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Autore: AlbAM    08/11/2022    15 recensioni
In "Friday I'm in love" Azaele cercava di convincere Yetunde a prendere un treno per salvare Cathy da un matrimonio sbagliato. In questo sequel finalmente scopriremo se Yetunde ha preso quel treno e sopratutto se Cathy vuole davvero essere salvata!
Genere: Commedia, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Universo Aza&Miky'
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Mrs. Robinson

 

And here's to you, Mrs. Robinson,

Jesus loves you more than you will know.

God bless you, please Mrs. Robinson.

Heaven holds a place for those who pray,

Hey, hey, hey

Hey, hey, hey

 

Simon & Garfunkel (1968).



 

Mrs. Robinson


Catherine entrò nella camera che aveva occupato per tanti anni. Osservò i poster dei suoi miti adolescenziali e l'abito da sposa, adagiato sul letto, sobrio ed elegante proprio come lo aveva immaginato. 

Accese il vecchio radione anni ottanta di suo padre. Un'emittente specializzata in dediche stava trasmettendo  "Mrs Robinson" di Simon & Garfunkel. 

Sospirò, aprì le ante dell'armadio e si guardò allo specchio. Il trucco era perfetto e l'acconciatura esaltava i capelli rossi e gli occhi verdi. La parrucchiera aveva fatto un lavoro fantastico. 

La sua espressione però non era gioiosa come ci si sarebbe aspettato da una ragazza che stava per vivere il giorno "più bello" della sua vita.

Eppure doveva ammettere che stava andando tutto bene. Non c’era stato alcun intoppo da parte dell'agenzia di catering, Villa Sarrizelli era meravigliosa, le decorazioni floreali erano perfette, i regali di nozze erano arrivati e gli invitati erano puntuali. 

E allora perché aveva voglia di piangere?

«Magari perché l'unica cosa che non va bene di questo matrimonio è proprio il futuro marito?» Domandò Azaele apparendo all'improvviso.

«Ma sei matto Aza, vuoi farmi prendere un infarto?» Strillò Catherine.

Azaele sogghignò. «Noto che non hai negato!»

«Negato cosa?» Domandò lei nervosamente.

«Che il tuo futuro marito non è adatto a te!»

«Ma se neanche lo conosci, come ti permetti!» Si inalberò lei.

Azaele tirò fuori dalla tasca del giaccone la partecipazione di nozze di Yetunde e indicò lo sposo.

«Eddai, Catherine, conosco te! E francamente questo non assomiglia neanche lontanamente al tuo tipo di uomo!»

Catherine mise i pugni sui fianchi e con aria di sfida domandò. «Ah, si? E quale sarebbe il mio tipo?»

Azaele lanciò la partecipazione nel cestino della plastica e rispose. «Alto, nero e imbranato in amore, come te peraltro!»

Catherine gli rise in faccia. «Ma figurati! A quell'idiota non sono mai piaciuta abbastanza per avere una semplice storia, figurati sposarmi!»

«Percepisco un certo rimpianto nelle tue parole!» Replicò Azaele spostando l’abito da sposa e sedendosi sul letto.

Catherine lo raggiunse, lo spinse da parte e afferrò nervosamente il suo abito.

«Non ho nessun rimpianto, Aza. Piantala di dire fesserie e vattene, devo vestirmi! Se hai bisogno di punti per salire di grado, vai a rovinare la vita di qualcun'altra». 

Azaele ci rimase male. «Così mi offendi, Cathy! Sai benissimo che non farei mai del male né a te, nè a Yetunde!»

La ragazza si rese conto di aver esagerato. «Mi dispiace, scusa. Ma ho un futuro marito che mi aspetta all’altare, quindi per favore lasciami sola, devo vestirmi».

«Vi sposate con rito civile, tecnicamente non c’è nessun altare!» Puntualizzò il demone.

Cathy rigirò il vestito per aprire la cerniera. «Si fa per dire, Aza. Non fare il precisino!» 

«Cathy, siete entrambi miei amici, vi voglio bene. Lo sento che non sei felice, ti prego, ripensaci!» supplicò Azaele.

