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Autore: LadyYuna94    26/09/2022    1 recensioni
Sequel della mia "Guard Me For Eternity" che è necessario aver letto prima di cominciare questa
"La tua anima gemella giace in un corpo perduto nel passato e rigenerato per un nuovo futuro [...] La sua mente è plagiata e la sua nera arma scintilla come una fiamma nel buio. Una fiamma distruttrice che ha sete di potere [...] Ricorda, figlia del solstizio d’estate, solo tu puoi vincere il gelo nel cuore di un’anima spenta e dimenticata"
Lyn Kon è la meravigliosa figlia adolescente di Rei ed Elena; il giorno del suo sedicesimo compleanno parte per la Cina insieme ai suoi genitori e, come membro della Tribù della Tigre Bianca, deve sottoporsi ad un rito di passaggio, nel quale le verrà predetto il futuro dal Grande Saggio della Tribù. Ma la profezia di cui l'anziano parla non presagisce nulla di buono...
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14:

Proprio mentre Lyn stava per soccombere al suo triste destino, la peggior punizione per aver scelto di fare del bene a tante persone in difficoltà quella sera, una voce maschile e giovane, attirò l’attenzione degli stupratori.
- Hey!- urlò nel buio.
- Amico, se vuoi farti un giretto la cagna è libera, ma devi aspettare il tuo turno- disse quello chino su Lyn, in ginocchio sull’asfalto.
- Sempre se sarà rimasto qualcosa di lei quando avremo finito, se no puoi anche andartene- concluse, scoppiando a ridere insieme agli altri.
- Io invece credo che quello che debba andarsene subito sei tu, insieme a questi altri scimmioni che ti porti dietro- continuò la voce.
Lyn non riconosceva chi stava parlando e quest'ultimo era nascosto nel buio, non riusciva a vederlo. Inoltre le lacrime la appannavano tremendamente la vista.
- Ti supplico, aiutami- riuscì a mormorare.
- Senti, trovati un’altra puttanella da scoparti, qui c’eravamo prima noi- proseguì il verme, mentre il branco esprimeva accordo.
- Sarò costretto ad usare le maniere forti, peggio per voi- disse tranquillo quel giovane misterioso.
I successivi due minuti agli occhi di Lyn risultarono parecchio confusi.
Riconobbe soltanto il rumore di un Beyblade che girava ad una velocità sovrumana e uno scintillio nero nel buio. Come una fiamma oscura. Poi le urla degli stupratori che si davano alla fuga spaventati a morte, mentre si tiravano su le braghe.
Lyn si accasciò completmente al suolo, scoppiando in un pianto liberatorio e tentando di coprirsi quanto possibile. La maglietta era a brandelli, ma fortunatamente il reggiseno aveva retto i colpi, restando intatto, così come i pantaloni e gli slip. Riuscì a rimettersi in piedi, ma era ancora frastornata e continuava convulsamente a controllare se era vestita.
- Stai bene?- chiese quel ragazzo misterioso uscendo dalla penombra del vicolo e andando accanto a Lyn per sincerarsi delle sue condizioni.
Il suo tono di voce era cambiato, non era più freddo e minaccioso come quando parlava con quegli stronzi di poco prima, ma era molto più gentile e avvolgente.
- C’è mancato poco- mormorò Lyn più a sé stessa che a lui, tenendo ancora gli occhi bassi.
- Già- rispose il ragazzo.
- Non so come ringraziarti- disse lei sollevata, alzando lo sguardo e vedendo il viso del giovane, lievemente illuminato dalla luce dei lampioni.
Lyn pensava di essere ancora sotto schock quando vide quell’inconfondibile ciuffone argenteo quasi a coprire l’occhio destro e i capelli scuri più lunghi sulla nuca. Ma ciò che le fece definitivamente perdere le forze fu scoprire finalmente di che colore erano quegli occhi che lei immaginava tutte le notti. Due preziose gemme d’ametista erano entrate in contrasto con l’ambra degli occhi di Lyn. Si era creato un campo magnetico attorno a loro.
- Riesci a stare in piedi?- chiese nuovamente il ragazzo, senza la minima espressione sul viso.
Lyn si portò una mano alla tempia e cercò di mettere in ordine i pensieri, ma sentiva come se il cervello si fosse fatto un giro da solo sulle montagne russe e poi glielo avessero rimesso in testa.
- Vik...- ma non riuscì a finire che perse i sensi e il giovane si affrettò a sorreggerla.
Viktor aggrottò le sopracciglia, perdendosi ad osservare la bellezza mozzafiato di quella ragazza.
E la sua voce. Dolce, allegra, melodiosa. Lui l’aveva già sentita, ma non riusciva per niente a ricordare dove o quando. E, cosa non meno importante, lei sembrava aver pronunciato il suo nome.
