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Autore: HermaMora    24/09/2022    1 recensioni
Anno scolastico 1998-1999. Hogwarts è stata teatro degli orrori della Secondo Guerra Magica. Prima posta sotto il controllo dei Mangiamorte, poi teatro dell'ultima grande battaglia tra il Signore Oscuro e l'Ordine della Fenice, la scuola di magia e stregoneria inglese porta le cicatrici di anno più che tetro. I protagonisti delle avventure che ci hanno accompagnato fino alla dipartita di Voldemort hanno preso le loro strade: Ron ed Harry hanno iniziato il loro apprendistato come Auror, mentre Hermione sta per cominciare il suo settimo anno ad Hogwarts. Con lei, pochi studenti inglesi si presenteranno alle porte della storica scuola e la nuova Preside, seguendo la politica del predecessore Albus Silente, sceglie di chiedere aiuto ai maghi di tutta Europa, per dare nuova vita alla sua scuola.
(Aggiornamento settimanale)
Genere: Erotico, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Nuovo personaggio, Serpeverde | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Pansy/Theodore
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 5 “Ravioli di ananas con ricotta e caviale di caffè


 

Per Hermione Granger il rientro ad Hogwarts era stato di sicuro insolito rispetto a quelli degli anni predenti.
Dopo il banchetto di inizio anno, era stata raggiunta da un ringhiante Argus Flich, che le aveva comunicato di essere stata convocata nell'ufficio della Preside.
Sorrise, mentre si incamminava verso le due imponenti e massicce statue di Gargoyle al secondo piano, che dovevano essere state riparate durante l'estate.

Flich le aveva detto che la parola d'ordine per il passaggio e Api Frizzole. La McGonagall doveva aver mantenuto viva la filosofia di Dumbledore.
Le due statue, vedendola, alzarlo gli artigli ricurvi in segno di saluto.
“Api Frizzole”. Disse, salutandole di ricambio.
I due mostri di pietra sorrisero e le lasciarono libero il passaggio verso la scala, che l'avrebbe condotta nell'ufficio della McGonagall.
Percorrere la lunga scala le riportava alla mente ricordi che avrebbe preferito dimenticare; ricordava Harry correre nell'ufficio dopo la morte di Snape, ricordava di averlo visto tornare, apparentemente sereno, per poi incamminarsi verso la Foresta Proibita. Ricordava il suo ultimo colloquio con il ritratto di Dumbledore, quando aveva accolto con sollievo la proposta di Harry: rimettere la potente Bacchetta di Sambuco nella sua tomba bianca.
Represse a stento un singhiozzo.

Ricordava bene quella sensazione: quando Harry aveva espresso le sue idee a proposito della bacchetta, lei era rimasta inizialmente sconvolta. Un oggetto tanto potente lasciato a sé stesso, perduto.
Allora aveva scoperto la tentazione del potere. Lei pensava, fra tutti, di esserne immune. Si era scoperta meno saggia di Harry.
La McGonagall la aspettava seduta sul suo scranno. L'ufficio di Dumbledore era uguale ad un anno prima: gli strumenti d'argento continuavano a emettere sbuffi e fischi e un filo di vapore bianco salivo denso da dei tubicini, i ritratti dei presidi erano assopiti e le enormi librerie ad ogni lato della stanza contenevano i soliti, enormi tomi.
Forse l'unica piccola differenza, una differenza che per Hermione aveva tutta l'importanza del mondo, era il nuovo ritratto, inchiodato sul fianco destro della parete alle spalle della Preside: Severus Snape dormiva serenamente su una sedia fatta in qualche legno scuro, con la testa appoggiata ad una scrivania dipinta ad olio.
La Preside si alzò appena la vide.
“Siediti pure Hermione” Le disse, con un largo sorriso in volto.
La donna agitò la bacchetta e una comoda poltroncina di puff rosso comparve di fronte alla scrivania della McGonagall.
Hermione ubbidì subito.
“Buonasera Preside”.
La McGonagall incrociò le dita delle mani. La sue espressione rilassata cambiò in fretta, assumendo i caratteri severi che Hermione conosceva bene.
“E' molto difficile per me sollevare questo argomento”. Disse la Mc McGonagall, scegliendo le parole con cura. “Perché non sono solita impicciarmi degli affari privati degli studenti”.
Hermione entrò nel panico.

Non ricordava di divieti a proposito del dormire a casa di compagni di scuola, ma non si sapeva mai.

Forse era una cosa recente. Arrossì, pensando al tempo che aveva passato con Draco quell'estate.
Il ragazzo si era presentato a tutti i funerali delle vittime della Battaglia di Hogwarts. Lei, che aveva scelto di fare la stessa cosa, non aveva potuto fare a meno di notare quel pallido viso famigliare, severo e contrito, sempre dietro al corteo.


Ricordava bene il funerale di Fred.
Molly e Arthur singhiozzavano straziati, aggrappandosi l'uno all'altra.
George sembrava l'ombra di quello di un tempo, il viso mesto e gli occhi chiusi per trattenere le lacrime.

Aveva provato a fare qualche battuta, quando era arrivato il suo momento si ricordare il fratello maggiore, ma le parole gli erano morte in bocca prima che potesse pronunciarle.
Percy aveva abbandonato la consueta aria pomposa, la sua mascella era contratta tanto da sembrare sul punto di spezzarsi, e teneva un braccio sulle spalle di Charlie, a capo chino, le cicatrici rese violacee dallo sforzo che faceva per non piangere.
Bill singhiozzava senza ritegno, appoggiato alla spalla di Fleur, che ormai aveva un bel pancione, che lo sosteneva e gli sussurrava all'orecchio qualcosa.

