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Autore: Marti Lestrange    19/09/2022    2 recensioni
[ Dall'atto I: "Era cattiva, Walburga Black, e forse è proprio la sua cattiveria ad averla tenuta viva negli ultimi mesi, quando la malattia se la voleva portare via ma lei si aggrappava al suo letto con tenacia e perseveranza. Mi sono chiesta che cosa accendesse quella cattiveria, che cosa l’alimentasse persino quando non c’era più nulla, intorno a lei e dentro di lei, al quale attingere." ]
— mini-long in cinque capitoli partecipante all’iniziativa “Cinque fette di torta alla melassa” indetta sul gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta” ;
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Walburga Black
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'in the name of the Black.'
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Questa storia partecipa all’iniziativa “Cinque fette di torta alla melassa” indetta sul gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta” per festeggiare il loro primo anniversario ♡ a seguire il regolamento estrapolato e rielaborato a partire dal post ufficiale dedicato alla sfida di scrittura:

 

Step 1: l’iscrizione prevedeva la scelta di una strofa intera di una canzone a nostra scelta che andava riportata in risposta al post di iscrizione/presentazione. La mia scelta è stata questo passaggio di “august” di Taylor Swift: “but I can see us lost in the memory / august slipped away into a moment in time / ‘cause it was never mine / and I can see us twisted in bedsheets / august slipped away like a bottle of wine / ‘cause you were never mine”.

 

Step 2: dalla strofa della canzone presentata al momento dell’iscrizione sono state estrapolate 5 parole e bisognava scrivere un racconto in cinque capitoli dove ogni capitolo era ispirato a un prompt diverso, corrispondente alle 5 parole di cui sopra. La sfida era doppia: ricavare ispirazione da una parola qualsiasi e ideare un progetto "in cinque atti" che avesse senso nell'insieme pur avendo un prompt diverso per ogni "atto". Chi voleva poteva aggiungere un ulteriore elemento di difficoltà, utilizzando le atmosfere/il significato della canzone scelta in fase di iscrizione come sfondo del progetto di scrittura. 

 

Ecco le mie 5 parole/prompt: memory, august, time, bedsheets, wine (da usare non necessariamente in quest'ordine).

 

Erano ammesse:

~ minilong di cinque capitoli;
~ raccolte omogenee di poesie;
~ raccolte omogenee di drabble/flashfic/oneshot; 
~ raccolte omogenee di racconti di varie lunghezze;

*per “omogenea” non si intende la lunghezza dei singoli racconti, ma l'intenzione alla base del progetto, il suo filo conduttore (che può essere una tematica così come la scelta di un solo protagonista)

 

Step 3: pubblicare la storia, un po’ per volta o tutta insieme, ma comunque entro venerdì 30 settembre 2022.

 

NOTA DELL’AUTORE: personalmente, la mia scelta iniziale era andata su una coppia inedita inventata da me nel mio personale headcanon sulla famiglia Black, che qualcuno di voi ricorderà sicuramente dalla raccolta scritta in occasione dello scorso Writober → “In the name of the Black” (potete cliccarci sopra, vi porterà alla raccolta, per chi avesse voglia di leggerla). La coppia in questione è la Walburga/Damien, dove Damien è Damien Rosier, personaggio inventato da me. Questi i capitoli della raccolta dove ho scritto di loro: capitolo V e capitolo XVI. Non è necessario averli letti per comprendere questa storia, comunque, così come la raccolta. Man mano che scrivevo, però, mi sono resa conto che la vera protagonista era Walburga, quindi quello che leggerete qui è come se fosse una sorta di memoir, un racconto di un’estate, anzi, di un mese. E di ciò che quell’estate si è portata dietro. La storia viene presentata in una veste diversa, con un doppio punto di vista, uno nel passato e uno nel presente, ma lo scoprirete leggendo, non voglio svelarvi troppo, adesso. Detto ciò, vi lascio a questo primo capitolo e alla mia Walburga.

 

DISCLAIMER: I personaggi che compaiono nel canon e tutto ciò che è relativo alla saga di Harry Potter appartiene a J.K.Rowling, ma tutto il resto fa parte del mio personale headcanon. Grazie dell’attenzione e buona lettura ☾

 


 

Dance of Death.

