Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Kikiletoway    16/10/2022    1 recensioni
Dal primo capitolo:
“Questo esperimento dovrebbe, si spera, provare la teoria del multiverso e io mi stavo chiedendo...Pensi che ci siano delle persone che sono destinate a stare insieme indipendentemente dall’universo in cui si trovano? Indipendentemente da quali percorsi le loro strade possano prendere?”
Coppie: Jaime/Brienne
Diverse storyline al prezzo di una! AU.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avviso: Descrizioni non grafiche di violenza e di un tentativo di stupro. Menzioni di ferite fisiche e di sangue.
 
 
 
 
 
 
 
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Jaime passa il telecomando della TV a Brienne e collassa accanto a lei sul divano, urtandole la spalla con la propria. Brienne cambia leggermente posizione. Il senso dello spazio personale di Jaime è sempre stato meno definito del suo, ma lei sta iniziando a chiedersi se sia davvero così inconscio come sembra.
 
Non che Brienne l’avesse davvero notato prima di ieri sera. Erano a casa di Tyrion, facendo dei piani dell’ultimo minuto, e Jaime aveva fatto la stessa identica cosa, lasciandosi cadere sul divano accanto a lei, con la spalla che toccava la sua. Lei aveva preso la birra che Jaime le aveva offerto, e poi si era voltata giusto in tempo per beccare Tyrion nascondere un sorriso consapevole dietro la propria birra.
 
Il che, ovviamente, lo rende colpa di Tyrion il fatto che lei sia improvvisamente iper-consapevole di quanto Jaime le stia vicino, di come la spalla di lui stia sfiorando leggermente la sua, di come lei si immagina che il calore della coscia muscolosa di Jaime stia balzando oltre il poco spazio tra di loro e stia riscaldando il tessuto dei jeans della propria gamba.
 
Jaime le lancia uno sguardo con la coda dell’occhio e ghigna.
 
“Non sei interessata alla TV stasera?” e Brienne giura che lui le sta praticamente facendo le fusa. Un rossore le si arrampica sopra le spalle, sopra il collo e fino alle guance.
 
Brienne si schiarisce la gola. “Sono solo nervosa,” lei replica, e Jaime sorride in modo ampio, cambiando posizione così da poterla guardare pienamente.
 
“Per cosa sei nervosa?” lui chiede, e lei alza gli occhi al cielo per il modo in cui lui la sta stuzzicando, anche se il rossore le si fa più scuro.
 
“Sono nervosa per le scansioni celebrali di domani.”
 
Adesso lui sembra sorpreso, e forse un po’ deluso.
 
“Le scansioni celebrali?”
 
Lei annuisce. “Sono nervosa riguardo quello che potrebbero mostrare...o non mostrare. E se i nostri universi più...violenti avranno un impatto.”
 
“Sono sicuro che lo avranno,” lui replica in modo calmo, “ma ricorda, nel nostro mondo siamo connessi agli universi solo per cinque secondi. La nostra attrezzatura attuale potrebbe anche non cogliere niente.
 
“Vero,” lei sospira e si acciglia, spostando la sua attenzione sulla televisione e accendendola. Pod salta sul divano, rannicchiandosi all’altro lato di Brienne, e lei lo accarezza distrattamente.
 
“Che stai pensando?” Jaime mormora.
 
Lei gli lancia un’occhiata, e gli occhi di Jaime sono caldi anche se ha un’espressione mesta.
 
“Iniziamo con l’universo di Jaime prigioniero/Septa Brienne,” lei dice.
 
Lui inarca un sopracciglio. “Perché?”
 
“Perché hanno preso strade diverse.”
 
Il sopracciglio di Jaime si inarca ancora di più. “E?”
 
“E in questo modo potremo stabilire una linea di base per quando le nostre controparti sono lontane, paragonata alla nostra linea di base qui, e paragonata agli altri universi dove le nostre controparti sono insieme o dove sono insieme per adesso ma alla fine si divideranno.”
 
Il viso di Jaime diventa senza espressione, anche se—Brienne restringe lo sguardo con del sospetto—lei sospetta che lui stia ridendo di lei dietro la sua blanda facciata.
 
“In quel caso, non sono sicuro che importi con quale universo iniziamo?” lui mormora.
 
“Va bene,” lei sbotta, “è perché è l’unico dove le nostre controparti non sono insieme. Non dovremo preoccuparci del sesso.”
 
“Almeno l’una con l’altro,” Jaime concorda.
 
Brienne arrossisce di nuovo. “Giusto,” lei borbotta.
 
Jaime scrolla le spalle, voltandosi verso la televisione.
 
“Mi va bene iniziare con l’universo di Prigioniero/Septa. Avremo la Barriera solo per cinque notti e dopo non c’è più spazio libero in calendario per sei mesi—e non so te, ma ho usato qualsiasi favore i miei colleghi mi dovevano per poter ottenere i prossimi cinque giorni.”
 
“Anch’io,” Brienne borbotta.
 
“Dobbiamo fare in modo che conti.”
 
Brienne annuisce. “Bè, speriamo che le scansioni celebrali provino che ci succede qualcosa di fisico,” lei mormora, cambiando senza sosta i canali in TV.
 
*/*/*/*/*
 
Brienne prende posto sulla propria sedia con molta cautela, stando attenta a mantenere dritti e sciolti i fili che collegano il suo casco elettrodico all’attrezzatura da scansione celebrale.
 
Jaime le getta un’occhiata e lei lo guarda in cagnesco, perché anche se lui ha addosso un proprio casco, disseminato di elettrodi e di cavi connessi alla sua attrezzatura da scansione celebrale, lui sembra...
 
Va bene, sembra ridicolo—Brienne trattiene l’impulso di scoppiare a ridere—ma lui sembra comunque anche innegabilmente bello.
 
Jaime le rivolge uno sguardo altezzoso. “Quest’è l’ultima moda da Essos,” lui dice con uno sbuffo dal naso, e adesso lei ride davvero.
 
“L’ho vista un po’ di quell’alta moda,” Brienne replica con un ampio sorriso. “Quasi ti credo.”
 
Jaime sorride e le fa l’occhiolino. “Incominciamo, Junior.”
 
Lei annuisce e preme invio.
 
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Hyle Hunt e Ronnet Connington la scortano negli alloggi del giudice Randyll Tarly, dove lo svegliano e lo informano che il prigioniero che doveva essere impiccato quella mattina è fuggito.
 
Il Giudice Impiccatore manda immediatamente delle squadre di ricerca, per poi far tornare la sua attenzione a lei. Gli occhi di lui sono freddamente trionfanti.
 
“Frustatela. Venti sferzate. E dopo portatela ad Approdo del Re. Lasciate che l’Alto Septon emetta l’ultima sentenza.” Lui passa lo sguardo su di lei dalla testa ai piedi, con le labbra attorcigliate dal disgusto. “Non mi importa che altro farete con lei, basta che io non debba vederla mai più e che sia ancora viva quando la consegnerete al Gran Tempio.”
 