Ginny soffocava i suoi gemiti contro il petto di Harry. Mentre la bara che celava il corpo di Fred calava lentamente nel terreno reso molle dalla pioggia, un mago dall'aria triste, lo stesso che aveva celebrato il funerale di Dumbledore. terminava di pronunciare i suoi rituali.

Hermione raccoglieva le lacrime con  quello che un tempo era stato un fazzoletto di carta, che ora era ridotto ad una massa informe ed umida. Le sembrava impossibile che un essere umano potesse versare tante lacrime, così tante in così poco tempo.
I suoi occhi erano gonfi e arrossati, le sue mani tremavano.
Osservò Ron, in piedi dietro i suoi genitori, le mani giunte, il capo chino, gli occhi rossi che ogni tanto andavano nella sua direzione.

Ogni volta che la guardava, Hermione percepiva le ondate di dolore che sembrava irradiare nella sua direzione.
Ron aveva voluto mettere le cose in chiaro prima della funzione.

Quello che era successo durante la Battaglia, il loro bacio dopo che il ragazzo che aveva amato per una vita aveva ricordato i poveri elfi domestici, che lavoravano ignari nelle cucine mentre fuori si scatenava l'inferno, le loro mani giunte, quando le Acromantule avevano attaccato, quel calore che credeva di aver condiviso con Ronald... era stato incredibile.

Lei si era fatta forza di questa consapevolezza e aveva affrontato tutti quei funerali sicura che Ronald sarebbe stato sempre lì, per sostenerla.
Si sbagliava.
Ronald le aveva spiegato, con un tono talmente basso e triste da essere a malapena udibile, di essersi sbagliato.
Anche lui credeva che fossero destinati a stare insieme, che fosse stata solamente una questione di tempo, ma dopo la battaglia, dopo il dolore, si era chiesto perché.

Certo, si volevano bene; certo, avevano condiviso le esperienze più intense della loro vita, esperienza che la maggior parte dei maghi adulti avrebbe solo potuto sognarsi, ma finiva tutto con questo.

Tra loro, i due erano molto diversi: le loro aspirazioni, le loro idee, le loro passioni. Nulla combaciava bene.
Si amavano come fratello e sorella, ma non quanto due amanti.
Aveva pianto, aveva protestato e poi aveva capito. Anche Ron si era dimostrato, almeno una volta, più maturo di lei.

Tra lui ed Harry pareva fosse una nuova moda.
Aveva scosso la testa, sentendosi in colpa per aver pensato ai suoi piccoli problemi di cuore in un momento come quello. Era sbagliato.
Fu allora che lo vide: un ragazzo, ormai uomo, stretto nel suo cappotto scuro, dietro alla piccola folla che stava in piedi di fronte alla bara. Avrebbe riconosciuto quei capelli biondi anche in capo al mondo.
Anche quel giorno si era tenuto in disparte e copriva parte del viso con una pashmina. Per un attimo, in quel contesto tetro e deprimente, fu tentata di ridere. Se pensava di nascondersi con una pashmina ed un cappotto in pieno luglio, Malfoy non doveva essere un maestro del travestimento.
Hermione aveva perso di vista il giovane Malfoy dopo la Battaglia di Hogwarts, presa com'era dal compito di ritrovare i suoi genitori.
Le erano arrivate notizie sugli arresti domiciliari del padre, che evidentemente era riusciti a scampare ad Azkaban grazie ai suoi agganci, come dell'assoluzione di Draco da tutte le accuse.
Harry, che aveva testimoniato a difesa di Draco, le aveva assicurato, seppur non potendo scendere nei dettagli a causa della volontà di Malfoy di rendere il verbale e le testimonianze al suo processo un segreto, che il ragazzo Slytherin era sinceramente pentito e schiacciato dal senso di colpa.
Hermione ricordava la faccia di Draco mentre sua zia la torturava nel salottino di Malfoy Manor. Ricordava l'orrore dipinto sul suo viso.
Non era intervenuto, non poteva, probabilmente, ma Hermione non ce l'aveva con lui. Le ultime esperienze con Snape le avevano insegnato a mettersi nei panni degli altri, anche di coloro che le risultavano odiosi.
Draco era stato educato all'ideologia purosangue, aveva succhiato dal seno di sua madre le idee sulla discriminazione dei Nati Babbani assieme al latte e non aveva conosciuto altro.

Poi, quando era ancor ragazzo, gli era stato chiesto di uccidere un uomo, pena: la morte sua e dei suoi genitori.

Dopo aver fallito, la presenza del mago oscuro più pericoloso, potente e folle gli era stata imposta nella sua stessa casa: un luogo che aveva sempre chiamato casa era divenuta la sua prigione.

Era stato costretto da Voldemort ad usare la Cruciatus sui mangiamorte che lo deludevano, l'aveva subita altrettante volte, solo per il piacere che provave Voldemort nel veder soffrire Narcissa e Lucius Malfoy, che lo avevano deluso più di ogni altro suo servitore.
Non sapeva se in quelle condizioni si sarebbe comportata diversamente da Draco.
Hermione aveva distolto lo sguardo, lasciando a Malfoy la convinzione di essere invisibile, nascosto da quella ridicola pashmina.
Chissà come quel ragazzo aveva trascorso i suoi giorni dopo la Battaglia.
Lei aveva passato buona parte del mese precedente a dare la caccia a Wendel e Monica Wilkins.
Aveva avuto successo e aveva restaurato le memorie dei propri genitori, che, guariti, le avevano rifilato la paternale più severa che avesse mai ricevuto.