Come poteva saperlo, si chiese Viktor.
Era arrivato a Roma da due giorni e non aveva visto nessuno, se non qualche rompicoglioni amico di suo padre, i quali non avevano perso tempo a mostrare la solita falsa e pomposa disponibilità per qualunque evenienza. A Viktor davano il voltastomaco tutte quelle inutili cerimonie, sia perché caratterialmente non amava le smancerie, sia perché sapeva bene che adulavano lui solamente per arrivare a Vorkov.
L’idea di portare quella ragazza nel lussuoso hotel dove suo padre lo aveva sistemato, per darle il tempo di riprendersi e calmarsi era la prima cosa che gli era venuta in mente, però a giudicare dall’aspetto di quella dolcissima fanciulla che ancora se ne stava beata tra le sue braccia, Viktor pensò fosse sua coetanea, quindi immaginò che avesse dei genitori abbastanza preoccupati che probabilmente la stavano già cercando. Farsi trovare con lei e gli abiti a brandelli avrebbe scatenato la loro ira senza neanche dargli il tempo di spiegarsi. Considerando che Vorkov gli aveva chiesto di tenere un profilo basso, almeno per il momento, farsi denunciare per tentato stupro non era di certo tra le opzioni migliori.
Il giovane si fermò quindi su una panchina, poco lontana dalla fermata a cui Lyn sarebbe dovuta arrivare e cercò di farla rinvenire in qualche modo.
Dopo un po’ lei aprì piano gli occhi, ma si sentì talmente stordita che avrebbe preferito richiuderli. Riuscì a scorgere una sagoma in controluce e, istintivamente, si drizzò a sedere, allontanandosi di poco.
- Rilassati, sono io- disse il ragazzo.
Lyn si rese conto che non era statisticamente possibile fare lo stesso sogno due volte nella stessa notte, quindi chi le stava davanti, chi le stava parlando doveva forzatamente essere…
- Viktor.- disse lei in un soffio.
Il giovane sussultò, ma cercò di restare calmo.
- Non posso crederci, sei proprio tu- incalzò Lyn tentando di vederlo meglio grazie alla luce di un lampione diretta sulla panchina dove si trovavano.
- Come sai il mio nome?- chiese lui, mettendosi d'un tratto sulla difensiva.
Lyn fu un attimino spiazzata da quella domanda.
Era stata al suo capezzale per dieci giorni, raccontandogli della sua vita, leggendogli la sua fiaba preferita. Capì in quel momento di aver perso di vista il punto di partenza, che era ciò che anche Judy le aveva recriminato al momento del violento litigio a casa sua. Viktor era in coma quando lei lo aveva conosciuto.
Una parte della ragazza credeva che Irina, o anche suo padre, avrebbero potuto parlargli di lei, di quella ragazza italiana che era rimasta a vegliare su di lui ogni volta che ne aveva avuto la possibilità.
- E’ una lunga storia- si limitò a dire la giovane.
- Se ti ha mandato qui mio padre, dillo subito, così la facciamo finita senza troppi convenevoli- cominciò lui, alzando seccato gli occhi al cielo.
- No, certo che no, non conosco tuo padre, o meglio lo conosco...- si corresse lei, ma capì dallo sguardo enigmatico che lui aveva sul viso che aveva soltanto complicato le cose, così Lyn si fermò e fece un lungo sospiro.
- Senti, ricominciamo da capo, mi chiamo Lyn- disse lei, porgendogli la mano.
Viktor guardò la mano tesa verso di lui, poi incrociò nuovamente il suo sguardo e si mise a braccia conserte, poggiandosi con la schiena contro la panchina.
- Lo sai già come mi chiamo- rispose lui distaccato e Lyn ritrasse lentamente la mano serrando le labbra.
- Grazie, per prima...- cominciò lei, senza avere altro modo per dimostrare la sua gratitudine. Lui si limitò ad annuire.
- Che ci fai a Roma?- chiese poi la ragazza dai capelli corvini, maledicendosi mentalmente per aver fatto quella domanda, tanto era vero che il giovane le lanciò uno sguardo accigliato.
Solo allora Lyn ebbe la possibilità di notare che, rispetto a quando lo aveva visto in ospedale, Viktor aveva un piccolo ma scintillante orecchino nero al lobo destro e dei singolari triangoli blu dipinti sulle guance. Era ancora più bello di quanto ricordasse, ma era decisamente più gentile e tranquillo mentre dormiva, si ritrovò a pensare la sedicenne.
- Volevo dire, non ti ho mai visto a Roma- si corresse nuovamente lei.
