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Autore: Star_Rover    11/09/2022    6 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XVI. Silenzio
 

La neve cadeva lentamente, volteggiando al vento per poi poggiarsi sul suolo ghiacciato. Il cimitero era avvolto dal freddo e dal silenzio.
Hjalmar si strinse nel cappotto per ripararsi dal gelo, un brivido scosse il suo corpo.
Il ragazzino sollevò timidamente lo sguardo per osservare gli altri presenti. Tutti avevano un’espressione triste e affranta sul volto, sembravano davvero sconvolti e addolorati per quella perdita.
Il giovane apprezzò la vicinanza dei suoi compaesani in quel momento così difficile per la sua famiglia. Egli era certo di non poter essere di supporto per i suoi cari, davanti a quel lutto preferiva restare in disparte. La morte di suo zio non era stato un evento inaspettato, si sentiva in colpa ad ammetterlo, ma in un certo senso aveva provato addirittura sollievo. Per mesi aveva assistito all’agonia di Elmer, il quale non aveva potuto nulla contro la malattia che giorno dopo giorno l’aveva consumato nell’animo e nel corpo. Almeno ora avrebbe potuto riposare in pace senza più soffrire.
Hjalmar avvertì la mano di sua madre stringere la sua in cerca di conforto. In quel momento incrociò il suo sguardo, notando gli occhi lucidi di lacrime. Quella scena lo riportò indietro nel tempo, esattamente a dieci anni prima. Ebbe la sensazione di rivivere la sepoltura di suo padre, ricordava che anche allora sua madre l’aveva stretto a sé, soffocando i suoi singhiozzi in quell’abbraccio.
Lui invece non aveva pianto nemmeno in quell’occasione, nonostante la tenera età, aveva sempre sopportato il dolore in silenzio.
Al termine della funzione pian piano la folla che si era radunata nel cimitero iniziò a diradarsi. Hjalmar rimase immobile anche quando sua madre si allontanò per unirsi agli altri parenti.
Il ragazzo osservò le due lapidi avvertendo una strana inquietudine. Le tombe dei fratelli giacevano ora una accanto all’altra, i due erano uniti dopo la morte, seppur in vita non avessero mai avuto un buon rapporto. Hjalmar non sapeva molto a riguardo, ma era convinto che fossero state le ideologie politiche ad allontanarli. In ogni caso dopo la morte del fratello minore Elmer non aveva esitato a prendersi cura della cognata e dei nipoti.
Il ragazzo stava pensando a questo quando avvertì il rumore di alcuni passi, non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscere la presenza di Verner.
Il fratello maggiore si affiancò a lui.
«Mi dispiace» disse con sincero rammarico.
Hjalmar non capì: «per che cosa?»
Egli prese un profondo respiro.
«Per non essere stato presente per te e la mamma in questi ultimi mesi. Non deve essere stato semplice affrontare tutto questo»
Il più giovane scosse il capo: «non preoccuparti. So che avevi le tue ragioni per essere lontano da casa»
Verner si guardò intorno per accertarsi che fossero realmente rimasti soli.
«Avevi ragione a riguardo di nostro padre»
Hjalmar sollevò il capo esprimendo stupore e curiosità per quell’affermazione.
«Che cosa intendi?»
«Ho voluto scoprire qualcosa di più su di lui e sulla sua condanna. Egli era un uomo onesto, non tollerava le ingiustizie. È morto lottando per ciò in cui credeva»
Il giovane si impensierì.
«Non capisco…per quale motivo tutti lo hanno sempre considerato come un criminale?»
Verner non esitò a dire la sua opinione.
«Credo che la nostra famiglia abbia sempre considerato la sua condanna come una vergogna»
«Tutto questo non ha senso! Se nostro padre era davvero una brava persona perché dovremmo infangare la sua memoria in questo modo?»
«Non è così semplice. Egli è stato giustiziato per omicidio, non importa del motivo per cui ha ucciso quel soldato, per i russi è soltanto un assassino. Immagino che nostra madre e lo zio Elmer abbiano tentato di fare il possibile per proteggere la nostra famiglia»
Hjalmar faticò a credere che quella fosse la verità.
«Tutto ciò è assurdo! Nostro padre merita di essere ricordato come un eroe e non come un criminale!»
Verner rimase colpito, provò commozione davanti alla reazione del fratello, invidiò la sua ingenua convinzione.
«Quando questa terra sarà libera anche la memoria di nostro padre potrà riavere la giustizia che merita»
Il giovane comprese il significato di quelle parole, era consapevole che la sua famiglia non era l’unica ad aver subito ingiustizie e ad aver sofferto a causa dell’egemonia russa.
Hjalmar osservò la tomba del padre, si rattristò nel pensare che per lui egli restava poco più di una figura sfocata nelle sue memorie. Era ancora un bambino quando era rimasto orfano di padre, non aveva molti ricordi del genitore, egli non tornava spesso a casa. Sapeva che lavorava molto per provvedere alla sua famiglia, ma nonostante tutto aveva sempre trovato il modo di poter trascorrere del tempo con i suoi figli. Ricordava le gite nei boschi durante le quali il padre aveva avuto occasione di tramandare i suoi consigli. Era stato lui a insegnare a Verner a cacciare e pescare, gli aveva anche trasmesso la sua passione per la scultura del legno.
Doveva ammettere che il fratello maggiore assomigliasse molto al padre, sia fisicamente che caratterialmente. Aveva ereditato i suoi stessi occhi di ghiaccio.
Hjalmar era certo che Verner avesse deciso di unirsi ai ribelli anche per sentirsi più vicino al genitore, compiendo scelte che egli avrebbe potuto comprendere e approvare.
Per lui invece la situazione era diversa, l’impossibilità di agire l’obbligava ad attendere nell’incertezza.
Il ragazzo iniziava a provare sempre più frustrazione per la sua situazione.  
«Ad essere sincero sono stanco di tutto questo, vorrei poter fare qualcosa di più» rivelò.
Verner sussultò, non avrebbe mai permesso a suo fratello di mettersi in pericolo. Aveva sempre ritenuto che fosse suo dovere proteggerlo, ancor più dopo la prematura scomparsa del genitore.
Il giovane si rivolse al fratello con tono serio e severo.
«Devi promettermi che resterai vicino alla mamma, in questo momento lei ha bisogno di qualcuno al suo fianco»
Hjalmar annuì, il suo sguardo però lasciò trasparire la sua preoccupazione.
«E tu cosa farai?» domandò con apprensione.
Verner decise di essere sincero nei suoi confronti.
«Devo andarmene dal villaggio, ho una missione da portare a termine»
Dal tono della sua voce Hjalmar intuì che dovesse trattarsi di qualcosa di importante e probabilmente pericoloso. Non osò fare domande, in fondo sapeva che non avrebbe ricevuto le risposte che avrebbe voluto.
«Cerca di stare attento…»
Verner tentò di rassicurarlo mostrando un mezzo sorriso.
«Tornerò presto, te lo prometto»
Hjalmar scelse di credere in quelle parole.
 
