Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Enchalott    21/11/2022    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
**************************************************
Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le regole dei Khai
 
Mirai smise di rimuginare sul proprio senso d’inadeguatezza. Vinta, ferita, rapita erano parole che l’avevano tormentata, ma avvilirsi non era nella sua natura. Decise di forzare la porta, preparandosi allo: dall’esterno non proveniva rumore, gli hanran erano nel mondo dei sogni e l’ora tarda avrebbe favorito l’evasione.
Magari non andrò lontano, ma vedrò com’è questo dannato posto!
Sfilò un orecchino e raddrizzò il gancio a mo’ di grimaldello, ma l’uscio cedette alla spinta. Sgusciò nel buio, certa che si trattasse di un piano per metterla alla prova. Non incontrò anima viva.
Possibile che non mi stiano sorvegliando?
L’incredulità aumentò lungo il corridoio tracciato dalle lampade, finché non accedette a una sorta di caverna. I Khai seduti intorno al fuoco sollevarono gli sguardi, limitandosi a scambiare parole a bassa voce. Con disappunto riscontrò la presenza di shitai, decisamente a loro agio tra i ribelli.
«Benvenuta nel salone delle feste» l’apostrofò l’ormai nota voce «Hai impiegato meno tempo del previsto, devo ricredermi.»
I presenti sogghignarono: Elefter, la destra sul cuore e le labbra piegate in un sorriso sfacciato, la invitò ad accomodarsi. Non portava l’uniforme, gli aderenti abiti tinta argilla, la camicia smanicata e i pantaloni infilati in un paio di stivali chiari definivano il fisico aitante. Nessun dubbio che fosse un combattente.
«Spero tu abbia scommesso la tua abietta vita, risparmierò la fatica di strappartela!»
Qualcuno soffocò una risata, tutti si mossero per farle posto come fosse parte del gruppo. Mirai sentì la collera arrampicarsi e restò in piedi.
«Dolente. Ciò che è prezioso non va trasformato in gioco d’azzardo. Se invece intendi sfidarmi a duello, sono disponibile a impartirti un’altra lezione.»
L’ilarità tornò a serpeggiare tra le fila hanran.
«Non ho la spada!» ringhiò Mirai.
«Chiedo venia, non sono stato esaustivo. Nessuno è armato. Lasciamo le lame alla mera necessità, le sfide avvengono con altri sistemi.»
La nisenshi inarcò un sopracciglio, constatando la corrispondenza. Sibilò un insulto indirizzato alla loro viltà d’animo, fremendo d’indignazione.
Elefter scosse la testa acquiescente, ma gli occhi duri non celarono l’irritazione.
«Quanta alterigia, mia signora. L’Haiflamur rappresenta di per sé una sfida, noi ci adeguiamo alle sue leggi. Procacciare cibo e acqua, sopravvivere alle belve o al re sono le competizioni che ci impegnano, ciascuna volta al bene comune. Chi porta a casa la preda più ambita, chi ci libera da un leone delle sabbie o dà l’allarme per tempo si rivela il migliore.»
Il concetto di supremazia del ribelle era alquanto stravagante, ma le espressioni dei suoi confermavano tale visione ed esprimevano ferma ammirazione.
«Chi non possiede onore si rifugia nell’utopica condivisione» giudicò sprezzante Mirai «Se vi gettassi una sacca d’acqua, vi fareste a brandelli in barba agli sciocchi idealismi. Inserirò l’ipocrisia nel novero delle vostre caratteristiche.»
Kamatar stabilì che la misura era colma: indicò il deserto illividito dal crepuscolo.
«Puoi cercare l’oasi! Non ti fermerò, permettere ai refrattari di sfoggiare in autonomia il torto è una dimostrazione di apertura mentale. Se intendi accusarmi di codardia, accetterò la sfida e partiremo insieme. Sappi che non ho mai perso, la sabbia è il mio elemento.»
