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Autore: Mary P_Stark    12/11/2022    2 recensioni
Muspellheimr - Regno di Surtr
Il giovane Gigante di Fuoco Sthiggar, discendente della dea Sòl e figlio del Sommo Sacerdote Snorri, non conosce né paura né tanto meno vergogna e, a causa di ciò, finirà dapprima per essere punito dal re, e in seguito confinato sullo sperduto Regno di Manaheimr (Terra), nell'ancor più sperduto paesino di Lulea, in Svezia. Questo confino - agli occhi di Sthiggar più che ingiusto - porterà a sconvolgenti verità e alla scoperta di un destino a cui non sapeva di essere designato fin dalla sua nascita. L'aiuto della berserkr Ragnhild sarà vitale per comprendere meglio se stesso e il ruolo che gli compete nella complessa rete del Fato che si è stretta attorno a lui, ma saranno antiche divinità e nuovi nemici a mettere definitivamente alla prova il guerriero muspell. (per una totale comprensione, si devono leggere prima le altre storie legate a questa raccolta)
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Epilogo

 

 

 

Magnus stava osservando l’albeggiare lento e costante, la figura ritta e silenziosa che si stagliava come una statua alla luce dei primi raggi del sole mattutino.

La sua postura marziale e ombrosa avrebbe potuto trarre in inganno le menti più superficiali ma, quando Gunther Olegsson si avvicinò al nuovo capoclan ad interim del branco di berserkir di Luleå, lo fece con assoluta tranquillità.

Non avrebbe mai avuto nulla da temere da quel giovane, che si era presentato soltanto il giorno prima per metterlo al corrente dei cambi di potere in atto nel branco e della buona riuscita della missione su Muspellheimr.

Trovarlo quella mattina all’imbarcadero, con il volto rivolto a Est e l’espressione cupa, lo aveva sorpreso e, dopo aver tranquillizzato la moglie, era uscito di casa fino a raggiungerlo.

Quanto infine si posizionò al suo fianco, gli sorrise appena e disse: “Buongiorno. Risveglio tormentato, forse?”

“Il peso delle mie azioni comincia a ripercuotersi su di me e sì, anche sulla qualità del mio sonno” ammise il giovane, cancellano dopo alcuni attimi il nero cipiglio che fin lì aveva dipinto il suo volto imberbe.

“Non mi permetterei mai di darti consigli, visto colui che risiede dentro di te, ma accetterai da un vecchio qualche parola astuta?” ammiccò Gunther, facendolo sorridere.

“Credimi, qualsiasi consiglio sarà ben accetto da entrambi, poiché entrambi noi desideriamo non commettere ulteriori errori. Per il bene della mia gente, ma anche delle persone che non sanno nulla di noi” lo pregò quindi Magnus, annuendo con fervore.

“Lascia che ti dica questo, giovane capoclan… ho vissuto più vite di quanto potresti immaginare, poiché non sempre sono stato un soldato e, da quando ho perso la mia Fiamma per poter abitare qui come umano, altre cose ho imparato in totale autonomia, e altrettante mi hanno segnato” esordì Gunther, lasciando che il suo sguardo d’acciaio vagasse sulle placide acque dalla baia, ora illuminate dal sole ormai sorto. “Vi saranno sempre ostacoli e sempre vi saranno scorciatoie. Affronta gli ostacoli a testa alta e utilizza le scorciatoie solo quando serve, non quando ti sembra più facile. Vi saranno sempre persone che cercheranno di impedirti di compiere ciò che devi, ma tu hai il dovere di affrontarli, poiché aggirarli sarebbe pericoloso.”

“E se avessi paura del confronto?”

Devi averne, o saresti stolto” replicò Gunther con candore. “La paura ci mantiene vigili e vivi ma, soprattutto, ci permette di essere umili. Bada bene, la paura, non il panico. Il panico rende ciechi e sordi a qualsiasi consiglio. Sono due cose ben diverse.”

“Come discernere le due cose, però?” ribatté Magnus, confuso.