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Ronnet Connington la spoglia delle sue tuniche da septa con del piacere perverso, e dopo le strappa la camicia, lasciandola a petto nudo. Lui ride in modo derisorio per via del suo seno piccolo, e dopo le frusta la schiena nuda lui stesso. Lei gli dà le urla e le grida che lui pare apprezzare, mentre la frusta le morde la carne.
 
Subito dopo, Hunt prova a violentarla, imprecando mentre armeggia coi pantaloni di Brienne. Lei suppone che lui credesse che sarebbe stata indebolita dal dolore delle frustate, o forse lui ha preso le sue lacrime come un segno del suo spirito spezzato. Lei gli rompe immediatamente un braccio e il naso, e Brienne spera sinceramente che lui piscerà sangue almeno per una settimana mentre gli affonda un ginocchio contro l’inguine, lasciandolo a contorcersi in agonia sul pavimento.
 
Quello le fa guadagnare un pestaggio, ma almeno Connington non ha alcun desiderio di stuprarla. Lui le dice che è troppo brutta per lui, e lei gli ride in faccia all’idea che un insulto del genere possa davvero importarle. A quello, lui la guarda male, ma le altre due guardie che l’hanno tenuta immobile mentre Connington la prendeva a pugni ormai l’hanno già liberata. Anche uno come Connington non è così stupido da attaccarla senza aiuto, anche se Brienne è piena di lividi, sanguinante e dolorante.
 
“Non hai mai meritato di indossare quelle tuniche da septa,” Connington sputa fuori, per poi fare un cenno con la testa alle altre guardie. “Portatela sul calesse. Ce ne andiamo.”
 
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Nemmeno due ore dopo che Jaime Lannister era riuscito a scappare via per non finire sulla forca, Brienne—sanguinante e dolorante, con addosso la camicia sporca di qualcun altro—è lei stessa una prigioniera, ed è in tragitto verso Approdo del Re.
 
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Connington spedisce un telegramma all’Alto Septon dalla prima cittadina in cui si fermano. Continuano il loro viaggio e, quando finalmente si fermano per la notte, le strappano di dosso le tuniche da septa e la rinchiudono in una stanza dell’unica locanda della cittadina.
 
Lei trascina quello che può di fronte alla porta, per prevenire—o almeno rallentare—che le altre due guardie la raggiungano, se dovessero mettersi in testa di lavorare insieme per stuprarla.
 
Una volta che ha messo la sua porta il più possibile al sicuro, lei inizia a ripulire, cautamente e dolorosamente, le ferite che riesce a raggiungere, tremando a causa dell’aria fredda della stanza contro la sua carne nuda. Una volta che si è ripulita, pulisce via più che può la sporcizia e il sangue dalla sua camicia presa in prestito, prima che lei, ancora con le sue braghe addosso, scivoli con attenzione sotto le coperte sul letto. Sente un vago senso di colpa per le macchie di sangue che lascerà sulle lenzuola a causa delle ferite sulla sua schiena nuda.
 
L’intenso dolore causato dai lividi e dai tagli, aggravato dallo scomodo viaggio sul calesse, insieme al suo non fidarsi delle sue guardie, fanno sì che lei non riesca a dormire se non a singhiozzi, svegliandosi ad ogni rumore. Quando finalmente il sole sorge, lei è indolenzita e assonnata, e il suo corpo è dolorante.
 
Brienne si veste indossando la sua camicia ancora umida, e dopo sposta la mobilia che aveva usato per bloccare la porta, provando a girare la maniglia. Con sua sorpresa, si apre facilmente, ed è perplessa mentre zoppica dalla stanza e giù per le scale. Brienne sbircia nel salone principale, con un viso gonfio e pieno di lividi, cercando i suoi carcerieri. Il proprietario della locanda la scorge e si affretta verso di lei, con un cipiglio sul suo viso paffuto.
 
“Dove sono gli uomini che erano con me la scorsa notte?” lei chiede mentre il proprietario la guida verso l’ingresso.
 
L’uomo tira fuori due telegrammi dalla buca per le lettere, e glieli porge mentre replica, “I tuoi accompagnatori se ne sono già andati.”
 
Lui osserva nervosamente la stazza di Brienne e il suo volto gonfio e pieno di lividi, mentre Brienne prende i telegrammi dalla sua mano con un’aria perplessa.
 
“Se ne sono andati?”
 
“E’ successo qualcosa in prigione,” lui dice. “Ieri notte è arrivato un telegramma sul tardi, intimando loro di ritornare immediatamente.” Lui si lecca le labbra, sporgendosi più vicino. “Pare che i prigionieri siano in rivolta.” Lui sta parlando a voce bassa, e Brienne pensa che nemmeno l’essere a un giorno di distanza dalla prigione sia abbastanza lontano dall’essere fuori dalla portata del Giudice Impiccatore.
 
“Ed io?” lei domanda in modo assente.
 
Il proprietario fa spallucce, ma poi indica con la testa i telegrammi. “Il primo era indirizzato ai tuoi accompagnatori, ma se ne sono andati, quindi...”
 
Brienne guarda il primo telegramma. Viene dall’Alto Septon, e diceva a Connington che l’Alto Septon spogliava lei, Septa Brienne Tarth, delle sue tuniche da septa e della sua vocazione, e che lei non era più la benvenuta ad Approdo del Re, né nel Gran Tempio di Baelor, e soprattutto né alla sua presenza. Finisce con lui che diceva alle sue guardie di 'fare con lei quello che volevano'.
 
Un brivido le scende lungo la spina dorsale.
 
“Quando è arrivato questo telegramma?” lei domanda.
 
“Un’ora dopo che i tuoi accompagnatori se n’erano andati, milady.”
 
Lei sbatte le palpebre a quel titolo, un qualcosa che non aveva sentito diretto a lei da quando aveva lasciato Tarth per diventare una septa. Brienne presume che sia un qualcosa che il proprietario usa per tutte le donne con un accento educato...fino a quando non legge il secondo telegramma. Lei alza lo sguardo verso l’uomo.
 
“Quello lì è arrivato un paio di minuti prima che tu scendessi al piano di sotto,” lui spiega, torcendosi le mani nervosamente.
 
Le stesse mani di Brienne tremano mentre lei rilegge quelle parole.
 
“Oggi ti verrà mandato del denaro. Stop. Torna a casa. Stop. Tuo padre.”
 
Le ci vuole tutta la sua forza di volontà per aspettare di essere tornata nella sua camera prima di lasciar cadere le lacrime.
 
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Spogliata della sua vocazione e della sua posizione, Brienne torna a Tarth. Sua madre e le sue sorelle piangono per via della sua orribile cicatrice, del suo naso rotto altre due volte, e del suo viso e della sua schiena ancora in via di guarigione. Suo padre e suo fratello digrignano i denti, i loro occhi blu di Tarth luccicano con della rabbia omicida, anche se suo padre le dice che è successo qualcosa in prigione, e che qualcuno lì gli aveva spedito un telegramma dicendogli dove lei fosse, il che era stato il modo in cui lui aveva saputo dove trovarla. Lui le racconta anche che il Giudice Impiccatore dovrebbe, ormai, essere ad Approdo del Re, rispondendo direttamente al giovane re delle sue azioni.
 
