Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: Ariisu    21/11/2022    0 recensioni
Vampire! Shōto Todoroki x Reader
 
𝐅𝐚𝐧𝐭𝐚𝐬𝐲 𝐀𝐔
 
Pensavo trattarsi frutto della mia immaginazione. Che la sensazione di essere continuamente osservata, anche nel sonno, fosse dovuta al repentino cambio di luogo.
Invece, dovetti ricredermi.
 
Aggiornamenti lenti.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirishima Eijirou, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Riconciliazione.

Per essere i primi di marzo faceva ancora molto freddo. Nonostante fossi avvolta da una sciarpa pesante e da un cappellino di lana scolorito, sentivo il vento gelido sferzare sul viso. Ero appoggiata alla balaustra del traghetto, osservando prima l'acqua che si increspava e spumeggiava al passare della navetta e dopo sulle alte costiere decorate dai pini. Se affilavi lo sguardo riuscivi a vedere gli ultimi rimasugli di neve cadere ormai sciolta dai rami, facendoli ballare dal peso liberato. Fin da bambina la neve mi era sempre piaciuta ma non riuscivo a sopportarne il freddo correlato. Preferivo di gran lunga le stagioni miti, dove bastava una felpa per stare bene. Eppure i colori aranciati dell'autunno riuscivano sempre ad incantarmi, come per magia.
Il traghetto urtò il fondale ciottolato distogliendomi dai ricordi e facendomi barcollare sul posto. Un signore accanto a me, dall'età avanzata e con lunghi baffi bianchi all'insù, quasi fosse un soldato dell'esercito inglese, spiegò a quello che diedi per essere suo nipote che eravamo giunti a destinazione durante la bassa marea. Non mi capacitavo di come un porto potesse permettersi un fondale così basso, per quanto piccolo e mediocre fosse. E quando stavo per chiederglielo, vista la sua esperienza in mare aperto dei discorsi precedenti, quest'ultimo mi sorpassò per scendere dal traghetto e recapitare i propri bagagli insieme a quelli del nipotino.
Imitai il resto dei passeggeri, per cui tornai con i piedi a terra dopo un'ora e quaranta di viaggio — includendo la sveglia impostata di mattino presto — prima di ritirare i miei bagagli composti da un trolley blu e un borsone da palestra. Più tardi avrei dovuto per certo fare i conti con i vestiti accuratamente compressi all'interno di essi. Probabilmente mi ero portata dietro più del necessario tra indumenti di vario tipo, scarpe a non finire e piccoli gioielli.
All'uscita del porto era situata, lungo tutto un lato circolare della piazzetta, una stazione di autobus. Alcuni portavano al centro della città, altri al lago e altri ancora verso le appendici di una montagna che si intravedeva anche dalle più basse delle posizioni. Io invece mi diressi verso l'unico autobus con destinazione finale l'entrata del bosco. L'unico problema sarebbe stato camminare da sola, con bagagli di un certo peso, per raggiungere casa mia. Sfortunatamente il pullman non la raggiungeva e avere una macchina tutta mia avrebbe agevolato assai la situazione.
Ritirai il biglietto d'andata da un tabacchino lì vicino e mi diressi verso il mezzo di trasporto per timbrarlo e prendere posto. Purtroppo non vi era molto spazio a disposizione e quindi fui costretta ad occupare anche il sedile accanto al mio sperando che non ci sarebbe stato il pienone durante il tragitto, cosa alquanto rara se non nella stagione delle castagne. E quando il motore si accese dopo aver fatto salire gli ultimi passeggeri rimasti nella piazzetta, rilassai l'intero corpo concedendomi di accasciarmi sul sedile rivestito di stoffa blu e gialla mentre mi godevo quel paesaggio fin troppo conosciuto. La tratta percorsa in autobus era leggermente diversa da quella che solitamente compivo con i miei genitori, infatti con la macchina non ci addentravamo nei primi meandri di boschetto di pini preferendo strade più aperte e illuminate. Tipica sicurezza stradale di mio padre per avere sotto controllo la figlia curiosa, la quale chiedeva di fermarsi ogni qualvolta intravedeva un leprotto saltellare da una parte all'altra del sottobosco. Oramai la fauna si era abituata alla presenza dell'uomo, eppure io continuavo a sperare che quest'ultima mostrasse poca confidenza.