 

[ atto I — memory ]

 

Grimmauld Place, 1985 ;

 

La memoria è un’instabile alleata. Questo è ciò su cui Walburga Black insisteva tanto, durante i nostri incontri. Lo rimarcava spesso, quasi come fosse un intercalare. O una preghiera. In linea di massima aveva ragione, per quanto ne so, anche se tendo a fidarmi poco della presunta saggezza degli adulti, perché nei miei venticinque anni di vita non ho ricevuto altro che cazzate. Ma immagino che arriverò a darle ragione, prima o poi, forse, quando anche io avrò raggiunto la sua età, e avrò vissuto ciò che ha vissuto lei. 

 

La memoria è un’instabile alleata, eppure lei sembrava ricordare tutto, o quasi. Alcuni dettagli le sono sfuggiti, com’è normale e fisiologico, mentre altri, che all’apparenza apparivano comicamente inutili o dimenticabili, le sono rimasti impressi nella mente come un marchio a fuoco, o una maledizione. Ha parlato della maledizione che sembrava perseguitare il nome della sua famiglia solo alla fine, a conclusione del suo racconto, come se fosse un degno finale di tutto quell’affaccendarsi - oppure un ultimo tentativo di giustificarsi, di spiegare, o di chiedere ammenda.

 

Conoscendo Walburga Black, dubito che l’assoluzione fosse ciò che realmente cercava, affidandomi le sue memorie. No, Walburga Black non ha bisogno del perdono di nessuno perché non si è pentita di niente, e mai se ne pentirà, né in questa né in un’altra vita - e in tutte le altre possibili vite che forse l’attendono. Ha vissuto tenendo la testa alta, percorrendo le strade tortuose della società Purosangue dei suoi anni senza mai vacillare, indossando una maschera fatta di distinzione sociale, prestigio del suo nome, tradizioni radicate, e oscurità. Pura, profonda, paralizzante oscurità.

 

Era cattiva, Walburga Black, e forse è proprio la sua cattiveria ad averla tenuta viva negli ultimi mesi, quando la malattia se la voleva portare via ma lei si aggrappava al suo letto con tenacia e perseveranza. Mi sono chiesta che cosa accendesse quella cattiveria, che cosa l’alimentasse persino quando non c’era più nulla, intorno a lei e dentro di lei, al quale attingere. Il corpo quasi immobile sotto le coperte scure, le tende tirate, i capelli ormai bianchi raccolti in una grossa treccia e una camicia da notte bianca. 

 

Mi dice di avere un solo, singolo rimorso, durante uno dei miei ultimi giorni a casa Black. Nulla a che vedere col marito Orion, scomparso prematuramente, nel sonno, e in circostanze nebulose che nessuno ha mai osato chiarire, anche se pensare che fosse morto per il dolore dovuto alla perdita del figlio sembra la spiegazione che tutti si sono fatti piacere - la più semplice, anche se infinitamente dolorosa. Il suo secondogenito era il suo specchio, e custode del suo cuore. Quando l’ha perduto, ha perduto se stesso. 

 

Il rimorso di Walburga Black non riguarda nemmeno il suo primogenito, il cui nome le trema sulle labbra incartapecorite ma non stanche come se avesse ancora il potere di distruggerla dall’interno, così come allora, pezzo per pezzo. Sirius aveva rischiato di far crollare il suo castello di carte, e lei non l’ha mai perdonato per questo. Penso seriamente che lo odi, di un odio puro e talmente semplice da lasciarti confuso. Qualcuno si starà chiedendo come sia possibile, odiare il prodotto del tuo stesso ventre, sangue del tuo sangue, un misto di tutto ciò che sei anche tu, o che sei stato. 

 

Eppure, Walburga Black odiava suo figlio. Forse perché erano più simili di quanto sembrasse, e di quanto entrambi si sforzassero di negare, e di quanto il mondo fosse preparato ad ammettere. Convergevano la loro passione in direzioni opposte e divergenti, ma se Sirius conservava dentro di sé un piccolo germe di oscurità latente, Walburga non aveva quasi nulla di buono, nel suo sangue scorreva veleno liquido, e il suo cuore era duro come pietra.

 

Il suo cuore è stato impermeabile fino alla fine. 

 

“Non sono nemmeno più sicura di averlo amato davvero, sai, Josephine?” Mi dice dopo avermi chiesto di far scorrere le tende per vedere il tramonto. Forse l’ultimo tramonto della sua vita. È come se la morte le sieda accanto, paziente, vestita di scuro - e la morte ha i suoi stessi occhi. 

 

Un rumore di passi spezza il silenzio creatosi, e la zazzera di capelli scuri di mio figlio spunta nella stanza. “Vieni a giocare, maman?”

“Dove hai lasciato tua sorella, Rod?”

