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Autore: sakura_hikaru    03/10/2022    1 recensioni
[Green Creek - T.J. Klune]
Post-Ravensong.
Il risveglio dopo la prima notte nella loro casa.
Mark si sveglia all'alba, osserva Gordo e i pensieri si incupiscono... ma poi Gordo si sveglia.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dalla finestra priva di imposte, la luce dell'alba penetra appena, muovendosi morbida come il battito di un ala. Le palpebre di Mark tremano appena prima di alzarsi; gli occhi mettono a fuoco lentamente ciò che lo circonda, prima il soffitto bianco, poi la testiera di mogano del letto, la presenza al suo fianco...

Le narici dell'uomo si espandono, e fango, foglie e pioggia sono dentro di lui.

L'odore di casa.

Il capo di Gordo si muove appena, il respiro è profondo, sereno, ancora immerso nel sonno profondo.

La mano gettata sopra il capo, quasi contro la testiera, il moncone ancora sotto le coperte.

Mark alza il capo lentamente, poi puntella un braccio sul materasso, mettendosi su un fianco, il viso rivolto al compagno ancora dormiente.

Ha un'espressione seria, anche se più rilassata di... sempre, forse. Mark era abituato a vedere una smorfia di disapprovazione e un vago fastidio sul suo viso di ragazzino. Qualcosa che è diventato una maschera di dolore e rabbia, solo pochi anni dopo. E ora...

L'uomo-lupo si chiede se il viso di Gordo perderà mai del tutto quelle linee dure e contratte, quella smorfia, ancora, di disapprovazione che si ritrova ancora a rivolgergli, di tanto in tanto.

Però, più di un tempo, più del passato remoto o di quello più recente, Gordo sorrise e ride.

Non che ami mostrarlo al mondo, ma lo fa. E poi fa una smorfia, gli esce un'imprecazione, cerca di fare il duro e invece è solo in imbarazzo.

E Mark venera ogni sua espressione. Vera o finta che sia.

Un mezzo lamento toglie Mark dai suoi pensieri; Gordo si stringe appena tra le spalle, poi si volge sul fianco, il viso a un palmo dal suo. Le lenzuola si scostano appena, rivelando il petto, la peluria scura che scivola in volute verso il capezzolo, appena inturgidito dal freddo.

Gli occhi di Mark indugiano un attimo su quel punto, prima di alzarsi sopra di esso, con un sospiro, e bearsi della vista del suo tatuaggio: non gli ha ancora chiesto come e quando e... perché l'abbia fatto. Può immaginare, certo.

È come se avesse scolpito sul suo cuore il compagno della sua statuetta. Abbracciato da un corvo.

Mark ingolla, mentre gli occhi seguono i confini delle loro sagome, fuse in una sola, e sembra un miracolo.

Quel momento, quel tatuaggio sopra il cuore di Gordo, il suo compagno addormentato di fianco a lui.

Dopo tutti quegli anni, dopo tutta quella rabbia, Mark teme che tutto sia un sogno, un bellissimo sogno. Perché l'ha sognato, ogni notte. Ogni lunga e maledetta notte passata lontana da lui.

E teme di risvegliarsi, di nuovo, solo. Il letto freddo, la statuina in mano, respinta... e il suo cuore...

«Che c'è...?».

Con la bocca ancora impastata dal sonno, Gordo mugola appena, la mano dal cuscino scivola attorno alla nuca di Mark e lo tira verso di sé. Le ciglia dello stregone solleticano il collo dell'altro, il respiro ne accarezza il petto.

«Ti ho svegliato...?».

«Era come se sentissi i tuoi pensieri...» uno sbadiglio, un mugolio. «A quest'ora dovresti dormire. L'alba è fatta per quello».

Mark contempla dall'alto il suo capo corvino, i capelli tenuti corti, ormai, da dopo il ritorno a Green Creek. Trova qualche capello grigio e, di nuovo, i pensieri vanno agli anni trascorsi a miglia di distanza.

«Quel tatuaggio...» azzarda Mark per distogliere i propri pensieri cupi «quando l'hai fatto?».

Il corpo di Gordo, fino a quel momento rilassato dalla dolcezza del sonno, si tende come una corda, il viso affonda tra le lenzuola e il petto del suo compagno.

«Merda...».