Le damigelle bussarono alla porta e chiamarono allegramente. «Caaaathyyyy. Sei presentabile? Apri che ti aiutiamo a vestirti!» 

Catherine sospirò e prima di aprire la porta alle amiche lanciò uno sguardo implorante al demone. «Aza, ti prego. Non rovinarmi il matrimonio!»

Azaele scosse la testa poco convinto ma si smaterializzò un attimo prima che le damigelle entrassero e circondassero festanti la sposa.

 

#

 

«Aza che cosa stai combinando?» Domandò Michele atterrando davanti all'amico intento ad osservare lo sposo che passeggiava nel giardino di Villa Sarrizelli, la stupenda location dei primi del novecento scelta da Cathy perché distava solo venti minuti da Firenze ed era facilmente raggiungibile anche in treno. 

Il giovane stava chiacchierando in modo un po' troppo amichevole con un’invitata piuttosto carina. O almeno così sembrava ad Azaele che osservava i due sperando di cogliere l’uomo in un atteggiamento abbastanza equivoco da poter far saltare il matrimonio.

«Sto cercando di evitare che Catherine faccia la scelta più stupida della sua vita!»

Michele scosse il capo e iniziò la ramanzina. «Aza, non puoi intervenire in questo modo nella sua vita, esiste il libero arbitrio, se Cathy vuole sposare quel ragazzo... Ma che cosa stanno facendo quei due?» domandò interrompendosi irritato.

Lo sposo si stava allontanando con l'invitata carina sotto braccio, guardandosi intorno con  aria furtiva. 

«Seguiamoli!» Rispose Azaele precipitandosi dietro i due umani inconsapevoli. I due giovani risalino l’ampia scalinata che portava all’entrata principale della Villa, attraversarono la vasta anticamera e si infilarono in una sala vuota chiudendosi la porta alle spalle. 

«Razza di fedifrago!» Ringhiò Azaele seguendoli dentro la sala.

Michele gli andò dietro bloccandolo un attimo primo che si palesasse ai due malcapitati nella forma di un diavolo infernale nero e furibondo.

«Calmati. Non stanno facendo nulla di male!» In effetti lo sposo era intento ad ammirare alcune location particolarmente romantiche che la giovane fotografa gli stava proponendo per il servizio fotografico. 

Il demone sbuffò sconsolato. «Ma che palle, se si comporta bene diventa tutto più difficile!» 

Michele sospirò. «Anche a me dispiace per Yetunde, ma capisci che se Catherine è innamorata di quel ragazzo non possiamo farci nulla?» 

Azaele uscì dalla stanza scuro in volto, seguito da Michele che cercò di consolarlo.

«Aza, dai. Non prendertela!» 

Azaele, si voltò furente. «Me la prendo eccome. Ma che cavolo! È da tutta la vita che quei due imbecilli si amano senza mai avere il coraggio di dirselo. E ora rischiano di perdersi per sempre! Io… Per la miseria Michele, io non lo accetto, non voglio accettarlo!»

«Aza…!»

«Loro devono ritrovarsi, Michele, devono stare insieme!»

«Ora di chi stai parlando? Di Cathy e Yetunde o di te e Alba?» 

Azaele ammutolì. 

«Aza, io capisco quello che ti sta passando per la testa, ma forse Yetunde e Catherine non erano destinati a stare insieme! Impedire questo matrimonio non ti aiuterà a sopportare meglio la perdita di Alba!” 

Azaele gli voltò le spalle e si diresse verso l'ampia scalinata esterna. Si sedette sulla balaustra incrociando le gambe e osservò malinconicamente la piccola folla di invitati che cominciava a riempire il giardino in attesa della sposa. Michele si sedette accanto a lui e gli passò un braccio intorno alle spalle. «Torniamo a Roma, fratellino. Stare qui ti fa solo del male». 

«Dammi qualche minuto, Michele. Ti prego. Ti prometto che non farò niente di stupido. Ok?» 

Michele lo osservò sospettoso. «Per favore, non…» Il demone si smaterializzò prima che potesse finire la frase. 

