Epilogo
Magnus
stava
osservando l’albeggiare lento e costante, la figura ritta e
silenziosa che si
stagliava come una statua alla luce dei primi raggi del sole mattutino.
La
sua postura
marziale e ombrosa avrebbe potuto trarre in inganno le menti
più superficiali
ma, quando Gunther Olegsson si avvicinò al nuovo capoclan ad interim del branco di berserkir di
Luleå, lo fece con assoluta
tranquillità.
Non
avrebbe mai avuto
nulla da temere da quel giovane, che si era presentato soltanto il
giorno prima
per metterlo al corrente dei cambi di potere in atto nel branco e della
buona
riuscita della missione su Muspellheimr.
Trovarlo
quella
mattina all’imbarcadero, con il volto rivolto a Est e
l’espressione cupa, lo
aveva sorpreso e, dopo aver tranquillizzato la moglie, era uscito di
casa fino
a raggiungerlo.
Quanto
infine si
posizionò al suo fianco, gli sorrise appena e disse:
“Buongiorno. Risveglio
tormentato, forse?”
“Il
peso delle mie
azioni comincia a ripercuotersi su di me e sì, anche sulla
qualità del mio
sonno” ammise il giovane, cancellano dopo alcuni attimi il
nero cipiglio che
fin lì aveva dipinto il suo volto imberbe.
“Non
mi permetterei
mai di darti consigli, visto colui che risiede dentro di te, ma
accetterai da
un vecchio qualche parola astuta?” ammiccò
Gunther, facendolo sorridere.
“Credimi,
qualsiasi
consiglio sarà ben accetto da entrambi, poiché
entrambi noi desideriamo non
commettere ulteriori errori. Per il bene della mia gente, ma anche
delle
persone che non sanno nulla di noi” lo pregò
quindi Magnus, annuendo con
fervore.
“Lascia
che ti dica
questo, giovane capoclan… ho vissuto più vite di
quanto potresti immaginare,
poiché non sempre sono stato un soldato e, da quando ho
perso la mia Fiamma per
poter abitare qui come umano, altre cose ho imparato in totale
autonomia, e
altrettante mi hanno segnato” esordì Gunther,
lasciando che il suo sguardo
d’acciaio vagasse sulle placide acque dalla baia, ora
illuminate dal sole ormai
sorto. “Vi saranno sempre ostacoli e sempre vi saranno
scorciatoie. Affronta
gli ostacoli a testa alta e utilizza le scorciatoie solo quando serve,
non
quando ti sembra più facile.
Vi
saranno sempre persone che cercheranno di impedirti di compiere
ciò che devi,
ma tu hai il dovere di affrontarli,
poiché aggirarli sarebbe pericoloso.”
“E
se avessi paura
del confronto?”
“Devi averne, o saresti stolto”
replicò Gunther con candore. “La paura
ci mantiene vigili e vivi ma, soprattutto, ci permette di essere umili.
Bada
bene, la paura, non il panico. Il panico rende ciechi e sordi a
qualsiasi consiglio. Sono due cose ben diverse.”
“Come
discernere le
due cose, però?” ribatté Magnus,
confuso.
“Finché
avrai dinanzi
a te il quadro completo, ma dubiterai e chiederai consiglio, allora la
tua sarà
una paura giustificata e sana. Quando niente ti sarà chiaro
e nessuna voce
riuscirà a giungere alle tue orecchie, allora saprai di
essere nei guai, perché
il panico avrà preso il sopravvento su di te”
ammise Gunther con tono più che
serio.
“E
se dovesse
succedere?”
Qualora
succedesse, interverrò io e
ti darò una sonora lavata di testa, intervenne
Odino con tono allegro.
Magnus
non poté
evitare di sorridere, a quel commento e Gunther, levando un
sopracciglio,
domandò: “Ti hanno già risposto in
merito, forse?”
“Già”
ammiccò Magnus,
un poco più tranquillo, tornando a osservare i colori
cangianti del mare,
baciati dai calorosi raggi del sole del mattino.
