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Autore: Jasmine54    22/09/2022    1 recensioni
Un ritratto che, con lievi pennellate colorate, descrive la vita in una cittadina italiana non bene identificata. Le diverse classi sociali che la abitano e i personaggi pittoreschi che compaiono sullo sfondo costituiscono, con tinte talvolta tragiche e talvolta comiche, l’anima della cittadina.
Nota: rating alzato ad arancione per un solo capitolo.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’aria, intanto, si era fatta più fredda e profumata di neve.

Nelle strette vie cittadine il vento aveva iniziato a mandare tenui sibili, che sembravano aumentare con l’oscurità del cielo. Lievi fiocchi bianchi svolazzavano qua e là, colpendo ogni cosa in quel loro girovagare. La notte aveva lasciato da poco il posto al mattino, ma il buio non sembrava volersene andare.

Sicuramente, al risveglio della cittadina, i suoi abitanti avrebbero trovato una coltre bianca di neve.

E così fu.

Il professor Nardini, dopo aver alzato le tapparelle della sua camera da letto, aveva esclamato meravigliato: “Oh, proprio oggi! Devo essere a scuola presto questa mattina, ho dei colloqui! Dovrò sbrigarmi, se non voglio essere bloccato dal traffico.”

La moglie invece, molto più pratica e atletica, decise che a scuola ci sarebbe andata a piedi: scarponcini da neve, giubbotto imbottito, guanti, cappello di lana e, naturalmente, il suo borsone da ginnastica. Una colazione veloce, un bacio al marito e via!

Pinuccia intanto aveva deciso che avrebbe accompagnato Sara a scuola, anche per salutare la sua amica Claudia.

“Alla prima ora la troverò sicuramente, come al solito,” pensò la donna.

Sara era invece felice per ben due motivi: il primo era perché sperava di incrociare Lorenzo, che magari quel giorno non sarebbe andato agli allenamenti e all’università per via del maltempo. Il secondo era la neve, che la faceva sognare e rilassare.

 

Marco, intanto, era già in pullman, in direzione Milano, sperando di non arrivare troppo tardi in Regione. Quel giorno si sarebbe dovuta tenere una importante riunione riguardante lo sgombro della palazzina Neri, ormai occupata da tempo. Intanto, nel suo cuore, palpitava il desiderio di Sofia, la sua vicinanza. Gli mancava il fatto di non poterla vedere e sentire tutti i giorni. Messaggi e sms andavano bene, ma erano soltanto parole, prive di ogni speciale emozione.

Nel frattempo, nella cittadina, il traffico era più lento, visto che gli spazzaneve non avevano fatto in tempo a ripulire tutte le strade battute dal traffico mattutino. La neve aveva rallentato il movimento degli automobilisti e dei pedoni, anche se i bar erano comunque già occupati dagli abitudinari della prima colazione.

Nella cascina dove vivevano la signora Rosalia e la signora Virginia stava per aver luogo una inaspettata confessione.

Forse era a causa del mutare del tempo, che porta sempre le persone a fare pulizie profonde dentro di sé, per poi lasciar fluire liberamente il sentire.

La signora Rosalia si era svegliata con una profonda angoscia e con un forte senso di solitudine. Probabilmente la donna non avrebbe descritto in questo modo il proprio sentire, apostrofandolo invece con un semplice: “Non mi sento a posto…”

Affacciandosi alla finestra che dava sul cortile, pensò se raccontare o meno a Virginia ciò che le stava accadendo.

Se ne vergognava un po’, ma non voleva confessarlo a padre Amedeo, pensando che il sacerdote non l’avrebbe, forse, capita.

Con passo deciso uscì di casa, sbattendo la porta, noncurante del marito ancora sonnecchiante, e dirigendosi verso l’uscio della vicina.

La signora Virginia aveva terminato da poco di lavare le tazze della colazione. Alzò gli occhi dal lavello allo sbattere improvviso della porta d’ingresso.

“Ah, Rosalia, ciao. Cosa ti è successo?”

La signora Rosalia non aveva mai capito come Virginia sapesse comprendere al volo ciò che una persona aveva dentro di sé, solamente con lo sguardo.

Accolta dalla vicina, si sedette sul divano, come sfinita, e balbettando disse: “Non credo di sentirmi bene…”

Virginia le si accostò preoccupata e, prendendole le mani tremanti, cercò di capire che cosa l’avesse mai turbata in quel modo.

In quel momento Rosalia incominciò a piangere e, come per incanto, si schiuse dentro di sé una porta ormai bloccata da anni.

“Virginia, so di non essere una brava persona. Oggi però non ce la faccio più e ho deciso di chiederti aiuto. Sai che per me è difficile fare questo passo…”

“Dimmi, Rosalia, se posso aiutarti lo faccio volentieri.”

Rosalia continuò con voce roca e titubante: “So di essere stata una persona egoista, soprattutto nei confronti di mio marito. Ho smesso di cercare i figli subito dopo il primo tentativo, non ascoltando l’uomo che avevo sposato, che mi diceva di riprovare più e più volte. Ho scavato, negli anni, una buca profonda, nella quale ci siamo trovati a vivere noi due da soli, lontano da tutto e da tutti. Mio marito ha trovato conforto nel suo lavoro fuori casa, io invece in casa tra le mie, o meglio, ‘le nostre’ cose. Ti ho sempre ammirata, Virginia, per la tua voglia di vivere, anche quando tuo marito Alfredo è morto e tu hai poi portato in casa tua figlia, insieme ai nipoti. Come avrei voluto essere te, come avrei voluto dirti che ti ammiravo… Invece ti ho semplicemente detto che stavi sbagliando, che dovevi lasciare tua figlia e i tuoi nipotini a casa loro, da soli. Che cattiveria, Virginia! Perdonami!”

Il pianto della donna diventò un grido di dolore.

La signora Virginia, in un primo momento, rimase molto sorpresa, quasi disorientata, da quella spontanea confessione. Si riprese subito, però, capendo che lo sforzo di Rosalia di aprire il proprio cuore era stato grande, meritando altrettanto rispetto.

“Rosalia, vieni qui, ti abbraccio… Sei stata bravissima e coraggiosa. Hai capito il tuo errore, e non hai avuto paura di confidarlo. Se vorrai, io ti aiuterò.”

Nell’ascoltare queste parole, la signora Rosalia abbracciò forte, a sua volta, Virginia, e la ringraziò, commossa.

Forse aveva capito che il vivere isolati non conduceva da nessuna parte, e soprattutto allontanava dalle altre persone… da tutti.

“Rosalia, tra poco è Natale: tu e tuo marito siete invitati da noi a pranzo, se vi va. Ci saranno anche altre persone.”

“Virginia, grazie di cuore, accetto volentieri. Ti aiuterò a preparare il pranzo, e mio marito magari ti darà una mano ad abbellire il tuo grande albero di Natale, con i tuoi nipoti.”

La neve, la vicinanza del periodo natalizio, l’armonia appena ritrovata, resero quel momento semplicemente magico.

La speranza era che la costanza avrebbe sempre avuto la priorità su altri atteggiamenti che, a volte, sembravano emergere, inaspettati.

   
 
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