Brienne non chiede di cosa esattamente il Giudice Impiccatore dovrà rispondere.
 
Non chiede di Jaime.
 
Non vuole saperlo.
 
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I giorni passano, il corpo di Brienne guarisce e, lentamente, con cautela, lei si rilassa nella sicurezza e nell’amore della sua famiglia. Suo padre prova e fallisce nel nascondere il suo entusiasmo per il fatto che lei non sia più legata ad un celibe ordine di septe. Diverse settimane dopo il suo arrivo a casa, lui le dice che non aveva mai creduto che lei avrebbe potuto essere davvero felice con quella vita.
 
Lo era stata, però, lei si dice mentre cammina per l’isola, o almeno felice per quanto aveva diritto di essere. Non importava cosa facesse il Giudice Impiccatore, non importava cosa avesse previsto l’Alto Septon, lei era stata utile come septa che assisteva i condannati. Come minimo, non era stata più un peso per i suoi genitori e per suo fratello e le sue sorelle.
 
Se non fosse stato per Jaime Lannister...se lei non lo avesse aiutato a scappare...
 
Brienne avrebbe continuato ad esistere in quella prigione infernale fino a quando non avessero finalmente avuto successo nello spezzarla.
 
Non sa se dovrebbe essere grata a Jaime o se dovrebbe odiarlo per averle sconvolto la vita, per essere stato semplicemente quell’uomo dalla voce smielata, bello anche sotto i suoi capelli arruffati, i suoi stracci e lo sporco.
 
Non che tutto quello importi davvero. Lei gli aveva dato l’opportunità di cui lui aveva bisogno. Lui l’aveva presa, e Brienne non lo vedrà mai più.
 
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Durante le sue giornate, Brienne si ritrova a pregare per la sicurezza di Jaime e che gli uomini del giudice Tarly non l’abbiano mai trovato. Prega anche più fervidamente sia per l’anima di Jaime sia per la propria.
 
Ma di notte, nei suoi sogni, lei sente la voce profonda e smielata di Jaime che le dice cose che non ha mai pronunciato. Nei suoi sogni, lui le dice che non era fatta per essere una septa, che lei è una donna come tutte le altre, che era destinata al tocco di un uomo. Nei suoi sogni, la voce di lui le accarezza la pelle, lasciando al suo passaggio del fuoco e del desiderio dolente. Brienne ha solo una comprensione vaga di quello che sta bramando, ma ha ascoltato abbastanza confessioni per sapere che i piaceri della carne sono davvero delle forti tentazioni, e che ciò che Hyle Hunt aveva tentato di farle è una perversione di quell’atto. Tuttavia, ciò che le parole del Jaime dei sogni fanno al suo corpo deve di sicuro arrivare direttamente da uno dei Sette Inferi, per essere in grado di infiammarla in quel modo.
 
Quando si sveglia, ricoperta di sudore e col suo corpo che bramava qualcosa che lei non avrà mai, Brienne prega ancora più fervidamente di dimenticare la voce di Jaime.
 
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Tre mesi dopo la fuga di Jaime, un ragazzino corre verso di lei, piazzandosi sul suo passaggio mentre Brienne passeggiava per Evenfall Town, costringendola a fermarsi sui suoi passi.
 
Brienne rivolge al ragazzino un sorriso interrogativo.
 
"L’uomo mi ha chiesto di darti questa," il bambino dice di colpo, porgendole un pezzo di carta piegato a metà, sigillato con della cera.
 
"Oh?" Brienne replica, sorpresa, mentre prende la lettera. "Che uomo?"
 
Il bambino scrolla le spalle, allungando una mano verso di lei. Brienne prende una moneta di rame, lasciandola cadere nella mano sporca, e dopo, perplessa, osserva il ragazzino correre via. Lei scuote la testa con un piccolo sorriso sul volto, mentre riporta la sua attenzione alla lettera. Forse è una lettera da parte dell’Alto Septon, lei pensa per un terrorizzante momento, ma la carta non è nemmeno lontanamente abbastanza raffinata per poterlo essere, e la cera che tiene unita la carta è stata impressa con un’impronta digitale e non con un sigillo.
 
Un contadinotto che ha bisogno di aiuto, lei decide, e che è abbastanza disperato da implorarlo addirittura ad una septa in disgrazia.
 
Rompe il sigillo e legge:
 
Brienne,
 
Trovo che non riesco a chiamarti septa, forse perché avevo smesso di vederti come una septa durante quelle due lunghe notti in cui avevi cercato di salvare la mia anima. O forse è per via del modo in cui splendevi mentre eri illuminata dalla luce della luna.
 
Spero che tu non sia afflitta per la perdita delle tue tuniche da septa o per la perdita della tua posizione, offrendo delle ultime parole di conforto agli uomini condannati in quella prigione infernale. Penso che troverai che la vita sulla tua Isola degli Zaffiri faccia più al caso tuo. Non perderti d’animo, Brienne: l’amore e l’avventura ti aspettano ancora; dovrai solo riconoscerli quando ti troveranno.
 
La lettera è senza firma, non che ne abbia bisogno. Lei la accartoccia in mano, per poi ristenderla di tutta fretta e ripiegarla con grazia. Le mani le tremano mentre se la mette in tasca, facendo attenzione, affrettandosi a tornare nelle sue stanze ad Evenfall Hall.
 
La rilegge, mordicchiandosi il labbro inferiore. Non sa che pensare. La lettera porta la data del giorno dopo la fuga di Jaime, e Brienne si domanda come lui sapesse, già allora, che lei stava tornando a casa. Si domanda chi fosse l’uomo che aveva detto al bambino di consegnarle la lettera.
 
Per un attimo, il cuore le scalpita all’idea che Jaime possa essere a Tarth, prima di scacciare quel pensiero. Lui non avrebbe alcun motivo di essere a Tarth, e non potrebbe azzardarsi ad avvicinarsi a lei, perché—nonostante tutto—lei sarebbe obbligata dall’onore a denunciarlo e consegnarlo a suo padre.
 
Brienne appiattisce la lettera, passando un dito sopra le parole.
 
Come faceva a sapere che lei non è più una septa? Come faceva a sapere che era tornata a casa a Tarth?
 
Può fidarsi di questa lettera? Può fidarsi del fatto che sia vera, scritta dalla mano di Jaime, e che non sia un qualche scherzo crudele di qualcuno che aveva saputo una versione della storia? Hyle Hunt era lì quella notte al fiume, come lo era Ronnet Connington. Nessuno dei due uomini ha motivo di essere gentile con lei.
 
Eppure...
 
Che male c’è se lei crede che questa lettera sia davvero da parte di Jaime? Nessuno ha bisogno di sapere che Brienne si strugge per un uomo che ha conosciuto solamente per tre o quattro giorni, un uomo che era stato condannato all’impiccagione.
 
Sarebbe divertente se non fosse così patetico.
 
Lei ripiega la lettera con attenzione, e la nasconde tra la sua biancheria.
 
