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Autore: Eowyn 1    22/11/2022    0 recensioni
« E allora? Cosa sono questi discorsi? » li rimproverò Niniel guardandoli severamente « Che arrivi anche, la guerra. Sappiamo che ormai è quasi inevitabile! Ci porterà via molto, ma non è questo lo spirito con cui dobbiamo affrontarla! Dobbiamo reagire! Combattere e stare il più sereni possibile fino a che ne abbiamo la possibilità! » Che cosa sarebbe successo se Boromir, prima di partire per Granburrone, avesse conosciuto Niniel, la cuoca di corte? Un caso fortuito ha voluto che si conoscessero...
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Faramir, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di nuovo, non starò qui a ripetervi le solite cose (lavoro, impegni vari, poco tempo...) sappiate solo che questa sera, mentre rileggevo il capitolo, ci ha pensato il gatto a farmi perdere ulteriore tempo cercando di portarmi in casa un topo. Ora, io capisco che lui lo faccia per dimostrarmi il suo affetto e tutto quanto il resto... ma avrei preferito finire un po' prima la revisione del capitolo, piuttosto che passare un quarto d'ora a disinfettare tutto il balcone. Non contento, più tardi è rientrato bagnato fradicio per via della pioggia, e ho dovuto perdere un altro quarto d'ora per asciugarlo. Ma alla fine ce l'ho fatta. Nel dubbio, se il capitolo dovesse farvi schifo, vi lascio le referenze del mio gatto così ne parlate con lui. :P   (e no, non è una scusa del tipo: il cane mi ha mangiato il quaderno, è successo tutto quanto come descritto qui sopra).
Detto questo, ecco il nuovo capitolo.


CAPITOLO 26
 

18 MARZO 3019 – Minas Tirith
 
Si dice che la notte porti consiglio, ma la mattina seguente Niniel avrebbe voluto avere davanti a sé la persona che ha elaborato questo detto per chiederle da dove le fosse venuta fuori una pensata tanto falsa. Negli ultimi mesi la notte non le aveva portato altro che ulteriori pensieri oscuri e, contando che ormai anche il giorno a Minas Tirith era molto simile alla notte, si può dire che la sua mente lavorasse in continuo producendo pensieri che si spingevano nell’oscurità più pura di Mordor.
Le aveva pensate tutte: inventarsi qualche scusa per trattenere Boromir, proporre che in quanto Sovrintendente rimanesse in Città per occuparsene in modo diretto in caso di disfatta, far leva sul fatto che solo un mese prima fosse stato gravemente ferito ad Amon Hen. Ma la conclusione a cui arrivò, fu che non c’era altro posto per lui che nella prima linea dell’esercito di Minas Tirith, insieme ai suoi compagni, davanti ai Cancelli Neri di Mordor.
Niniel prese la pesante cotta di maglia dal letto di Boromir e gli si avvicinò. Lui la osservò in silenzio, pose l’indice sotto al mento della ragazza e le sollevò il viso. Era chiaro che quella notte lei avesse pianto, lo dicevano i suoi occhi gonfi e lucidi che lei cercava di nascondere. Lui le sorrise, le tolse di mano la cotta di maglia e la gettò senza cura su una sedia, poi strinse Niniel in un abbraccio.
« Sai cosa mi ha fatto innamorare di te? » le chiese lui. Lei scosse la testa. « La tua forza, la tua decisione e la tua testa dura. » ammise Boromir, sorridendo sotto i baffi per quella sua ultima confessione.
« Non mi riconosco in ciò che dici. » rispose lei « Forse lo ero, forse una volta. Ora ho solo paura e tanta rabbia. Ci siamo separati, ci siamo ritrovati e ora dobbiamo separarci di nuovo, probabilmente per sempre. »
« Sai, » riprese lui lentamente dopo qualche secondo di silenzio « dicono che la paura sia necessaria in certe situazioni, senza la paura saremmo tutti degli stupidi avventati che si gettano nell’ignoto. »
« Non è forse quello che state facendo voi ora? » domandò lei, scostandosi e scrutandolo negli occhi grigi.
Boromir sospirò. « È per un bene più grande, Niniel.»
« Lo so, e per questo ho deciso che non tenterò più di dissuaderti dal partire. »
Lui sorrise tristemente, poi continuò: « Quello che volevo dire, è che sono certo che saprai usare la tua rabbia e la tua paura in modo saggio. »
Lei abbassò gli occhi sbuffando leggermente, come se non si considerasse più in grado di fare una cosa simile dopo tutto quello che avevano passato. Boromir le posò le mani sulle spalle e stringendola leggermente la costrinse a guardarlo negli occhi: « Qualunque cosa accada, comunque vadano le cose, so che avrai la forza per reagire, per combattere fino alla fine o per ricominciare e ricostruire il mondo per cui a lungo abbiamo combattuto. »
Una grossa lacrima scese lungo la guancia di Niniel che lo guardò rimanendo in silenzio, poi allungò una mano per sfiorargli dolcemente una guancia. Si mise sulla punta dei piedi e posò un delicato bacio sulle labbra di Boromir che la strinse a sé avvolgendola completamente con le sue braccia. Niniel si sentì al sicuro, protetta e coccolata nonostante le sue paure e le sue debolezze. La consolò il fatto che lui non le facesse pesare i suoi tentativi del giorno precedente di dissuaderlo dal partire. E si sentì accettata, compresa, amata.
 