“Finché avrai dinanzi a te il quadro completo, ma dubiterai e chiederai consiglio, allora la tua sarà una paura giustificata e sana. Quando niente ti sarà chiaro e nessuna voce riuscirà a giungere alle tue orecchie, allora saprai di essere nei guai, perché il panico avrà preso il sopravvento su di te” ammise Gunther con tono più che serio.

“E se dovesse succedere?”

Qualora succedesse, interverrò io e ti darò una sonora lavata di testa, intervenne Odino con tono allegro.

Magnus non poté evitare di sorridere, a quel commento e Gunther, levando un sopracciglio, domandò: “Ti hanno già risposto in merito, forse?”

“Già” ammiccò Magnus, un poco più tranquillo, tornando a osservare i colori cangianti del mare, baciati dai calorosi raggi del sole del mattino.

“Farai bene, e forse sbaglierai anche, ma fa parte dell’apprendimento e della crescita” chiosò quindi Gunther, dandogli una pacca sulla spalla.

“Così è” annuì debolmente il giovane, ammiccando al suo indirizzo.

“Colazione e caffè?” domandò allora Gunther, invitandolo a rientrare con lui.

“Sì, grazie” rise gentilmente Magnus, accodandosi al possente ex guerriero muspell.

***

Osservando la scena dalla strada, gli occhi inteneriti e il sorriso a piegare le labbra piene, Brianna tornò sui suoi passi assieme a Duncan e Hannah che, teneramente poggiata contro il petto della madre, mormorò: “Ora meglio, Magnus?”

“Sì, tesoro. Ora sta meglio. Possiamo rientrare tranquillamente” assentì la madre, dandole un bacio sulla fronte.

Quando Hannah era piombata nella loro stanza, tremante e in lacrime e con il nome di Magnus sulle labbra, la coppia si era istantaneamente preoccupata per l’amico, iniziando la sua ricerca in casa Thomasson prima di uscire in tutta fretta.

Forte del loro olfatto, la coppia non aveva impiegato molto per trovare Magnus ma, quando lo aveva visto in compagnia di Gunther Olegsson – presentato loro come Guardiano dei prigionieri muspell su Midgardr – si erano immediatamente tranquillizzati.

Hannah aveva pestato un po’ i piedi al pensiero di non potersi avvicinare al suo Magnus – quel modo di parlare faceva rabbrividire entrambi i genitori ogni volta – ma, alla fine, sia Duncan che Brianna erano riusciti a convincerla a desistere.

Per quanto lei potesse essere turbata al pensiero che Magnus fosse triste, dovevano dare al loro comune amico lo spazio necessario per trovare le risposte che stava cercando. In solitudine, se serviva, o grazie all’aiuto di persone che non necessariamente dovevano essere loro.

Quando infine rientrarono a casa Thomasson, Sonja li accolse con un sorriso un po’ teso e domandò: “Va tutto bene?”

“Sì, lo abbiamo trovato, ed era al sicuro. Dobbiamo solo concedergli un po’ di tregua” assentì Brianna, rimettendo a terra Hannah che, tutta sorridente, si rivolse a Sonja per avere un po’ di latte.

La donna la accontentò volentieri mentre Nathan, ancora insonnolito, compariva assieme a Mattias per dare loro il buongiorno.

“Tutto ok, là fuori?” sbadigliò Nathan, dando un buffetto alla sorella quando la vide passare assieme a Sonja.

“Certamente. Magnus stava bene e…” cominciò col dire Brianna prima di venire interrotta dal suono del cellulare.

Sorpresa – chi la chiamava a quell’ora di mattina? – sollevò lo smartphone per controllare chi fosse e, quando vide un’immagine peculiare comparire sullo schermo, rise sommessamente e accettò la chiamata.

“Ciao, Alec… non potevi aspettare che ti chiamassi io?” sospirò Brianna, sorridendo a Duncan che, divertito, scosse la testa al suo indirizzo.

“Ho dovuto sapere da Beverly che sei finita all’altro capo dell’Universo per giocare a Star Wars con la tua Triade – menomata, tra l’altro! – mentre tu, da brava idiota, non hai pensato minimamente di aggiornarmi su quanto stava accadendo in Svezia!” sbraitò immediatamente Alec, costringendola ad allontanare il cellulare per poi lanciare un’occhiata curiosa all’indirizzo del marito.

