una breve stretta ancor più intensa, fissandosi in silenzio negli occhi e proclamandosi il loro amore senza parole.
“Vado.” , si costrinse a dire a un tratto, separando i loro corpi.
Nasuada afferrò il braccio del marito impedendogli di staccarsi completamente, mordendosi il labbro.
Murtagh si piegò su di lei, guardandola negli occhi. “Sei così preoccupata per me?” , le chiese facendo un sorriso caldo, “Non mi accadrà nulla grazie a mio fratello e ai suoi insegnamenti, che impediranno incidenti diplomatici tra me e i nani. Anche grazie ai tuoi avvertimenti, anch’essi saranno fondamentali.”
Doveva fare forza alla moglie, ma ancor di più a sé stesso. Magari, davanti alla montagna che era il regno dei nani, sarebbe arrivato a credere anche lui alle sue stesse parole.
“No… vorrei piuttosto chiederti un favore.”
Un sopracciglio corvino si alzò sulla fronte del Cavaliere. “Un favore?”
Nasuada annuì.
“Ma certo, Amore mio! Qualunque cosa per te.” , si sbrigò a specificare il giovane.
“Ti ringrazio in anticipo. Vorrei che tu portassi gli ossequi a mio padre. Sarei voluta venire con te, ma il mio ruolo non mi permette di partire per una cosa tanto futile.”
Le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Porterò l’amore di figlia devota a tuo padre.”
“E…” , deglutì, “Anche tutto il resto.”
Murtagh sapeva cosa intendesse: il loro matrimonio a cui lui non aveva potuto acconsentire, la nascita del primo e unico erede del Capo dei Varden. No, anzi, il giovane aveva intuito lo stretto legame tra Ajihad e Nasuada, un tale affetto che lui non aveva mai sperimentato con Morzan né sua madre, perciò sapeva che la giovane desiderava raccontargli di aver trovato un marito capace di trattarla umanamente, che non la reputava rimpiazzabile e un mero strumento per il proprio albero genealogico. E raccontare - come avrebbe fatto una giovane e fiera Nasuada - delle sue conquiste, del suo regno, della pace che aveva portato in Alagaesia.
Annuì, lasciandole una carezza attorno al volto. Poi si piegò per darle un ultimo bacio.
“Contatterò Orik tutte le sere, per accertarmi dei buoni rapporti tra i miei emissari e il suo popolo.” , lo rincorse con la sua voce calda, mentre staccava le ultime dita della sua mano scura.
Murtagh ridacchiò candidamente. “Ti ringrazio, mia regina, per il tuo costante interesse nel benessere del tuo Cavaliere.”
Si guardarono un’ultima volta negli occhi con intensità, senza però contatto fisico. “Possa la tua missione compiersi senza intoppi, e ti auguro di poter tornare con un Cavaliere.”
“Potrebbe essere presto, ma lo spero anche io.”
Uscì dalla stanza, costringendosi a non mandare tutti i piani del viaggio all’aria per rimanere con lei. Non poteva, aveva il compito di redimersi come Cavaliere, anche a costo di abbandonare per qualche tempo la moglie. Incontrò un gruppo di uomini nella Volta, poi preparò le bisacce per la partenza. Per ultimo scortarono il suo compagno di viaggio umano.
“Buondì, Derrel. Pronto a partire?”
Il lord bambino gli fece una riverenza. “Sì, e sono contento che mi portiate con voi anche questa volta…”
Fece una pausa di esitazione, allora il Cavaliere percepì il timore dell’altro di essere messo da parte, vista la mancata preparazione alla missione, rispetto alla precedente.
“Voglio giusto scusarmi con te per le poche attenzioni prestateti da me e la regina in questo periodo.”
Derrel si mise le mani dietro la schiena, congiungendole. “So che è stato un periodo pieno di impegni per il regno. Così mi hanno riferito i miei servitori.”