In città l’aria era tesa, non si sentivano voci, solo il rumore degli zoccoli dei cavalli che conducevano i loro cavalieri verso il primo livello di Minas Tirith. Nessuno aveva voglia di parlare, nessuno aveva nulla da dire. Nessuno voleva partire o vedere le persone che amava lasciare la Città, ma tutti erano consapevoli che quella fosse l’unica alternativa.
Le mogli salutavano i mariti, le madri i figli. Ognuno si separava come meglio poteva da chi gli era più caro.
Aragorn fece un cenno ai suoi amici e salì in sella al cavallo.
Boromir strinse la sella della sua cavalcatura, poi guardò Niniel che abbassò gli occhi. Rimase immobile per qualche secondo, fino a quando lui le posò una mano su una spalla. Lei alzò lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime.
« Abbi cura di te. » gli disse, col miglior sorriso che riuscì a fargli.
« Anche tu. » Boromir la strinse a sé, affondò il viso nei suoi capelli e inspirò profondamente il suo profumo.
« Ti amo. » le sussurrò accarezzando il polso dove lei portava il bracciale che le aveva regalato la sera prima.
« Ti amo anche io. »
Un ultimo bacio, poi lui salì sul suo cavallo. Si avvicinò ai compagni che con un leggero cenno del capo salutarono Niniel. Prima di varcare i cancelli distrutti di Minas Tirith, Boromir si voltò un’ultima volta a guardarla. Lei gli sorrise, pregando che l’uomo non vedesse le lacrime che avevano cominciato a scenderle lungo le guance. Lui rispose al sorriso, sperando che lei non cogliesse la tristezza che colmava il suo cuore.
Così partì l’Esercito dell’Ovest, verso una battaglia impossibile. L’ultima battaglia.
L’Oscurità li stava aspettando.
 
Una strana atmosfera aleggiava per la Città mentre Niniel risaliva verso i livelli superiori. Era anche tornato il bel tempo e un sole pallido faceva capolino nel cielo, quasi a beffarsi dell’oscurità che giungeva da Mordor e dei pensieri cupi che opprimevano i cuori delle persone rimaste a Minas Tirith. I lavori di ricostruzione che avevano avuto inizio appena dopo la battaglia del Pelennor quella mattina sembravano essersi arrestati, poche persone giravano per le vie, tutto era silenzioso. Era come se nessuno avesse voglia di andare avanti, di riprendersi da quell’ultimo gesto disperato che gli uomini avevano deciso di compiere. Niniel ne era consapevole e comprendeva perfettamente il sentimento generale dei suoi concittadini. Lei stessa, nonostante fosse consapevole della necessità estrema di quel gesto, nonostante fosse fiera, in cuor suo, della presenza di Boromir nell’esercito, in quel momento avrebbe solo voluto affacciarsi dall’ultimo livello di Minas Tirith e aspettare, con gli occhi puntati verso Oriente, di vedere accadere qualcosa. Qualunque cosa, nel bene o nel male.
Sapeva, però, che sarebbe stato un tormento inutile e troppo grande e che, sebbene fosse difficile in quel momento mettersi all’opera, aveva bisogno di fare qualcosa o sarebbe impazzita a furia di rimanere ferma, in attesa. Forse era questo che intendeva dire Boromir, quando le aveva detto che sarebbe riuscita a trovare un modo per usare la sua rabbia e la sua paura nel modo giusto.
Pensò velocemente alle possibilità che aveva di fronte, poi decise di andare a parlare con il Custode delle Case di Guarigione.
 