Era anche l'unica volta in cui i suoi genitori avevano avuto la possibilità di fargliene una e dovevano aver recuperato tutto il tempo perso.
Dopo quella sfuriata il Signore e la Signora Granger si erano lanciati verso di lei con i volti paonazzi e rigati da calde lacrime, per stringere la figlia in una abbraccio che era durato diversi minuti.
Fatti i bagagli, erano tornati di gran carriera in Inghilterra, dove il Ministro della Magia, il buon Kingsley Shacklebolt, aveva insignito lei, Ronald ed Harry con l'Ordine di Merlino, Prima Classe. Normalmente i tre avrebbero festeggiato, ma le ferite aperte dalle morti di Lupin, Tonks e Fred erano ancora troppo fresche.
Conclusa la ricerca dei genitori. Hermione si era sentita svuotare. Negli ultimi sette anni era sempre stata sicura di cosa fare: salvare la Pietra Folosofale, scoprire chi fosse l'erede di Slytherin, salvare Fierobecco e Sirius, fondare l'ES, aiutare Harry nella ricerca degli Horcrux e trovare i suoi genitori.
Aveva sempre avuto un obiettivo e ora che finalmente aveva completato l'ultimo, si sentiva persa.
Ron ed Harry si sarebbero iscritti all'Accademia Auror in autunno. su concessione di Kingsley e lei sarebbe tornata ad Hogwarts senza i suoi migliori amici.
Sarebbe potuta andare peggio: aveva Ginny. Neville e Luna a tenerle compagnia. Avrebbero affrontato insieme gli M.A.G.O. e si sarebbero lanciati nel mondo del lavoro.
Si ricordava ancora le parole di Rufus Scrimgeour:"Pensa di intraprendere una carriera in magisprudenza signorina Granger?".
In effetti, ad un anno da quella fatidica domanda, era proprio quello che Hermione pensava.

Non aveva abbandonato i suoi propositi: avrebbe modificato le leggi che regolamentavano i rapporti tra maghi e creature magiche, fosse l'ultima cosa che faceva in vita. Quello era il nuovo obiettivo.
Tuttavia le pareva una prospettiva così distante e remota da darle venire le vertigini.
Sentendo l'ennesimo singhiozzo di Molly, Hermione si era vergognata nuovamente di sè stessa.
Era stato più forte di lei: non voleva pensare a Fred, fra le braccia tremanti di Percy, con l'ombra dell'ultimo sorriso sulle labbra. Rabbrividiva al solo pensiero.

Lasciare che la sua mente vagasse fra i ricordi era un modo per non soffrire di più, per non dover assistere al pietoso spettacolo che è il funerale di un caro amico.

La funzione procedette tranquilla, interrotta di tanto in tanto dai singhiozzi e pianti della famiglia Weasley.

Ognuno di loro gettò sulla bara un oggetto che gli ricordava Fred.

Hermione afferrò una di quei Torroni Sanguinolenti che i gemelli avevano tentato di vendere ai più giovani studenti di Hogwarts durante il loro sesto anno. Fu con nostalgia che pensò all'ardore che l'aveva infiammata quando aveva tentato di impedire ai gemelli i loro commerci.

“Oh, Fred, mi mancherai immensamente. Mi dispiace, mi dispiace tanto”. Pensò la giovane strega, mentre lasciava cadere il dolcetto incantato, che emise un tonfo, una volta raggiunta la superficie di legno chiaro della bara di Fred.
Corse ad abbracciare i signori Weasley, che l'accolsero come una figlia. Molly le si aggrappò al collo, singhiozzando, proferendo parole senza senso, mentre il marito l'aveva cinta stretta con un braccio, gli occhi chiusi.

“Grazie, Hermione cara. Grazie per aver amato Fred. Grazie per essere venuta. Grazie per aver tenuto Ronald al sicuro. Grazie”.
Ron, commosso, si era avvicinato e si era unito a quell'abbraccio di famiglia, così tanto intimo, pur essendo di fronte ad una piccola folla. Tutti avevano pianto tanto da non poterlo fare più.
“Quante volte può spezzarsi un cuore? O forse si spezza solo la prima, mentre gli altri sono solo graffi più o meno profondi?”. Si era chiesta, ancora stretta fra le braccia delle persone che amava.

Dopo essersi congedata dai suoi affetti, aveva tagliato in diagonale la spiaggia per arrivare al punto secondario dedicato alla Smaterializzazione. Non aveva voglia di incontrare nuovamente lo sguardo di Ron. Sollevò il viso bagnato di lacrime, offrendolo alla tiepida brezza marina. Sarebbe tornata a casa, dai suoi, a farsi preparare una bella tazza di tè caldo e farsi un bagno.

Presa dai suoi pensieri, non badava granché a dove si stesse dirigendo. Si scontrò con qualcuno. Inspirò un profumo di acqua di colonia vagamente familiare, e alzò gli occhi verso il malcapitato per profondersi in scuse. Restò di sasso.
“Draco...?”.


“Signorina Granger?”. Chiese la McGonagall, con un espressione perplessa sul volto.

Hermione emerse dalle sue riflessioni, richiamata dalla Preside.

“Mi scusi, Preside”. Hermione arrossì, imbarazzata. “La prego, continui”.

Miverva McGonagall la fissò, comprensiva.

“Stavo dicendo che non sono solita farmi gli affari dei miei studenti, ma data la situazione non ho altra scelta che chiederle aiuto, Signorina Granger”.

Hermione alzò lo sguardo.

“In che modo dovrei aiutarla, Professoressa?”. Chiese la giovane strega, piuttosto perplessa.

“Mi riferisco". Disse la Preside a denti stretti. "Al Signor Bianchi e alla Signorina Doragon".