La prima fermata arrivò dopo circa dieci minuti di viaggio. Avevo la testa appoggiata al finestrino quando un leggero bussare ad esso la fece tremare sulla superficie di vetro. Scoprii trattarsi di un mio vecchio amico di scuola, Eijirō Kirishima. Era stato il primo a rivolgermi la parola quando avevo fatto il mio ingresso dalla porta principale dell'istituto. Avevo frequentato quella scuola per gli ultimi due anni e mezzo prima che i miei genitori trovassero un'altra casa nel vecchio quartiere in città. Nell'appartamento in cui vivevamo prima erano sorti dei problemi, per cui decisero che era meglio venire a rifugiarsi nella seconda casa nel mezzo del bosco prima di trovarne una nuova e accogliente. Tuttavia, avendo raggiunto la maggiore età da due anni, mi ero presa la briga di venire qui più spesso. Si trattava di un luogo abbastanza silenzioso e riservato dove la gente non faceva troppe domande, nondimeno esitavano ad aiutarti in qualsiasi momento.
«[T/N], da quanto tempo!» Esclamò lui con un sorriso più luminoso del sole.
Ogni anno che passava Eijirō era sempre in continuo cambiamento. Da quando lo avevo conosciuto ad adesso, la prima cosa che risaltava agli occhi era sicuramente la sua forma fisica. Da mingherlino che era, soprattutto dalle vecchie foto che mi fece vedere durante un'uscita, si era fatto più muscoloso e virile. Addirittura mi aveva mostrato con orgoglio il suo abbonamento annuale alla piccola palestra situata in una delle stradine secondarie che tutti utilizzavano per risparmiare tempo, perlopiù da adolescenti che non possedevano ancora un proprio mezzo per spostarsi in autonomia oltre alle biciclette.
«Ciao Kiri» ricambiai con affetto, affrettandomi a spostare la borsa che occupava quello che sarebbe dovuto essere il suo posto a sedere se solo non avesse deciso di sedersi dietro di me e far sbucare la testa tra i due sedili. Da quella prospettiva ricordava un bambino curioso, tuttavia gli accenni di barba scura in contrasto con i capelli tinti di rosso gli facevano perdere quella buffa somiglianza. Ero contenta di averlo incontrato, la sua energia positiva e solare riusciva a contagiarmi in un batter d'occhio.
«Come vanno le cose qui?» Chiesi, curiosa di sapere se ci fossero novità di cui parlare. Ad Eijirō si illuminarono gli occhi. Era il ragazzo che ne aveva sempre una nuova da dire, eppure quando si metteva in faccia quell'espressione non riuscivo mai a reprimere un risolino. Spostò lo sguardo con fare pensoso prima di parlare.
«Al solito: Bakugō continua a rimanere il solito scorbutico, ma suona davvero bene la batteria. Denki ancora non ha capito che serve un circuito chiuso per far girare la corrente, Sero lavora un po' qua e là e Mina ha aperto da poco una scuola di ballo. Dovresti andarci ogni tanto, ci si diverte da matti e sono sicuro che la prima lezione sarà gratis, ma solo per te.» Ridacchiò esponendo la famosa fila di denti bianchi e affilati. Ancora stentavo a credere di come la genetica avesse giocato con lui. Era una caratteristica così rara e particolare di cui usava nascondere e provare forte imbarazzo. Per fortuna con gli anni aveva imparato ad apprezzarla e a trarne un punto di forza, probabilmente i motti sugli squali virili avevano funzionato.
