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Autore: _Sherazade_    02/10/2022    0 recensioni
Poter evadere da una realtà spaventosa ed ingiusta, fuggire lontano e volare via...
Rivisitazione del mito di Icaro.
» 𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Apollo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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» “Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
» Prompt: We wanted to be the sky (Lista pumpNEON)
» N° parole:
1332

 

"Tutt'uno con il cielo"

 

Icaro era sempre stato un ragazzo sognatore, sempre con la testa fra le nuvole e con una grande passione per gli uccelli che volavano in alto nel cielo, liberi da ogni costrizione e da ogni tabù che invece incatenava gli uomini a vite tristi e insoddisfacenti. Amava viaggiare, sentire la frizzante brezza marina che gli scompigliava i capelli, quell'aroma salmastro che gli riempiva i polmoni.

Icaro avrebbe tanto voluto vedere il mondo, scoprire posti nuovi, vedere cosa le terre sconosciute potevano insegnargli. Era un ragazzo intelligente e curioso e suo padre ne andava molto fiero, coinvolgendolo sempre nei suoi lavori e nei suoi viaggi.
Quando i due vennero invitati a Creta da re Minosse, il giovane non riuscì a contenere un grido di gioia dato che non aveva mai visitato l'isola ed era davvero entusiasta all'idea di partire.

Al loro arrivo vennero accolti con tutti gli onori, e il re fece loro una bellissima impressione, ma era solo un inganno. Fino a che i due lavorarono a quello che sarebbe diventato il più famoso labirinto mai costruito, furono trattati bene; ma lo scopo finale di questo progetto mandò Dedalo in depressione perché lo fece sentire responsabile delle terribili carneficine che si sarebbero tenute al suo interno.
Nonostante Dedalo e Icaro cercarono di distogliere il sovrano dal portare a termine il suo piano, da questi non ricevettero altro che risate e sguardi di sdegno. Minosse arrivò persino al punto da minacciare di sbattere lo stesso Icaro nel labirinto se non avessero smesso di chiedergli di interrompere i sacrifici.
Rassegnato a dover vedere la sua creazione come portatrice di morte, Dedalo e Icaro dovettero attendere l'arrivo di Teseo per assistere alla giusta fine di quell'orrore.

Ma l'incubo in realtà non era finito, non per loro almeno: Minosse incolpò Dedalo di questo fallimento, e non era tipo da lasciar correre.
Padre e figlio vennero gettati nelle segrete e sottoposti a terribili torture atte a piegare la loro volontà e il loro essere.
Gli abitanti di tutta l'isola potevano sentire quelle grida disperate mentre l'aguzzino di turno lacerava loro le carni, oggi con la frusta, domani con la lama e il giorno dopo ancora con del legno grezzo, lasciando che le schegge si conficcassero nella carne viva infettandola. Le torture a cui Minosse li sottoponeva erano sempre più crudeli e sadiche, tanto che in tutta la Grecia si sparse la voce di quale terribile e disumano sovrano regnasse nell'isola.
Dedalo aveva implorato pietà, ma non per se stesso, per suo figlio, il suo amato e unico erede che non aveva colpa alcuna e che aveva ancora tutta la vita davanti a sé. Ma niente riuscì a far breccia nel cuore del re. In quei terribili giorni, l'unica cosa che ai due era rimasta da fare era quella di guardare il cielo e gli uccelli che si libravano in volo. Non solo Icaro, ma anche Dedalo cominciò a perdersi nell'ammirazione di quelle creature che volavano leggiadre. E ad un certo punto nella testa di Dedalo si fece largo una nuova idea, ma Minosse non doveva scoprirlo e per questo dovette fingere di essersi piegato a lui e di aver perso ogni voglia di vivere.

Dovettero passare alcuni anni prima che Minosse si decidesse a liberarli, ma il sovrano era un essere sadico e di natura malvagia, e il suo non fu un gesto magnanimo dettato da una ritrovata umanità, ma l'ennesima dimostrazione della sua invidia e cattiveria.
Minosse avrebbe liberato Dedalo e il figlio solo se questi gli avesse costruito un'arma in grado di sconfiggere Teseo, e conquistare Atene, la città su cui lui governava.
Per aver salva la vita, il geniale inventore non poté far altro che accettare, ideò diversi progetti e creò svariati modellini che mandarono in visibilio il re, ma in realtà quelli non erano altro che giocattolini privi di alcuna reale utilità. Doveva solo guadagnare tempo. Tempo per completare la sua vera invenzione e la sua ultima possibilità per salvare se stesso e il figlio.
Ci vollero diverse settimane, e alla fine completò delle ali fatte con piume e cera, ali che gli avrebbero permesso di librarsi in volo, andare lontano, volando in alto, là dove Minosse non avrebbe potuto toccarli.