“Non gliel’hai detto?” esalò Brianna, stupita.

“Se gliel’avessi detto, si sarebbe catapultato qui con metà del suo branco… e per cosa, poi, visto che tu e i ragazzi eravate già su Muspellheimr?” scrollò le spalle Duncan con candore.

“Hai sentito?” disse quindi la giovane, tutta sorridente.

“Non mi interessa un accidente quale neurone si è fumato il tuo uomo, per concepire questo pensiero insulso! Non puoi semplicemente andartene così, senza dirmelo!” ringhiò Alec, ormai imbestialito.

Il sorriso di Brianna si fece dolce, di fronte all’ira funesta di Alec e, nel sedersi accanto a Nathan – che si strinse a lei come un koala – la donna mormorò: “Sono la tua migliore amica, Alec, e ho giurato che lo sarò fino alla fine dei tuoi giorni. Pensi che non manterrei la promessa fatta? Mi giudichi una traditrice?”

“Cosa ne sai di quel che avrebbe potuto succedere, su un pianeta alieno? Avrei potuto guardarti le spalle!” sbottò Alec, la voce ora un poco più controllata.

Duncan le sorrise, carezzandole il capo mentre Brianna osservava il volto contratto dall’ira e dal panico attraverso lo schermo del cellulare.

Non aveva dimenticato quando, durante una delle tante conferenze-dibattito che si svolgevano ogni anno tra i branchi, Alec le aveva fatto promettere – tramite un giuramento di sangue – di non lasciarlo mai solo, di essere per sempre legati come fratello e sorella.

Naturalmente, aveva voluto che a quel giuramento partecipassero anche Duncan ed Erin, per chiarire senza ombra di dubbio quale fosse la natura di quel legame, e tutti avevano accettato.

L’animo di Alec sarebbe sempre stato spezzato, ricco di un’intricata serie di cicatrici mai del tutto rimarginate ma, grazie all’amore di Erin, all’amicizia di Duncan e all’affetto fraterno di Brianna, lui aveva potuto ricominciare a vivere.

Con quel giuramento aveva voluto mettere in chiaro, più a se stesso che a qualsiasi altra persona, che non era solo, che le persone che desiderava avere attorno sarebbero sempre state lì per lui e, con lui. E viceversa.

Saperla lontano anni luce doveva averlo davvero sconvolto, ma Brianna comprendeva più che bene perché Duncan si fosse astenuto dall’avvisarlo del precipitare degli eventi. Sarebbe stato perfettamente inutile portarlo all’esasperazione a causa della mancanza di notizie da Muspellheimr.

“Alec, tu mi guardi sempre le spalle, anche quando non ci sei. Pensi davvero che tu debba essere necessariamente presente, perché io senta la tua aura protettiva?” gli sorrise Brianna mentre Duncan annuiva alle sue spalle, lo sguardo rivolto al volto ancora ombroso di Alec.

“Dalle ascolto, invece di essere petulante” intervenne quindi Erin, comparendo sullo schermo per poi salutare la coppia all’altro capo del telefono. “Scusa se ti ha chiamato a quest’ora… voleva farlo appena Beverly lo ha chiamato, ma era davvero un orario assurdo.”

“Nessun problema, Erin. Io sono qui per lui, ogni volta che ne ha bisogno” replicò Brianna prima di puntare un dito sullo schermo, farsi più decisa e aggiungere: “Hai capito, sciocco che non sei altro? Sarò sempre qui per te.”

“Streghetta, non cominciare…” la minacciò Alec, andombrandosi ulteriormente.

“Comincio eccome, visto che sei andato fuori di testa” rise divertita Brianna per poi aggiungere sdolcinata: “Sei il mio amico del cuore, Aleksej…”

Non osare…” protestò Alec, cominciando a diventare vermiglio in viso.