- Affari, per mio padre- disse vago lui, valutando bene la scelta dei termini da usare.
Lyn venne pervasa da una strana sensazione, come di disagio.
Ricordava bene le vibrazioni non proprio positive e rassicuranti che le trasmetteva il padre di Viktor, ma questo non voleva necessariamente dire che fosse una cattiva persona o che i suoi affari riguardassero qualcosa di losco. Eppure non riusciva ad immaginare qualcosa di buono che fosse riconducibile al nome Vorkov.
Rimasero in silenzio per qualche secondo e Lyn dovette fare appello a tutte le sue forze per non fargli altre millemila domande, una di queste, però le sfuggì.
- Quanto ti fermi?- domandò ancora, ma di tutta risposta Viktor sospirò scocciato e si staccò di scatto dallo schienale della panchina.
- Ti conviene chiamare i tuoi genitori così che vengano a riprenderti, non è il caso di camminare sola in queste zone, visto ciò che è accaduto poco fa- lui le rivolse uno sguardo profondo ed eloquente e Lyn poté sentire il cuore fare a cazzotti con lo stomaco dentro di sé. Aveva fantasticato parecchio su di lui, ma ora vederselo lì davanti, con quegli occhi così belli da mozzarle il fiato, dopo che le aveva letteralmente salvato la vita, era decisamente troppo da reggere in una volta sola.
- Perché non mi accompagni tu?- provò lei e Viktor scoppiò a ridere.
- Non credere che salvarti da quegli animali faccia di me il tuo principe azzurro- commentò lui con un sorrisetto beffardo.
- Anzi, sai che c’è? Che non me ne importa proprio niente di come te ne tornerai a casa. Fa’ come ti pare- concluse lui alzandosi dalla panchina, mentre Lyn lo osservava allibita.
Viktor si tolse la giacca e la porse alla ragazza senza neanche degnarla di uno sguardo. Lo sguardo di Lyn si spostava saettante da quella giacca allo sguardo basso di Viktor.
- Mettitela, almeno i tuoi sapranno che non tutti i ragazzi sono dei fottuti stupratori- chiarì lui.
Lyn prese la giacca, lentamente, e proprio mentre stava per ringraziarlo, Viktor girò i tacchi e si diresse nella direzione opposta, sempre con le braccia conserte, con passo lento ma sicuro.
- Aspetta, come farò a restituirti la giacca?- chiese Lyn, parlando a voce abbastanza alta per farsi sentire.
- Puoi tenerla- rispose lui di rimando, alzando un braccio.
Nonostante la sorpresa, Lyn restò a contemplarselo per qualche minuto, mentre si allontanava sempre di più. Era alto esattamente come aveva ipotizzato e, ora che aveva indosso soltanto un’attillata t-shirt viola e dei jeans, poteva osservare meglio il suo fisico snello, ma comunque muscoloso e tonico al punto giusto.
Quando il giovane sparì dalla sua visuale, Lyn strinse la giacca che le aveva lasciato tra le mani e poi se la portò al volto sorridendo, inspirandone il profumo. Non solo lui era bellissimo, ma aveva anche un odore meraviglioso e non le sembrò affatto che quell’indumento fosse intriso di qualche particolare profumo o dopobarba. Lui sapeva di buono.
Poi indossò la giacca che le stava decisamente grande e sospirando chiamò i suoi, pronta psicologicamente per una ramanzina senza precedenti da parte di sua madre.
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Lyn scelse con cura le parole più adatte nel raccontare cosa era successo quella sera, per evitare di far venire un attacco di panico ad Elena, ma non servì a niente.
Quando la donna aveva sentito “tentativo di stupro” uscire dalla bocca di sua figlia, aveva sgranato gli occhi talmente tanto che Lyn pensava le sarebbero usciti fuori dalle orbite da un momento all’altro.
La trentottenne era nervosa all’estremo alla guida della sua BMW, mentre sua figlia se ne stava ad occhi bassi sul sedile del passeggero, stringendosi nella giacca che Viktor le aveva dato, l’unica cosa che riusciva a darle conforto.
- Mi dispiace tanto per i senzatetto, ma se non sei in scooter o accompagnata, qui non ci metti più piede!- sentenziò Elena stridula e Lyn non poté dire nulla, limitandosi a restare in silenzio. Del resto, non poteva di certo dare tutti i torti a sua madre.
- Io non posso crederci! E dire che questo è il quartiere con la gente migliore di tutta la città, sono commossa!- proseguì ironica Elena, in un fiume in piena quando era agitata.
- Mamma, non è che violentano le ragazze solo nei quartieri malfamati, può succedere ovunque- si sentì di sottolineare Lyn e sua madre le rivolse una veloce occhiata.
