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Autore: DAlessiana    23/10/2022    3 recensioni
Edward fissava la foto, che conservava nel portafoglio, con sguardo perso e la mente affollata di ricordi.
"Parlami di lei..." la voce di Bella fu una dolce melodia che interruppe il filo di pensieri del ragazzo, che per qualche minuto si era dimenticato della presenza della sua fidanzata.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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“Mamma puoi dire a Jasper di non prendere i miei giocattoli, per favore?!” le urla di quel bambino di neanche dieci anni popolavano l’intera casa. Esme alzò gli occhi al cielo, quasi esasperata prima di raggiungere i figli nel salone. Lo spettacolo che le si presentò davanti fu più o meno come se fosse appena passato un uragano lasciando detriti e macerie sparpagliate per tutta la stanza. Evitò di chiedere ai figli come ci fosse finito un camion giocattolo sul ripiano più alto della libreria e si concentrò su Edward che stava per dare un pugno a Jasper.
“Se non vuoi passare il resto della settimana senza cartoni e rinunciare alla gita allo zoo, ti conviene tenere a posto le mani, signorino!” lo rimproverò, cercando con la voce di superare i pianti di Jasper mentre cercava di difendersi.

“Ma perché te la prendi con me? Non è giusto!” replicò Edward ma, consapevole di quanto fosse altamente probabilmente che la minaccia materna diventasse reale, tirò indietro la mano. Esme, soddisfatta del gesto, si chinò per guardare il figlio negli occhi.
“Tesoro, voglio solo che tu sappia che la violenza non è mai la risposta. Jasper ha sbagliato a prendere i tuoi giocattoli senza permesso, ma ciò non ti autorizza a picchiarlo. Hai capito?” il tono di voce era cambiato diventando più dolce e comprensivo. Edward annuì con il capo prima di buttarsi tra le braccia della madre che lo accolse prontamente.
“Jasper su, chiedi scusa a tuo fratello!” esclamò rivolgendosi al figlio più piccolo che non senza remore obbedì. Dopo neanche un minuto i due terremoti ripreso a giocare insieme come se non fosse successo nulla ed Esme sorrise scuotendo il capo. Sospirò e mentre si alzò per riandare in cucina sentì la testa girare, accasciandosi sul divano. Per fortuna, Jasper ed Edward non si resero conto di niente.