 

Icaro era così felice da piangere, e non solo per la libertà riacquistata dopo tutto quel lungo periodo di prigionia, ma per l'aver visto realizzare il suo più grande sogno: volare proprio come gli uccelli che aveva da sempre ammirato.

Aspettarono il calar del sole e poi, col favore di Nyx, i due lasciarono la capanna nella quale vivevano, sfuggirono allo sguardo della guardia che avevano drogato con del vino nel quale avevano fatto sciogliere del sonnifero, e spiccarono finalmente il volo lasciandosi alle spalle la sofferenza, le ferite e l'angoscia che così a lungo avevano provato.
Volarono tranquilli per tutta la notte e finalmente cominciò ad albeggiare. Accanto a loro volavano dei gabbiani che inizialmente erano rimasti straniti dalla presenza di esseri umani, ma si erano abituati alla loro compagnia e alla cristallina risata del ragazzo.
Icaro volava felice sorridendo e ringraziando il padre per questo dono così meraviglioso, ritrovando la serenità e la felicità così a lungo dimenticata.


Apollo stava trascinando il suo cocchio su nel cielo e Icaro, che al Dio era tanto devoto, non poté esimersi dal volersi avvicinare a lui per fargli i suoi omaggi e per rimirarne il viso dalla bellezza davvero divina di cui tanto aveva sentito parlare.
Il ragazzo aveva piena padronanza delle sue nuove ali, ma non aveva tenuto conto di un piccolo dettaglio che avrebbe segnato la sua fine. Icaro volò velocemente verso il carro trainato dagli stalloni celesti le cui criniere brillavano ed emettevano raggi come quelli del sole, l'astro che Apollo trasportava, che illuminava le terre e i mari a loro sottostanti. Lo spettacolo del sole che si spostava nel cielo era meraviglioso e Icaro era ammaliato da tanta bellezza, al punto da non udire più la voce del padre che lo supplicava di tornare indietro.

Icaro era troppo accecato dall'amore e dalla devozione verso il divino Apollo per sentirlo.
Egli volò, volò in alto fin quasi a raggiungere il Dio, ma quando fu finalmente abbastanza vicino da poterne rimirare i tratti divini, il sole sciolse non solo le sue meravigliose ali, ma anche lui stesso tramutandolo in cenere.
Mentre il suo corpo si dissolveva, Icaro pensò al padre che avrebbe lasciato e del quale cominciava a sentire la voce e il suo pianto disperato.


Rammarico, pentimento, vergogna... queste le emozioni che cominciò a provare il giovane quando capì il danno che aveva causato.
Quando la disperazione stava per sopraggiungere nel suo cuore, egli sentì una voce dolce come il miele, quasi come una carezza che avvolgeva quel che rimaneva del suo corpo che si stava sgretolando.

«Icaro, il tuo intento era quello di rendermi omaggio, e te ne sono grato, ma la tua avventatezza ha portato alla tua prematura morte lasciando nello sconforto il tuo povero padre. Non posso cambiare ciò che è ma posso farti un dono: ti dissolverai nel cielo e diventerai un tutt'uno con esso».
Icaro non sapeva come rispondere alla gentilezza che il Dio gli aveva appena rivolto: oramai il suo corpo non esisteva più, e la sua anima era già diventata parte dell'immensa volta celeste. Ma grazie anche ad Eolo, Icaro riuscì a far arrivare la sua voce al padre distrutto dal dolore.

 

Il povero Dedalo, ancora in volo, trasportato da una dolce brezza che lo avrebbe condotto sano e salvo fino in Sicilia, sentì per un'ultima volta la voce dell'amato figlio che lo ringraziavano per tutto quello che aveva sempre fatto per lui, e che lo implorarono di non essere triste perché avrebbe per sempre vegliato su di lui dall'alto del cielo. Proprio come il giovane aveva sognato.

 

 

Dedalo versò un'ultima lacrima e puntò lo sguardo oltre lo stormo che li aveva accompagnati durante la loro fuga: guardò il cielo, e in quell'istante, proprio come suo figlio, sentì di essere tutt'uno con esso.


 


L'angolo di Shera♥

Dopo un'eternità eccomi tornata a trattare di mitologia ♥_♥.
Non pensavo che avrei trattato di mitologia, né che avrei parlato di Icaro, ma... che ne pensate? So che mi son presa un po' di libertà, ma spero che questa variante vi sia piaciuta ^^
Spero di avere un vostro riscontro, sia esso positivo o negativo.
A presto

Shera
  
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