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Autore: Rosette_Carillon    13/11/2022    1 recensioni
Bucky e la guerra.
Genere: Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers/Captain America
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Black and white photos'
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                             Un’avventura indesiderata
 

 
 
 
 
 
 
La cosa peggiore, quella più frustrante e più dolorosa, quella che gli fa venire voglia di urlare è il modo che hanno gli aspetti più banali e insignificanti della sua vita di ricordargli il passato.
Ha cominciato a svegliarsi sempre alle otto del mattino, mai prima perché alzarsi così tardi è un lusso che a un soldato, o al Soldato d’Inverno, non sarebbe mai stato concesso.
Evita accuratamente di compare cibo in scatola: la guerra è finita, ricorda a se stesso, non ha più bisogno di quello schifo.
Non deve nemmeno più preoccuparsi dell’eventualità di saltare un pasto: i razionamenti sono finiti, c’è cibo in abbondanza, basta solo andare al supermercato.
<< Anche Tolkien ha vissuto una guerra, >> comincia, rigirandosi un libro fra le mani. << Due, in realtà, >> precisa << anche se ha combattuto solo in una… si vede… >>
Marta non dice nulla, si siede sul divano accanto a lui, e resta in attesa.
Bucky la osserva: sembra quasi una bambina curiosa di ascoltare i racconti del nonno.
Dio! Potrebbe davvero essere sua nipote, se solo la vita fosse stata meno bastarda con lui… e se a lui le donne fossero interessate maggiormente.
<< Il capitano tonerà presto, non preoccuparti, e tutto intero. >>
L’uomo resta interdetto da quella frase appena mormorata con infinita consapevolezza. Se non avesse la certezza del fatto che ciò sia impossibile, penserebbe che Marta abbia la capacità di leggergli nella mente.
Se deve essere sincero, però, non sa se al mondo ci siano davvero cose impossibili…non dopo tutto quello che ha visto in quegli anni vissuti in quel futuro a cui, nonostante tutto, non riesce davvero ad abituarsi fino in fondo.
Divinità norrene e procioni parlanti. Una tecnologia talmente all’avanguardia da superare ogni aspettativa, e nonostante ciò, oppure proprio a causa di ciò, ancora tante guerre da combattere.
Aveva scoperto che la magia esisteva, e nulla era davvero impossibile, nemmeno viaggiare nel tempo.
Aveva conosciuto uno stregone, e essersi immortali che avevano visto la Terra nascere, e l’avevano quasi vista perire.
Qualche volta si chiede cosa provi Marta davanti a tutto ciò. Forse a lei va bene così, pensa poi, dopotutto lei è figlia di quegli anni, il mondo in cui abita è cambiato e cresciuto con lei.
Lui, invece, è stanco di tutti quei cambiamenti: gli fanno girare la testa.
Osserva la donna con attenzione, e lei ricambia con uno sguardo incerto. Sorride e scuote la testa: Marta non è nulla di tutte quelle stranezze che ha conosciuto. Lei è umana, normale. È solo brava a fare il suo lavoro e osservare, ed è attenta.
<< La cosa peggiore del tornare a casa da una guerra, >> mormora << è che, in realtà, non si torna. Mentre sei lì, sotto le bombe e i proiettili. l’unica cosa a cui riesci a pensare è casa tua. La tua comoda, accogliente, silenziosa, sicura, pulita casa, >> mormora, e un velo di malinconia gli offusca lo sguardo, ma dura poco. << Nah, non vero, >> dice poi, cercando di scherzare << mentre le bombe ti cadono sopra la testa, preghi solo di non morire. E ti rendi conto che conosci molte più imprecazioni di quello che pensavi… e poi, solo dopo, pensi a casa tua. La notte, quando hai talmente tanta paura che non riesci a chiudere occhio, quando non sai più se pregare di sopravvivere, o di morire. >>
Non ha mai condiviso con nessuno quei ricordi. Non c’erano molte persone che potevano capirlo,  Steve non amava parlare della guerra, e Sam semplicemente non aveva vissuto ciò che aveva vissuto lui.
Marta continua a restare in silenzio, in attesa che l’uomo continui a parlare, ma anche lui tace e, tenendo il libro fra le mani, ne accarezza lentamente la copertina tracciando distrattamente le lettere del titolo.
THE HOBBIT.
<< Avevo una paura fottuta della guerra. >> Non sa perché lo stia dicendo, e tantomeno perché proprio a lei. Dubita fortemente che possa capirlo, eppure…
La verità è che ha bisogno di dirlo a qualcuno, ma è stanco di essere psicanalizzato o compatito. Vuole solo poter dare voce ai suoi pensieri ed essere ascoltato, e parlare con Marta è incredibilmente facile. << Se avessi potuto, non avrei lasciato la comodità della mia casa, ma il mio dovere era quello di partire. >> Ancora non sa cosa sia stato peggio: se partire nel 1941, o tornare nel 2016, dopo tutti quegli anni e quelle vite trascorse.
Aveva odiato Steve: lui, che sarebbe potuto restarne fuori, aveva fatto di tutto per entrare nell’esercito.
Non gli aveva mai chiesto se si fosse pentito di quella sua decisione. Non ne aveva mai davvero avuto bisogno: aveva visto com’era cambiato il suo sguardo, come era diventato più scuro e malinconico. E aveva visto il suo ottimismo scemare con gli anni.
Eppure Steve era soddisfatto, nonostante tutto, si sentiva orgoglioso per ciò che era riuscito a fare.
<< Ora sono solo stanco. Per anni non ho desiderato altro che poter tornare a casa, pensando che sarebbe bastato quello per cancellare quello che ho vissuto. >> Sospira << che idiota… >>
<< Io credo, >> inizia Marta, cautamente << che ‘casa’ non sia un punto fisso su una mappa. ‘Casa’ è un punto fisso al centro della nostra personale bussola. È quel luogo, fisico o meno, che ci dà sicurezza. Qualsiasi luogo, qualsiasi persona può diventare ‘casa’*. E credo che chiunque vorrebbe dimenticare ciò che hai vissuto tu, ma non si può. Qualsiasi cosa viviamo, anche la più insignificante, diventa parte di noi. Ci cambia. In meglio, o in peggio, >> continua, incerta. È davvero convinta delle sue parole, ci ha riflettuto spesso su, soprattutto dopo Ransom, ma non sa se Bucky voglia stare ad ascoltarla, e non sa se lei gli stia dicendo ciò che lui ha bisogno di sentirsi dire. << Qualche volta abbiamo davvero solo bisogno di tempo. >>
Non per dimenticare, ma per accettare.
L’uomo annuisce pensieroso, poi sorride << hai mai pensato a una laurea in psicologia? >>
 