“Ti prego davvero di scusarci.”
Il bambino sorrise sinceramente. “Non dovete preoccuparvi, milord. E nemmeno la regina: sono onorato di aver potuto assistere al vostro matrimonio, rivedendo i miei nonni seppur a distanza.”
“Mi dispiace ma non abbiamo potuto farvi incontrare in segreto, né farvi parlare durante l’evento. Troppi occhi sono ancora sulla vostra famiglia, Derrel.”
“La strega Elva mi ha rincuorato che li avrei un giorno rivisti, e che mi avreste permesso di scegliere il mio futuro, una volta divenuto un uomo.”
Murtagh lo guardò con concerno. “E ti è sembrata sincera?”
Il piccolo si morse il labbro, estraendo un sigillo dalla tasca della giacca che lo copriva, per mostrarlo al Cavaliere. “Mi ha dato questo.”
Il Cavaliere annuì, scrollando di dosso l’inquietudine leggera che il nome della strega dagli occhi viola sapeva incutergli.
“Sei pronto a volare su dil dorso Castigo?” , domandò al bambino con entusiasmo.
Questo sbarrò gli occhi, iniziando dopo qualche istante di silenzio a tremare - o forse fremere per l’eccitazione - . “Davvero? Avevate detto avremmo viaggiato via terra…”
Gli scompigliò i capelli, rimettendoglieli però al loro posto quanto meglio riuscì. “Ho cambiato idea, e immagino ti sarebbe piaciuto più così seguirmi.”
Derrel annuì con forza.
Murtagh gli posò una mano dietro le spalle, guidandolo verso l’uscita della grotta. Arrivarono al cospetto di Castigo, e drago e bambino si salutarono con un inchino solenne.
“Non farti intimorire dall’altezza di questo precipizio, le ali di Castigo sono le più forti che esistano in tutta Alagaesia.”
Il bambino annuì stringendo i denti. Stava visibilmente cercando di essere forte. “Bravo, lord Derrel. Tuo padre e tua madre sarebbero fieri di te in questo momento.”
Gli tese la mano, poi lo aiutò a salire sulla sella del drago, legando strette le cinghie. Lasciò che anche lui le controllasse da sé, voltandosi verso Jormundur. Gli fece un cenno affermativo, poi anche lui si fissò in sella.
“Lascio Nasuada nelle tue mani.” , gli disse in ultimo a bassa voce.
“Per servirla, sempre.”
Possiamo partire? , chiese impaziente come un bambino il drago cremisi. Murtagh confermò.
Spiccarono poi subito il volo con un balzo. Derrel non urlò e l’adulto gli circondò il busto con le braccia. Tornerò, e un giorno mio figlio sarà allo stesso posto di questo bambino… Finiarel diverrà il più bel decenne del regno.
Castigo sbuffò al suo orgoglio di padre eccessivo.

 

Volarono per un giorno intero, fermandosi a metà giornata per mettere qualcosa sotto i denti, specialmente per il bambino che Murtagh portava con sé. Avere non un solo compagno ma due era di giovamento, come quando viaggiava con Eragon e il suo cavallo Tornac, ma che questo nuovo compagno fosse un bambino complicava leggermente la logistica del viaggio, che non era esattamente veloce. E il popolo dei nani si trovava di per certo nel punto più lontano verso cui avessero viaggiato assieme, lui e Derrel.
A notte inoltrata, si accamparono. Scaricarono le uova, e Murtagh lasciò che il bambino assistesse all’incantesimo di protezione dai ladri che vi appose per la notte: Derrel doveva capire la preziosità reale di quelle uova.
Come si aspettava, lo inondò di domande sui Cavalieri - che prima di Eragon e del ritorno dei pochi draghi esistenti, erano solo leggende e storie distorte - .
“Perché dobbiamo portare in giro le uova? A vostro fratello Eragon è apparso l’uovo di Saphira per magia!” , chiese intelligentemente.