La McGonagall le porse una copia di un giornale dall'impaginatura sconosciuta. In copertina vi erano due foto particolari: c'erano due ragazzi: uno era magro da far paura, capelli di un castano chiaro, la schiena curva e un'espressione nervosa sul volto. Al suo fianco una ragazza più alta, dalle labbra piene e i capelli neri e ricci. Lei invece aveva una smorfia disgustata, e copriva il viso del compagno dalle foto, senza molto successo. Sembrava volesse proteggerlo dai giornalisti. Erano entrambi vestiti con un'uniforme color verde bottiglia. L'altra foto ritraeva un ragazzo sorridente, dai ricci capelli castano scuro, piuttosto basso. Aveva un principio di barba e baffi ed era vestito alla babbana. Il titolo sul giornale era in una lingua che non conosceva.

La McGonagall toccò con la bacchetta l'articolo di giornale. L'inchiostro che formava il titolo si mosse come vivo, ricomponendosi in inglese.

Esperimento pericoloso all'Accademia Profonda di Venezia: studente minorenne trovato morto”

Il sottotitolo era ancora più incalzante: “Due studenti sospesi”. Hermione corrugò la fronte.

Perché i visi di quei due ragazzi le erano famigliari?

“Mi è giunta notizia qualche settimana fa che due studenti ,che non erano presenti nella lista degli ospiti stranieri che avranno ricevuto quest'anno, siano stati ammessi all'ultimo. Deve sapere che le procedure per entrare nel progetto non sono semplici, Signorina Granger”. Disse la donna in tono dolce. “Ci sono esami di lingua, protocolli e scadenze, scadenze che nel caso della Signorina Doragon e del Signor Marchetti non sono stati rispettate”.

Hermione guardò la Preside con occhi sbarrati.

“Ma come avrebbero fatto ad iscriversi?”. Chiese la strega.

“Ottima domanda. Ho ricevuto un avviso dalla nostra esaminatrice in Italia che garantisce le abilità linguistiche di Angela Doragon e Valentino Marchetti, come delle loro competenze magiche. La stessa mi ha anche mandato la lista dei loro G.U.F.O., come dei corsi a cui si sono potuti iscrivere. L'unico problema è che lo ha fatto dieci giorni dopo la data di scadenza stabilita”.

Hermione aggrottò le sopracciglia e lasciò che la Preside continuasse.

“Mi sono ovviamente stupita e ho chiesto informazioni. La nostra esaminatrice mi ha assicurato che il ritardo nel comunicare i nominativi di questi due ragazzi è dipeso da un errore. Sostiene di aver perso i documenti che li certificavano come idonei all'iscrizione e dopo averli trovati, dieci giorni dopo la data della consegna, abbia spedito ad Hogwarts un gufo con un elenco aggiornato. Normalmente non ci avrei visto nulla di male, ma questo...”. La McGonagall indicò il giornale. “...Questo mette tutto questo in una luce più inquietante. A quanto pare i due ragazzi sono stati sospesi per l'ultimo mese e mezzo dello scorso anno scolastico in seguito ad un esperimento svolto con l'approvazione di un Professore di Arti Oscure dell'Accademia Profonda di Venezia, che non viene nominato nell'articolo. Il pezzo è vago, ma un ragazzo, un loro compagno di studi, ci ha rimesso la vita”.

L'espressione della McGonagall era tanto seria e corrugata che anche Hermione si scopri intimidita dalla sua insegnate preferita.

“Con queste circostanze non potevo esimermi dall'indagare un po', Signorina Granger. Non se lo sarà sicuramente fatto sfuggire al banchetto di questa sera, ma quest'anno non voglio incidenti, men che meno studenti che provocano misteriose morti, che sono riusciti ad iscriversi oltre la data di scadenza, magari con l'uso della Maledizione Imperius, e tramano qualcosa”.

Hermione accavallò le gambe e mosse un'obbiezione. “Professoressa, so che in Italia le Arti Oscure sono legali, ma dubito che due diciassettenni, per quanto dal passato torbido, abbiano in mente di attentare alla vita di qualche studente di una scuola lontana e straniera”.

La Preside osservò Hermione, soddisfatta.

“É esattamente ciò che ho pensato, ma ho voluto assicurarmi che le cose stessero così. Sa che io sono un Animagus. Mi sono trasformata e ho seguito le rispettive famiglie Marchetti e Doragon fino al binario di King's Cross”.

Hermione era ammirata per la dedizione e l'impegno che la McGonagall metteva nel suo lavoro, ma seguire personalmente un mago e una strega a malapena maggiorenni le pareva un'esagerazione.

“Non si scordi che Colui Che Non Deve Essere Nominato ha avuto diciassette anni, che lei e me, Signorina Granger”. Disse lapidaria la Preside, come leggendo il flusso di pensieri che stavano attraversando la mente di Hermione.

“Tuttavia, per quanto la mia prudenza fosse giustificata, il massimo che ho scoperto è il loro pessimo carattere e il fatto che nessuno dei due volesse iscriversi. Sembra che entrambi siano stati costretti dalle rispettive famiglie. Potrebbero aver mentito per tutto il tempo, ma la Signorina Doragon ha usato un'espressione così colorita per definire sua madre che io non...”. La McGonagall arrossì per l'imbarazzo. “...Mi scusi Signorina Granger. Il punto è che non penso che siano loro il problema. Temo che qualcuno abbia permesso la loro iscrizione a loro discapito, aggirando l'ostacolo delle scadenze”. Hermione non sapeva bene come rispondere. Se da un lato la situazione era senza dubbio curiosa, dall'altro nulla contraddiceva la versione ufficiale di questa esaminatrice. L'ipotesi più probabile era chiaramente che si fosse scordata i nomi dei due italiani quando aveva mandato per la prima volta il suo elenco ad Hogwarts. La giovane strega allungò la mano sul giornale e osservò i due ragazzi: ora ricordava!

Erano i due nuovi Slytherin che si erano seduti vicino a Draco e avevano iniziato subito a parlargli.