«Purtroppo non ho avuto modo di sentire recentemente tutti gli altri. Ogni tanto ci si becca per strada ma non ci si scambia più di qualche parola di circostanza. Peccato, sento molto la loro mancanza.» Quella frase mi fece intristire un po'. Ed Eijirō aveva ragione. Nonostante in classe era inevitabile che si formassero gruppi, era pur sempre piacevole scambiare quattro chiacchiere con i propri compagni. Mi piaceva come ognuno avesse rispetto per l'altro, cosa che in una classe numerosa era assai inusuale. Mi chiesi anche se non fosse stata colpa dei primi che avevano cominciato ad allontanarsi per seguire le rispettive strade, sfociando poi in una reazione a catena. Non ci pensai molto, le amicizie scolastiche non sono obbligate a rimanere tali per il resto della vita.
Raggiungemmo la seconda fermata. Il panorama consisteva in un palo sporco di fango conficcato nel terreno sterrato adornato con qualche pozza e ago di pino. Ripartimmo immediatamente, nessuno frequentava quelle zone, a parte qualche avventuriero troppo stanco o spaventato che preferiva fare affidamento ai pochi autobus di passaggio.
Rannicchiai un ginocchio contro il petto, lasciando l'altra gamba dondolare al ritmo della vettura. Kirishima sembrava perso nei suoi pensieri. Probabilmente stava cercando nei meandri della mente qualche ricordo da rievocare con la stessa complicità avuta da ragazzini. Era bravo a raccontare storie, aggiungeva quel pizzico di brio che molti si lasciavano sfuggire.
Ricordai di una volta in gita scolastica in un museo archeologico, organizzata in malo modo da un paio di miseri docenti, i quali avevano acconsentito ad un'uscita di classe sotto nostre continue lamentele. Per mia sfortuna vi erano pochissimi resti di dinosauri, sovrastati perlopiù da rinvenimenti storici tirati a lucido e da qualche mummia nascosta in un sarcofago in legno marcito a rubare la scena. Infatti in molti ci eravamo chiesti come mai un'uscita del genere fosse costata così poco. Non ci demmo peso. Gli unici interessati erano coloro che di storia ne sapevano sulla lunga, ovvero i classici secchioni e quei pochi che si erano aggiornati in materia tramite studio autodidattico. I bighelloni, invece, si divertivano a imitare le scene dipinte sui vasi di terracotta e a cercare delle formule di magia nera sul cellullare per risuscitare le mummie. Eijirō balzava tra i due gruppi, talvolta raggiungendo gli annoiati dacché strisciavano i piedi sul parquet per rimanere al passo con il resto della classe. Di certo le descrizioni prolisse e lamentose non aiutavano a rimanere svegli. Io mi ritrovavo a seguire disinvolta il monologo della guida, permettendomi di aggiungere delle piccole annotazioni di bordo pagina su reperti egizi, strappando di tanto in tanto occhiate compiaciute dai compagni. La cosa non mi dispiaceva affatto, anzi. Risollevare gli animi tediati con delle brevi interruzioni aiutava anche me a non guardare compulsivamente l'orologio per scoprire quanto mancava alla fine del giro.
Con la coda dell'occhio scorsi Eijirō, Denki e Mineta ridacchiare attorno ad una teca cubica, strabuzzando gli occhi per osservare meglio le figure. Già immaginavo cosa stessero ispezionando. Li raggiunsi, esasperata dall'ennesima scena di accoppiamento caratterizzata da genitali di notevoli dimensioni. L'unico con un minimo senso di pudore sembrava essere Kirishima, avvolto da un velo di rossore sugli zigomi. Mineta teneva gli occhi spalancati con le pupille più dilatate che avessi mai visto. Evitai di far scorrere lo sguardo più in basso per evitare certi inconvenevoli. Sospirai stancamente, nemmeno in quel contesto riuscivano a reprimere gli ormoni. Tuttavia, una frase del mio amico dai capelli rossi attirò la mia completa attenzione, lasciandomi col fiato sospeso.