 
“Nulla! Non mi risponde, ma il cellulare lo ha per sport?” domandò retoricamente Carlisle, andando avanti e indietro nel salone mentre Jasper lo guardava come se fosse impazzito. Avrebbe dovuto essere a lavoro già da almeno dieci minuti, ma di Edward neanche l’ombra.
“Papà, se devi andare vai pure. Puoi anche lasciarmi solo per qualche minuto o hai paura che dia fuoco alla casa?” scherzò Jasper. Da quando era tornato a casa il padre aveva fatto in modo che o lui o Edward fossero sempre a sua disposizione e, per quanto potesse essere apprezzabile, al giovane Cullen questa imposizione iniziava ad andare un po’ stretta. La battuta di spirito però non sfiorò Carlisle che continuò ad armeggiare con il cellulare per riuscire a mettersi in contatto con il maggiore.
“Avrebbe già dovuto essere qui da un pezzo. Sa bene che non posso fare tardi a lavoro…” continuò a lamentarsi e Jasper si chiese se stesse parlando con lui o da solo. Tentò di replicare ma lo scatto della serratura fermò la sua risposta sul nascere perché il padre raccolse le ultime cose e, dopo aver scambiato qualche parola con Edward, si dileguò. I due fratelli si limitarono a scambiarsi uno sguardo rassegnato prima di scoppiare a ridere.
“Secondo te, per quanto andrà avanti questa storia del non lasciarmi solo neanche un secondo?” chiese Jasper alzandosi per andare in cucina. Aveva voglia di sgranocchiare qualcosa e, fortunatamente per lui, il fratello non era apprensivo quanto il padre. Riusciva a camminare da solo e i punti non gli facevano più tanto male, ma al dottor Cullen questo non era abbastanza chiaro.
“Non lo so, Jazz. So che può essere soffocante, ma questo è il suo modo di volerti proteggere. Quando sei stato male si è sentito così impotente…” rispose Edward mentre prendeva due bibite dal frigo per poi sedersi accanto al fratello e mangiare anche lui qualche patatina.
“Lo so, lo so. Ma ormai le due settimane di convalescenza stanno per finire e tra qualche giorno potrò tornare anche a scuola. Ha intenzione di accompagnarmi e seguirmi anche lì?” ribatté l’altro tirando un sospiro.
“Ho accettato tutto, Ed. Lo studio rivoluzionato per farmi dormire lì, essere sorvegliato ventiquattro ore al giorno neanche fossi Pablo Escobar… Chiedo solo un po’ di respiro” continuò a sfogarsi, almeno con lui riusciva a parlare senza peli sulla lingua.
“Non che avessi molta scelta, fratellino. Credevi davvero che sarebbe stato così facile?” replicò Edward con tono leggermente acido, ma vedendo lo sguardo affranto di Jasper cercò subito di raddrizzare il tiro. “Quello che voglio dire è che devi dargli tempo. Quanto? Non lo so nemmeno io. So però che abbiamo vissuto l’inferno mentre eri in bilico tra la vita e la morte, consapevoli entrambi che non avremmo potuto reggere un’altra perdita…” un groppo in gola lo bloccò, il solo ricordo di quel tempo così lontano faceva ancora troppo male. Jasper, capendo quello che i pensieri del fratello gli stessero portando a galla, cercò di risollevare la situazione abbracciandolo.
“Posso solo immaginare la paura che avete dovuto affrontare per colpa mia. Ma per quanto ancora dovrò scusarmi per questo?” domandò non sapendo come comportassi. Era consapevole di quanto il suo gesto e quello di Alice fosse stato pericoloso e avesse ferito le persone a loro più care, ma al tempo stesso pensava che avesse già pagato il prezzo per ciò che era successo.
“Stasera proverò a parlare con papà. Vedrai che le cose si sistemeranno, abbi fiducia, fratellino!” rispose Edward, scompigliandogli i capelli come quando erano piccoli. Jasper rise avendo la certezza che qualsiasi cosa fosse successa il fratello sarebbe stato sempre dalla sua parte.

