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Autore: Padmini    20/09/2022    2 recensioni
Con questa storia voglio modificare in modo drastico il Film e la Serie Boruto, che non mi stanno piacendo per niente. Alcuni personaggi verranno eliminati, altri avranno un destino diverso, lo scoprirete leggendo. Spero che vi piaccia!
dal Primo Capitolo
La voce di Boruto gli arrivò come una ventata d’aria fresca, suo figlio era lì, era lì per salvarlo! Con uno sforzo indicibile riuscì a voltare appena la testa, la vista era sfocata, ma riconobbe in qualche modo le sagome di Sasuke, gli altri Kage e … Boruto? Sì, era proprio lui, ma per caso indossava la sua vecchia giacca? Quella logora e strappata di quando era bambino? Non riuscì a trattenere un sorriso, anche se Boruto aveva barato, anche se aveva meritato la squalifica per ciò che aveva fatto, era fiero di lui, si era rialzato e aveva continuato, sfidando la vergogna, sfidando la sconfitta, aveva affrontato tutto quello per venirlo a salvare.
“Papà!”
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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FINEEEEEEE
Questo è l’ultimo capitolo, l’epilogo!! Racconterò tutto cercando di essere il più esaustiva possibile, saltando diversi anni, ma ovviamente sarà un riassunto. Spero vivamente di non aver esagerato e che questa svolta nella storia vi piaccia, perché sarà il punto di partenza per la fanfiction successiva. Non so ancora cosa accadrà, so solo chi sarà sarà la protagonista e anche voi lo capirete leggendo questo ultimo capitolo!!

Per i saluti e qualche altra spiegazione, che ora sarebbe spoiler, ci vediamo alla fine.



 

EPILOGO


Erano trascorsi alcuni anni dall’attacco del Clan Ootsutsuki, i villaggi ninja erano stati ricostruiti e le vite di tutti erano andate avanti. I volti degli Hokage erano ancora lì, quello di Naruto era l’ultimo e non ne era stato ancora scolpito un altro, perché tutti erano concordi sul fatto che non c’era ancora nessuno, oltre Kakashi, che potesse ricoprire tale ruolo.

Boruto e Himawari erano diventati entrambi Chunin e si davano da fare nelle missioni e anche Hinata aveva ripreso l’attività di ninja, in squadra con Kiba e Kurama.

Hinata all’inizio era stata diffidente, anche se profondamente grata della sua presenza in casa, ma pian piano si era aperta, vedendo come Kurama si era affezionato a lei e ai suoi figli e aveva finito per volergli bene anche lei.

Kurama aveva osservato per anni HInata, la conosceva come la conosceva Naruto ma gli era sempre stata indifferente, solo quando Naruto aveva iniziato ad innamorarsi e poi l’aveva sposata aveva iniziato ad osservarla meglio e, da quando era diventato umano, soprattutto per mantenere la promessa fatta a Naruto, aveva deciso di avvicinarsi a lei e lentamente erano diventati amici.

 

Gli anni passarono, Kurama si trovava bene come essere umano, gli piaceva essere libero di andare dove voleva, parlare con le persone, stringere amicizie, fare nuove esperienze. Certo, fino a qualche anno prima aveva vissuto, ma era una vita a metà, una vita da spettatore, attraverso gli occhi di Naruto, ora era libero, anche se il prezzo della sua libertà era stato altissimo, perciò aveva deciso di godersi ogni istante.

Con il passare degli anni Hinata e Kiba avevano deciso di ritirarsi, perciò Kurama era entrato a far parte di un’altra squadra, che aveva preso il suo nome vista l’anzianità, con Himawari e Kaito Inozuka, nipote di Kiba, con il suo cane Aoi. Poteva essere strano per lui avere a che fare con dei ninja tanto più giovani, ma erano talmente talentuosi che non si percepiva minimamente la differenza di età. Non avevano iniziato a lavorare insieme da molto, ma avevano già una bella intesa e quel giorno stavano per partire per una missione che li avrebbe tenuti lontano da Konoha per parecchi giorni.