« Mia signora, ritengo di doverne parlare con Sire Faramir prima di darvi una risposta. »
Niniel aggrottò la fronte davanti a quella risposta e a quel modo di rivolgersi a lei, ma se c’era qualcosa che aveva imparato in quegli ultimi mesi era che in alcuni casi fosse meglio tacere e non dare voce a tutto quello che le passava per la testa, soprattutto quando venivano nominate autorità come i Sovrintendenti e cose di questo genere. Dall’altro lato, conosceva Faramir e sapeva che almeno con lui avrebbe potuto parlare tranquillamente e forse trovare risposta a certi comportamenti del Custode delle Case.
« Come preferite, mi sarei giusto recata da lui a breve per sapere come sta. Se non sta riposando possiamo andare a parlargli, se preferite. » in alcuni momenti si stupiva lei stessa della pacatezza che aveva acquisito.
Il Custode annuì e si recarono insieme da Faramir.
Quando entrarono nella stanza trovarono l’uomo seduto a una piccola scrivania, stava leggendo un libro che teneva appoggiato sul tavolo e il suo viso, seppur stanco, era molto più disteso rispetto a qualche giorno prima. Piano piano si stava riprendendo.
L’uomo osservò la giovane e il Custode con aria interrogativa.
« È tutto a posto? » domandò con un po’ di apprensione.
« Tutto tranquillo, mio signore. Non ci sono novità dall’Esercito e in Città le persone stanno lentamente tornando a svolgere le loro mansioni. »
Faramir annuì e si rilassò leggermente.
« Vedete, siamo qui perché la mia signora è venuta da me con una richiesta… » l’uomo tentennò un attimo « Ma prima di darle una risposta ho ritenuto giusto consultarvi. »
« Vi ascolto. » rispose Faramir, annuendo.
« Sono andata dal Custode della Case per chiedere di poter essere di aiuto in qualche modo. Non ho le conoscenze per aiutare i malati e i feriti, di questo me ne rendo conto, l’unica cosa che so fare è cucinare quindi ho chiesto di poter aiutare nelle cucine. L’esercito è partito, il mio compito lì è terminato. »
Faramir sorrise: « Non vedo dove sia il problema. »
« Ma, mio signore… » intervenne con titubanza il Custode « Vede lei è, insomma… io non so se sia il caso. »
Niniel tornò ad aggrottare la fronte senza capire quale fosse il problema. Stava per intervenire per chiedere spiegazioni, ma Faramir la anticipò.
« Non avete nulla di cui preoccuparvi, sono certo che mio fratello non avrebbe niente in contrario e, nel caso così non fosse, mi assumo io la responsabilità di questa decisione. »
Il Custode parve rincuorato dalla risposta di Faramir.
« Allora da parte mia non ci sono problemi. Potete recarvi in cucina quando volete, avvertirò del vostro arrivo in modo tale che ci sia qualcuno ad accogliervi e spiegarvi tutto quello che dovete sapere. » a questo punto il Custode si congedò e lasciò Niniel e Faramir da soli.
« Parla pure, qualcosa mi dice che hai qualche domanda da farmi. » esordì Faramir con aria leggermente divertita.
« Direi che ci sono un paio di cose che non mi sono chiare, in effetti. Dunque, perché continua a chiamarmi “mia signora”, quando si dà il caso che io non sia la signora di nessuno? E poi per quale motivo pensava che non fosse il caso che io dessi una mano qui? »
Faramir sorrise ancora, di quel sorriso gentile che lo contraddistingueva, quel sorriso dolce che veniva dal cuore.
« La risposta alle tue domande si riassume in una sola parola, o meglio in una sola persona: Boromir. »
Niniel spalancò leggermente gli occhi, ma non disse niente.
« Ormai tutta la città sa di voi, da quando Boromir è tornato il fatto che vi stiate frequentando non è più stato un segreto. Dunque, conosco il Custode e ti assicuro che ha fatto tutto in buona fede e nel tuo completo interesse. Il suo venire qui a chiedere il mio parere è legato al fatto che non voleva metterti in una posizione scomoda o mancare di rispetto a te o a Boromir facendoti lavorare. »
« Non vedo come avrebbe potuto essere una mancanza di rispetto. » intervenne Niniel.
Faramir soppesò bene come usare le parole, sapeva che si trattava di un argomento molto delicato e non sapeva bene se Niniel e suo fratello avessero già affrontato certi discorsi: « Quando diventerai sua moglie sarai la moglie del Sovrintendente o, se in seguito al ritorno del Re Boromir non dovesse più essere il Sovrintendente, sarai comunque la moglie di un nobile. Dunque al Custode sembrava sconveniente permetterti di lavorare. »
Niniel arrossì vistosamente alle parole di Faramir.
« Perdonami, non volevo metterti a disagio, stavo solo cercando di spiegarti il suo punto di vista, spero di non essere risultato indelicato. »
Niniel scosse la testa e cercò di riprendere il controllo delle sue emozioni.
« No, no ora mi è tutto chiaro, ti ringrazio. » sospirò, poi riprese « Non so cosa mi riserverà il futuro, ma al momento so che voglio solo essere di aiuto alla Città. » rispose.
« Capisco benissimo, non preoccuparti. Vedrai che nessuno te lo impedirà. »
Quando Niniel uscì dalla stanza di Faramir ebbe bisogno di alcuni minuti di calma. Lei e Boromir non avevano ancora affrontato certi discorsi, anche volendo non avevano avuto il tempo per farlo. Negli ultimi mesi gli eventi si erano susseguiti con una tale velocità da gettare tutti su una ruota che girava talmente forte da togliere il fiato. Si erano conosciuti, lui era partito, lei lo aveva creduto morto e appena lo aveva ritrovato lui era partito nuovamente per una missione che probabilmente non lo avrebbe riportato a casa.
Si passò con rabbia una mano sugli occhi che avevano iniziato a pizzicarle.
Sarebbe passata a trovare suo fratello per vedere come stava e poi si sarebbe diretta alla cucina delle Case di Guarigione. Aveva bisogno di fare e di non pensare troppo.
 