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Brienne si volta verso Jaime con un cipiglio.
 
“Qual era il senso di quella lettera?” lei sbotta.
 
Jaime spalanca gli occhi e poi li assottiglia. “Quanto tempo è passato per te?” lui chiede.
 
Lei si acciglia. “Tre mesi.”
 
Jaime si rilassa. “Anche per me,” lui afferma, per poi accigliarsi di nuovo. “Quale delle lettere?”
 
Brienne spalanca gli occhi. “Quale delle lettere? Quante ne hai mandate?”
 
“Le ha mandate il Jaime prigioniero—e non te lo dico!”
 
Lei lo guarda male. “Quella datata il giorno dopo la fuga del Jaime prigioniero.”
 
Jaime sembra sorpreso. “Bè, ci ha messo più tempo del previsto ad arrivare,” lui borbotta.
 
Brienne restringe lo sguardo. “Che sta combinando il Jaime prigioniero? Lui dov’è?”
 
Jaime le rivolge un sorriso blando—o almeno per quanto possa essere blando quando lui ha la testa ricoperta da un casco di plastica e dagli elettrodi. “E’ occupato,” lui risponde. “Ora ricarica i generatori, Junior, e mentre aspettiamo daremo un’occhiata alle scansioni celebrali.”
 
Brienne brontola, ma obbedisce. Mentre lavora, lei sente il grugnito sorpreso di Jaime accanto a sé.
 
Lei gli rivolge lo sguardo, trovandolo ad accigliarsi verso i valori memorizzati dal computer sulla sua macchina di scansione celebrale.
 
“Che c’è?” lei domanda.
 
Jaime sospira. “Bè, la scansione prova che qualcosa sta accadendo,” lui risponde, “ma avremo bisogno di lasciare che qualcun altro ci dica cosa sia.”
 
Lei aggrotta la fronte e si avvicina con la sedia a quella di Jaime, stando attenta a non tirare i fili che fuoriescono dal proprio casco tempestato di elettrodi.
 
Brienne si sporge oltre la spalla di Jaime, scrutando lo schermo del computer minuziosamente.
 
Vede la lettura di base dei dati di Jaime, e poi...
 
Lei mormora, “E’ come...”
 
“Come tre mesi di onde celebrali registrate in cinque secondi?”
 
“...sì...”
 
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Anche la scansione celebrale di Brienne rivela gli stessi risultati.
 
Scrivono le loro annotazioni, parlano delle scansioni celebrali, e quando il computer fa sapere loro con un suono metallico che i generatori sono tornati alla massima potenza, riabbassano le loro penne quasi con impazienza, allontanando i loro laptop.
 
“Pronta, Junior?” Jaime chiede.
 
Lei annuisce, e preme invio.
 
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Nei giorni dopo aver ricevuto la lettera, Brienne si ritrova a ricordare ogni momento che avevano passato insieme, ogni cosa su cui avevano parlato. Si ricorda che lui le aveva raccontato di aver ucciso un uomo mentre fermava uno stupro.
 
Brienne sa che il giudice Tarly crede che lei sia una sciocca, che Jaime l’aveva ingannata allo scopo di poter scappare...ma lei aveva dato a Jaime la sua opportunità perché gli aveva creduto.
 
Lei non riesce a pentirsi della sua decisione, anche se la sua coscienza le sussurra nell’orecchio: che mi dici degli altri uomini? Che mi dici di tutti quegli altri uomini con cui avevi pregato, che ti avevano detto di essere innocenti? Che mi dici di tutti quegli altri uomini che avevi scortato al patibolo, pregando per le loro anime ad ogni passo?
 
Brienne va al tempio ogni giorno per pregare, domandandosi dove sia Jaime, adesso.
 
Si domanda come imparerà a convivere con la propria coscienza.
 
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Ogni tanto lei tira fuori la lettera dal cassetto, leggendo le parole e sentendo la voce profonda di Jaime a pronunciarle. Con malinconia, lei spera davvero che l’abbia mandata lui. Dà un po' di colore alle sue giornate sbiadite, seppur piene di impegni.
 
Brienne non è infelice. Le erano mancati suo padre e sua madre, le sue sorelle e suo fratello. Le era mancata Tarth e le sue giornate lente e splendidamente tranquille.
 
Ma lei è alla deriva, cercando di capire che ruolo ha adesso. Cercando di trovare uno scopo.
 
Alysanne sta per sposarsi, e Galladon sta corteggiando Shireen Baratheon, nipote del Governatore Reale delle Terre della Tempesta, Steffon Baratheon. Galladon prende in giro Brienne senza pietà, anche se a volte lei lo becca a lanciare delle occhiatacce alla cicatrice sul suo viso, con della sofferenza severa negli occhi.
 
Lei lo porta alla spiaggia sotto Evenfall Hall, la stessa spiaggia dove avevano giocato così tanto da bambini. Mentre passeggiano lungo la sabbia, Brienne gli racconta di come ha ottenuto la cicatrice sul viso, e gli assicura che l’uomo è morto.
 
“Quello non mi fa sentire meglio,” Galladon ringhia come risposta. “Per prima cosa, non avresti dovuto trovarti in una situazione del genere. E se ti ci fossi trovata, avrei dovuto essere io quello a proteggerti.”
 
“Tu mi hai protetta, Galladon,” lei ribatte. “Mi hai insegnato a combattere, e quello mi ha salvato la vita più volte di quanto riesca a ricordare.” Lei risparmia un pensiero fugace per Hyle Hunt. Brienne spera davvero di essere riuscita a castrarlo, per poi mandare una preghiera al Padre, implorando perdono per i suoi pensieri crudeli.
 
“Quello non mi fa sentire meglio, cara sorella,” Galladon dice.
 
“Guardami,” lei replica con un sorriso. “Posso difendermi da sola.” Si tocca la sua guancia devastata e fa una smorfia. “Anche se nel farlo rimango un po’ ammaccata e sfregiata.”
 
Galladon si volta verso di lei, afferrandole le spalle. “Per me sarai sempre quella ragazzina ingenua e dagli occhi spalancati che mi faceva rigare dritto, anche se mi volevi bene senz’ombra di dubbio. Sei la mia sorellina, e non avrei mai dovuto permetterti di partire per Approdo del Re.”
 
Brienne lo stringe in un forte abbraccio. “Come se avresti davvero potuto fermarmi,” lei gli sussurra nell’orecchio, e lui ride.
 
“Sono contento che sei tornata, Brienne,” lui dice mentre la abbraccia, stringendola a sé. “Sono contento che adesso sei al sicuro.”
 
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I giorni passano.
 
Arrivano notizie dalla terra ferma tramite navi e tramite telegrammi: il giovane re ha iniziato a punire quelli che nel suo regno si rifiutano di seguire i suoi nuovi decreti. Girano delle voci per le strade e nelle taverne, nei bagni pubblici e nei mercati, che parlano di rivolte, di soldati e di battaglie, e si vocifera che l’uomo chiamato lo Sterminatore di Re, esiliato quindici anni fa e poi dimenticato, sia ritornato a Westeros.
 