“È con Kre.” esita, mordendosi le labbra. Non riesce bene a dirlo. 

“Kreacher?” gli vengo in aiuto.

 

Annuisce. I suoi occhi sono grigi. Profondi come polle. 

“Ti avevo chiesto di stare buono di sotto con Kreacher e tua sorella. Ricordi?”

“Voglio giocare con te, maman.”

 

Gli sorrido e gli faccio cenno di avvicinarsi. Rod caracolla verso di me sulle gambette cicciotte. Ha cinque anni e conserva ancora le rotondità di quando ne aveva appena due. Mi abbraccia le gambe. Mi sorride con quel sorriso che adoro. Che amo. 

 

“Qualche minuto e scendo a giocare un po’, d’accord?”

“Promesso?”

“Promesso.”

 

Mio figlio annuisce e lascia la stanza, la porta socchiusa dietro di sé come se fosse un invito a seguirlo. Mi piacerebbe farlo, ma ho acconsentito a prestare ascolto a Walburga, ed è ciò che farò, fino alla fine.

 

“È uguale a Regulus.”

Le sorrido. Ingoio un bolo di saliva e paura. Nessuno me li porterà via, nè Rodney nè Emily1. Sono miei e miei soltanto e presto sarò molto lontana da qui, non solo dal 12 di Grimmauld Place e questa casa che puzza di morte, ma anche da Londra, e da questo paese maledetto. Solo Walburga sa, o almeno pensa di sapere. Sa solo una mezza verità, la mezza verità che ha voluto ascoltare, la mezza verità che mi ha fatto comodo farle credere fosse reale. Non saprò mai se l’avesse capito e facesse solo finta di assecondarmi perché l’alternativa era qualcosa di troppo scomodo per lei da accettare, o far combaciare con la narrativa dell’orrore che era diventata la sua vita. 

 

“Vuoi che ti lasci le tende aperte?” le chiedo alzandomi. 

 

“Ho da raccontarti un’ultima cosa, Josephine1.” Non mi chiama mai Jo, come fanno tutti quelli più vicini a me, non l’ha mai fatto. Non so se perché le piacesse mantenere un certo distacco, o perché amasse rimarcare la sua posizione di superiorità, sta di fatto che non l’ho mai invitata a chiamarmi Jo, neanche durante il periodo in cui sono stata fidanzata con suo figlio, anche se brevemente.

 

Ora la guardo, stupita.

“È il tassello mancante. L’estate in cui cambiò tutto. La ricordo come fosse ieri.”

“Dici sempre che la memoria.”

 

“È un’instabile alleata, lo so,” mi interrompe, spazientita. Sta morendo e ha ancora la capacità di perdere la pazienza come un tempo, dilatando le narici, alzando gli occhi al cielo. Ma non posso dimenticare. 

“Perché? Cosa cambiò, quell’estate?”

 

“Quasi nulla, fuori di me. Tutto, dentro di me.”

Rimango in silenzio.

“Siediti, Josephine. Sarò concisa. Tu hai poco tempo, e anche io.”

 

Obbedisco. Non riesco a fare altrimenti. Apro il plico di fogli di pergamena sui quali ho appuntato le memorie di Walburga. 

“Cosa cambiò?” le chiedo dopo un momento di silenzio in cui temo si sia addormentata. “Cosa cambiò, Walburga?”

 

“Mi innamorai,” risponde. “Mi innamorai, e poi seppellii quell’amore per sempre.” 

 

✩ ✩ ✩

 

NOTE

1. Josephine Greengrass è un personaggio di mia invenzione; Rodney ed Emily sono i suoi figli (gemelli), nati nel 1980.

 

Grazie a chiunque sia arrivato alla fine di questo primo capitolo. Vi avevo anticipato che ci sarebbero stati due punti di vista diversi, qui avete conosciuto il primo, il punto di vista sul presente: Josephine. Lei preferirebbe essere chiamata Jo, comunque, per la cronaca. Di nuovo, chi ha letto la mia raccolta sui Black ha avuto modo di conoscerla, ecco dove è comparsa: capitolo XIII e capitolo XXI

 

Non temete, la nostra Walburga tornerà in tutto il suo splendore nel prossimo capitolo. E arriverà anche Damien. Mercoledì 21/09 dovrei riuscire a pubblicare il secondo capitolo.

 

A presto, 
Marti ☾

 

Ps ho dimenticato di precisare che il titolo è preso dall’omonima canzone degli Iron Maiden, “Dance of Death”.
Ps 2 se volete mi potete trovare su instagram.

   
 
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