“Per quanto ritenga probabile che non ci sia nulla di sbagliato nell'avere due studenti che provengano da una scuola che ritiene importante l'insegnamento delle Arti Oscure, come fa Durmstrang del resto, sono ancora in guardia. Non ho voluto insistere o proibire loro l'iscrizione, ma non rimarrò nemmeno con le mani in mano. A questo punto entra in gioco tu: veniamo a quello che puoi fare per me, Hermione”.

Finalmente la McGonagall era arrivata al punto della discussione. Hermione si preparò ad ascoltare la richiesta della Preside.

“Desidero semplicemente che tu li tenga d'occhio”. L'espressione della McGonagall si addolcì. “Non lo chiederei ad uno studente in circostanze normali e ovviamente gli insegnanti sono stati avvisati, ma, Signorina Granger, so di potermi fidare di lei”.

Gli occhi di Hermione lampeggiarono d'orgoglio. Se la Preside aveva riposto quella fiducia in lei, non le avrebbe dato modo di pentirsene. La giovane strega si alzò.

“D'accordo, Terrò d'occhio i due italiani. Posso vedere i loro orari e i loro risultati ai G.U.F.O.? Immagino che lei li abbia qui, giusto?”.

La McGonagall, con un sorriso ancora stampato in faccia, quasi commossa nel vedere che lo spirito della sua studentessa preferita non era stato spezzato durante la guerra, le tese il foglio che conteneva gli orari.

Hermione fissava i corsi, piuttosto sorpresa.

“Hanno lo stesso orario, che strano... Accidenti, partecipano a molti corsi: Incantesimi, Storia della Magia, Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione, Pozioni, Aritmanzia Antiche Rune... Cavolo, pensavo che fossero davvero pochi gli studenti interessati a certe materie!”. Commentò la riccia, leggendo il documento.

“Non troppo. Per quanto sia effettivamente un corso poco frequentato ad Hogawrts, sembra che una variante della nostra Aritmanzia, Filologia Magica, sia ritenuta molto importante in Italia. Anche la traduzione delle Rune, anche se ancor meno popolare, ha una certa rilevanza nel loro vecchio programma educativo”. Rispose veloce la Preside, curiosa di ascoltare le valutazione della sua studentessa più brillante. "Anche se va detto che nessun altro studente della loro Accademia si è iscritto a quei corsi. Magari lì sono materie importanti, ma forse non molto amate". Spiego la McGonagall. In gioventù anche lei era stata in un brutto rapporto con Artimanzia. Ricordava quella materia con orrore.

“Questa Doragon ha ottenuto Eccezionale in ogni materia nel suo G.U.F.O., meno un Oltre ogni previsione in...”.

“---Arti Oscure”. Completo piccata la McGonagall.

“Non è incoraggiante. Marchetti invece, per quanto abbia una buona media, ha ricevuto un Eccezionale solo in questa Filologia Magica e...”. Hermione sospirò.”...Sempre in Arti Oscure. Che strano...”.

La McGonagall era soddisfatta. Hermione aveva notato quel piccolo errore.

“Potrei sbagliarmi, ma forse c'è stato un errore?” Chiese Hermione. “Vedo che il suo G.U.F.O. in Difesa è solo un Accettabile. Com'è possibile che sia stato ammesso agli M.A.G.O. Di Difesa?”.

La Preside era raggiante. Non si aspettava di meno dalla Granger.

“Questo errore è una mia idea. Ho spedito la lista dei corsi al Signor Marchetti due settimane fa, permettendomi di aggiungere Difesa al suo elenco. Concorderà con me quando le dico che avere lo sguardo vigile di un ex Auror su questo ragazzo sia solo un vantaggio”.

Hermione guardò ammirata la Preside. Aveva pensato a tutto.

La riccia ci pensò un po'. Forse fare una richiesta del genere sarebbe stato rischioso, ma sarebbe stato peggio agire di propria iniziativa per poi fare un disastro.

“Posso parlarne con Malfoy?”. Chiese tutto d'un fiato.

Minerva McGonagall al guardò stupita. La vecchia strega sapeva che Malfoy non era lo stesso ragazzo che anni prima tormentava i Nati Babbani nei corridoi della scuola. Aveva assistito personalmente al suo processo e lo aveva ascoltato descrivere ogni attimo rilevante del soggiorno di Coli Che Non Deve essere Nominato a Molfoy Manor. Alla luce di quei fatti, non poteva non provare una certa compassione per il ragazzo, ma non si spiegava il perché della richiesta della sua studentessa preferita. Da quello che sapeva nei sette anni precedenti Malfoy ed Hermione erano sempre stati in pessimi rapporti.

“Posso chiedere il motivo?”.

Hermione si schiarì la voce. “Malfoy è di Slytherin, come Marchetti e Doragon. Potrebbe aiutarmi nel tenerli d'occhio. Di fatto avrebbe molte più occasioni di me per scoprire se nascondono qualcosa. Io seguo tutte le materie che frequentano, ma le lezioni non bastano. Serve qualcuno che li possa controllare mentre sono in dormitorio. Malfoy è perfetto per il ruolo. Non è solo un occlumante molto capace, ma non è nemmeno necessario spiegargli il motivo di questa richiesta: se saprà che la presenza questi due potrebbe mettere in pericolo i suoi compagni, sarà più che volenteroso di dare una mano”.

Non sarebbe stato l'unico vantaggio: se questi due erano davvero un pericolo, anche se manipolati da qualcuno che li aveva voluti iscrivere, Draco ne sarebbe stato avvertito e sarebbe stato più al sicuro. Hermione non lo spiegò alla McGonagall, ma represse a stento un altro sorriso.