 

#

 

Azaele si materializzò sul sedile vuoto davanti a Yetunde che fece un salto e guardandosi intorno sussurrò. «Aza, ma sei matto ad apparire così all’improvviso?» 

Azaele ridacchiò. «Non sono apparso. Mi vedi solo tu!» 

Yetunde diede un'occhiata ai suoi compagni di viaggio. Una ragazza sui vent'anni, sicuramente una studentessa fuori sede di ritorno a casa per il fine settimana, un tipo sulla trentina con il tipico abito a giacca da commerciale e un ragazzo in maglietta a maniche corte e jeans stracciati che dormiva malgrado lo smartphone gli sparasse musica orrenda nelle orecchie. Nessuno sembrava essersi minimamente accorto del diavolo che occupava il sedile di fronte a Yetunde.

«Che cosa vuoi?» Domandò il ragazzo alzandosi e facendo cenno ad Azaele di seguirlo. 

Arrivato davanti alla toilette del vagone si infilò dentro seguito dal demone che storse il naso. «Io posso capire che voi umani abbiate il problema di espellere quello che non vi serve, ma francamente questo odore è piuttosto disgustoso!» 

«Non fare tanto lo schizzinoso e poi anche voi avete bisogno del bagno, una volta ti ho visto fare pipì!» Rispose Yetunde chiudendo la porta.

«Appunto, noi ci limitiamo a quella!» rispose il demone. 

«Comunque suppongo non sia comparso per discutere delle differenti esigenze corporee di umani ed esseri soprannaturali!»

«No, infatti. Sono venuto a prenderti, il treno è in ritardo e tu rischi di non arrivare in tempo!»

Yetunde sospirò. «Aza, forse è un segno. Arriverò per i festeggiamenti e sarà giusto così!»

Azaele sgranò gli occhi. «Ma che fesserie dici? Guarda che sono andato da Cathy, l'ho trovata in camera sua che piangeva disperata e non riusciva nemmeno a indossare il vestito!»

Sul viso di Yetunde apparve un'espressione speranzosa. «Davvero?»

Azaele lo guardò dritto negli occhi cercando di controllare il falò diabolico che rischiava di incendiargli le pupille.

«Assolutamente, te lo giuro sulla spada di Ariel!»

«E chi sarebbe Ariel?» Domandò Yetunde a cui quel nome sembrò vagamente familiare.

«Un caro amico!» Rispose impassibile il demone.

«Bigliettooo!» Urlò il controllore bussando alla porta come se volesse sfondarla.

«Uh, devo aprire» disse Yetunde.

«Non ce n'è bisogno!» Rispose Azaele afferrandolo e lanciandosi fuori dal finestrino.

 

«Aza, ti prego portami a terra, così finirai per farmi ammazzare!» Gridò Yetunde che penzolava nel vuoto terrorizzato. 

«Oh, insomma! Piantala di agitarti o finirai davvero per scivolarmi dalle mani!» rispose  Azaele irritato. 

Yetunde diede uno sguardo verso il basso. Campi coltivati, filari di cipressi e strade che si srotolavano lungo le dolci colline del Chianti, si susseguivano velocemente. 

Dovette distogliere lo sguardo e concentrarsi per respingere un conato di vomito che rischiava di fargli spargere per la campagna toscana il panino stantio con cui aveva pranzato.

Era appena riuscito a riprendere il controllo del suo stomaco quando Azaele fece una brusca frenata. 

«Merda! così mi fai vomitare!» urlò. «Che diavolo combini?» 

«Michele!» Esclamò il demone sbattendo le ali per restare in quota. 

Yetunde guardò davanti a sé e vide Michele che sbarrava la strada ad Azaele.

«Ra… ragazzi!» balbettò cercando di non pensare alle sue gambe che penzolavano nel vuoto. «Che ne dite di iniziare la vostra  discussione dopo avermi riportato sulla terraferma?»

«Yetunde ha ragione, portalo a terra e parliamo con calma!» Disse Michele rivolgendosi freddamente ad Azaele. 