Mirai sgranò gli occhi, compresa tra la rabbia e la meraviglia. Fece per ribattere, ma gli hanran sollevarono pacate contestazioni.
«Non lasciarti provocare, Elefter. La ragazza è infuriata perché l’hai sopraffatta, concedile di ambientarsi e vedrai che si calmerà. Non sarebbe la prima.»
«Sarebbe sconsiderato uscire per una ragione futile. Le ricognizioni da Mardan sono divenute più frequenti.»
«Metterti a rischio confermerà che sei una testa calda. Non è necessario, ti amiamo per questo. Questa donna sperimenterà di che pasta siamo fatti senza che tu ricorra all’imprudenza.»
La nisenshi accolse con un sussulto il termine ahakineti proferito senza negazione: un punteruolo gelido tra le costole, che la mise a disagio e chiarì quanto quelle persone fossero distanti dal suo credo.
Il comandante ribelle sbollì al buonsenso dei compagni.
«E sia, per mostrarle come viviamo me la trascinerò dietro anche per le funzioni fisiologiche. Considerando quanto le sono simpatico, sarà formativo per entrambi.»
Gli altri risero, poi smorzarono le fiamme e si apprestarono ai giacigli. Mirai si sentì presa in giro o quantomeno sottovalutata. Fece per riaprire la discussione, ma una donna irruppe in preda un visibile stato d’ansia.
«Mio figlio! Lo hanno riportato in fin di vita! È stato ferito da un byasar, l’infezione prende il sopravvento!»
«Avete somministrato il farmaco?» si interessò Kamatar.
«Dimmi che te n’è rimasta almeno una goccia!»
Lui scosse la testa addolorato.
«Allerterò i guaritori, forse hanno trovato gli ingredienti. Non disperare.»
La donna si inginocchiò, scivolando dalla sua stretta premurosa come se avesse consumato ogni energia.
«Le scorte sono esaurite da settimane. Gli esploratori si sono spinti lontano ma non hanno trovato neanche un filo, le erbe sono seccate tutte! Ti prego, aiutami! Non voglio che Tanjerel muoia!»
Mirai assistette sbalordita alla scena ove una della sua gente si abbandonava al dolore davanti a una platea di estranei.
Questi spergiuri non sono Khai, si trovano agli antipodi. Ma se voglio andarmene da qui, devo iniziare a pensare come loro.
L’ex reikan trasse un sospiro e affidò la donna alle cure dei compagni. Scrutò l’ultimo barbaglio di luce morire all’orizzonte, perso in mute riflessioni. Afferrò il mantello, ignorando le proteste dei suoi, lo sguardo risoluto di chi non accetta disfatta.
«Tu. Con me» ordinò alla nisenshi.
Gli hanran esplosero in esclamazioni di disaccordo. A sua volta Mirai si arrovellò sullo scopo della richiesta.
Davvero desidera una nemica alle spalle e non si rende conto della propria stoltezza? O mi ha scambiata per una femmina imbelle?
Colta dal risentimento, gli riservò un’occhiata sfidante, ma lo seguì senza commenti. Tenne dietro al suo passo spedito fino a una cavità da cui proveniva un acre lezzo animale.
«Il mio addestramento non contempla montare bestie da schiavi» sibilò.
«Imparerai adesso. Muoviti.»
Elefter si issò in arcione con la sicurezza di chi è avvezzo. Agganciò una fune ai finimenti del secondo cavallo e spronò senza ulteriori indugi. Mirai fu costretta a reggersi alla bell’e meglio, acchiappando la criniera del quadrupede, che balzò in scia con lo slancio di chi detesta rimanere indietro. Spinse lo sguardo nel buio dell’Haiflamur, ma il cielo era velato dall’afa e le stelle indistinguibili. Si chiese se il ribelle avesse calcolato la posizione e come riuscisse a raccapezzarsi in quel nulla.
Dopo pochi minuti al galoppo la schiena rese un concerto di fitte. Strinse le zanne e le ginocchia, provando a entrare in sintonia la cavalcatura, rilassando i muscoli tesi dalla novità e dal pessimo umore.