Verner si allontanò dalle lapidi, ritornando sui suoi passi vide la figura di Karl davanti al pesante cancello di ferro battuto.
L’amico di famiglia si levò il cappello e porse educatamente le sue condoglianze.
Verner poté ben comprendere il profondo dolore che stava provando quell’uomo, il quale aveva appena perso il suo migliore amico.  
Karl accompagnò il ragazzo lungo la strada, per un po’ i due camminarono uno di fianco all’altro senza dire una parola.
«Dunque hai preso la tua decisione?» domandò Karl all’improvviso.
Verner si limitò ad annuire.
«Spero che tu sia davvero convinto di quel che stai per fare»
«Non potrei agire diversamente, so di aver fatto la scelta giusta»
Karl non si stupì, ormai aveva imparato a conoscere la determinazione e l’ostinazione di quel giovane.
«Elmer aveva ragione, tu sei testardo e incauto come tuo padre»
«È questo che mio zio diceva di me?»
Karl esitò.
«Lui temeva per la tua incolumità. Conosceva bene Aaro, suppongo che avesse riconosciuto in te questo aspetto del suo carattere»
«Preferisco essere considerato un incosciente piuttosto che vivere come un codardo»
«Elmer non era un codardo»
«Non è quel che ho detto. Posso comprendere le motivazioni di mio zio, ma io non sono come lui»
Karl non si rassegnò: «dovresti fermarti prima che sia troppo tardi»
«Questa faccenda non ti riguarda»
«Ho promesso a Elmer che avrei fatto il possibile per aiutarti»
«Mio zio non avrebbe mai potuto comprendere le mie decisioni, esattamente come non ha mai accettato le scelte di mio padre»
Karl non poté ribattere, in fondo sapeva che quella era la verità.
 