«Potrebbe sembrare una scena di voi sapete cosa, ma se fate un passo verso destra, riuscite a vedere un toro in piena carica. È un monumento risalente al sesto secolo avanti Cristo. È stato realizzato in terracotta e dipinto con una miscela di carbone. Gli artisti del tempo hanno voluto realizzare una scena dinamica, che scaturisse l'impressione del movimento pur avendo davanti agli occhi figure statiche. È molto raro da queste parti, si dice che sia stato l'unico ad essere stato rinvenuto qui, nella nostra città, a poche miglia dal confine.»
«Non ti facevo un critico d'arte!»
Kirishima alzò le spalle, sorridendo.
«Durante gli allenamenti in casa mi capita spesso di ascoltare documentari sull'arte, a mia madre piacciono così tanto che alza sempre il volume di troppo. Se vuoi, posso dirti di più.»
Annuii meravigliata, impaziente di scoprire quali altri misteri celava quell'antica creazione.
Trovavo Eijirō Kirishima un ragazzo pieno di fascino. L'amico buono e gentile che riesce ad ammaliarti con il suo carisma. Non ho mai avuto chiaro in mente quali fossero i reali sentimenti provati nei suoi confronti. Si poteva definire come una calamita, che tuttavia deve attrarti dal polo giusto per funzionare.
Seguimmo la guida fino al termine del percorso ed io riuscii a strappare qualche altra informazione da Eijirō. Poi, dopo i vari saluti, ricordai che i più influenti della classe erano persino riusciti a far tardare l'orario di rientro per permettere di riprenderci da quella che era stata una processione più che una visita al piccolo museo della città, sempre se così si poteva definire.
Mi piaceva rivivere i ricordi adolescenziali con qualcuno, seppur con una nota di nostalgia. I bei tempi erano finiti e bisognava mettersi la testa sulle spalle per guadagnarsi il futuro.
Presi una boccata d'aria più lunga delle altre e spostai lo sguardo verso il finestrino, osservando distrattamente la natura che, man mano si faceva prospera, si faceva anche buia. Le fronde alte e rigogliose dei pini lasciavano trapassare la giusta quantità di luce per non sentirsi ancora in pericolo.
Avevamo superato altre due fermate e ce ne rimaneva una, ovvero la mia. Raggruppai i bagagli sul sedile vuoto accanto a me e iniziai a mettermi in posizione per scendere. Ormai non mancava molto. Eijirō mi imitò, affrettandosi a prendere sotto mano la valigia e la borsa perché, a detta sua, un gentiluomo non fa mai faticare le belle signorine. Lo lasciai fare. Un po' per il fatto che stavo iniziando a sentire la stanchezza del viaggio e un po' per non offendere la sua virilità. Pigiai il tasto per prenotare la fermata e poco dopo ci ritrovammo con i piedi su una stradina fanghigliosa. Di recente aveva piovuto ed Eijirō confermò i miei pensieri raccontando di come la notte precedente fosse caduto qualche fiocchetto di neve. Nell'aria aleggiava un forte odore di terra ed acqua mischiato al profumo dei pini che ci circondavano. Mi era mancato quell'aroma, talmente tanto che non smettevo di inalarlo con profondi respiri.
Feci cenno ad Eijirō di seguirmi camminando poco più avanti a lui, non riuscivo nemmeno a ricordare quand'era stata l'ultima volta che era venuto a farmi visita. Estrassi in anticipo le chiavi dalla tasca del cappotto color castagna, ansiosa e stanca di raggiungere la meta finale del mio viaggio.
La vacanza stava per iniziare e non volevo perdere nemmeno un secondo.

 

 

 

Nota Autrice

Ehilà!
E così finisce il primo capitolo.
Mi duole dirlo ma per la comparsa di Todoroki ci vorrà ancora un pochino, quindi per il momento godiamoci della cordialità del nostro Kirishima.
Dunque, siamo arrivate a destinazione con piedi striscianti e schiene ricurve, ma ci sarà molto lavoro da fare prima di permettersi un po' di relax.
Detto questo, vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo!
Buona lettura :)

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Ariisu