Murtagh annuì pazientemente all’osservazione, ma precisò: “Fu un incantesimo ben riuscito di Arya, l’altro Cavaliere vivente a oggi oltre me e mio fratello. All’epoca non lo era, il suo Compagno l’attendeva ancora proprio accanto all’uovo di Saphira.”
“E perché non ha preso il suo uovo ed è diventata lei il primo Cavaliere?”
Murtagh ci pensò su qualche istante. “Credo che Fìrnen non la ritenesse ancora pronta, e che quindi il loro legame non si fosse ancora creato così saldamente da essere lui il primo uovo a schiudersi. Un drago può attendere per molto tempo, anche se il suo Cavaliere gli è vicino già da tempo.”
“Se è il drago a scegliere - e quindi ad attendere - il proprio Compagno, lord Murtagh, nei due scorsi secoli in cui vi erano delle uova ma nessuno ne veniva in contatto, questi cuccioli hanno atteso - magari invano - l’arrivo dell’altra metà del loro Essere?” , lo interrogò ancora il bambino, curioso come un gatto.
Il Cavaliere annuì. “Non tutte le uova ritrovate dal mio fratellastro erano ancora viventi. Da quel che sappiamo un drago può attendere tutta la vita il suo Compagno, e se questo dovesse morire prima di essersi legato all’altro, il cucciolo nell’uovo può scegliere se spegnersi anch’esso, oppure schiudersi per divenire un drago selvatico, o ancora scegliere di attendere se dovesse mai riaccendersi in lui la certezza che la sua anima gemella sia rinata.”
Derrel annuì, finendo la sua cena, ma i suoi occhi brillavano ancora - avidi di conoscenza - .
Murtagh non aveva mai avuto troppa pazienza nella sua vita. Sopportazione sì, ma la pazienza non gli era certo stata donata - siccome Morzan ne era totalmente privo - .
Dunque si sforzò di non troncare la conversazione nonostante la cena fosse finita, spendendo Derrel a dormire. Sono il suo tutore ora… devo preoccuparmi della sua crescita, anche in conoscenza, perciò devo imparare la virtù della calma. , si rimbeccò.
Non ti farebbe male, hai anche un tuo cucciolo che un giorno potrebbe diventare loquace come questo! , confermò con tono leggermente acido il suo Compagno.
Ti infastidisce questo bambino?
Castigo scosse il grande capo. Io sono un drago, ho atteso il tuo arrivo per secoli, e poi ancora la tua crescita: quando eri un bambino il re ti portava a vedere il suo tesoro, e io potevo così imparare a conoscere chi fosse il figlio di Morzan.
Murtagh alzò un sopracciglio. Tu paziente?!
Sarà stata la tua influenza a farmela perdere. Le nostre menti e i nostri esseri si sono uniti, ricordi? Io sono te e tu sei me. Devi ringraziarmi, dunque, per quel poco di miglioramento che hai visto in te… è in maggior misura grazie al sottoscritto. , rispose beffardo l’altro.
Il Cavaliere ridacchiò. È anche merito tuo se rido a questo umorismo e al contrario non me ne ho più a male.
Castigò imprecò sui suoi antenati. Ogni tanto mi metti i dubbi che tu sia mentalmente più instabile di quello che, persino io, riesco a percepire.
Non è colpa mia se ci siamo legati quando ero mentalmente nel punto più nero della mia esistenza! , ribatté l’altro, leggermente divertito dal cipiglio del rettile.
Derrel li stava guardando ancor più curioso. “State comunicando mentalmente?” , chiese a un tratto, forse spazientito.
Stavo riprendendo il mio Cavaliere, giovane Derrel. , rispose Castigo entrando nella sua mente, Gli stavo ricordando di quando anch’io ho atteso che lui diventasse sufficientemente maturo per legarmi a lui. Noi draghi ci leghiamo a un determinato animo, ma al contempo cerchiamo maturità. Nessun animale magico si legherebbe mai a un essere neonato, codipendente e che metterebbe in pericolo entrambi.