Il demone valutò la possibilità di smaterializzarsi. Ma fortunatamente, malgrado l'improvvisa apparizione dell'amico angelico lo avesse allo stesso tempo stupito e innervosito, riuscì a mantenere abbastanza lucidità per rendersi conto che Yetunde non si sarebbe smaterializzato insieme a lui. 

Diede uno sguardo verso il basso e analizzò velocemente i percorsi di due camion, un SUV, alcune macchine e infine un pick-up che stava andando esattamente nella direzione di Villa Sarrizelli. «E va bene lo metto giù!» Rispose conciliante. 

Atterrò sul pick-up e dopo aver lasciato andare Yetunde si preparò ad affrontare l'ira funesta di Michele. 

Il ragazzo cercò inutilmente di richiamarlo. «Aza, per la miseria, come spiego al conducente cosa ci faccio qua sopra?»  

Non aveva finito di dirlo che il sunnominato conducente, si fermò, aprì lo sportello e scese con una mazza da baseball in mano e un cipiglio decisamente minaccioso. 

«Senta, posso assicurarle che c'è un motivo più che valido se mi trovo sul suo pick-up!» cercò di giustificarsi Yetunde sudando freddo. 


#

 

Catherine salì in macchina circondata dalle amiche festanti.

Suo padre la aspettava sul sedile posteriore, era un bell'uomo dai capelli bianchi vicino alla sessantina.

La osservò preoccupato. Il viso di sua figlia era pallido e leggermente tirato, sospirò e trovò il coraggio di dire ciò che stava pensando. «Cathy, non sei costretta a farlo se non sei davvero convinta!»

«Papà, ti prego non ti ci mettere anche tu!»

«Hai già parlato con tua madre? Tesoro io e lei siamo d'accordo, non ci importa nulla di mandare tutto all'aria, si tratta della tua felicità. Te lo ripeto, se non sei convinta, non devi farlo!»

«Aspetta un attimo, vuoi dire che anche la mamma…» 

Non riuscì a finire la frase. Qualcosa di grosso e pesante si schiantò sul cofano della BMW. 

L'autista inchiodò terrorizzato facendo scattare l'airbag che si aprì centrandolo in pieno viso. Un attimo prima di svenire fece in tempo a vedere un angelo biondo e un diavolo dai ricci bruni, avvinghiati sul cofano della macchina che lo guardavano con gli occhi spalancati  attraverso il parabrezza della macchina. 

Cathy si assicurò che il padre respirasse e poi scese dalla macchina strattonando furibonda lo strascico del vestito. 

«Azaele… Michele! Ma che cavolo state combinando?» urlò infuriata. 

Azaele saltò giù dal parabrezza e balbettò imbarazzato «Uh, Ehem… Calmati Cathy, così rischi di rovinare il vestito…!» 

«Il vestito sarà rovinato dagli schizzi del vostro sangue se non rimettete a posto macchina e conducente prima che vi faccia a pezzi con le mie mani, razza di imbecilli!» 

«Cathy, calmati stai iperreagendo!» Intervenne Michele facendo infuriare ancora di più la futura sposa.

«Iperreagendo un accidente! Siete appena precipitati sul cofano della macchina che mi stava portando al matrimonio, rischiando di ammazzare me, mio padre e l'autista! Vi consiglio di fare immediatamente un miracolo per rimettere le cose a posto o giuro che vi strappo le ali e le regalo al primo cosplayer dei Cavalieri dello Zodiaco che incontro a Lucca Comics!»

Poi vedendo che Azaele si era sporto dentro la macchina e stava tastando la fronte del padre ringhiò. «Allontanati immediatamente da mio padre!»

Azaele obbedì, girò intorno alla macchina e affrontò la ragazza. «L'ha capito anche tuo padre, non è così?»

Cathy impallidì. «Che cosa gli hai fatto?»

«Nulla, gli ho solo toccato la fronte per controllare come stava!» 

«Bugiardo!»

«Sentite, ora basta, è inutile litigare!» Intervenne Michele. «Cathy hai ragione, scusaci, ora mettiamo tutto a posto!» 

Batté le mani e immediatamente il cofano della macchina tornò come nuovo. 

«E mio padre e l'autista?» domandò Cathy impaziente. 