La chioma ruggine di Elefter, raccolta in una coda alta, ondeggiava al ritmo della corsa, il mantello color terra frustava l’aria fredda della notte. Avanzava tra le dune privo di timore, verso una meta ignota per un fine assurdo, considerando i riscontri appena ricevuti. I byasar non erano velenosi ma i loro aculei trasmettevano un batterio che provocava la sepsi, persino i Khai adulti ci rimettevano la pelle se non si interveniva in tempo. Quel Tanjerel, era spacciato: inutile correre come forsennati alla ricerca di una soluzione tardiva.
Sarebbe stato meglio concedergli il colpo di grazia. Stroncare la sofferenza, farlo trapassare con dignità. Questi traditori non capiscono quanto disonore risieda in una morte lontana dalle leggi di Belker.
Il ribelle mandò l’animale al trotto: lo imitò con iniziale sollievo, poi imprecò ai sobbalzi ancora più ostici. Lui sogghignò e rallentò per darle modo di affiancarlo.
«Gli uomini del principe Rhenn ti avvisterebbero all’istante se sorvolassero questo tratto di deserto. Non l’hai considerato?» lo apostrofò.
«Ovvio che sì. Un Khai non ha paura, insolito rammentarlo a una guardia reale.»
«Tu non sei un Khai!»
Per tutta risposta l’hanran si arrestò di botto.
«Scendi.»
«Non porti i gradi e non sono un tuo leccapiedi, perché dovrei obbedirti?»
«Per la tua salute e perché voglio mostrarti qualcosa.»
«Vuoi affrontarmi senza testimoni? Sai che perderesti e intendi sfruttare un trucchetto vigliacco per avere la meglio e spacciarti per un campione?»
Elefter ringhiò un ordine, il cavallo s’impennò e Mirai precipitò nella sabbia, spostandosi appena in tempo dallo scalpitare di ritorno degli zoccoli.
«Sei un bastardo!»
«A mali estremi, estremi rimedi. Voglio il tuo aiuto, non il tuo sangue. Sei agile di mente, noti i particolari, ti renderesti se la piantassi con la tua monotona solfa. Ho fretta, mi seguirai in autonomia o legata come un tehar
La nisenshi divampò nel sentirsi paragonare a uno spiedo di carne secca. Snobbò la mano che le tendeva, furente.
«Vuoi che ti appoggi nello sterile tentativo di salvare uno spergiuro?»
«Tanjerel è rimasto ferito mentre cercava l’acqua. Sei nostra ospite, hai bevuto, dovresti mostrargli un minimo di gratitudine.»
«Cosa!? Tu mi hai costretta!»
«Adesso basta!»
Il guerriero l’abbrancò per un polso, il tono che non ammetteva repliche, e la trascinò lungo un tratto sassoso in discesa. Era complicato mantenersi in equilibrio, un tentativo di rivolta li avrebbe fatti ruzzolare lungo la china con il risultato di spaccarsi la testa. Mirai rimandò la sedizione e preferì badare a dove posava i piedi.
«È un torrente in secca. Il suolo di solito è soffice, nelle zone d’ombra l’erba potrebbe aver resistito alla fornace di questi giorni. Avvisami se vedi qualcosa.»
Si mossero sulle rive appena delineate, approfondendo le ricerche nelle nicchie e tra le rocce, ma la terra crepata dal sole era priva di segni di vita.
«Lasciami, non fuggirò.»
«Credo invece che continuerò a tenerti per mano. Potresti inciampare.»
«La mia visione notturna è eccellente!»
«Lo so, anche se per certi versi non vedi oltre il tuo naso. Al tempio sei riuscita a guardarmi per benino e mi hai riconosciuto nel grigiore dell’Irravin.»
I tuoi occhi. Ho distinto solo quelli.
«Non accetto la paternale da uno sporco traditore!»