Il bambino corrucciò le labbra. “Dunque i draghi si schiudono e subito divengono adulti? Non come gli anatroccoli?”
Sì, anche noi nasciamo cuccioli pressoché indifesi. Ed è per questo che il nostro compagno deve essere già capace di badare a noi.
“Dunque cercate maturità perché alla nascita tornate deboli?”
Non è corretto insinuare che da esseri intelligenti e ricettivi, al momento della nascita, perdiamo il nostro intelletto! Nell’uovo siamo dotati non di coscienza, ma di… istinti magici fortissimi, ecco. , ribatté Castigo sbrigativamente. Spostò l’enorme occhio rubino sull’umano adulto, invitandolo a riassumere il ruolo di interlocutore con il bambino.
Il giovane dai capelli corvini si trattenne dal ridere in faccia al suo Compagno, per essere stato smontato nella sua saggezza da un bambino così piccolo. Castigo lo percepì e gli palesò tutto il suo risentimento.
“Vedi, Derrel, gli unici esseri che su questa terra sono indifesi totalmente siamo noi bipedi - umani, elfi, nani, Urgali, e persino il Popolo Grigio - alla nascita. Questo perché non siamo dotati di forza straordinaria o altre armi se non la nostra testa.” , disse poi al bambino picchiettandosi la tempia con un dito, “Ci vuole tempo per imparare a parlare, a camminare, a fare qualsiasi altra mansione che ci tolga energia dal pensiero. Ed è perciò che il Destino ci ha permesso di lasciare quei compiti ai nostri genitori da espletare per noi, per molti anni, e a noi di imparare a pensare. Anche i draghi sono così, anche se la loro crescita avviene molto più velocemente se le metti a confronto. E in nome di questa somiglianza, millenni fa, abbiamo stretto un’unione tra bipedi e draghi di comune aiuto.”
Il bambino annuì. “Anche i gatti mannari sono intelligenti.”
Murtagh perse il sorrisetto sicuro. “Sì.”
“Ma non si sono legati magicamente a nessun altro essere.”
Vivono assieme ai bipedi, e con la magia possono assumerne le sembianze. Perciò sì, anche per loro vale lo stesso. Solo, con nessun legame necessario. , tagliò corto Castigo, con un tono così asciutto che invitò Murtagh a concludere le spiegazioni per la serata.
Si alzò sulle lunghe gambe, accogliendo l’invito del Compagno e sistemò velocemente le vettovaglie e i suppellettili che avevano estratto dalle bisacce. Poi stese le coperte, e vi aiutò Derrel all’interno: I sarti di corte avevano insistito per cucirne due assieme su tre lati, per accogliere più confortevolmente i due viaggiatori.
Prese il proprio sacco e si sistemò accanto al bambino, tenendo le braccia fuori. Le allungò dopo istanti di silenzio in cui ponderò le sue azioni, per tirarlo a sé e chiuderlo in un abbraccio alla schiena. Lo sentì sospirare e rilassare i muscoli, proprio come Castigo da cucciolo, quando dormiva acciambellato e spaventato nella sua stanza di Uru’Baen.
“Presto arriveremo a Tronjheim, e vedrai molto altro di quello di interessante che c’è su questa terra!” , gli sussurrò.
“Non vedo l’ora! Grazie, lord Murtagh, di farmi partecipare alla vostra missione di far rinascere l’Ordine dei Cavalieri.” , biascicò il bambino mentre scivolava nel sonno.
Murtagh sorrise involontariamente. “È un onore per me imparare grazie a te molto altro. Ah, da domani chiamami solo ‘Cavaliere’, d’accordo?”
Derrel annuì, poi sbadigliò sotto la volta piena di stelle.

  
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