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Autore: sakura_hikaru    16/10/2022    0 recensioni
[Green Creek - T.J. Klune]
Post Ravensong, pre Heartsong.
Robbie ha un piccolo complesso per l'altezza. Ma ha un problema decisamente più grande con un certo Kelly Bennett.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non c'è bisogno di prendere misure, certe cose saltano subito all'occhio. Basta guardarsi attorno e Robbie si sente sempre come “quello basso”, quello che tutti guardano dall'alto in basso (ma solo perché è la testa quella che vedono per prima, quando abbassano lo sguardo). Certo, i ragazzi dell'officina non lo superano di molto, e anche Gordo, per quanto col suo sguardo si ha sempre la sensazione che lui ti stia guardando dall'alto in basso. Sempre.

E poi c'è Ox. E lì non c'è storia.

Ox è un gigante ed è grande ed è... il suo alpha.

Robbie ha sempre avuto un debole per chi è più alto di lui, forse proprio per il fatto che lui alto non lo è. Una persona alta spicca sempre nel gruppo, lì va lo sguardo, l'attenzione. E non c'è quel detto “altezza mezza bellezza”?

Se poi si va sul branco, beh. Solo Elizabeth e Jessie sono più basse di lui (e non di molto). E tutti gli altri?

Avete presente cosa significa guardare un muro altissimo, enorme, fatto di carne mezza umana mezza lupesca?

Ecco, i Bennett.

Tutti alti, tutti grandi, tutti che lo guardano dall'alto in basso (ma mai con malignità, anche se Robbie crede che Joe l'abbia fatto per un breve periodo. Beh, non aveva tutti i torti).

È genetica, baby!

Anche Mark, che è più vecchio di tre fratelli, non è così alto, ma decisamente torreggia su di lui. Robbie è certo che a Gordo non dispiaccia quel suo torreggiare, ma, d'altronde, lui ha altro cui pensare che non il suo complesso dell'altezza.

Non è un problema per Robbie.

Insomma, non l'ha mai fermato dall'essere quello che è, da fare un po' il cascamorto con qualcuno, prima di Green Creek, di avere le sue piccole conquiste. Ma quel tarlo è sempre rimasto, inevitabilmente.

 

***
«Robbie, mi prenderesti la padella più grande? È sull'ultimo scaffale della credenza».

«Certo...».

È domenica, è il loro pranzo speciale, quello che cercano sempre di non perdere, tanto è importante per il branco e per il suo consolidamento.

La credenza della cucina è uno di quei mobili enormi che occupano un intero muro, sfruttando ogni spazio sia in larghezza che in altezza, arrivando a toccare il soffitto.

Robbie non è uno da salire su una sedia, né da prendere una scaletta. Lui ai ripiani alti ci arriva in punta di piedi (molto pratico e poco umiliante, nella sua testa).

E si alza in punta di piedi, il manico della padella a un soffio dalle dita. Si allunga, testardamente, sente una risatina alle spalle e quello gli fa stringere i denti con un certo nervosismo.

Ci vogliono solo un paio di millimetri e...

Preso.

Una mano ben nota ha afferrato il manico con una certa facilità, il corpo appena scostato dal suo, quell'odore di-

«Potresti prendere la sedia e nessuno ti direbbe qualcosa, sai?».

Kelly Bennett.

Uno degli uomini alti.

L'uomo che-

«Ah, Kelly! Era uno spettacolo così divertente...». Carter, il bastardo. Ovviamente, era sua la risatina. Subito dopo, Robbie lo sente maledire la sua ombra.

«Tieni».

«È per tua madre».

«L'ha chiesto a te».

Robbie con Kelly è una corda.

Perennemente tesa, in procinto di spaccarsi. E Kelly lo sente benissimo. Eppure, non manca mai di parlargli, o stargli attorno.

A volte sembra che lo provochi.

Raramente Robbie lo guarda, se non da lontano o quando lui non lo sta guardando. Perché, quando capita che i loro sguardi si incrocino, la corda raggiunge il massimo della tensione, e Robbie non sa più cosa fare.

Per quel motivo, ora guarda a terra.

Troppo vicini, troppo se gli sguardi-

«Se smettessi di incunearti tra le spalle e guardare sempre a terra, potresti sembrare un po' più alto».

Ed ecco che la corda comincia a sfilacciarsi.

Lo sguardo di Robbie saetta in alto e incontra quello chiaro di Kelly e avrebbe anche qualcosa da dirgli (forse negare l'evidenza, certo, ma può sempre tentare di farlo), ma i suoi occhi sono lì, e Robbie non capisce mai nulla quando loro ci sono.

In realtà, quando Kelly c'è.

E ora lo sta guardando. Dall'alto in basso.

Perché Kelly è alto, quasi quanto Carter, ma è molto, molto più-

Prende la padella dalle sue mani, mastica un grazie e fugge, letteralmente, verso Elizabeth, lasciandole la pentola in mano e uscendo in giardino.