Verner montò in sella, strinse le redini e spronò il suo Suokki al galoppo. Avrebbe dovuto affrettarsi per raggiungere la sua meta prima del tramonto. Jussi era stato chiaro a riguardo del loro appuntamento, tutto era stato pianificato per il buon esito della missione.
Nonostante la convinzione di aver preso la giusta decisione Verner provò sensazioni contrastanti. Pensò ad Aleks e alle sue scelte, egli non aveva esitato a porre i suoi ideali al di sopra della sua stessa famiglia. Non sapeva se un giorno sarebbe stato disposto a un così grande sacrificio, ma aveva giurato a sé stesso che avrebbe fatto tutto il possibile per il bene dei suoi cari. E se per combattere quella battaglia avrebbe dovuto rinunciare al loro affetto, allora avrebbe accettato il prezzo da pagare in cambio della libertà del suo popolo.
Prima di abbandonare il villaggio rivolse lo sguardo verso il sentiero che conduceva al rifugio nella foresta. Si domandò che cosa avrebbe pensato Jari di lui in quel momento. Avrebbe dovuto comprendere le sue ragioni, come lui aveva deciso di agire e lottare per ciò che riteneva giusto. Nonostante ciò era convinto che l’amico non avrebbe mai approvato le sue scelte. Aveva deciso di unirsi a un gruppo di ribelli clandestini ed ora stava per diventare un assassino. Questo era ciò che avrebbe considerato dal suo punto di vista.
Verner non aveva più alcun dubbio, eppure il giudizio di Jari continuava ad avere peso sulla sua coscienza. Una parte di sé continuava a sentire la sua mancanza.
Il giovane tentò di non dare troppa importanza a quelle sensazioni, ormai ciò che rimaneva del loro rapporto erano soltanto ricordi. Le loro strade si erano divise la notte in cui Jari aveva deciso di andarsene. Non era ancora pronto ad accettarlo, ma era consapevole che nulla sarebbe più stato come prima.
Verner aumentò la velocità, nella quiete della foresta poté avvertire solo il rumore degli zoccoli che battevano sulla neve fresca.
 