«Sei... imbarazzato?».

Un sorriso, pieno di stupore e amore, sale sulle labbra di Mark che deve trattenersi dal ruzzolare assieme al suo stregone sulle lenzuola e, magari, anche a terra. Per fare cose...

«Oh, taci! Non ti vedo, ma so che hai quel sorrisetto del cazzo stampato in faccia!».

«Scusa» ma in realtà Mark non si sente affatto in colpa..

«Merda...» ripete Gordo, rotolando sulla schiena, il braccio buono gettato sugli occhi. Mark lo guarda mordersi le labbra, poi attendere, sospirare, ringhiare e poi sospirare ancora. «Solo... non dirlo ai ragazzi. Pensano che me lo sia fatto anni fa».

«E quando te lo sei fatto, invece?».

Mark è nervoso, felice, insicuro, smania dalla voglia di sapere. Il sonno se ne è andato e ora siede sul letto, rivolto verso Gordo con uno sguardo attento.

Gordo lo guarda di sbieco e la smorfia sulle labbra si trasforma in un piccolo ghigno.

«Sembri un cagnolino in attesa del suo osso...».

Mark lancia un ringhio, Gordo scoppia a ridere e... il lupo va in brodo di giuggiole. Letteralmente.

Lo stregone sospira, la risata muore nella malinconia.

«Dopo che sei... siete tornati. L'ho fatto allora» confessa dopo un attimo, lo sguardo che scivola dal soffitto al compagno. «Ero arrabbiato. Furioso. E mi sono ubriacato. L'ultima sbronza della mia vita, direi...». La bocca di Gordo si apre, la lingua passa sugli angoli, pensierosa, ignorando gli occhi dell'altro che la seguono con attenzione. «E c'era questo tatuatore, dannatamente bravo, che era al pub. E allora ho deciso che volevo farmi un tatuaggio. Non avevo in mente quello, ma...». Si interrompe, la mano scivola sulla bocca. «Sì che avevo in mente quello» mormora con un filo di voce. «Cazzo».

Si volta, nuovamente, stavolta dando la schiena a Mark. Gli occhi del lupo non lo hanno abbandonato un momento: sono come fari, intensi, spiazzanti. Non può nascondergli nulla.

Senza una parola, Mark scivola alle sue spalle, aderendo con tutto il suo corpo a quello dello stregone. Un braccio scivola in avanti ed è un attimo che la sua mano è intrecciata a quella del compagno. Le tira verso di sé, a poggiarsi prima sulle labbra di Mark, poi sul petto di Gordo, all'altezza del tatuaggio.

«Ti ho sempre amato e sempre ti amerò. Allora e ora. Nonostante tutto quello che è successo, tutto quello che ci siamo detti... ti ho sempre amato. E tu-».

«Certo che ti ho sempre amato!» sbotta Gordo, voltandosi verso di lui come una furia, un'enorme accusa negli occhi. «Ero incazzato nero, come potevo non esserlo?!» la furia cede, decade, si infrange in quegli occhi blu.

Lui losalosalosa cosa ha provato Mark per tutto quel tempo.

Dio, come lo sa.

Lo sguardo crolla, affonda sul petto nudo e caldo del compagno. Si sente al sicuro, lo ama, non c'è più spazio per la rabbia. «Ero incazzato...» riprende con un sussurro. «Ma ti ho sempre amato. Anche quando faceva male. Non riuscivo a non amarti».

Nel silenzio, il fruscio della lenzuola, le gambe di Mark che si intrecciano alle sue, la mano che passa sulla sua guancia, appena ispida della barba di un giorno; scivola sul collo, rimane a contemplare con i tocchi il segno del morso, sentendo i brividi che corrono sul corpo addosso al suo. Poi, lentamente, con l'indice scende ancora e va a toccare la punta del naso del lupo, scende sulla gola e poi lungo il becco del corvo e la linea delle sue ali.

Lì sotto, il capezzolo si inturgidisce all'istante, il tocco ben più di una carezza.

«Grazie...» il mormorio di Mark, la sua bocca che scende a baciarlo sulla fronte, come se fosse qualcosa di delicato, come si bacerebbe una divinità, forse.

E, dio, lì c'è tutto l'amore di cui cui Gordo ha sempre avuto bisogno.

  
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