- Proprio perché di questi tempi non ci si può fidare neanche di quella che apparentemente sembra gente perbene, verrai accompagnata da me e tuo padre ovunque andrai- ribadì la donna.
- Mamma, avanti, mi avete regalato lo scooter al compleanno proprio per non dipendere da voi in ogni momento- cominciò Lyn, con la concreta e terrificante prospettiva di perdere la sua libertà.
Certo, l’episodio appena successo l’aveva scioccata quanto e forse più di sua madre, ma non voleva che la paura che potesse accadere nuovamente qualcosa del genere, le impedisse di vivere spensierata la sua età.
- Tu sei già impegnatissima in atelier e con gli allenamenti di Beyblade, papà non lo vedo quasi più, quando io vado a scuola, lui sta dormendo e quando rientro, è andato già via, il ristorante sta andando fortissimo. Non voglio mettermici anche io- disse Lyn, cercando di essere il più convincente possibile.
- Lyn, forse non è chiaro. Per me e papà, tu vieni prima di ogni altra cosa. Prima dell’atelier, del ristorante e anche del Beyblade- rispose ovvia Elena.
- Lo so, ma non voglio diventare una reclusa o sentirmi come se dovessi avere paura ovunque vada. La mia è stata semplicemente sfortuna- riuscì a dire Lyn.
Elena, osservando sua figlia, non sapeva se essere ammirata dal giudizio che stava dimostrando di possedere, o essere spaventata perché magari cercava di nascondere il profondo trauma che l’aveva appena colpita.
Poi, in quel momento, si rese conto che Lyn indossava una giacca che non era decisamente la sua, sia per il taglio prettamente maschile, sia perché le stava grandissima.
- Dove l’hai presa quella?- chiese ad un certo punto Elena, curiosa.
Lyn trasalì leggermente e cercò di nascondere un sorrisetto che alla donna non sfuggì.
- Beh, l’ho trovata abbandonata su una panchina, non sapevo come coprirmi- si giustificò Lyn senza guardare Elena negli occhi.
Per qualche oscuro motivo sentiva di dover nascondere la questione di Viktor a sua madre.
Era sicura le avrebbe fatto il terzo grado per quello, ma da una parte si sentì in colpa perché il ragazzo, prima di andarsene, aveva detto qualcosa riguardo al dimostrare ai genitori che non tutti sono degli stupratori, dando per scontato che Lyn parlasse di lui a casa. In effetti, glielo doveva dopo il gesto eroico che aveva compiuto, ma la ragazza non si sentì per niente pronta ad un’altra raffica di domande da parte di sua mamma.
Elena guardò meglio i dettagli della giacca e la confusione si dipinse sul suo viso.
- Sicura che fosse abbandonata? Quella è una Versace in edizione limitata, tra l’altro- commentò Elena socchiudendo gli occhi e Lyn si limitò ad alzare le spalle.
Per deformazione professionale, Elena aveva un certo occhio per i capi firmati e sua figlia lo sapeva benissimo, ma non ci aveva dato peso quando aveva accettato di coprirsi con l’indumento che Viktor le aveva offerto e che addirittura aveva detto poteva tenersi.
- Sai, non siamo gli unici ricconi in città- disse la giovane, strappando una risatina a sua madre.
Era come se si fosse ricordata in quel momento che Viktor era l’unico figlio di un filantropo multimiliardario, proprietario della metà degli ospedali dell’est Europa, stando a quanto le aveva confidato Irina. Quella giacca costava decisamente un occhio della testa, ma il ragazzo non sembrò badarci per niente quando gliel’aveva offerta.
- Finalmente a casa, adesso voglio che tu faccia una bella doccia e ti metta comoda- ordinò Elena con dolcezza, aprendo la porta di casa.
- Che ne pensi se io e te dicessimo bando alla tristezza con una bella torta al cioccolato?- aggiunse la donna con sguardo accattivante e Lyn sorrise, per poi abbracciare sua madre, che la strinse fortissimo.
- Amore mio, se ti fosse capitato qualcosa di male non so che avrei fatto- confessò Elena con una nota di sollievo nella voce.
- Sto bene, mamma- la rassicurò Lyn, lasciandosi accarezzare i lunghi capelli neri.
- Ora vado a farmi una doccia, tu intanto, prepara l’occorrente per la torta- la esortò la ragazza, con un gesto eloquente della mano.
- D’accordo- replicò sua madre.
- Papà farà i salti di gioia quando troverà il suo dolce preferito!- urlò Lyn e la sua voce rimbombò nell’immenso salone di villa Tornatore e poi si tappò nel bagno padronale optando per un bagno caldo e rigenerante, mentre sua madre si metteva ai fornelli.

 

   
 
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