***

Il tenente Smirnov osservò i suoi uomini che con aria stanca e annoiata consumavano la loro cena. Da quando si erano insediati in quel villaggio avevano dovuto adattarsi, le truppe erano state sistemate in un vecchio fienile, un posto del tutto freddo e inospitale, così come l’ambiente circostante.
Il tenente aveva cercato di valutare la situazione dagli ordini del suo comandante. L’arrivo di nuovi rinforzi in quella particolare area della Carelia poteva significare solo una cosa, ovvero che l’esercito aveva interesse a riarmare il confine. I suoi sospetti si erano rivelati esatti, stava accadendo qualcosa in Finlandia, qualcosa di imprevedibile e pericoloso. In quanto ufficiale dell’Esercito Imperiale Smirnov era consapevole che il suo dovere fosse proteggere e difendere i territori dello zar. La sua famiglia aveva servito nell’Esercito per generazioni, alcuni suoi antenati erano anche riusciti a distinguersi per le loro doti militari, ottenendo promozioni e onorificenze. Suo fratello aveva perso la vita con onore sul campo di battaglia durante la guerra in Manciuria. Egli aveva intenzione di dimostrarsi all’altezza dei suoi predecessori e consanguinei, credeva nei valori con cui era cresciuto. Quello era sicuramente un momento difficile per la sua patria, devastata dalla guerra, dalle insurrezioni e dai disordini interni. Smirnov non poteva sapere che cosa sarebbe accaduto, ma riteneva che il suo unico obiettivo fosse restare ligio al suo dovere.
Stava pensando a questo quando ad un tratto una conversazione tra alcuni soldati attirò la sua attenzione.
«È assurdo, al fronte si sta combattendo una vera guerra, mentre noi siamo qui sperduti nel mezzo del nulla!»
«Preferiresti sparare ai tedeschi?»
«Sempre meglio che marciare per giorni nella neve senza mai arrivare da nessuna parte!»
L’ufficiale si fermò vicino al tavolo, proprio di fronte al soldato che aveva esposto quelle frasi irriverenti. Il ragazzo impallidì, immediatamente si raddrizzò sulla sedia.
Smirnov guardò le reclute in viso, riconoscendo i loro tratti ancora ingenui.
«Forse per voi essere spediti ai confini dell’Impero, in queste lande desolate, lontano dal fronte di guerra, può sembrare quasi un’umiliazione. Ma posso assicurarvi che qui la situazione non è tranquilla come sembra»
Nessuno osò dire nulla.
«Dobbiamo restare in allerta, la scintilla potrebbe scoppiare da un momento all’altro»
Le reclute risposero all’unisono: «sì signore»
Il tenente fu certo quei giovani avessero recepito il messaggio, non intendeva spaventare i suoi sottoposti, ma doveva ricordare loro quale fosse il ruolo di un soldato, indipendentemente dalle circostanze.
Dopo quegli avvertimenti Smirnov uscì dal capanno per raggiungere le sentinelle. Lungo il sentiero incontrò alcuni finlandesi, i quali stavano tornando alle loro case dopo la giornata di lavoro. Alla vista dell’ufficiale gli uomini parvero irrigidirsi, si ammutolirono e passarono al suo fianco rivolgendogli sguardi freddi e diffidenti.
Smirnov proseguì con indifferenza, ormai era abituato ad essere giudicato e disprezzato dagli abitanti del luogo a causa della sua divisa. Non era la prima volta che si trovava in una situazione simile.
Il tenente era molto severo per quel che riguardava la disciplina dei suoi soldati, sotto il suo comando non era mai avvenuto nulla di increscioso. Eppure molti finlandesi consideravano come invasori tutti i militari, a prescindere dal loro atteggiamento.
Fortunatamente non tutti tendevano a comportamenti così ostili. Aveva incontrato finlandesi disposti a collaborare, e doveva anche ammettere che in determinate situazioni la sua uniforme da ufficiale riusciva ad attirare piacevoli attenzioni femminili. Smirnov dovette ammettere che in quella notte non avrebbe disprezzato una più calda compagnia.
Tralasciando quei pensieri il tenente raggiunse il posto di guardia e interrogò le sentinelle. I suoi sottoposti non riferirono nulla di insolito. L’ufficiale restò ad ammirare il panorama notturno. Rivolse lo sguardo verso il profilo scuro delle colline, in quel momento, mentre tutto era avvolto dal silenzio, provò una piacevole sensazione di pace.
 
***

Kaija attraversò lentamente la stanza, si soffermò davanti al pianoforte ed osservò lo strumento con aria malinconica. Fin da piccola era abituata ad ascoltare le melodie suonate prima da sua madre e poi da suo fratello.
La ragazza sospirò, il silenzio in quella casa era diventato sempre più opprimente.
Kaija strinse il foglio che teneva tra le mani tremanti, rilesse ancora quelle parole con il cuore colmo di ansia e preoccupazione. In tutto quel tempo era stata in apprensione per la sorte del fratello, ogni giorno diventava sempre più difficile sopportare la sua assenza. Poteva solo immaginare ciò che egli aveva dovuto affrontare al fronte. Ricevere la notizia del suo ferimento sul campo di battaglia e sulle sue precarie condizioni fisiche aveva aggravato ulteriormente la situazione.
Forse Kris aveva ragione, non avrebbe dovuto affrontare tutto ciò da sola. Condividere il suo dolore con qualcuno che avrebbe potuto comprendere avrebbe potuto essere di sostegno. Aveva però ritenuto che non fosse il momento adatto per rivelare a Verner una simile notizia, non se l’era sentita di arrecargli altri tormenti dopo il recente lutto. Si sarebbe comunque premurata di informarlo a riguardo delle condizioni di Jari al più presto.
Suo padre aveva tentato di fare del suo meglio per rassicurarla, ma anch’egli era rimasto profondamente turbato da quella lettera. Pur senza scomporsi aveva lasciato trasparire la preoccupazione per il figlio.
Quando Jari le aveva rivelato le sue intenzioni Kaija aveva intuito che egli non avrebbe esitato a dimostrare il proprio valore, non era codardo, su questo non aveva alcun dubbio. Era stata la sua ostinata determinazione a condurlo in prima linea. Per quanto avesse desiderato dissuaderlo aveva sempre saputo di non poter impedire al fratello di fare ciò che riteneva giusto.
Kaija tentò di non abbandonarsi allo sconforto, cercò di allontanare i pensieri negativi e far forza su ciò che sapeva per certo. Jari era vivo, questo era l’importante.
Nonostante tutto la ragazza non volle abbandonare la speranza, quella lettera era la prova che Jari non fosse solo, qualcuno si stava prendendo cura di lui. Colui che l’aveva scritta si era definito un suo caro amico, oltre che un fidato commilitone. Qualcosa in quelle parole le donò la forza di credere che suo fratello fosse in buone mani.
 