Julia bussò almeno tre volte davanti alla porta chiusa della camera di Emily prima che quest’ultima si degnasse di farla entrare. Il loro rapporto, dopo la discussione avvenuta in ospedale settimane fa, era diventato più freddo di una cella frigorifera. Quando Mark era in casa provavano a dissimulare con sorrisi di circostanza, ma una volta che lo zio usciva per recarsi a lavoro o per qualche commissione Emily si rintanava in stanza fino al suo rientro. Era capitato anche che saltasse dei pasti, con tanto di rimostranze inascoltate di Julia, pur di non essere lasciata da sola con lei. La situazione diventata ogni giorno più insostenibile ed era arrivato il momento che una delle due facesse il primo passo verso la riconciliazione. Consapevole che la nipote non l’avrebbe mai fatto, toccò a Julia cercare di porgere il ramoscello d’ulivo. Ed eccola quindi sulla soglia della porta ad aspettare un minimo spiraglio da parte della ragazza.
“Allora? Vuoi rimanere ancora lì a fissarmi oppure mi dici perché sei venuta?” domandò Emily e il tono tagliente unito alla postura – rigorosamente a braccia conserte – diedero a Julia l’impressione di stare per schiantarsi contro l’ennesimo muro.
“Emily, io e te dobbiamo parlare. Non possiamo continuare così e so bene che, per quanto provi a negarlo, tu sei del mio stesso avviso. È ora di chiarire.” Rispose la zia, cercando di controllare il più possibile il tono della voce e sorvolando su quello usato dall’adolescente. Si sedette su un lato del letto di fronte la scrivania e le fece segno di sedersi accanto a lei. Contro ogni aspettativa, Emily accettò.
“Rifammi la domanda.” In un primo momento Emily non capì a che cosa si riferisse sua zia, ma una volta compreso le mancò il coraggio di farlo perché aveva paura di rimanere di nuovo ferita dalla non risposta di Julia.
“Emily, per favore. Prometto che questa volta saprò risponderti come avrei dovuto già fare la prima volta” la incalzò e allora la ragazza prese un profondo respiro.
“Julia, tu ti fidi di me?” a differenza della volta precedente aveva soppesato ogni singola parola, consapevole di star mettendo in gioco il loro rapporto.
“Lo ammetto, quando la consulente scolastica mi ha chiamata per avvisarmi che avevi lasciato la scuola a metà lezioni il mio primo pensiero è stato quello che ti stessi cacciando in chissà quale altro guaio. Ma non ero lucida, Em, con tutto quello che stava accadendo quella telefonata è stata come un fulmine a ciel sereno a cui non ero pronta a fare da parafulmini. Non ho saputo gestire la situazione, nonostante la signora Taylor avesse cercato di giustificarti tessendo le tue lodi, io non ho saputo prestare ascolto.” Fece una breve pausa, si stava mettendo a nudo, o perlomeno ci stava provando, nel rispondere a quella domanda così delicata. “Quando ho saputo di quello che era successo a Jasper ed Alice, non ho pensato ad avvisarti. Nemmeno Mark l’ha fatto in realtà, ma lui aveva decisamente ben altro per la testa essendo coinvolto in prima persona. Era mio dovere venirti a prendere per informarti ed anche qui, non ho saputo gestirla” un’altra pausa e ad Emily queste ammissioni di colpa, per quanto le trovasse apprezzabili e doverose, iniziavano a darle l’impressione che Julia stesse tergiversando per evitare un’altra volta di rispondere. “Poi mi hai posto questa domanda e, di nuovo, non ho saputo dirti. Insomma, in una sola giornata ho dato la dimostrazione di quanto sia tremenda come madre” continuò, di slancio Emily le strinse una mano perché, per quanto l’avesse ferita, sua zia era l’unica persona che le rimaneva come riferimento materno. E il termine mamma sarebbe rimasto per sempre un tasto dolente per entrambe. “Io mi fido di te, Emily. Voglio e devo farlo perché ne ho bisogno quanto te. Questo può essere un nuovo inizio tra noi se sei d’accordo: azzeriamo tutto.” Incoraggiata da quella stretta, Julia concluse il suo discorso a cuore aperto e fissò la nipote negli occhi tentando di decifrarne lo sguardo. La sua parte l’aveva fatta, ora la decisione finale spettava ad Emily.
“Diciamo che anch’io ho la mia parte di colpe in questa storia. Non avrei dovuto comportarmi in modo scostante e ti chiedo scusa se sono stata irrispettosa o impertinente in quest’ultimo periodo” iniziò la ragazza, non era molto fiera del suo atteggiamento, ma si era comportata in quel modo solo perché voleva ferire Julia come questa aveva fatto con lei. “Tu sei la persona più vicina ad una madre che mi rimane, Julia. La tua opinione per me conta tantissimo ed hai ragione: ho bisogno che tu ti fidi di me. Lo so, l’ho già delusa una volta, ma non lo farò di nuovo.” Promise e quella dichiarazione commosse Julia che faticò a trattenere le lacrime. Non ebbe bisogno di specificarlo ulteriormente: Emily era d’accordo a ricominciare da zero. Così zia e nipote si strinsero nell’abbraccio tanto atteso che mise la base per ritrovare la loro complicità.