«Invece tu puoi biasimarmi, accusarmi di slealtà, offendere le mie origini, decidere le priorità di sopravvivenza sulla pelle altrui e, forte di ciò, marciare a testa alta?»
«Io sono fedele alla corona!»
«Lo sono anch’io» sorrise lui disarmante.
«Menzogne! Tu non adori Belker e familiarizzi con i sottomessi!»
«Questo non intacca la lealtà. Quanto mi rinfacci non è connesso alle mie preferenze. Mi odii a prescindere e non ti accorgi di essere in contraddizione.»
«Ridicolo! Non ho mai infranto il giuramento!»
«Davvero? Difendi e stimi la principessa Yozora, una shitai che non è certo devota al dio della Battaglia. La vostra amicizia somiglia a un voltafaccia o ti sei autoeletta eccezione?»
Mirai lo scrutò esterrefatta.
«Ah, pare che ci capiamo. Che male sarebbe se Mahati divenisse re e avesse accanto una sposa amorevole, se la guerra non fosse l’unica ragione di vita, se ogni nato non venisse giudicato in base al clan e alla forza?»
Ancora quella parola disgustosa!
«Tu sei pazzo! Pronunci il proibito e con esso la tua condanna a morte!»
«Va bene, creperò al momento giusto con la convinzione che sia stato l’amore di una straniera a salvarti. Puoi sempre dimostrare il contrario e commiserarmi a posteriori.»
«Vai al diavolo! Sei soltanto bravo a…!»
«Laggiù!» la interruppe lui.
 
In una rientranza al riparo dalla luce folgorante spiccava un tratto di vegetazione. Le foglie erano basse, ma gli arbusti parevano in salute.
«La somma Valarde non ha distolto lo sguardo misericordioso.»
Mirai eluse il reflusso acido provocato dalla preghiera alla dea della Montagna e si abbassò: era un arbusto di arfa, una rarità persino quando la temperatura non raggiungeva il picco estivo. Le foglie e le radici erano potenti antisettici, l’acqua in cui venivano bollite era un toccasana contro le suppurazioni.
Il comandante hanran snudò il coltello, scavò intorno al fusto sottile e lo sradicò con attenzione. Infine l’avvolse in un panno umido.
«Ne vedi altre?»
«No e così non germoglierà più nemmeno questo. Un eccellente lavoro.»
«Lo farà altrove, intendo trapiantarlo.»
Ripercorsero l’alveo asciutto di corsa. Elefter l’afferrò e la tirò lungo il pendio.
Quest’uomo crede davvero di aiutarmi? O pensa di poter salvare il mondo intero?
Si divincolò indispettita. Raggiunse il cavallo e montò prima che l’idea di assisterla transitasse per l’anticamera del cervello bacato del giovane.
«Sempre che ci arriviamo. Hai idea di dove siamo?»
Elefter agguantò la corda senza rispondere. Quando partì al galoppo, il turbamento per le sorti dell’amico oltrepassò l’espressione furbesca che lo contraddistingueva.
 
Nonostante lo scetticismo di Mirai, non esitò sulla via del ritorno. Non proferì parola, piegato in arcione nel buio notturno e guidato da una mappa mentale che lei non era riuscita a comporre.
Le rocce del rifugio si ersero solide dopo un alternarsi mutevole di dune, prive di fiaccole di segnalazione e mimetizzate alla perfezione con il deserto di cenere.
Ecco perché sua altezza Rhenn non li trova!
Elefter si precipitò all’interno del passaggio. Lo seguì per curiosità, proponendosi di studiare il suo modo d’agire e le sue contorsioni psichiche al fine di combatterlo sullo stesso terreno. Era certa di conoscerne i punti deboli, ma esperirli avrebbe garantito margine più ampio di successo.
E l’agognata vendetta.