«Prima è meglio che tu rientri in a macchina e io e Aza ci rendiamo invisibili, non credi?» 

Cathy grugnì un sì e fece per entrare in macchina. 

«Bé, possiamo almeno baciare la sposa?» propose allegramente Azaele. 

La ragazza lo osservò sospettosa. 

«In effetti!» Commentò Michele avvicinandosi all’amica. «Ti chiedo scusa, Cathy e ti auguro tanta felicità!» 

Lei si addolcì un po' e gli porse la guancia. L'angelo la abbracciò e la baciò delicatamente. 

«Bé, è io?» si lamentò Azaele. 

Catherine concesse un bacio anche a lui e poi gli appioppò un ceffone. 

«Aia!» brontolò Azaele passandosi una mano sulla guancia. 

«Te lo sei meritato!» commentò Catherine ridacchiando. «Tanto lo so che questo casino è tutto opera tua!»

«Mhfff!» bofonchiò il demone imbronciato.

Michele porse una mano a Cathy e la aiutò a rientrare in macchina.

«Pensa bene al tuo futuro, sei troppo giovane per rinunciare alla tua felicità» le sussurrò in un orecchio. Lei lo guardò negli occhi senza replicare. 

Michele battè una mano sul tettuccio della macchina. L'autista e il padre di Cathy ripresero conoscenza e si guardarono intorno un po' perplessi. 

«È tutto a posto, possiamo ripartire!» disse Catherine con decisione anticipando qualsiasi domanda. 

L'autista le lanciò un'occhiata dallo specchietto retrovisore e ripartì. 

Michele e Azaele osservarono la macchina allontanarsi. 

«Era solo una scusa, vero?» domandò Michele. 

«Cosa? » domandò Azaele fingendo di non capire. 

«Quella di baciare la sposa!» Rispose Michele dandogli una pacchetta sulla nuca. «E va bene demonietto, avevi ragione! Sei contento ora?» 

Azaele sogghignò. 

 

#

 

Cathy scese dalla macchina, si guardò intorno e sospirò. Il padre la raggiunse. 

«Stai cercando una certa persona?» domandò con espressione complice.

«Affatto!» rispose lei irritata. Gli porse il braccio e insieme si incamminarono verso il giardino dove lo sposo aspettava impaziente la sua futura moglie. 

Azaele atterrò davanti a loro.

«Levati di mezzo!» Sussurrò Cathy nervosamente. 

«Neanche per sogno, non ti permetterò di fare questa idiozia!» 

«Ti ho detto levati!» ribadì lei alzando leggermente la voce. 

«Come?» domandò il padre perplesso. 

«No, niente, scusami!» rispose sua figlia imbarazzata. 

«Cathy, ti prego, non farlo!» Sussurrò Azaele guardandosi intorno nella speranza di vedere comparire Yetunde. 

«Non c'è. Quell'imbecille non è venuto!» Commentò Cathy avanzando e spingendolo da parte. 

«Cathy, che diavolo ti prende?» Domandò suo padre. «Il diavolo, per l'appunto! Dai, muoviamoci!» rispose lei.

«Il diavolo? Tesoro, mi stai veramente preoccupando. Ti ripeto che se non vuoi andare avanti…» 

«Ascolta tuo padre!» la esortò Azaele. 

«Stai zitto, idiota!» Ordinò Cathy furibonda. 

«Cathy, capisco il momento di nervosismo e l'emozione, ma non mi sembra il caso che ti permetta di parlarmi così!» 

«Cosa? No… scusa papà, non dicevo a te, dicevo a quest'imbecille!» Rispose Catherine indicando Azaele, dimenticandosi che poteva vederlo solo lei.

Il padre si guardò attorno e domandò preoccupato. «Ma che cosa ti prende, stai bene?»

«No, non sta affatto bene e se si ostina a portare avanti questa farsa starà anche peggio!» Gli rispose Azaele apparendo all'improvviso. 

«Oh, Cristosanto!» Urlò l'uomo trovandosi di fronte un diavolo infernale. 