“Farai
bene, e forse
sbaglierai anche, ma fa parte dell’apprendimento e della
crescita” chiosò
quindi Gunther, dandogli una pacca sulla spalla.
“Così
è” annuì
debolmente il giovane, ammiccando al suo indirizzo.
“Colazione
e caffè?”
domandò allora Gunther, invitandolo a rientrare con lui.
“Sì,
grazie” rise
gentilmente Magnus, accodandosi al possente ex guerriero muspell.
***
Osservando
la scena
dalla strada, gli occhi inteneriti e il sorriso a piegare le labbra
piene,
Brianna tornò sui suoi passi assieme a Duncan e Hannah che,
teneramente
poggiata contro il petto della madre, mormorò:
“Ora meglio, Magnus?”
“Sì,
tesoro. Ora sta
meglio. Possiamo rientrare tranquillamente”
assentì la madre, dandole un bacio
sulla fronte.
Quando
Hannah era
piombata nella loro stanza, tremante e in lacrime e con il nome di
Magnus sulle
labbra, la coppia si era istantaneamente preoccupata per
l’amico, iniziando la
sua ricerca in casa Thomasson prima di uscire in tutta fretta.
Forte
del loro
olfatto, la coppia non aveva impiegato molto per trovare Magnus ma,
quando lo
aveva visto in compagnia di Gunther Olegsson – presentato
loro come Guardiano
dei prigionieri muspell su Midgardr – si erano immediatamente
tranquillizzati.
Hannah
aveva pestato
un po’ i piedi al pensiero di non potersi avvicinare al suo Magnus – quel modo di
parlare faceva rabbrividire entrambi i
genitori ogni volta – ma, alla fine, sia Duncan che Brianna
erano riusciti a
convincerla a desistere.
Per
quanto lei
potesse essere turbata al pensiero che Magnus fosse triste, dovevano
dare al
loro comune amico lo spazio necessario per trovare le risposte che
stava
cercando. In solitudine, se serviva, o grazie all’aiuto di
persone che non
necessariamente dovevano essere loro.
Quando
infine
rientrarono a casa Thomasson, Sonja li accolse con un sorriso un
po’ teso e
domandò: “Va tutto bene?”
“Sì,
lo abbiamo
trovato, ed era al sicuro. Dobbiamo solo concedergli un po’
di tregua” assentì
Brianna, rimettendo a terra Hannah che, tutta sorridente, si rivolse a
Sonja
per avere un po’ di latte.
La
donna la
accontentò volentieri mentre Nathan, ancora insonnolito,
compariva assieme a
Mattias per dare loro il buongiorno.
“Tutto
ok, là fuori?”
sbadigliò Nathan, dando un buffetto alla sorella quando la
vide passare assieme
a Sonja.
“Certamente.
Magnus
stava bene e…” cominciò col dire
Brianna prima di venire interrotta dal suono
del cellulare.
Sorpresa
– chi la
chiamava a quell’ora di mattina? –
sollevò lo smartphone per controllare chi
fosse e, quando vide un’immagine peculiare comparire sullo
schermo, rise
sommessamente e accettò la chiamata.
“Ciao,
Alec… non
potevi aspettare che ti chiamassi io?” sospirò
Brianna, sorridendo a Duncan
che, divertito, scosse la testa al suo indirizzo.
“Ho
dovuto sapere da Beverly che sei
finita all’altro capo
dell’Universo per giocare a Star Wars con la tua Triade
– menomata, tra
l’altro! – mentre tu, da brava idiota, non hai
pensato minimamente di aggiornarmi
su quanto stava accadendo in Svezia!”
sbraitò immediatamente Alec, costringendola ad allontanare
il cellulare per poi
lanciare un’occhiata curiosa all’indirizzo del
marito.
“Non
gliel’hai
detto?” esalò Brianna, stupita.
“Se
gliel’avessi
detto, si sarebbe catapultato qui con metà del suo
branco… e per cosa, poi,
visto che tu e i ragazzi eravate già su
Muspellheimr?” scrollò le spalle Duncan
con candore.
“Hai
sentito?” disse
quindi la giovane, tutta sorridente.