Quando entrò nell’ambiente che ospitava il giaciglio di Tanjerel, impattò in un silenzio paralizzante. I guaritori avevano i cappucci sollevati, i volti celati dalla stoffa chiara erano abbassati. Una candela ardeva accanto al corpo inerte velato dalle lenzuola.
Rispettano la morte e invocano il divino Custode. Siamo arrivati tardi.
La madre del defunto appoggiava il capo alla spalla di una giovane guerriera, lo sguardo umido era perso in un dolore ineffabile. Quando il comandante hanran si avvicinò per farle coraggio, accettò la stretta come fosse la più preziosa al mondo. Elefter rivolse ai presenti le istruzioni per cremare il corpo senza che la pira rivelasse il nascondiglio, poi uscì.
Mirai avanzò tanto da intravedere le fattezze del morto e trattenne un’esclamazione.
Tutto ciò è folle! Insensato! Mi sento un’intrusa, mi sento in difetto! Perché!?
Rimase immobile, adirata con se stessa per aver prima pensato che la fine di Tanjerel avrebbe sottratto risorse al nemico e poi essersene pentita.
Tallonò l’ex reikan, determinata al confronto diretto. Lo raggiunse fuori dalla muraglia naturale di rocce: dava le spalle all’entrata, la mano appoggiata alla parete.
«Hai detto che era un guerriero! Un esploratore!» sbottò infuriata.
«Lo era.»
«Cosa!? Quel ragazzino, quel… non avrà novant’anni!»
«Ha creduto nel futuro, per esso ha lottato fino alla fine.»
«Dannazione! Gli hai permesso di uscire! L’hai mandato nell’Haiflamur, che razza d’uomo sei!?»
«Tanjerel aveva superato il saakyo, ne aveva diritto e vantava la nostra fiducia.»
«Non farmi ridere! È questa la legge dei ribelli? Sacrificare i bambini!? Avresti spedito nel deserto anche tuo figlio?»
Elefter sferrò un pugno al costone roccioso, aprendovi una crepa. Mirai tacque, osservando sconvolta il sangue sgorgare dalle dita contratte.
«Stai obiettando a una regola khai, nisenshi
La voce era una lama. Mirai deglutì, la gola asciutta per la collera e l’insolito trasporto.
«Alla mancanza di buonsenso.»
«Brava, inizi a usare le parole corrette.»
L’osservazione caustica la pizzicò.
«Mi fai schifo! Tu e quelli della tua risma, corruttori di princìpi, araldi di una falsa moralità! Piegate le parole a vostro vantaggio, immolate ogni cosa alla vostra causa! Gli dei ti maledicano, Elefter!»
Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi e insultarlo in mille modi, ma quando si girò ogni proposito andò in fumo. Sul suo viso c’erano lunghe scie bagnate, gli occhi intensi erano pieni di lacrime.
«Siamo già maledetti» mormorò «Ma non sono gli dei ad averlo deciso.»
Mirai non riuscì a disancorare lo sguardo dal suo: non aveva mai visto un uomo, un guerriero, un demone piangere. Come ipnotizzata seguì un’altra goccia scendere lungo la sua guancia e perdersi nella sabbia.
 

 
«Il vostro malinconico silenzio mi preoccupa» ironizzò Rhenn «Nostalgia del talamo della vostra prima volta?»
Yozora lo lasciò macerare nella curiosità. Era certa che spasimasse per conoscere i particolari, tuttavia qualunque replica avrebbe svelato che non avevano completato il rapporto. Mahati era provato dal kori e l’orgoglio era prevalso sul desiderio: non aveva voluto coinvolgerla in un amplesso deludente, ma non significava che fossero rimasti a guardarsi negli occhi.
In ogni caso non erano affari di Rhenn e non smorzare le sue convinzioni era prendersi una rivincita. Inoltre la notizia che il Kharnot redivivo aveva finalmente posseduto la fidanzata avrebbe messo a tacere i sussurri dei clan.
 
«Voglio vederti in estasi, Yozora. Udire la tua voce che mi invoca, voglio pregarti di placare la mia sete in un’appagante premessa alla vera unione.»