                                                                               *
 
È notte fonda quando Bucky si sveglia di soprassalto, immerso nel buio della sua stanza. Quel buio pece, in cui non riesce a scorgere i contorni di ciò che lo circonda, lo manda nel panico.
Si sente smarrito, vulnerabile.
L’uomo allunga, freneticamente, una mano vero il comodino al suo lato, alla ricerca del cellulare. Lo trova, ma lo fa cadere per l’agitazione: ne sente il tonfo sordo contro il pavimento.
Si alza, allora, rischiando di inciampare nelle coperte, e cerca il telefono con agitazione sempre più crescente.
Non sopporta quel nero attorno a lui. La notte nasconde troppe cose, è testimone silenziosa di sangue e lacrime, e il suo velo pesante protegge i crimini peggiori.
La luce del display lo accieca, ma almeno ora ha qualcosa con cui farsi luce e con cui trovare l’interruttore delle luci della stanza. Era proprio affianco al letto…in effetti avrebbe potuto cercare quello, al posto del cellulare.
Si siede sul materasso, la stanza inondata da un fascio di luce calda, e si passa una mano sul volto.
È stato un sogno a svegliarlo, ma ora non lo ricorda più.
Eppure era importante. C’era una persona, c’era un nome che per lui era importante, che voleva scrivere nel suo quaderno, per non dimenticarlo più.
Peccato che ormai l’abbia già dimenticato di nuovo.
Si agita, impreca, si prende la testa fra le mani. Cerca di farsi venire in mente nomi, di riportare alla memoria almeno il volto visto in sogno, ma non riesce nemmeno a ricordare se si trattasse di un uomo o di una donna.
Non serve a nulla: non lo ricorda, e probabilmente non lo ricorderà mai più.
Si riaddormenta ore dopo, con la luce ancora accesa, deciso a non mettersi più a letto lasciandola spenta.
Marta impiega tre giorni per accorgersi che qualcosa non va come dovrebbe.
Gli si siede accanto mentre lui sta leggendo un fumetto. I Peanuts. << In tedesco? >>
Lui la guarda in modo strano, come se si sentisse in colpa, ma il suo sguardo sereno lo invita gentilmente a parlare. << Ho pensato, >> inizia, incerto << che la Germania, il tedesco…non sono Hitler, >> stringe le labbra << e ho pensato che, forse, dovrei cercare di- non lo so, insomma, associare il tedesco a qualche altra cosa. >>
<< E ci hai pensato durante la notte? >>
L’uomo resta in silenzio, palesemente colto di sorpresa, mentre Marta lo guarda aspettando una risposta da parte sua.
<< No. Non…esattamente, no. Come-? >>
<< Io so, >> si limita a rispondere lei, con l’aria di chi la sa lunga. << E allora, a cos’è che pensi durante la notte? >>
Bucky non risponde subito, e lei non chiede altro. Resta pacatamente in attesa, finché lui non sospira, e poi inizia a parlare.
<< Sono sogni, per la verità, a tenermi sveglio. >>
<< Quelli credo si chiamino incubi, sergente. >>
<< …non lo so. I-io- non mi ricordo quasi nulla quando mi sveglio, ricordo solo che- >> si interrompe << ricordo solo la paura. >>
<< Sei preoccupato per il Capitano? Tornerà presto, ed è con Natasha. >>
<< Cosa? No! Io- no! Insomma, Steve- Steve… >> da un po' di tempo si è accorto di una cosa davvero spiacevole: non riesce a mentire a Marta.
È un problema.
<< Ho- io- >> si passa una mano sul volto e sospira << mi manca, >> ammette poi.
 
 *
 
Ormai si è talmente abituato a dormire con la luce accesa, che si sveglia quando essa viene spenta.
Dalla posizione seduta in cui si era addormentato, scatta in piedi pronto a difendersi.
“The Hobbit” cade per terra, ai suoi piedi; davanti a lui, Steve tiene le mani ben in vista e lo osserva attentamente.
<< Riposo, soldato, sono solo io, >> mormora davanti allo sguardo incredulo di Bucky. Abbassando lentamente le mani, si china, mantenendo il contatto visivo, a raccogliere il libro caduto. << Ti sei addormentato mentre leggevi? Saresti dovuto andare a letto, >> poggia il romanzo sopra la poltrona dove, fino a poco prima, dormiva l’altro uomo.
Bucky si passa una mano sul volto, stanco e stordito, e non dice nulla. Si stringe nelle spalle e, prima che possa dire qualcosa, l’altro lo ferma << andiamo a dormire, ti va? Questa volta a letto, però. >>
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
 
*Frase ispirata a una citazione della serie tv ‘call the midwife’.


 
  
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