«Azaele, ma sei matto. Vuoi far venire un infarto a mio padre?» 

«Ops, mi scusi signore, non intendevo spaventarla!» Si scusò Azaele nascondendo le ali e l'aureola spezzata. 

«Santo cielo e questo chi è?» 

«È un diavolo, si è fissato che non sono innamorata di Paolo e che devo sposare Yetunde!» 

«Bé, non sono sicuro che abbia torto!» Dovette ammettere l'uomo, pallido in volto. 

«Papà. Per la miseria!» replicò Cathy. 

«Ecco lo vedi? Anche tuo padre mi da ragione!” 

«Basta, non ne posso più!» Urlò Cathy esasperata. 

«Cathy, ma che sta succedendo?» La voce del suo futuro sposo la fece voltare. 

Cathy emise un lamento strozzato, dietro il giovane che la guardava sconcertato c'erano, i futuri suoceri, sua madre, le damigelle, i  testimoni di nozze e tutti gli invitati.

Cathy pensò che aveva solo voglia di piangere, ma cercò di riprendersi. 

«Non succede nulla. Andiamo!» Ringhiò afferrando il padre per un braccio e trascinandolo verso l'officiante che aspettava pazientemente sotto un grazioso arco di legno di ciliegio, addobbato di rose bianche e giallo pallido.

«Ma quello chi è, l'hai invitato tu? Perché è vestito come un pezzente?» domandò seccato lo sposo indicando Azaele. 

«Meglio da pezzente che da coglione!» rispose serafico Azaele.

Il futuro sposo, che oggettivamente indossava una mise a quadretti di dubbia eleganza, stava per replicare ma Cathy esasperata tagliò corto. «Non ho invitato nessuno, non fare domande e vediamo di concludere this fucked matrimonio!»

Lo sposo la seguì senza fiatare. 

Una volta giunti davanti all'officiante la situazione sembrava finalmente rientrata nella normalità, almeno fino a quando il testimone dello sposo non cominciò a frugarsi disperatamente le tasche. 

L'officiante si interruppe e gli domandò cosa stesse succedendo. 

«YOU MOTHERFUCKED, ridammi quegli stramaledetti anelli se non vuoi che ti strappi quel che resta della tua aureola!» Strillò Cathy rivolta ad Azaele che, seduto in cima all'arco, stava facendo rimbalzare l'astuccio delle fedi sul palmo della mano. «Vieni a prenderteli!» La sfidò lui sogghignando.

Catherine emise un ruggito di rabbia, saltò sul tavolo dove erano poggiati i registri matrimoniali e si lanciò contro un invisibile Azaele davanti agli sguardi attoniti di officiante, sposo e testimoni . 

Sugli eventi che seguirono é consigliabile stendere un velo pietoso. 

 

#

 

Yetunde scese dal pick-up e ringraziò l'autista che gli augurò in bocca al lupo strizzandogli l'occhio. 

Il ragazzo guardò l'ora e si avviò verso il ricevimento sconsolato. 

Era terribilmente in ritardo. Ormai Catherine doveva essere sposata e intenta a festeggiare con il marito. 

Era così assorto nei suoi pensieri che non fece caso a tutte quelle persone eleganti e pallide che camminavano spedite verso il parcheggio.

Arrivato dove si sarebbe dovuto tenere il ricevimento, si ritrovò davanti ad uno spettacolo inaspettato e piuttosto inquietante.

Sedi ribaltate e sparse ovunque, un arco di legno spaccato e adagiato su un centinaio di rose che dovevano essere state bellissime ma che ora erano tutte schiacciate, i registri del Comune stracciati in mille pezzi.

Yetunde, non riusciva a capire, fermò gli ultimi due invitati in procinto di andarsene e domandò cosa fosse successo. 

I due spiegarono che la sposa era completamente impazzita. Aveva dato i primi segni di squilibrio appena scesa dalla macchina ed era definitivamente uscita di senno quando il testimone si era reso conto di aver dimenticato gli anelli. 

«In che senso è impazzita?» Domandò Yetunde. 