Il dottor Koskinen usciva raramente dal suo studio, dopo aver appreso le notizie riguardanti le gravi condizioni del figlio aveva trovato rifugio tra quelle mura, dove poteva rimanere solo con i propri tormenti.
Egli osservò la fotografia dell’amata moglie riposta sul tavolo. Nello scatto Helena mostrava il suo timido sorriso, era bellissima, lo sarebbe stata per sempre.
Il medico si lasciò trasportare dai ricordi, commuovendosi nel rivivere quei momenti.
«Mi dispiace» sussurrò tristemente, sfiorando la fotografia con la punta delle dita.
L’uomo provò profonda amarezza nel realizzare di aver fallito nel compito più importante della sua vita. Aveva promesso alla moglie che avrebbe sempre pensato al bene dei loro figli, che avrebbe fatto il possibile per proteggerli. Aveva davvero tentato di fare del suo meglio, ma era costretto ad ammettere di aver commesso degli errori. Nonostante le sue buone intenzioni non era riuscito a mantener fede alla sua promessa.
In quanto padre si sentiva responsabile, non poteva reprimere in alcun modo i sensi di colpa, ma in fondo dentro di sé sapeva che non avrebbe potuto impedire in alcun modo al figlio di partire per quella guerra. Il giovane aveva scelto di agire e combattere per quel che riteneva giusto.
Fredrik dovette riconoscere che il figlio aveva dimostrato determinazione e coraggio nella sua decisione. Era stato forse sprovveduto nel sottovalutare il pericolo, come qualsiasi giovane idealista e impulsivo. Jari aveva scelto di porre la sua vita al servizio della Patria, in nome dei suoi ideali e della libertà. Per questo non poteva che provare rispetto e ammirazione. Comunque sarebbero andate le cose, egli sarebbe stato orgoglioso di lui.
Aveva un unico rimpianto, ovvero il fatto di non aver mai avuto occasione di essere sincero nei suoi confronti. Aveva preferito mascherare i suoi sentimenti dietro alla sua autorità, senza mai mostrare al figlio il suo lato più umano e comprensivo. Il loro rapporto non era mai stato semplice, Jari era un ragazzo timido e introverso, con il quale faticava ad entrare in sintonia. Avrebbe dovuto essere più paziente e tollerante nei suoi confronti, soltanto ora riconosceva i suoi errori, ma era troppo tardi.
Aveva creduto di agire per il suo bene, ma le sue premure erano finite per diventare opprimenti per un giovane in cerca della sua strada. Era stato questo ad allontanarlo, aveva riposto in lui troppe aspettative, caricando sulle sue spalle il peso di responsabilità che egli non era pronto ad affrontare. Aveva del tutto ignorato i suoi sentimenti e la sua volontà quando gli aveva imposto di proseguire gli studi ad Helsinki. Per questo Jari era giunto a detestarlo a tal punto da non avergli concesso nemmeno un ultimo saluto.
Il dottor Koskinen chinò il capo riconoscendo i propri sbagli, avrebbe riposto piena fiducia nel figlio, se solo avesse avuto un’altra possibilità.
 
***

Come previsto Verner incontrò Jussi nel luogo prestabilito, una vecchia locanda di pescatori vicino al lago. Affittarono una stanza fingendo di essere forestieri giunti in quella zona della Carelia in cerca di lavoro. Non ebbero bisogno di portare avanti a lungo la loro copertura, nessuno parve insospettito dalla loro presenza.
Soltanto dopo essersi rifugiati nella loro stanza ebbero modo di discutere i dettagli del piano.
Verner caricò la pistola, la maneggiò con cura facendola scivolare tra le dita, poi la poggiò sul comodino e si avvicinò alla finestra. La luce argentea della luna era riflessa dalla superficie del lago, all’orizzonte si intravedevano le sagome delle imbarcazioni.
Jussi notò la sua preoccupazione: «qualcosa non va?»
Egli scosse la testa: «no, sono pronto a fare il mio dovere»
L’altro gli rivolse uno sguardo severo: «sei sicuro di voler andare fino in fondo a questa faccenda?»
Il giovane annuì.
Il compagno rispose con un sorriso soddisfatto: «d’accordo. Ricordati, dovremo stare attenti ed essere pronti ad ogni evenienza»
Verner nascose l’arma all’interno della giacca: «non preoccuparti, tutto andrà secondo i piani»
Jussi non dubitò delle sue parole: «mi fido di te»
 