Non era sicura che la Preside avesse ragione, ma lei era la prima a voler passare più tempo con Draco e se la lei le forniva anche una scusa, tanto meglio.

“Se lei ne è sicura, Signorina Granger, non ho obiezioni”. Decise la McGonagall.

Hermione le tese la mano, che la Preside strinse, con un'inaspettata forza fisica.

“Ti ringrazio Hermione”. La Preside si era addolcita di nuovo. “So cosa hai passato l'anno scorso e Dio solo sa se vorrei che tu passassi un ultimo anno scolastico in serenità. Parte di me già si pente per averti fatto una simile richiesta”.

Hermione scosse il capo. “Se ho imparato una cosa nell'anno passato è che odio non essere messa al corrente di ciò che succede attorno a me. Sono felice che lei faccia affidamento su di me, Professoressa”.

Le due streghe si sorrisero e si augurarono la buona notte.


Hermione uscì dall'infermeria cinque minuti dopo esserci entrata: la gola le prudeva ancora parecchio, ma la pomata che Madame Pomfrey le aveva applicato aveva già attenuato completamente il dolore. Doveva ammetterlo: aveva sottovalutato Angela Doragon. Aveva accolto con entusiasmo la possibilità di misurarsi con lei in un duello. Dopotutto la missione che le aveva assegnato la Mcgonagall era proprio valutare se i due italiani fossero una minaccia. Dopo quell'ora di Difesa, Hermione era sicura che almeno la Doragon avesse tutte le carte in tavola per esserlo.

Per la prima parte del duello era sicura che lei ed Angela fossero praticamente alla pari e verso la fine era stata certa di stare per riuscire a sopraffare la strega, ma quella all'improvviso era diventata una specie di furia scatenata: aveva preso a respingere le sue fatture ad una velocità incredibile, come, alla stessa incredibile velocità, l'aveva tempestata di incantesimi. Quell'ultimo Incantesimo Linguafiamma l'aveva colta di sorpresa e non era riuscita ad usare in tempo il Testa Bolla. Per un attimo le era sembrato che gli occhi della Doragon fossero diventati rossi come quelli di Voldemort.

Scacciò quel pensiero: sarà stata autosuggestione.

Rimuginando ancora sul duello, Hermione incontrò una smarrita Maria Repaldi, che correva tra i corridoi sbirciando di classe in classe.

Hermione aveva avuto il piacere di conoscere Maria la sera precedente, durante il banchetto.

La ragazza le sembrava allegra e solare: un piccola forza della natura. Dopo il banchetto aveva tempestato Ginny di domande, chiedendo di Hogsmeade, dei passaggi segreti, dei professori... praticamente di tutto.
Tornata dal colloquio con la McGonagall anche Hermione era stata presa in ostaggio dalla ragazza, che non aveva fatto altro che spergiurare che lei le ricordava troppo la sua migliore amica, che si era rivelato proprio Angela Doragon.

Quando la notte si era fatta troppo tarda e Maria aveva iniziato a tormentare Ginny per sapere chi fosse il suo ragazzo, quest'ultima ed Hermione avevano dovuto fare il diavolo a quattro per convincerla a lasciarle andare a letto.

Lei aveva anche spiegato loro qualcosa in più della sua scuola: quel piccolo istituto magico nel Nord Italia noto come Accademia Profonda. Non aveva detto loro dove si trovasse, ma Hermione era riuscita a capire che fosse sott'acqua, magari in mezzo al mare. Sembrava un scuola molto più piccola di Hogwarts, Ogni anno aveva al massimo quindici studenti e le classi erano minuscole. Oltre alle Arti Oscure, all'Accademia si insegnavano anche le discipline babbane, per preparare i giovani maghi ad avere a che fare con quel mondo una volta diplomati.

“Una noia mortale” a detta di Maria.

In confronto, secondo Maria, Hogwarts era davvero immensa. Sembrava entusiasta della scuola e non vedeva l'ora di cominciare le lezioni.

Hermione aveva appreso quanto poteva dai discorsi vivaci di Maria, ed era solo contenta che una ragazza con un modo di fare così leggero fosse giunta ad Hogwarts.

Aveva persino riso di gusto quella sera, quando l'unica persona che l'aveva fatta ridere da tre mesi a questa parte era stato Draco.

Quando Maria vide Hermione, corse verso di lei, scivolò e quasi cadde a terra. Ebbe la prontezza di riflessi di aggrapparsi ad un armatura, che la sostenne educatamente.

“Un piacere, dolce dama”. Disse quest'ultima ad una stupefatta Maria, che ringraziò in fretta e corse verso Hermione.

“Hermione, dove diavolo è l'aula di Divinazione? Questi corridoi sono tutti uguali e i quadri mi danno sempre indicazioni diverse.”. Le chiese con il suo buffo accento.

Hermione provò pena per la ragazza. Non sapeva che volesse seguire Divinazione, che magari era insegnata decentemente in Italia. Si immaginava la faccia che l'italiana avrebbe fatto di fronte a Sybill Trelawney, con le sua collezione di collanine di perle, i suoi scialle e il fumo asfissiante della sua aula.

“Non puoi sbagliare: è in cima alla torre nord. Vai per questo corridoio, sali le scale facendo attenzione al quinto gradino a partire dal basso, che è pestifero e si appiattisce, cerca con lo sguardo il quadro un un cavaliere sopra un pony bianco, non parlargli assolutamente, percorri le scale a chiocciola che iniziano alla sinistra di quel quadro e corri fino all'ultimo piano. Lì troverai una botola sul soffitto. Di solito è aperta. Quella è l'aula di Divinazione”.

Maria l'ascoltava con aria chiaramente preoccupata. Dopo pochi secondi di silenzio, annuì, concentrata.