Lo Sterminatore di Re è tornato, dicono le voci, e sta cavalcando per i Sette Regni per far valere gli editti di suo nipote.
 
Una sera, il padre di Brienne ne parla durante una loro cena.
 
“Ho ricevuto un telegramma da Approdo del Re,” lui dice mentre demolisce metodicamente il cibo sul proprio piatto. “Le voci sono vere. Lo Sterminatore di Re è tornato.”
 
Brienne si acciglia. “Dov’era stato?” lei chiede.
 
Lei ricorda vagamente le storie, di come lo Sterminatore di Re avesse sparato al re dritto nella schiena, dando il trono alla figlia del re, la principessa Shaena. Il fratello dello Sterminatore di Re, Tyrion, era sposato con la nuova regina, ed ora è il Primo Cavaliere del suo giovane figlio, che è salito al trono dopo che la regina è morta di parto quattro anni fa. Il giovane re ha solo tredici anni, ma è, a detta di tutti, un ragazzo di buon cuore consigliato da uomini di buon cuore.
 
Tranne quando si tratta della prigione del giudice Randyll Tarly, Brienne pensa, per poi scacciare la propria amarezza.
 
Suo padre scrolla le spalle, con gli occhi fissi sul suo piatto mentre continua a mangiare. “Chi lo sa? Essos, o Dorne, o le Isole dell’Estate, o forse anche a nord della Barriera. Non ha importanza: adesso è tornato.” Lui mastica un pezzo di carne, per poi continuare, “Dicono che suo fratello lo abbia mandato a chiamare, implorando il suo aiuto.”
 
“Sembri compiaciuto,” Arianne commenta.
 
“Lo sono,” Selwyn replica. “Il re è giovane, sì, ma i suoi decreti sono stati ragionevoli e pragmatici, vantaggiosi per lo più per il popolino del reame. Quelli che si oppongono ai decreti lo fanno perché sentono che il loro potere e il loro patrimonio stanno venendo indeboliti, e non capiscono che i nuovi decreti offrono più opportunità di quanto non possano comprendere.” Selwyn alza lo sguardo dal suo piatto e guarda Brienne. “L’Alto Septon è stato rimosso dalla sua posizione.”
 
Brienne fa ricadere il coltello e la forchetta sul tavolo, con del frastuono. “Cosa? Il giovane re non ha l’autorità—”
 
“Il giovane re ha degli amici nel Credo, coloro che desiderano vedere delle riforme nella religione per migliorare il modo in cui tratta il popolino che finge di servire.” Il sorriso di Selwyn è sottile. “C’è un nuovo Alto Septon, uno che è stato posto dai septon e dalle septe che sono discesi ad Approdo del Re su richiesta del giovane re, per prendere quella specifica decisione.”
 
“Andrai ad Approdo del Re per supplicare di riavere la tua posizione di septa?” Alysanne chiede a Brienne.
 
Tutti gli occhi si rivolgono a Brienne.
 
Potrebbe farlo, lei realizza. Potrebbe partire per Approdo del Re, implorare il nuovo Alto Septon di poter ritornare al suo ordine, implorando di poter essere mandata a dare assistenza al popolino, come aveva sempre sperato.
 
Ma poi si ricorda le parole scritte nella lettera che aveva ricevuto settimane fa:
 
Non perderti d’animo. L’amore e l’avventura ti aspettano ancora; dovrai solo riconoscerli quando ti troveranno.
 
Brienne sbatte le palpebre e guarda la sua famiglia.
 
Lei sa che Jaime non stava parlando di se stesso, sa che lui non avrebbe pensato che lei avrebbe potuto credere che lui potesse intendere se stesso.
 
Eppure, lei crede comunque a quelle parole.
 
“No,” Brienne risponde, a voce molto bassa, e dopo, con voce più alta, “no.”
 
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Brienne sbatte le palpebre verso gli schermi del computer e si volta verso Jaime.
 
“Sei lo Sterminatore di Re?” lei sbotta.
 
Lui inarca un sopracciglio. “Quanto tempo è passato per te?” lui domanda in modo vago.
 
Lei si acciglia, pensando. “Quattro settimane.”
 
Jaime annuisce. “Anche per me,” lui replica, scribacchiando delle annotazioni.
 
“Che sta combinando il Jaime prigioniero? Dov’è? Lui è davvero lo Sterminatore di Re, non è così?”
 
Jaime alza lo sguardo su di lei e sogghigna.
 
“Ricarica i generatori, Junior,” lui dice, per poi piegare la testa di lato, il suo sorriso è affettuosamente da presa in giro. “E hai un aspetto assolutamente adorabile con quel brutto casco in testa e quel cipiglio sulla faccia.”
 
“Chiudi il becco,” lei borbotta, arrossendo mentre si volta via.
 
*/*/*/*/*
 
Le scansioni celebrali mostrano di nuovo dell’intensa attività per i cinque secondi in cui sono stati connessi con l’altro universo, e Jaime annuisce con soddisfazione.
 
“Bè, questo dovrebbe almeno provare che succede davvero qualcosa di fisiologico,” lui dice.
 
Brienne scuote la testa. “Quando renderemo pubblico tutto questo...”
 
Jaime le rivolge uno sguardo mesto. “Sembra che non siamo in grado di influenzare o controllare le nostre controparti,” lui ribatte. “E’ già qualcosa.”
 
Brienne si acciglia e annuisce.
 
*/*/*/*/*
 
Lavorano in silenzio, per lo più perché Jaime continua a rifiutarsi di dire a Brienne una qualsiasi cosa riguardo ciò che il Jaime prigioniero sta facendo dalla sua fuga, dicendole solo che è stato impegnato. Lui non conferma nemmeno che il Jaime prigioniero sia lo Sterminatore di Re.
 
“Visto che non possiamo influenzare o controllare le nostre controparti,” lei tenta di persuaderlo, “allora puoi dirmelo.”
 
Il computer fa bip e Jaime sorride in modo ampio.
 
“Voglio che tu sia sorpresa,” lui mormora, e preme invio.
 
*/*/*/*/*
 
Un paio di settimane più tardi, sua madre le propone, con esitazione, di combinarle un matrimonio, e Brienne, sorprendendo anche se stessa, le promette di considerarlo. Lei passeggia per Evenfall Town, rimuginando su quell’idea. Lei ha bisogno di fare qualcosa, soprattutto adesso che ha rifiutato la possibilità di tornare ad essere una septa. Due giorni fa, Galladon ha annunciato il suo fidanzamento con Shireen Baratheon, ed entrambe le famiglie sono soddisfatte dell’unione. Lei potrebbe, Brienne suppone, restare e avere un ruolo da septa, anche senza averne il titolo, per i futuri figli di suo fratello.
 
Certi giorni, lei non è molto sicura di rimpiangere per davvero di essere stata spogliata delle sue vesti di septa. Il tempo che aveva passato nel Credo non era stato…gradevole. Eppure ha bisogno di fare qualcosa della sua vita…ma il matrimonio? Con le sue forme mascoline e il suo viso brutto e sfregiato?
 