Più tardi i due si presentarono nel salone della locanda, dove trovarono una folla di marinai già mezzi ubriachi.
«Sei sicuro che è qui che troveremo la persona che stiamo cercando?» sussurrò Verner con aria perplessa.
L’amico confermò indicando con lo sguardo il fondo del locale.
«Laggiù, è lui il nostro obiettivo»
Verner osservò l’uomo seduto a pochi tavoli di distanza, egli non sembrava affatto diverso dagli altri avventori. Appariva un semplice finlandese, faticava a credere che in realtà fosse una spia nemica.  
«Per quale motivo un nostro connazionale dovrebbe vendere informazioni ai russi?»
Jussi scosse le spalle: «per denaro si fanno cose impensabili»
Verner replicò fermamente: «io non potrei mai farmi corrompere in questo modo»
L’altro sorrise: «certo, perché tu sei un uomo onesto e leale. Purtroppo non tutti i finlandesi hanno a cuore il destino della loro nazione più del guadagno nelle loro tasche»
Il giovane rispose con una smorfia di disprezzo.
Jussi ordinò un paio di birre, nessuno dei due era intenzionato a bere, ma per controllare la situazione dovevano evitare di dare nell’occhio.
 
Durante quell’attesa Verner iniziò a riflettere su ciò che sarebbe potuto accadere. Uccidere un informatore avrebbe avuto le sue conseguenze. Questo sarebbe potuto divenire un messaggio di avvertimento per tutti gli altri finlandesi corrotti, i quali ci avrebbero pensato due volte prima di parlare. Ma i russi come avrebbero reagito? Probabilmente avrebbero capito subito che i ribelli avevano identificato e giustiziato il traditore. Sicuramente non avrebbero lasciato correre un simile affronto. In ogni caso non sarebbe stata la paura a impedirgli di portare a termine il suo dovere.
Verner pensò alla sua famiglia, a tutto ciò che aveva dovuto sopportare per colpa dell’egemonia russa. Era pronto a compiere quel passo, ormai non aveva più nulla da perdere.
 
Quando il locale si fu svuotato Jussi diede il segnale, i due si rialzarono dal tavolo per avvicinarsi al loro obiettivo. Si affiancarono a lui, Verner lo bloccò puntandogli l’arma alla schiena, il compagno invece si posizionò davanti alla porta per impedirgli la fuga.
L’uomo fu colto di sorpresa, inizialmente non sembrò comprendere la situazione. I ribelli lo intimarono a restare in silenzio e lo trascinarono fuori dall’edificio.
Verner continuò a mantenere la pistola puntata, conducendo il suo ostaggio lungo un breve tratto del sentiero. Si fermarono in un piccolo spiazzo nella radura. Jussi spinse il prigioniero a terra, obbligandolo a inginocchiarsi nella neve.
«Chi siete? Cosa volete da me?» domandò l’uomo con voce tremante.
Jussi rispose con sincerità, quando nominò i compagni condannati notò un lampo di terrore nel suo sguardo, era chiaro che avesse capito ciò che sarebbe successo. Continuò a interrogarlo anche se ormai non aveva più dubbi sulla sua identità. Insistette finché le sue risposte non risultarono soddisfacenti.
Dopo la sua confessione i due non indugiarono oltre, avevano già perso troppo tempo con quel traditore.
Verner non si lasciò sopraffare dalla compassione, non provava alcuna pietà per un essere così spregevole.
Un solo sparo echeggiò nella notte, poco dopo si udì il tonfo sordo del corpo che ricadde sul suolo ghiacciato. La neve si macchiò di sangue.
Verner rimase qualche istante immobile accanto al cadavere, aveva appena commesso il suo primo omicidio, eppure non provava alcun rimorso. Aveva ucciso in nome della causa, giustiziare il responsabile per la morte dei suoi compagni era stato un atto di giustizia.
«Ha avuto quel che meritava» commentò Jussi con freddezza.
«Almeno d’ora in poi resterà in silenzio»
  
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