“Dritta, scale, gradino bastardo, pony bianco, parlare assolutamente, scale a chiocciola, botola. Capito tutto”.

Prima che Hermione potesse correggerla, Maria partì come un fulmine, travolgendo un duo di Ravenclaw del secondo anno, che si scostarono, spaventatissimi.

“Non parlargli, ho detto, NON PARLARGLI ASSOLUTAMENTE”. Provò ad urlare la riccia, ma dubitava che Maria l'avesse sentita.

Sir Cadogan e la Trelawney: per la ragazza, Hermione ne era certa, quella non sarebbe stata una giornata facile da dimenticare. Alzò le spalle e si avviò vero l'aula di Antiche Rune, pronta ad un secondo incontro con Angela Doragon.


Hermione sfruttò la lezione di Antiche Rune come poteva: la Professoressa Babbling era partita in quarta con la spiegazione di alcune rune avanzate e lei non voleva perdersi una parola. Ebbe comunque modo di dare un'occhiata ai suoi due obiettivi: Angela sembrava seguire la lezione in totale tranquillità: prendeva qualche appunto di tanto in tanto e annotava alcune nozioni della Bubbling nel libro di testo, ma sempre con un'aria piuttosto annoiata. L'aveva sorpresa più di una volta mentre giocava con i suoi ricci o disegnava svogliatamente sul foglio di pergamena degli uccellini. Velentino era tutto un altro discorso: il ragazzo scriveva come un ossesso, cancellava spesso le sue note con la bacchetta e poi le riscriveva; sembrava incredibilmente concentrato e sudava copiosamente dall'attaccatura dei capelli, che tormentava con la mano sinistra, spettinandosi ancor di più di quanto non lo fosse di solito.

Guardandolo Hermione non poté fare a meno di sorridere: si rivedeva un po' in quel ragazzo.
Fissarlo le faceva venire in mente sé stessa al primo anno, sempre agitata e con l'ansia di non riuscire a comprendere quel mondo che le era sconosciuto fino a pochi mesi prima.

Più di questo, non riusci a capire. I due non facevano rumore, né attiravano l'attenzione facendo domande, come era solita fare lei.

Sembravano, in tutto e per tutto, due ragazzi tranquilli.

Hermione però, dopo il duello, non se la beveva più: Aveva visto quell'inquietante bagliore rossastro emesso dagli occhi di Angela, era stata colpita da i suoi incantesimi e non poteva fare a meno di pensare che in quella ragazza si nascondesse la voglia di primeggiare, ambizione che l'aveva resa Slytherin di diritto. Non solo, era anche certa della forza che sosteneva quell'ambizione.

Non aveva potuto assistere al duello di Valentino, ma venendo verso la classe aveva sentito Goldstein lamentarsi del suo modo di fare. Da come ne parlava, aveva usato un trucco per vincere sulla Chang e non si era davvero meritato la vittoria.

Aveva senso, si disse Hermione: dalle valutazioni G.U.F.O. di Valentino non doveva essere molto portato per la materia e non poteva usare che l'astuzia per vincere quelle competizioni.

“Signorina Granger, il suo banco è così interessante?”. La Professoressa Bubbling l'aveva sorpresa a fissare con aria assente il suo foglio di pergamena, mentre era persa nelle sue riflessioni.

“Mi scusi, professoressa. Non si ripeterà”. Si scuso la giovane strega, ignorando le occhiate perplesse di Blaise e Anthony, che non avevano mai sentito un'insegnante rimproverare la Grenger per non aver seguito la spiegazione.


Hermione aspettava Draco seduta sotto una quercia, vicino al Lago. Aveva chiesto a Blaise di portargli il messaggio e questi, che l'aveva sempre trattata in malo modo negli anni scorsi, non aveva fatto storie.

Hermione sapeva che tra gli Slytherin c'era aria di redenzione, ma non pensava che tutti, persino Zabini, avessero abbandonato le idee purosangue.

Da quel che sapeva il ragazzo non aveva perso nulla durante la guerra, perché la madre non si era mai fatta marchiare ed era stata attenta a non avvicinarsi mai ai giri di Voldemort, ma era noto che le idee di Blaise in merito a Nati Babbani e Traditori del Proprio Sangue non differissero per nulla da quelle che avevano Draco e gli altri figli e figlie di Mangiamorte.

Se non aveva affrontato le conseguenze della guerra, come aveva fatto a cambiare così tanto? Che fosse stato grazie agli amici?

Mentre era persa nel suo pensare a Blaise Zabini, una mano le si posò sulla spalla.

“Granger”. Draco Malfoy, che sembrava sempre più alto ogni giorno che passava, are finalmente arrivato.

Hermione sussultò per la sorpresa. Più che per lo spavento, ciò che per lei era ancora incredibile, era il fatto che Draco accettasse di toccarla.

“Mi hai fatto chiamare da Blaise solo per rimanere a fissarmi con la bocca aperta, Granger?”. Chiese sorridendo il biondo. Non c'era traccia della passata ironia maligna nella sua voce.

Hermione si assicurò di non aver più la bocca spalancata per lo stupore e si ricompose.

“Non proprio Draco. Ti va di sederti un secondo? Non abbiamo avuto tempo per parlare da quando siamo arrivati ad Hogwarts”.

“Avevo le mie cose da fare, Granger. I ragazzi di Slytherin sono tutti un po' spaventati, sopratutto quelli dei primi anni. Temono ritorsioni da parte dei ragazzi che hanno perso genitori e fratelli, quindi vengono da me a parlare”. Draco sembrava irritato. “Non so davvero come aiutarli. Non posso seguirli tutti e Blaise e Daphne hanno lo stesso problema come Prefetti”.