Elizabeth fa un mezzo sospiro, guarda verso il figlio e lo vide fissare la porta da cui è appena uscito Robbie.

«Potresti andare a prenderlo, Kelly? Non manca molto perché sia pronto, e credo sia andato a rintanarsi da qualche parte».

«Perché?» chiede l'altro, con una punta di malcelata frustrazione. «Non gli ho fatto nulla. Non gli faccio mai nulla».

«Kelly...» la voce da mamma giunge con un mezzo ringhio e il suddetto si sente costretto, suo malgrado, a fare come gli è stato chiesto.

 

***
«Sono un idiota, un idiota...». Il viso affondato nelle mani, le spalle strette al corpo, Robbie siede con la schiena contro la corteccia, infilato nel buco di un vecchio albero ancora in vita. È un leccio, resistente, antico, profumato e confortevole. E Robbie ama rifugiarsi lì, quando vuole stare solo. E, dio, se vuole stare solo.

Per l'ennesima volta, ha fatto la figura dell'idiota davanti a Kelly.

Un classico, ormai.

Non passa settimana senza che non si renda ridicolo davanti a lui.

I ragazzi in officina hanno tentato di dargli dei consigli, ma poi Ox li ha fermati dicendo che è una questione tra Robbie e Kelly.

Per Robbie è solo una questione sua. Kelly non c'entra. Nel senso che, tanto, non c'entrerebbe, quindi...

«Eccoti qui, come sempre».

Kelly è... lì.

L'ha sentito? Forse... forse era troppo preso dal darsi dell'idiota.

«T-torno subito...».

«La mamma ha detto di venirti a prendere».

«Arrivo».

Ma Robbie non lo guarda e non viene.

Kelly sbuffa, appena nervoso.

«Perché sei scappato?».

«Non sono scappato... avevo bisogno di venire qui».

Tra lupi le bugie non funzionano, eppure, ogni volta...

«Come tutte le altre volte. Hai sempre bisogno di venire qui, dopo che io ti parlo».

Robbie alza lo sguardo, un'aria colpevole in faccia, gli occhi ai piedi di Kelly.

«Mi sento al sicuro, qui!».

L'espressione accigliata di Kelly si smorza appena.

«E casa?».

«Certo che mi sento al sicuro a casa...».

Dentro la sua testa, Robbie si prende a pugni: sembra così, terribilmente, un moccioso.

Kelly non risponde e Robbie non aggiunge altro.

Passano alcuni minuti in silenzio, e Robbie si domanda con disperazione perché Kelly non torni a casa.

«Il tuo cuore batte sempre forte...».

«Non dovrebbe farlo?».

«Non ho detto questo...». Kelly sbuffa e finalmente rilassa le spalle. «Io non ti piaccio, vero?».

«Cos-».

«Con gli altri ridi, scherzi... parli. Ti muovi. Sei... te stesso. Con me no. Il tuo cuore non sembra dire “non mi piaci”, ma... me lo fai capire abbastanza chiaramente».

«Cosa?!».

Robbie sbotta e si alza in piedi all'improvviso... o almeno ci proverebbe. Ma si è dimenticato di essere dentro il tronco cavo di un albero e, per quanto basso, è abbastanza alto da andare a sbattere contro il “tetto” naturale sopra la sua testa.

Suo malgrado, impreca, cade seduto e si tiene la testa dolorante.

Si aspetta una risatina, tanto si sta trasformando in un buffone agli occhi di Kelly.

«Credi di essere troppo basso, ma per quest'albero sei fin troppo alto...» se ne esce quello, le mani infilate nelle tasche, un'espressione serissima sul volto. «Dovresti stare attento».

«E tu non dovresti dire sciocchezze!» sbotta Robbie per la prima volta. Si alza in piedi, una mano sulla cima della testa, il bernoccolo che tanto non uscirà. Avanza verso Kelly e, per la prima volta, lo guarda dritto negli occhi senza timore. «Chi ha mai detto che non mi piaci?». Non riesce a trattenere il rossore, è un'esplosione sul suo viso. «Sono solo un idiota!».

Kelly aggrotta la fronte, lo guarda confuso, trovando quegli occhi nocciola pieni di uno strano coraggio.

«Non sei un idiota...».

«A volte lo sono. Molte volte. Per te devo sembrarlo sempre...».

Ah, il cuore di Robbie è in tumulto, e corre corre corre...

«Carter a volte è più idiota di te con il lupo grigio... e con le ragazze. Gli voglio bene, ma questo lo so per certo».

Robbie richiude la bocca, il cuore sembra tornare al suo solito ritmo.

«Mi stai dicendo che tuo fratello è più idiota di me...?».

«A volte, sì. Molto».

All'improvviso le labbra di Robbie tremano, si contorcono e, poi, si sciolgono in una risata.

E Kelly, che fino a quel momento ha sentito un malinconico azzurro provenire da lui, trema a quella risata e vede pagliuzze dorate mutare l'azzurro in verde.

E non sa perché, ma ne è compiaciuto.

  
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