“Sei pronto, Kurama?” chiese Himawari, chiudendo lo zaino.

“Certo, perché non dovrei?” rispose lui, guardandola male.

“Chiedevo, stai tranquillo!” sbottò lei, scocciata “Cominciamo bene, eh?” chiese poi, scoppiando a ridere.

 “Dai, stai tranquillo, cerchiamo di goderci il viaggio!” disse Kaito, ridendo mentre accarezzava Aoi.

“Dobbiamo scortare un alto funzionario del Paese del Fuoco” le ricordò lui “Non mi sembra un viaggio di piacere.”

“Può diventarlo, volendo.” lo contraddisse Kaito.

“Non ne sono sicuro, non dobbiamo abbassare la guardia, potremmo essere attaccati da ladri, malintenzionati o persino altri ninja.”

“Lo so, cosa credi?” lo rimproverò Himawari “Il tuo problema è che mi conosci da quando sono una bambina e continui a considerarmi tale. Ora sono una donna, sono stata promossa a Jonin e ho sufficiente esperienza per godermi un viaggio pur mantenendo alta la guardia."

Kurama sbuffò.

“Certo. Ne sono consapevole.”

“Ricordatelo sempre e non essere troppo protettivo con me.”

“Lo farò.” rispose lui “Sai che una delle prime missioni di tuo padre fu quella di scortare un costruttore di ponti del Paese delle Onde?”

“Tazuna, giusto?” ricordò Himawari “Sì, l’ho studiato all’accademia per via del ponte che porta il nome di mio padre.”

“Sì, l’ho visitato!” commentò Kaito “è davvero maestoso! Mi sono emozionato quando l’ho visto!”

Himawari sorrise.

“Ad essere sincera, avrei preferito scortare qualcuno come Tazuna, invece ci è toccato questo tizio. Ripetimi ancora perché lo minacciano?”

“Benjiro Motteiku è un giudice”spiegò Kurama “e dovrà giudicare alcuni criminali arrestati di recente. Si teme che i loro complici lo possano minacciare, fargli del male o addirittura ucciderlo, assoldando qualche ninja. Avrà bisogno della nostra protezione finché sarà nel Paese del Fuoco, quando arriverà nel Paese del Fulmine allora passeremo il compito ai ninja del Villaggio della Nuvola.”

“Sarà molto pericoloso” disse Kurama, serio “Inoltre stiamo mettendo in gioco la nostra reputazione con i ninja del Villaggio della Nuvola.”
“Per questo motivo Kakashi ha inviato i migliori ninja di Konoha!” esclamò Kaito, entusiasta, mentre anche Aoi abbaiava per dimostrare il suo entusiasmo.

“In effetti non hai tutti i torti” ammise Kurama.

In quel momento videro avvicinarsi alcuni uomini vestiti elegantemente e, tra di loro, quello che aveva tutta l’aria di essere il giudice.

“Mi raccomando” sussurrò Himawari a Kurama “Non trattarmi come una bambina.”

“Non preoccuparti” la rassicurò lui.

Himawari gli lanciò un’occhiata minacciosa e lui sorrise.

No, non era quello il problema, Kurama non era il tipo da valutare una persona in base all’età e sicuramente il fatto di aver visto nascere Himawari non avrebbe influito sul suo giudizio, anzi, proprio perché l’aveva vista crescere era consapevole delle sue capacità, dei suoi punti di forza e delle sue debolezze.

 

Erano trascorsi alcuni giorni, la missione era andata bene ed erano riusciti a proteggere il giudice da parecchi attacchi di banditi e ninja, fino a riuscire a portarlo a destinazione per compiere il suo lavoro, lì sarebbe stato protetto dai ninja del Villaggio della Nuvola, perciò Kurama, Himawari e Kaito erano tornati indietro. Da quando avevano lasciato il Paese del Fulmine, Himawari era stranamente silenziosa e ogni tanto lanciava qualche occhiataccia a Kurama, come se fosse arrabbiata con lui.