Hermione annuì, comprensiva,

“Se ti può essere d'aiuto, chiederò a Neville e Ginny di tenere occhi e orecchie aperte per qualsiasi bravata dei ragazzi della mia Casa verso studenti Slytherin, ok?”.

Draco sorrise e si lasciò cadere sull'erba del prato.

“Mi sei mancata Granger”. Le disse il ragazzo, catturando uno dei suoi ricci e iniziando a giocarci, rigirandoselo attorno al dito.

“Hermione arrossì. “Anche tu mi sei mancato, Malfoy”. I loro sguardi si incrociarono, ed erano pieni di affetto. Distolsero subito lo sguardo e fissarono imbarazzati qualche ciuffo d'erba divenuto improvvisamente interessantissimo.

“Comunque non mi hai chiamato per parlare dei giovani Slytherin, vero Granger?”. Chiese Draco, strappando un stelo d'erba e giocandoci come aveva fatto con il capello di Hermione qualche secondo prima.

“Hai ragione, non ti ho chiamato per questo”. Hermione sospirò. Sperava davvero che Draco non la prendesse male. Sapeva quanto unita fosse Slytherin e non voleva che quella amicizia appena costruita con Malfoy si incrinasse a causa dell'incarico assegnatole dalla McGonagall.

“Ti devo chiedere una cosa.. un po' odiosa, almeno dal tuo punto di vista”.

“Devo baciare Potter?”. Chiese Draco, sarcastico.

Hermione scoppiò a ridere. “No, anche se sarebbe divertente vedervi. No, Draco, quello che voglio chiederti è di tenere d'occhio i nuovi arrivati del settimo anno nella tua Casa: Valentino Marchetti e Valentina Doragon”.

La strega vide il viso dell'amico oscurarsi.

“Come mai?”. Chiese brusco. Sembrava che Hermione avesse ragione: Draco, come gli altri Slytherin, non amavano minimamente fare la spia e tradire i propri compagni. Se con le altre Case negli anni passati si erano comportati come delle vere vipere, era anche vero che Hermione non aveva mai sentito di problemi interni a Slytherin. Quei ragazzi si coprivano tra loro le spalle.

“Non posso dirtelo, non del tutto. Ti basta sapere che la Preside è nervosa. Sembra che abbiano un passato davvero discutibile...”.

Draco tossì apposta e le guance Hermione si tinsero nuovo di un rosso acceso per l'imbarazzo.

“Tu hai dimostrato a tutti di che pasta sei fatto quest'estate. Il Wizengamot ti ha assolto da ogni accusa. Sei un mago libero e pulito”.

Malfoy la fissava dubbioso. Hermione notò che premeva la mano destra sull'avambraccio sinistro, dova sapeva celarsi, scolorito, il Marchio Nero.

“Non voglio sapere vita, morte e miracoli su quei due, Draco. Vorrei solo che tu mi dicessi se fanno qualcosa di... pericoloso, o se a loro succede qualcosa di pericoloso. Sarebbe veramente importante”. Hermione ora cercava di guardare Draco negli occhi, ma questo continuava a strappare gli steli dal prato, negandole quel contatto visivo.

“Dici che quei due siano una minaccia anche per i ragazzi?”. Chiese lo Slytherin, chiaramente sovrappensiero.

“Non lo so”. Rispose sinceramente Hermione. “Anzi, per quello che ho capito, i due potrebbero essere qui solo per farsi l'ultimo anno di scuola all'estero. Il punto è il rischio e a me non piace molto accollarmi altri rischi dopo l'anno scorso. La Preside è sicura che ci sia sotto qualcosa, che qualcuno abbia fatto in modo che si iscrivessero aggirando le regole della Scuola e io non dubito dell'intuito della McGonagall”. Spiegò Hermione, decidendosi a dire un po' di più all'amico.

Draco si alzò all'improvviso e abbassò lo sguardo verso la Granger.

Ecco che la strega ebbe finalmente modo di ammirare quelle iridi di un grigio tempestoso, che l'avevano fatta piangere molte volte negli anni passati, ma che ora avevano un'eredità diversa.

“D'accordo Granger, ma non intendo fare la spia per delle stupidaggini. Se li vedo fumare nel parco o copiare ad un compito, non li denuncerò. Sarà solo nel caso facciano qualcosa di veramente grave”. Decretò Draco.

Hermione sorrise. Era tutto quello che le serviva.

“Per me va benissimo”. Concordò la strega.

“Comunque...” Draco assunse per un attimo il suo vecchio tono borioso e vanesio. “...Non è che ti brucia solo perché la Doragon te le ha suonate a Difesa?”.

Hermione rincorse un Draco davvero divertito per tutto il parco, lanciandogli delle fatture pungenti sui piedi per tutta la corsa.
Mentre i due correvano, le loro risate erano udibili fino alle porte del Castello.
 


NOTE DELL'AUTORE


Allora, siamo arrivati al quinto capitolo (Settimo se si contano i due prologhi). La prospettiva della storia è cambiata e sono sicuro che alcuni degli ormai duecento lettori silenziosi che seguono questa storia abbiano diverse domande. La prospettiva della storia verte e verterà sempre su Valentino e Angela, ma da ora in poi, ogni tanto aggiungerò un capitolo con un POV diverso. Vi faccio un esempio più pratico sul modo in cui voglio procedere: ogni tre capitoli, ci sarà un frammento del prologo e uno di quei tre sarà un capitolo con un POV diverso da quello dei due italiani. Sono avanti rispetto alla pubblicazione di una dozzina di capitoli e mi piace come impostazione. Ditemi se avete suggerimenti e questo modo di narrare vi piace o vi fa schifo (MA DITEMELO). 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Recensite e mettete la storia tra quelle seguite (così vi arrivano gli aggiornamenti sulle pubblicazioni).

Buona vita,
Herma.
   
 
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