Si ricorda il sorriso di scherno sulla faccia di Hyle Hunt quando aveva provato a violentarla in prigione. Pensa ai suoi tre fidanzamenti falliti, di cui l’ultimo l’aveva spinta al Credo e a una vita di servizio devoto.
 
Ma poi si ricorda Jaime Lannister e il calore che lui le aveva provocato nel basso ventre semplicemente col modo in cui l’aveva guardata e col suo tono di voce. Lui l’aveva fatto per manipolarla, sì; l’aveva fatto semplicemente per vincere la propria libertà, vero. Ma le aveva anche mostrato che lei ha ancora le voglie di una donna, i desideri di una donna, nonostante il suo corpo mascolino e il suo viso brutto.
 
Ma può Brienne—o sua madre—trovare un uomo disposto a passare sopra le sue mancanze, e che riesca anche ad infiammarle del calore nel basso ventre?
 
Sfiora con le dita la cicatrice sulla sua guancia, crucciandosi.
 
Poco probabile, lei pensa, voltandosi per tornare ad Evenfall Hall.
 
Non riesce a fare più di una dozzina di passi prima che una sporca teppistella le si piazzi sul cammino.
 
"Lady Brienne?" lei chiede, porgendole un pezzo di carta piegato in due e sigillato con della cera. "Ho una lettera per te."
 
*/*/*/*/*
 
Questa volta Brienne aspetta fino a quando non è al sicuro nella sua stanza prima di rompere il sigillo. Vuole mantenere la deliziosa speranza che le sta solleticando lo stomaco, perché lei sa che non può essere di nuovo da parte di Jaime.
 
Ma lei sa che non può essere così, e che è più probabile che sia qualcuno che vuole mendicare la benevolenza di suo padre. Se questa persona è così disperata da mandarle una lettera, allora deve scoprire di cosa si tratta e fare il possibile per aiutare.
 
Brienne sospira e la apre.
 
Il cuore le salta in gola quando riconosce immediatamente la scrittura. Vede che è datata due settimane dopo la fuga di Jaime, mentre esamina le parole con impazienza:
 
Brienne,
 
Spero che ti stia godendo il tuo tempo sulla tua Isola degli Zaffiri. Sembri essere fatta per camminare lungo delle spiagge solitarie, illuminata dalla luce del sole mentre le onde ti bagnano i piedi.
 
So cosa ti hanno fatto il Giudice Impiccatore e i suoi uomini. Puoi starne certa, la pagheranno. Me ne occuperò io. Personalmente.
 
Riposati. Guarisci. Concediti lo stesso perdono che hai offerto agli uomini che hai consigliato mentre lavoravi in quella prigione; concediti la stessa comprensione che hai offerto a me.
 
L’amore e l’avventura possono ancora essere tuoi, Brienne. Devi soltanto essere paziente e avere fede.
 
*/*/*/*/*
 
Nelle settimane successive, arrivano altre lettere. Ognuna di loro porta una data più vicina al giorno corrente, e le dicono piccoli frammenti delle sorti del giudice Tarly (“si sta godendo l’ospitalità del giovane re, nel fondo delle celle nere della Fortezza Rossa”), Hyle Hunt (“è stato mandato alla Barriera; non è un destino gentile”) e Ronnet Connington (“gli è stata rotta la mascella quando ha cercato di scappare dalla custodia degli uomini del giovane re.”)
 
Le lettere sono tutte brevi. Mancano tutti i dettagli che Brienne desidera ardentemente, e omettono nello spiegare dove, esattamente, Jaime sia, o come abbia fatto a sapere le informazioni che condivide con lei. L’unica consolazione che Brienne può davvero trarne è che lui è al sicuro...o almeno lo era tre settimane fa, ovvero la data dell’ultima lettera che lei ha ricevuto.
 
Sua madre nota la sua distrazione.
 
“Hai intenzione di raccontarmi?” lei domanda in un primo pomeriggio, mentre passeggiano lungo la spiaggia davanti ad Evenfall Hall.
 
Brienne arrossisce, accarezzandosi nervosamente la guancia sfregiata.
 
“Si tratta di un uomo, di quello sono sicura,” sua madre le dice con un sorriso gentile, e il rossore di Brienne si fa più scuro. “Forse l’uomo che era scappato dalla tua custodia?”
 
“Come—? Perché dovresti pensarlo?”
 
Sua madre si ferma e la guarda, con degli occhi dolci. Lei allunga la mano, accarezzando la guancia sfigurata di Brienne.
 
“Per due motivi. Il primo, è che hai un cuore dolce, Brienne, ma sei una delle persone più forti che io conosca. Quell’uomo non sarebbe mai riuscito a convincerti a portarlo al fiume se i tuoi sentimenti non ti avessero accecata.”
 
“Non ero accecata, Madre. Sapevo quello che intendeva fare.”
 
Sua madre sorride. “Ciò conferma il mio punto,” lei dice.
 
Brienne aggrotta la fronte. “Hai detto che ci sono due motivi. Qual è il secondo?”
 
“Ah.” Sua madre si mette una mano nella tasca del vestito, tirandone fuori una lettera sigillata dalla cera. La porge a Brienne con un sorriso agrodolce. “Ho un messaggio per te.”
 
Brienne fissa il pezzo di carta in mano a sua madre per un lungo istante, chiedendosi se tutte le altre lettere fossero una farsa a fin di bene orchestrata da sua madre.
 
“Prendila,” sua madre dice sommessamente, “e abbi fede.”
 
Brienne allunga una mano tremante e prende la lettera. Sua madre si alza sulle punte dei piedi, baciando Brienne sulla guancia, prima di voltarsi ed allontanarsi.
 
Brienne prende un profondo respiro e rompe il sigillo.
 
Porta la data di oggi e c’è scritta solo una parola:
 
Voltati.
 
Le manca il fiato, e non sa se sia il sangue o le onde dell’oceano che le fa rombare le orecchie. Barcolla un po’, ma poi raddrizza la schiena, e si volta.
 
I capelli dorati di lui luccicano nel sole. La sua lunga barba è sparita, rimpiazzata da una barbetta di pochi giorni, e a Brienne manca il fiato nel vedere quanto bello sia davvero quando i suoi tratti non sono nascosti da dei capelli lunghi e da una folta barba sporca. Lui ha addosso un’armatura dorata blasonata col leone ruggente della Casa Lannister. Ha, in tutto e per tutto, l’aspetto del lord che, è piuttosto ovvio, lui sia in realtà, e non ha nulla dello sporco criminale condannato a morte che era stato in quella prigione.
 
Lui inizia a camminare verso di lei, il mantello color cremisi gli svolazza dietro le spalle, e una parte distante di Brienne si chiede come mai lui sia vestito in modo così formale per un incontro sulla spiaggia.
 
Quel pensiero sembra risvegliarle i muscoli, e Brienne inizia a camminare verso di lui con esitazione.
 
Si fermano quando sono ad un paio di metri di distanza, studiandosi a vicenda in silenzio.
 