I giorni trascorsero, il gruppo Kurama continuava ad allenarsi in vista delle missioni ma non c’era un bel clima, l’aria era tesa, sembrava che Himawari volesse evitare a tutti i costi di lavorare con Kurama.

Kurama aveva sopportato, ma la pazienza non era mai stata uno dei suoi punti forti, perciò presto si era arrabbiato.

“Allora, Principessina? Vogliamo collaborare come si deve o vuoi giocare?”

Himawari lo fulminò con lo sguardo.

“Io. Non. Gioco.” sibilò, con un tono basso ma spaventoso “Non sono più una bambina, non so quante volte te lo devo ripetere.”

“Allora smetti di fare la bambina e allenati come si deve! Dov’è finito lo spirito di squadra? Come possiamo pensare di collaborare durante una missione e avere successo? Se continui con questo atteggiamento ostile finiremo per essere feriti, catturati o uccisi!” la sgridò lui, severamente ma senza mai alzare il tono della voce.

“Non dirmi ciò che devo fare!” gridò lei, sempre più arrabbiata.

“Hem …” mormorò Kaito “Io devo andare, Aoi deve fare la sua passeggiata e … hem …”

Il cane guardò il suo padrone con aria interrogativa.

“Andiamo da zio Kiba, Aoi” gli sussurrò “Magari ci darà qualcosa di buono da sgranocchiare! A domani!”

Aoi abbaiò felice e seguì Kaito mentre correva via.

Calò il silenzio ma Kurama lo ruppe immediatamente.

“Allora, visto che siamo soli puoi finalmente dirmi cosa ti prende?” chiese Kurama, leggermente alterato.

“Te l’avevo detto” sussurrò lei, con un tono che non lasciava presagire nulla di buono “Te l’avevo detto di non trattarmi come una bambina. Ti avevo avvertito. Ti avevo chiesto di non proteggermi, invece durante l’ultima missione non hai fatto altro che trattarmi come una novizia. Sono una Jonin, non dimenticarlo. Tu potrai avere molta più esperienza di me e una quantità di Chakra immensa, ma io so fare il mio lavoro e non ho bisogno di aiuto.”

Kurama non si lasciò impressionare.

“Lavoro di squadra, ricordi? Siamo una squadra per questo motivo, altrimenti saresti potuta andare da sola.”

“NO!” gridò lei, rossa in viso “Non si tratta del lavoro di squadra, tu mi hai palesemente protetta in occasioni in cui non ce n’era bisogno! Perché lo hai fatto?!”

Himawari era furente, era ovvio che si sentisse ferita nel suo orgoglio di ninja.

“No, ascolta, non è come credi …”

“AH, NO?! AH, NO?!” sempre più furente, attivando inconsciamente il Byakugan “Aiutarmi a fare cose che i Genin appena usciti dall’Accademia sanno fare da soli non è umiliante per te?!”

“Lo è” ammise lui “Ma …”

Himawari stava per urlare ancora, ma l’espressione imbarazzata di Kurama la incuriosì. Era davvero pentito? Cosa stava nascondendo?

 

Kurama avrebbe voluto rimandare quella discussione all’infinito, anzi, non affrontarla mai. Ma sì, dopotutto perché? Perché mettere a rischio i propri sentimenti quando poteva tranquillamente tenerli per sé? Eppure stava diventando sempre più difficile nasconderli, e i suoi comportamenti inconsci ne erano la prova.

Non l’aveva fatto apposta, non era stato qualcosa di pianificato, anzi, al contrario, era stata una sorpresa anche per lui rendersi lentamente conto di provare qualcosa di profondo per Himawari. L’aveva vista nascere, l’aveva vista crescere, ma per lui non era mai rimasta una bimba, era diventata una donna meravigliosa che gli aveva fatto provare emozioni che mai in vita sua aveva provato.