Brianna non si scompose e proseguì dicendo con tono ancora più melenso: “…niente potrebbe mai separarci, neppure guerre interstellari, guerrieri mitici o mostri dissennati. Io tornerò sempre da te perché te l’ho promesso e…”

La comunicazione venne interrotta di colpo e Brianna, scoppiando in una dolce risatina, poggiò il telefono sul tavolo della cucina asserendo: “Quanto conosco i miei polli!”

“Ma perché zio Alec è sempre così appiccicoso, con te?” domandò Nathan prima di guardare dubbioso il padre. “E tu, perché non sei neppure minimamente geloso?”

“Alec e io siamo solo amici, ma si tratta di un’amicizia molto stretta e di un legame assai forte, nato in circostanze uniche. Tuo padre era presente, quando nacque quest’amicizia, e sa che non vi è altro, tra di noi, così come lo sa Erin. Semplicemente, per certe cose, Alec ha bisogno di me, e solo di me e, a volte, vale il contrario” gli spiegò con semplicità Brianna, carezzandogli il capo.

“E’ una cosa… potente” mormorò ammirato il bambino, fissando i genitori con aria impressionata.

“Molto. E io sono grata ogni giorno per avermi dato un marito che possa comprendere e accettare un simile legame, così come due bambini che sanno darmi tutte le gioie del mondo” mormorò Brianna, dando un bacio sulla fronte a Nathan prima di sorridere quando Hannah riapparve al suo fianco.

“Anche Alec ha zia Erin, Penny e Gareth. Non basta?” domandò allora Nat.

“A volte, no. Per questo esistono gli amici. Per riempire buchi che, a volte, l’amore della famiglia non può sistemare. Vi sono ferite di cui non si può parlare con l’amato, ma solo con l’amico… e questo sono io per Alec, e lui per me” gli spiegò Brianna.

“Perché non possiamo riempire tutte le tue ferite, mamma?” mormorò turbato Nathan, abbracciandola stretto.

Dandogli un bacio sui capelli, Brianna lanciò poi uno sguardo a Duncan che, per lei, disse: “La mamma ci vuole difendere da cose che potrebbero farci soffrire molto. Ha visto cose terribili, così come le ha viste Alec, e noi soffriremmo tantissimo, nel conoscerle, così come soffrirebbero Erin, Penny e Gareth. La mamma o Alec non vogliono vederci soffrire, così parlano tra di loro per riempire quei buchi.”

“Quindi, è solo per questo che ci sono gli amici?” domandò dubbioso Nathan.

Brianna allora rise, scosse il capo e replicò: “Oh, no, tesoro! Ci sono per ridere, per piangere, per abbracciarsi e, a volte, anche per litigare. Danno corpo alla nostra vita e un colore sempre nuovo, ma sono diversi da te, o da papà, o da Hannah. Sono… un regalo. Qualcosa che la vita ci dona per vivere meglio. A volte non succede ma, se capita, bisogna esserne grati.”

“Anche se urlano come Alec?”

“Sì, anche se urlano come Alec. Non rinuncerei ai suoi strepiti per tutto l’oro del mondo” ammise Brianna, prendendo in braccio Hannah, che desiderava la sua attenzione. “E ora che abbiamo fatto questi bei discorsi importanti… facciamo colazione? Tra poco si riparte per tornare a casa!”

A quell’accenno, i ragazzi assentirono allegri e Duncan, nel dare un bacio sul capo alla moglie, raggiunse Sonja al bancone della cucina per aiutare a servire la colazione.

Brianna sorrise nel guardarlo allontanarsi e, quand’anche Sarah, Jerome e Lance apparvero nella cucina, la figura di Mattias al fianco e il buon vecchio Bjorn a fargli da silente cavaliere protettore, lei non poté che essere felice.

Sì, gli amici erano un dono che non sempre ci veniva concesso ma, quando accadeva, quali gioie potevano donare!

 

FINE

 

 

N.d.A.: e qui terminano le avventure di Brianna e soci. Per il momento mi riposerò un po’, quindi vedremo cosa uscirà dalla mia mente iperattiva.

Spero di potervi rivedere in nuove avventure, ma per ora vi ringrazio per avermi seguita in questa. A presto!

  
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