«Desidero tu sappia quanto ti voglio, Mahati. Ma rispetto la tua integrità come tu la mia. Nulla può sminuirti ai miei occhi.»
Lui le aveva sfilato i vestiti e si era lasciato spogliare in un crescendo di sensualità. Il corpo aveva risposto alle sue sollecitazioni, esplodendo di piacere nel climax finale con più intensità delle volte precedenti.
«Questo non è niente» le aveva sussurrato all’orecchio «Questo sarà ogni notte.»
Tutto di lei aveva bramato restituirgli pari delizia. Lo aveva scavalcato, sedendoglisi in grembo, ma Mahati aveva aggrottato la fronte e l’aveva fermata.
«Un principe khai non si lascia dominare a letto. Salvo una compagna più forte.»
Yozora lo sapeva, ma aveva ignorato l’obiezione. Si era piegata e aveva baciato il thyr, strappandogli un gemito di piacere.
«Lo sono?»
«Non costringermi a… dèi!»
L’esclamazione gli era sfuggita quando era tornata giù, raggiungendo il nucleo della fiamma, scendendo sul ventre fino all’ombelico. Le dita di lui avevano rinforzato la stretta sugli omeri, ma non l’aveva rovesciata sul materasso.
«Non andare oltre» aveva ingiunto ansante.
«Scusami, pensavo fosse gradevole.»
«Lo è, però Belker lo proibisce ai guerrieri del sangue.»
«Perché?»
«Non saprei, forse in quella posizione abbassiamo la guardia e risultiamo vulnerabili. Sono pratiche da schiavi, non consento che la mia futura moglie si umili.»
Lei era avvampata, il cuore a mille.
«I-io non mi sento mortificata se a te piace. In verità… l’ho già fatto.»
«Mi hai mentito!? Per l’Arco infallibile, con chi sei stata!?»
«Con te! Con te solo!»
«Che razza di scusa è questa!? Me ne ricorderei!»
«Non eri cosciente» aveva balbettato lei al culmine dell’imbarazzo.
Il principe era rimasto senza parole e le sue guance si erano imporporate.
«N-non sapevo come scaldarti, non reagivi, non ho esperienza! E… oh, tuo fratello ha coniato per giorni battute sconce e c’erano quegli stupidi trattati di erotismo della biblioteca e… divinità immortali, stavi morendo! Perdonami se ti ho oltraggiato!»
Mahati aveva emesso il fiato.
«Ho capito» aveva sorriso accarezzandole il viso «Sei in grado di derubare il sommo Reshkigal sulla soglia del suo regno e di far arrossire un guerriero. Non sono offeso, sono grato. Mi hai restituito la vita, il torto è mio per aver immaginato che ti fossi data a un altro e per l’ignobile gelosia. Sei la più forte, hai diritto di stare sopra di me.»
Yozora lo aveva guardato incredula stendersi tra le coltri e socchiudere gli occhi.
«Non voglio infrangere con intenzione un dettame divino.»
«Belker non è il tuo dio. Non farmi aspettare.»
L’eccitazione non era simulata e l’aveva persuasa che Mahati desiderasse davvero lasciarsi amare in quel modo sconosciuto.
«Ora so perché è precluso» aveva esalato appagato.
 
Sorrise al ricordo del suo sguardo, lucido di stanchezza e benessere.
«Non mi manca il talamo, mi manca il suo proprietario» ribatté «Quanto a voi, non capisco perché non mi abbiate concesso di volare con Solea.»
Rhenn gettò un’occhiata allo stormo in scia e alzò le spalle.
«Avevo voglia di discorrere, non pensavo foste reticente.»
«Se i vostri argomenti fossero meno inopportuni, converserei volentieri.»
«Ne vantate di migliori contro la noia del tragitto?»
«Sì. Per esempio cos’ha in serbo la quarta asheat
«Il tradimento» sentenziò Rhenn.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Enchalott