Se Naruto gli aveva insegnato ad apprezzare l’amicizia, con il suo calore tiepido e rassicurante, Himawari aveva risvegliato in lui qualcosa di ben più intenso, che inizialmente non aveva nemmeno capito. Non sapendo con chi parlarne, aveva deciso di chiedere consiglio a Shikamaru e a Sasuke e alla fine aveva capito che ciò che provava per la giovane Uzumaki era … amore.

Era innamorato.

Lui, Kurama.

La Volpe a Nove Code, da sempre considerata un mostro di odio e rabbia, aveva imparato conosciuto l’amicizia e, ora, l’amore. Era giusto esprimerlo? L’amore è un sentimento totalmente diverso rispetto all’amicizia, coinvolge un’altra persona in modo totalmente nuovo. Se Himawari non avesse ricambiato? Se lo avesse considerato troppo vecchio per lei? Sì, lui in effetti era nato molto, molto tempo prima, ma da quando aveva davvero iniziato a vivere? Da quando Naruto aveva aperto le porte del sigillo, era da quel momento che aveva iniziato a sperimentare davvero la vita … ma sarebbe stato sufficiente? Non sarebbe stato troppo … strano? Anche se lui aveva sembianze umane non era comunque un umano, giusto? E se lei avesse detto di sì? Poi lei sarebbe invecchiata … e lui? Lui non sapeva esattamente quanto gli restava da vivere, sicuramente più di lei. Avrebbe sopportato di vederla morire? Allora a quel punto avrebbe rimpianto per tutto il resto della sua vita non averle detto ciò che provava?Tutte queste domande gli vorticavano in testa da mesi e si traducevano in quei comportamenti che tanto facevano arrabbiare Himawari. Era davvero saggio tenersi tutto dentro e far soffrire entrambi?

 

“Kurama? Kurama?”

Himawari lo stava chiamando da un po’, mentre lui si era chiuso nei suoi pensieri, e il mondo era svanito. Kurama si sforzò di tornare al presente e di non dare ascolto alle assurde domande della sua mente e si rese conto che lei lo stava fissando con aria preoccupata, la rabbia sembrava svanita o, almeno, momentaneamente accantonata, i suo occhi erano rilassati ma inquisitori.

“Qualcosa non va? Eri così strano …”

“No, no … nulla.”

“Kurama …” cominciò lei, che stava tornando ad innervosirsi “Non so perché, ma sento che mi stai nascondendo qualcosa. Pretendo di sapere cosa.”

Lo sguardo di lei era fermo, deciso, come quello di suo padre, non avrebbe potuto fuggire da nessuna parte, doveva confessare la verità.

“La verità è …”

Kurama iniziò a parlare, ma le parole gli morirono in gola. Perché aveva tanta paura?

“Perché hai paura?” chiese Himawari, quasi leggendogli nel pensiero “Qualsiasi cosa tu debba dirmi, io sono qui per ascoltarla, ma non potrò fare nulla per aiutarti se non mi dirai cosa ti tormenta.”

Paura? Sì, aveva paura, per la prima volta in tutta la sua esistenza aveva imparato cos’era la paura. Ora, però, doveva imparare anche come andare oltre.

La voce di Himawari era dolce, amorevole, trasmetteva tutto l’affetto che lei provava per lui e gli diede il coraggio necessario per dare voce ai suoi pensieri.

“Va bene” disse Kurama, più a se stesso che a lei “Non voglio proteggerti perché credo che tu sia debole, mi viene spontaneo farlo perché ho paura, ho paura di esprimere ciò che provo per te, ho paura di perderti, ho paura di dirti che …”

Si interruppe, sentiva il viso farsi sempre più caldo per l'imbarazzo, attese che il momento passasse, si ricompose e guardò Himawari negli occhi.

“Ti amo, Himawari.” disse, prendendole la mano “Sei la prima persona che mi ha fatto provare un sentimento simile e per me è strano, considerando tutte le variabili del caso. Io sono un cercoterio, tu sei un essere umano. Io sono molto vecchio, tu sei molto giovane. Io …”

Le domande erano tornate, offuscando tutto, sentiva che la sua mente stava per esplodere in un groviglio di colori, parole e pensieri.