In casa Cullen il pomeriggio tra fratelli era trascorso in modo tranquillo e al ritorno il padre li trovò a chiacchierare amabilmente sul divano. Non si concentrò molto sulla conservazione e, dopo aver dato uno sguardo attento a Jasper, andò dritto di sopra a cambiarsi. Scese le scale una mezz’oretta più tardi con abiti decisamente più comodi e si recò in cucina per preparare la cena. Fu in quel momento che, scambiata un’occhiata d’intesa con Jasper, Edward decise di raggiungerlo. Aveva pensato per tutto il pomeriggio a come introdurre l’argomento di discussione nel modo più consono possibile per non irritare la sensibilità del padre, ma purtroppo era arrivato alla conclusione che – volente o nolente – la conservazione alla quale stava per dare inizio non sarebbe stata tra le più tranquille. Questo pensiero non lo fermò: aveva fatto una promessa a Jasper e intendeva onorarla.
“Posso aiutarti in qualcosa?” domandò Edward riferendosi alla preparazione della cena, avere le mani occupate avrebbe reso il tutto più sopportabile. Carlisle gli indicò l’insalata da dover scartare, lavare e condire. Presa la verdura il figlio si avviò verso il lavandino e la fronte corrugata – segno di tensione – non sfuggì all’occhio vigile del medico. Senza fargli pressioni attese che Edward gli dicesse di cosa volesse parlargli, anche se una mezza idea già l’aveva.
“Papà, ascolta, vorrei dirti una cosa su Jasper” cercò di mantenere un tono che fosse il più neutrale possibile mentre strappava una foglia d’insalata, come se stesse dicendo una cosa come un’altra. Carlisle si voltò verso il figlio, quella premessa aveva confermato ogni suo sospetto, dedicandogli la sua totale attenzione. Annuì leggermente per incitarlo a continuare. “Dato che Mark all’ultimo controllo ha fatto presente che dovrebbe camminare almeno un’ora al giorno, stavo pensando che potrei accompagnarlo un po’ in giro, anche per fargli cambiare un po’ aria…” la buttò lì, lasciando il discorso in sospeso di proposito per vedere la reazione del padre.
“Perché? Il giardino qui davanti non è abbastanza arieggiato?” replicò Carlisle, ovviamente aveva capito perfettamente che il volere medico era solo un pretesto per poter far uscire nuovamente Jasper. Ma questa volta aveva deciso che non gliela avrebbe resa facile. O almeno non come avrebbe fatto qualche mese fa. Jasper aveva oltrepassato fin troppo il limite e la libertà era un privilegio che andava conquistato. Edward, in un primo momento rassegnato, si sforzò di trovare un compresso tra la voglia di uscire del fratello e la riluttanza del padre. Non sarebbe stato facile, ma doveva tentare per Jasper.
“Sai che non era quello che intendevo. Jasper ha tanto da farsi perdonare, anzi, mi ci metto anch’io perché non sono esanime da colpe. Insomma, entrambi abbiamo tanto da farci perdonare, lo sappiamo benissimo. Ma in qualche modo dovremmo pur iniziare, no? Mettici alla prova. Decidi tu momento della giornata, ora, tempo a disposizione, zone percorribili. Tutto. Di certo non possiamo permetterci il lusso di replicare, ti chiediamo solo un piccolo spazio in cui dimostrarti di poterti fidare” aveva ormai abbandonato l’insalata nella ciotola senza alcun goccio di condimento per potersi concentrare completamente sulla proposta fatta. Teoricamente, lui non era in nessun tipo di punizione, ma era certo che l’avrebbe meritato tanto quanto Jasper. Nessuno dei fratelli Cullen poteva biasimare Carlisle per quella severità esternata così duramente in quelle ultime settimane, anzi avevano la netta sensazione che da quel momento sarebbe diventata all’ordine del giorno almeno per un periodo. Il dottor Cullen si era preso del tempo per valutare minuziosamente la proposta del figlio maggiore, in fondo forse quella sarebbe stata la giusta via da imboccare per ristabilire un equilibro. Un atto di fiducia da un lato e un impegno – con la consapevolezza di non poter permettersi il minino sgarro - dall’altro. Un nuovo inizio per ambo le parti.

 



 
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Rientro in punta di piedi e a capo chino in questa storia. Non ho il diritto di chiedervi nulla e non vi biasimo di certo se non troverò nessun* che leggerà questa storia. Io ho scelto di continuarla, anche se l'ho ripresa in mano dopo due anni, perché ne sento il bisogno (non vi tedio ulteriormente ma quest'ultimo periodo è stato tremendo a livello personale e ho dovuto - e in un certo senso continuo a farlo - annullarmi totalmente per questioni delicate). Ho ritrovato nella scrittura il mio rifugio e il voler continuare questa storia è un'esigenza personale che ho voluto ascoltare, è stato il mio respiro dopo un'apnea lunghissima. Ringrazio anticipatamente chiunque sceglierà di dedicargli ancora del tempo <3  
  
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