I due ospiti si scambiarono uno sguardo atterrito e poi spiegarono che Catherine aveva cercato di aggredire l'officiante saltando sul tavolo, poi si era arrampicata sull’arco addobbato di rose e infine aveva cominciato a correre in mezzo agli invitati come se fosse indiavolata, ribaltando le sedie e urlando parole sconnesse in inglese, ripetendo in particolare fucked e devil, fino a quando lo sposo non aveva fatto l'errore di minacciarla di chiamare un'ambulanza se non si fosse calmata. I due ragazzi si rifiutarono categoricamente di raccontare cosa fosse successo da lì in poi e salutarono Yetunde scappando verso il parcheggio.

Yetunde corse a cercare Cathty. La trovò seduta in riva ad un grazioso laghetto artificiale circondata da rane gracidanti. 

Aveva il vestito completamente fradicio e i piedi immersi in acqua. Accanto a lei era seduta la madre, una donna sulla cinquantina dai bei capelli rossi come la figlia. Suo padre era al telefono e sembrava impegnato a calmare qualcuno. Inutilmente da come si chiuse la telefonata. 

Yetunde si avvicinò timidamente. Catherine lo vide e sul suo viso apparve il primo sorriso sincero della giornata. «Alla fine Sei arrivato! Peccato, sai? Ti sei perso lo spettacolo del ricevimento matrimoniale più disastroso di tutta la storia dei matrimoni!» 

Il padre e la madre di Catry si scambiarono uno sguardo. La donna allungò una mano verso il marito che la aiutò ad alzarsi. 

«Ti ha chiesto i danni?» domandò Catherine al padre. 

«Già! Gli ho risposto che visto che il ricevimento lo abbiamo pagato noi, non capivo di quali danni parlasse, se escludiamo quel vestito da completo imbecille che ha avuto il coraggio di indossare! Mi ha chiuso il telefono in faccia senza neanche chiedermi come stai!» 

«Non fa niente, papà. In fondo ha ragione ad essere furioso, ho combinato un gigantesco casino e rovinato il giorno più bello della sua vita!» sospirò Catherine. 

La madre le accarezzò una guancia e facendo un cenno verso Yetunde, commentò. «Non tutti i mali vengono per nuocere, tesoro!» 

Cathy sorrise. «Forse no!» 

«Vi lasciamo soli ragazzi, credo che dobbiate fare due chiacchiere!» Disse il padre poggiando una mano sulla spalla della moglie. 

Yetunde li salutò e si sedette accanto a Catherine. 

«È stato Azaele, vero? Che accidente ha combinato?»

Cathy sorrise di nuovo e Yetunde pensò che nonostante il mascara sciolto la facesse sembrare un panda, era bellissima. 

«Quell'idiota!» Sospirò Cathy. «Credo che nonostante tutto mi abbia salvato la vita!» 

«Penso che l'abbia salvata a entrambi e forse anche al tuo quasi marito!» Sorrise Yetunde passandole un braccio intorno alle spalle. 

«Perché sei arrivato così tardi?» Domandò lei malinconicamente.

«Perché ero troppo vigliacco per ammettere la realtà. Avevo tanta paura di perderti!»

Cathy stava per dirgli che non era esattamente a quello che si stava riferendo, ma cambiò idea e domandò. «E cosa avevi paura di ammettere, esattamente?»

Yetunde sorrise. «Questo!» Rispose baciandola proprio come Cathy desiderava essere baciata da quando, tanti anni prima, un ragazzino timido e carino le aveva chiesto di fare merenda insieme, nel cortile della scuola.

 

#

 

Il padre e la madre di Cathy stavano passeggiando in attesa che la figlia e Yetunde si chiarissero, quando l’uomo domandò. «Ti ricordi, il periodo in cui Cathy si era fissata con i fumetti che parlavano solo di angeli e demoni e disegnava sempre un demone riccioluto dall’aspetto simpatico e un angelo biondo?» 

«Si, certo, stava attraversando il periodo dark della sua adolescenza! Come mai ti è venuto in mente?».

L’uomo si fermò e guardò sua moglie un po’ indeciso. «No, niente, così, un ricordo improvviso!» concluse sorridendo.

   
 
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