All’improvviso, però, tutto si fece silenzioso. Era Himawari, aveva zittito lui e la sua mente posando un dito sulle sue labbra.

“Troppe domande, troppi pensieri.” disse lei, che ora sembrava felice.

“Di tutto ciò che hai detto mi interessa solo una cosa.”

“Cosa ti …”

Kurama non fece in tempo a terminare la frase perché Himawari aveva posato le sue labbra sulle sue per dargli un dolcissimo bacio.

“Ti amo anch’io.”

Kurama sorrise, il peso che si era portato per tanto tempo si era dissolto come una nuvola. Abbracciò Himawari e la baciò.



 

“Sto uscendo!”

La giovane ninja, appena promossa a Chunin, stava indossando un pesante zaino.

“Sai quanto tempo resterai via?” chiese Himawari, seduta al tavolo della cucina, mentre stava redigendo il rapporto della sua ultima missione.

“Una settimana circa” rispose lei, guardandosi allo specchio per sistemarsi i capelli sul viso “Si tratta di una missione importante, di livello S. L’Ottavo Hokage Konohamaru ha voluto darci questa opportunità, visto che siamo stati promossi a pieni voti.”

Himari Uzumaki era una giovane donna molto bella e determinata. I lunghi capelli rossi le incorniciavano il viso e facevano risaltare i suoi occhi del colore della malvarosa. Si diede un’ultima occhiata e si voltò verso i genitori.

“Sono pronta!”

“Mi raccomando …” iniziò Himawari.

“Lo so, lo so mamma!” la rassicurò lei “Sono una Chunin, adesso, no? So badare a me stessa!”

Himawari rise, ripensando a quando, molti anni prima, aveva fatto più o meno lo stesso discorso a Kurama, suo marito, che in quel momento era seduto accanto a lei.

“Lo sappiamo, lo sappiamo, signorina saputella!” la prese in giro lui “Ma è il dovere di un genitore preoccuparsi, vero Hima?”

“Verissimo!” confermò Himawari, faticando a trattenere le risate.

Himari li guardò, erano così belli insieme, così felici. Tornò indietro e li abbracciò.

“Ti voglio bene, mamma. Ti voglio bene, papà!”

Himawari e Kurama ricambiarono l’abbraccio e la lasciarono andare.

Himari li salutò l'ultima volta e si diresse verso l’ingresso della casa, dove c’era la foto di suo nonno, il Settimo Hokage, Naruto.

“Ciao, nonno, io vado.” sussurrò, inchinandosi leggermente.

Il sole splendeva, filtrando tra le foglie del grande albero posto di fronte alla casa. Un raggio di sole colpì la foto e a Himari sembrò quasi che lui stesse facendo l’occhiolino, che lei ricambiò prima di correre via.




 

Ecco, questa è veramente la fine? No, in realtà no. Questa storia avrà un seguito, ovviamente e qualche capitolo sparso. Mi piacerebbe approfondire l’amore tra Himawari e Kurama e la vita di Himari e ciò che accade a Naruto nell’aldilà.

Per quanto riguarda questo epilogo …

Partiamo da Kurama che si innamora di Himawari, so che è azzardato, ma ho pensato ad altre storie d’amore simili, come quella di Arwen e Aragorn, per esempio, e sono giunta alla conclusione che, pur essendo strana, mi piaceva molto.

Ho scelto Himari come nome per la loro figlia perché mi piaceva insieme a Hinata e Himawari, significa “Fiore di malvarosa” o “Casa di luce e amore” e ci sta che lei abbia il nome di un fiore, visto che Himawari significa “girasole”. Gli occhi di Himari sono di quel colore simile al viola perché unisce l’azzurro degli occhi di Hinata con il rosso degli occhi di Kurama.

Vorrei ringraziare ancora una volta tutti voi che avete letto questa storia, in particolare Luna di Perla, per avermi sostenuta in ogni capitolo, spero che vi sia piaciuta e che continuerete a leggere!

Un abbraccio

Mini









 
   
 
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