“Non
mi interessa un accidente quale
neurone si è fumato
il tuo uomo, per concepire questo pensiero insulso! Non puoi
semplicemente
andartene così, senza dirmelo!” ringhiò
Alec, ormai imbestialito.
Il
sorriso di Brianna
si fece dolce, di fronte all’ira funesta di Alec e, nel
sedersi accanto a
Nathan – che si strinse a lei come un koala – la
donna mormorò: “Sono la tua
migliore amica, Alec, e ho giurato che lo sarò fino alla
fine dei tuoi giorni. Pensi che non
manterrei la
promessa fatta? Mi giudichi una traditrice?”
“Cosa
ne sai di quel
che avrebbe potuto succedere, su un pianeta alieno? Avrei potuto
guardarti le
spalle!” sbottò Alec, la voce ora un poco
più controllata.
Duncan
le sorrise,
carezzandole il capo mentre Brianna osservava il volto contratto
dall’ira e dal
panico attraverso lo schermo del cellulare.
Non
aveva dimenticato
quando, durante una delle tante conferenze-dibattito che si svolgevano
ogni
anno tra i branchi, Alec le aveva fatto promettere – tramite
un giuramento di
sangue – di non lasciarlo mai solo, di essere per sempre
legati come fratello e
sorella.
Naturalmente,
aveva
voluto che a quel giuramento partecipassero anche Duncan ed Erin, per
chiarire senza ombra di dubbio
quale fosse la
natura di quel legame, e tutti avevano accettato.
L’animo
di Alec
sarebbe sempre stato spezzato, ricco di un’intricata serie di
cicatrici mai del
tutto rimarginate ma, grazie all’amore di Erin,
all’amicizia di Duncan e
all’affetto fraterno di Brianna, lui aveva potuto
ricominciare a vivere.
Con
quel giuramento aveva
voluto mettere in chiaro, più a se stesso che a qualsiasi
altra persona, che non era solo,
che le persone che
desiderava avere attorno sarebbero sempre state lì per lui
e, con lui. E viceversa.
Saperla
lontano anni
luce doveva averlo davvero sconvolto, ma Brianna comprendeva
più che bene perché
Duncan si fosse astenuto
dall’avvisarlo del precipitare degli eventi. Sarebbe stato
perfettamente
inutile portarlo all’esasperazione a causa della mancanza di
notizie da
Muspellheimr.
“Alec,
tu mi guardi sempre le spalle,
anche quando non ci
sei. Pensi davvero che tu debba essere necessariamente
presente, perché io senta la tua aura protettiva?”
gli sorrise Brianna mentre
Duncan annuiva alle sue spalle, lo sguardo rivolto al volto ancora
ombroso di
Alec.
“Dalle
ascolto,
invece di essere petulante” intervenne quindi Erin,
comparendo sullo schermo
per poi salutare la coppia all’altro capo del telefono.
“Scusa se ti ha
chiamato a quest’ora… voleva farlo appena Beverly
lo ha chiamato, ma era
davvero un orario assurdo.”
“Nessun
problema,
Erin. Io sono qui per lui, ogni volta che ne ha bisogno”
replicò Brianna prima
di puntare un dito sullo schermo, farsi più decisa e
aggiungere: “Hai capito,
sciocco che non sei altro? Sarò sempre
qui
per te.”
“Streghetta,
non
cominciare…” la minacciò Alec,
andombrandosi ulteriormente.
“Comincio
eccome,
visto che sei andato fuori di testa” rise divertita Brianna
per poi aggiungere
sdolcinata: “Sei il mio amico del cuore,
Aleksej…”
“Non osare…”
protestò Alec, cominciando a diventare vermiglio in
viso.
Brianna
non si
scompose e proseguì dicendo con tono ancora più
melenso: “…niente potrebbe mai
separarci, neppure guerre interstellari, guerrieri mitici o mostri
dissennati.
Io tornerò sempre da te perché te l’ho
promesso e…”
La
comunicazione
venne interrotta di colpo e Brianna, scoppiando in una dolce risatina,
poggiò
il telefono sul tavolo della cucina asserendo: “Quanto
conosco i miei polli!”