Alla fine, Brienne domanda, "Perché sei qui?" Lei sta tremando anche se la brezza che viene dall’oceano è calda.
 
Jaime piega la testa di lato, i suoi occhi sono divertiti, e quello, lei nota con un qualcosa che sembra sollievo, non è cambiato.
 
"Credevo che saresti stata curiosa,” lui risponde.
 
"Curiosa," lei ripete lentamente. "Curiosa."
 
"O che almeno ti sarebbe piaciuto sapere che sono ancora vivo, septa."
 
Brienne sussulta leggermente a quel titolo. "Non sono più una septa."
 
"Lo so," lui replica in modo sommesso.
 
Brienne annuisce. Certo che lui lo sa; lo aveva menzionato molte volte nelle lettere che lei ha ricevuto. A meno che—
 
"Mi hai mandato delle lettere?" lei sbotta.
 
Lui inarca un sopracciglio, rivolgendole un ghigno sbilenco. "Hai aiutato così tanti prigionieri a scappare da non riuscire a stabilire quale ti stia scrivendo?"
 
Brienne arrossisce. "Mi sono stati fatti troppi scherzi crudeli, signor Lannister, per poter supporre certe cose."
 
"Signor Lannister," lui replica dolcemente, ridendo.
 
"Perché sei qui?" lei chiede ancora.
 
"Sono qui per te, Brienne," lui risponde. "Non sei più una septa."
 
Lei assottiglia lo sguardo. "No. Ma tu sei ancora un uomo voluto." *
 
Il sorriso di Jaime è maliziosamente stuzzicante, e Brienne arrossisce.
 
"Voluto dalla legge," lei chiarisce in fretta.
 
Il sorriso di Jaime si fa più ampio. "Non più," lui dice. "Mi è stato concesso il pieno perdono dalla corona."
 
Lei si acciglia. "Cosa? Perché il giovane re dovrebbe graziarti?"
 
Lui scrolla le spalle. “Era stato lo stesso concilio ristretto a mandarmi in quella prigione ad investigare. Oltre ad un costante flusso di lettere che descrivevano quelle che loro speravano fossero delle inverosimili condizioni della prigione, il Giudice Impiccatore stava giustiziando fin troppi uomini che guarda caso erano sostenitori del giovane re. Il Giudice Impiccatore era anche fin troppo riluttante ad implementare i decreti del giovane re.”
 
Brienne impallidisce. "Intendi dire...quegli uomini erano tutti innocenti?" lei sussurra, sentendosi sul punto di vomitare.
 
"Non tutti gli uomini impiccati negli ultimi tre anni erano amici del giovane re; il Giudice Impiccatore occasionalmente infliggeva la giustizia adeguata. Ma gli altri? Innocenti del crimine per cui sono stati impiccati, sì, ma quello non li rende innocenti. Erano colpevoli per davvero di almeno qualcosa, non temere.”
 
Brienne si acciglia. "E tu? Di cosa sei davvero colpevole?"
 
"Ho ucciso per davvero il precedente re Targaryen," lui risponde in modo calmo, "ma visto che le mie azioni hanno messo sul trono di spade l’attuale regime, a nessuno sembra importare più di tanto."
 
Brienne prende un respiro sibilante. “Tu sei lo Sterminatore di Re? Lo zio del giovane re?”
 
Jaime fa un profondo inchino, per quanto gli permetta l’armatura dorata di cui è ricoperto. “Al tuo servizio, mia lady. Sono anche il Lord di Castel Granito e il Governatore Reale delle Terre dell’Ovest.” Il sorriso di Jaime è tagliente e quasi amareggiato. “Mio padre è morto due mesi prima che io diventassi ospite della tua prigione.”
 
Brienne sbatte le palpebre, e l’espressione di Jaime si addolcisce.
 
“Non capisco,” lei sussurra.
 
“Non sono mai stato davvero esiliato,” Jaime spiega. “Re Aerys II era pazzo e meritava di morire…per svariate ragioni…ma era meglio per tutte le persone coinvolte se io non fossi un membro visibile della corte della nuova regina. Ero andato al Nord, oltre la Barriera, e avevo passato del tempo ad Essos e nelle Isole dell’Estate. Sono ritornato in modo permanente quando sono stato informato che mio padre stava morendo, combinato a un appello da parte del mio caro fratellino di ritornare ad Approdo del Re per aiutarlo a stanare quelli che stavano resistendo e possibilmente complottando una ribellione contro il giovane re.” Lui sorride. “Un piccolo gruppo di miei uomini erano accampati nei pressi della prigione. Anche se tu non mi avessi portato al fiume, i miei uomini stavano assistendo ad ogni esecuzione, aspettando il mio turno sul patibolo. Loro mi avrebbero liberato a prescindere.”
 
Brienne spalanca gli occhi, per poi restringerli. “Quindi abbiamo rischiato le nostre vite per niente?” lei sbotta.
 
“Abbiamo rischiato le nostre vite così che meno persone si facessero male se fossi riuscito a scappare per conto mio.” Lui si acciglia. “Non mi aspettavo che il Giudice Impiccatore ordinasse una punizione del genere. Eri già andata via quando avevamo fatto irruzione nella prigione.”
 
Brienne si ricorda il morso della frusta e trasalisce. “Già,” è tutto quello che lei dice, scuotendo la testa. “Perché sei qui?” lei domanda un’altra volta.
 
"Te l’ho detto: sono qui per te. Ho mandato un telegramma prima di lasciare la terraferma, chiedendo la tua mano a tuo padre per poterti sposare."
 
Brienne spalanca la bocca. "Perché avresti dovuto fare una cosa così folle?" lei farfuglia.
 
Jaime allunga una mano, toccandole il braccio in modo incerto. Lei sussulta, ma non si sposta. Il sorriso di Jaime è incerto quanto il suo tocco, mentre fa scivolare le sue dita lungo il braccio di Brienne, verso il basso, prendendole la mano delicatamente, intrecciando le loro dita.
 
"Per molte ragioni," lui dice dolcemente. "Perché hai i modi più gentili. Perché hai gli occhi più belli del mondo. Perché ti ho rovinato la vita e ti devo un debito."
 
A quello, lei cerca di strattonare via la propria mano, ma lui si limita solo a stringere la sua presa.
 
"Perché sei destinata a cose più grandi dell’essere una septa che serve gli uomini condannati a morte nella prigione più famigerata di Westeros."
 
Adesso lei strattona via davvero la propria mano, voltandosi. Ma Brienne fa solo due passi prima che lui dica, "E perché ti amo."
 
Lei si ferma di colpo, smettendo di respirare, mentre Jaime chiude lo spazio tra di loro.
 
Il respiro di Jaime le stuzzica l’orecchio, facendola rabbrividire, mentre lui aggiunge dolcemente, "Credevo che le mie lettere lo avessero reso ovvio?"
 
Lei prende un rapido respiro, mentre scuote piano la testa, ma si rifiuta di voltarsi e di guardarlo.
 
"Non sarà una vita facile," Jaime continua. "Mio padre non era un uomo gentile, e ha danneggiato molte delle relazioni della Casa Lannister con le altre casate di Westeros, e con quelle nelle Terre dell'Ovest. Westeros è senza pace, con la nobiltà che resiste alle riforme del giovane re, e ciò significa che Approdo del Re è un covo di vipere pieno di tradimenti e menzogne. Ma il giovane re è un bravo ragazzino, e credo che crescendo sarà un buon re, se lo terremo circondato da brave persone."
 
"Un matrimonio politico?" lei si costringe a dire, con un nodo alla gola.
 
"Eventualmente gli troveremo una moglie adeguata, ne sono sicuro, ma dopo tutto ha soltanto tredici anni. C’è tempo."
 
Adesso, lei si gira di nuovo verso di lui. "Intendevo per te, idiota!"
 
Jaime sorride in modo ampio. "E’ questo il modo in cui parla una septa?" lui dice con fare seducente, e la bacia.
 
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Quando smettono di baciarsi sulla spiaggia, lui le ripete di amarla, e lei ricambia quelle parole, e Brienne si ritrova ad accettare di sposarlo prima che il suo buon senso potesse riaffermarsi.
 
Sua madre e le sue sorelle sono in estasi, mentre suo padre e suo fratello sono sospettosi. Si portano via Jaime per una conversazione privata, e l’impostatura dura dei loro tratti le manda un brivido lungo la spina dorsale.
 
Brienne non avrebbe dovuto preoccuparsi: l’unico danno che riesce a vedere, la mattina dopo, è tre uomini con dei feroci postumi post-sbornia.
 
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Nonostante i migliori tentativi della famiglia di Brienne, Jaime trova numerose opportunità di farla sgattaiolare via in posti nascosti dove la bacia senza fiato, sussurrandole nell’orecchio quanto la ama.
 
Si sposano nel tempio di Evenfall Hall una settimana dopo l’arrivo di Jaime. Lo fanno così in fretta sia perché Jaime ha bisogno di tornare ad Approdo del Re il prima possibile, e sia perché, suo padre afferma seccamente con un’aguzza occhiataccia verso Jaime, è evidente che la consumazione sia in gara con il matrimonio, e Selwyn è determinato a far sì che il matrimonio vinca e avvenga per primo. Il viso di Brienne si accende di imbarazzo, mentre Jaime si limita a sogghignare, e scrolla le spalle concordando mestamente.
 
Passano la loro notte di nozze in una speciale camera da letto nuziale, decorata graziosamente da sua madre e dalle sue sorelle, e lontana dalle stanze della sua famiglia per dar loro privacy. Lì, Jaime la tratta con gentilezza, la esplora con attenzione, incoraggiando le proprie timide esplorazioni di lui.
 
Dopo, lui le si accoccola intorno, le dice che è bellissima e che la ama, e, proprio come aveva fatto in prigione: lei gli crede.
 
*/*/*/*/*
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
* Qui il gioco di parole si perde un po' in traduzione. Infatti nella versione originale Brienne dice “You’re still a wanted man”. Un “wanted man” è letteralmente un “ricercato” dalla legge, ma si può anche intenderlo nel significato di “uomo voluto, desiderato” nel senso romantico e sessuale del termine. Brienne intendeva chiaramente dire “Sei ancora un ricercato”, ma Jaime aveva colto subito la palla al balzo per sogghignare per il fatto che Bri lo avesse definito un uomo desiderato, lol.
Nel testo l’ho dovuto tradurre come ho fatto per rendere al meglio il doppio senso.
 
 
 
- Questo era il finale dell’universo septa/prigioniero! Ora vi lascerò le note dell’autrice, dove lei ha spiegato le sue idee ed ispirazioni per questo universo.
 
 
Nota dell’autrice: Prigioniero/Septa:
 
Theme Song: Testify di Alan Doyle
   Take me down to the river, Preacher, take me by the hand
   Take me down to the river, mend the soul of a broken man
   Drown me in forgiveness, wash these bloody hands of mine,
   Take me down to one last river, Lord,
   Let me testify.
 
Quest’universo è stato ispirato dal video musicale e dal testo di quella canzone. Questo era uno dei miei universi più ‘tranquilli’, visto che Jaime/Brienne si innamorano mentre sono seduti insieme in una cella di prigione, semplicemente parlando tra di loro, e tutto questo mentre ognuno dei due è sulla soglia di qualcosa che stava per cambiare le loro vite.
 
Nella mia bozza iniziale, il Jaime prigioniero era esattamente quello che sembrava: un criminale condannato a morte che scappa dal carcere. A quel punto lui avrebbe convinto Septa Brienne a scappare via insieme a lui...ed è lì che la storia aveva vacillato, perché mi aveva riportato ad un quesito su cui mi ritrovo sempre a riflettere quando si tratta di storie AU: fino a quanto in là puoi spingere un personaggio canon prima che diventi semplicemente un altro personaggio con lo stesso nome?
 
Onestamente, non riuscivo a conciliare il senso dell’onore e del dovere di Brienne, con lo scappare via insieme a un delinquente già condannato.
 
Ovviamente, quest’universo è finito con quello che è uno dei momenti più romantici possibili e immaginabili (con un vero e proprio cavaliere dall’armatura dorata—OMG) quindi non sono tanto pentita di questi cambiamenti!!
 
 
 
 
 
 
 
 
Note della traduttrice:
 
- La principessa Shaena, che Tyrion si è sposato nell’universo del Prigioniero/Septa, non è altri se non la versione Targaryen di Shae, lol.
 
Parlando un po' di Shae e di Tyrion, vi avevo già accennato nelle note di “In This Light” che nello show la loro storia era stata super romanticizzata (E Tyrion era sempre stato scritto in modo più positivo rispetto ai libri, mentre Jaime l’esatto contrario).
 
Nello specifico questo ha causato anche delle differenze nella prima notte di nozze tra Tyrion e Sansa nello show, rispetto ai libri. Perché nello show Tyrion voleva consumare le sue nozze con Sansa solo un minimo, ma era sia preoccupato per la giovane età di lei, sia in pena all’idea di ferire Shae e all’idea di tradirla, quindi non ha sfiorato la sua giovane sposa nemmeno con un dito…
 
Tutto ciò ovviamente non c’era nei libri. Tyrion voleva consumare eccome le nozze con Sansa. Se ne fregava del fatto che lei avesse solo 13 anni, e non gli fregava minimamente di Shae. Infatti, nei libri, Tyrion arriva a stendersi a letto con Sansa e a palparla (e poverina…lei era mezza terrorizzata), e si ferma solamente perché nota che Sansa non lo desiderava…ma il motivo per cui si ferma non è perché sa di star mettendo Sansa a disagio, si ferma solo perché gli dà fastidio che Sansa non lo voglia. È tutta una questione di ego. Non gli piace sentirsi non desiderato. Gli dà fastidio il disgusto sul viso di Sansa.
Inoltre, nello show Tyrion non ha mai toccato altre donne dopo la morte di Shae. Nei libri invece non è così.
 
 
 


 
   
 
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