“Ma
perché zio Alec è
sempre così appiccicoso, con te?”
domandò Nathan prima di guardare dubbioso il
padre. “E tu, perché non sei neppure minimamente
geloso?”
“Alec
e io siamo solo
amici, ma si tratta di un’amicizia molto stretta e di un
legame assai forte,
nato in circostanze uniche. Tuo padre era presente, quando nacque
quest’amicizia, e sa che non vi è altro, tra di
noi, così come lo sa Erin.
Semplicemente, per certe cose, Alec ha bisogno di me, e solo di me e, a
volte,
vale il contrario” gli spiegò con
semplicità Brianna, carezzandogli il capo.
“E’
una cosa…
potente” mormorò ammirato il bambino, fissando i
genitori con aria
impressionata.
“Molto.
E io sono
grata ogni giorno per avermi dato un marito che possa comprendere e
accettare
un simile legame, così come due bambini che sanno darmi
tutte le gioie del
mondo” mormorò Brianna, dando un bacio sulla
fronte a Nathan prima di sorridere
quando Hannah riapparve al suo fianco.
“Anche
Alec ha zia
Erin, Penny e Gareth. Non basta?” domandò allora
Nat.
“A
volte, no. Per
questo esistono gli amici. Per riempire buchi che, a volte,
l’amore della
famiglia non può sistemare. Vi sono ferite di cui non si
può parlare con
l’amato, ma solo con l’amico… e questo
sono io per Alec, e lui per me” gli
spiegò Brianna.
“Perché
non possiamo
riempire tutte le tue ferite, mamma?” mormorò
turbato Nathan, abbracciandola stretto.
Dandogli
un bacio sui
capelli, Brianna lanciò poi uno sguardo a Duncan che, per
lei, disse: “La mamma
ci vuole difendere da cose che potrebbero farci soffrire molto. Ha
visto cose
terribili, così come le ha viste Alec, e noi soffriremmo
tantissimo, nel
conoscerle, così come soffrirebbero Erin, Penny e Gareth. La
mamma o Alec non
vogliono vederci soffrire, così parlano tra di loro per
riempire quei buchi.”
“Quindi,
è solo per
questo che ci sono gli amici?” domandò dubbioso
Nathan.
Brianna
allora rise,
scosse il capo e replicò: “Oh, no, tesoro! Ci sono
per ridere, per piangere,
per abbracciarsi e, a volte, anche per litigare. Danno corpo alla
nostra vita e
un colore sempre nuovo, ma sono
diversi da te, o da papà, o da Hannah. Sono… un
regalo. Qualcosa che la vita ci
dona per vivere meglio. A volte non succede ma, se capita, bisogna
esserne
grati.”
“Anche
se urlano come
Alec?”
“Sì,
anche se urlano
come Alec. Non rinuncerei ai suoi strepiti per tutto l’oro
del mondo” ammise
Brianna, prendendo in braccio Hannah, che desiderava la sua attenzione.
“E ora
che abbiamo fatto questi bei discorsi importanti… facciamo
colazione? Tra poco
si riparte per tornare a casa!”
A
quell’accenno, i
ragazzi assentirono allegri e Duncan, nel dare un bacio sul capo alla
moglie,
raggiunse Sonja al bancone della cucina per aiutare a servire la
colazione.
Brianna
sorrise nel
guardarlo allontanarsi e, quand’anche Sarah, Jerome e Lance
apparvero nella
cucina, la figura di Mattias al fianco e il buon vecchio Bjorn a fargli
da
silente cavaliere protettore, lei non poté che essere felice.
Sì,
gli amici erano
un dono che non sempre ci veniva concesso ma, quando accadeva, quali
gioie
potevano donare!
FINE
N.d.A.:
e qui
terminano le avventure di Brianna e soci. Per il momento mi
riposerò un po’,
quindi vedremo cosa uscirà dalla mia mente iperattiva.
Spero di potervi
rivedere in nuove avventure, ma per ora vi ringrazio per avermi seguita
in
questa. A presto!