« Ci avvelenerà tutti! »
« Narith! »
« Cosa? » domandò il ragazzo in risposta alla madre.
« Ma ti sembra il caso? »
« Ma volevo solo sdrammatizzare… » rispose lui con aria colpevole. Era ancora a letto, la ferita riportata alla gamba era grave e aveva bisogno di parecchio riposo. Earine, sempre al suo fianco, era seduta sul bordo del letto del ragazzo e sorrideva.
« Tranquilla mamma… lo conosco, so che scherza. » rispose Niniel sforzandosi di sorridere.
« Sono solo sopravvissuto per 24 anni ai suoi manicaretti, poi sono sopravvissuto a una battaglia, direi che sopravvivrò anche alla sua presenza nella cucina delle Case di Guarigione. »
« Adesso però puoi anche finirla! » borbottò Niniel iniziando a stufarsi delle battute del fratello. Sapeva che lui lo stava facendo per cercare di farla ridere, aveva sempre avuto questo vizio di provocarla per cercare di farla reagire quando lei era triste, ma questa volta tutto quello che stavano vivendo era davvero troppo e Niniel non si sentiva in vena di scherzare.
« Ora è meglio che vada, sarà quasi ora di preparare il pranzo e voglio dare una mano. »
Adhort la accompagnò fuori dalla stanza e quando furono lontani dagli altri le posò una mano sulla spalla: « Come ti senti? » le chiese.
« Potrei stare meglio, ma sto facendo quel che posso per reagire. Ci provo, almeno. »
Il padre le sorrise.
« Lo so, e sono orgoglioso di te. Hai dimostrato una grande forza in questo ultimo periodo. »
« Spero di averne ancora per un po’. » rispose lei con poca convinzione « Ora vado, non voglio fare tardi. »
 
Quella sera giunse un messaggero dell’esercito. Le notizie per il momento erano confortanti: la marcia procedeva, non c’erano ancora stati scontri, gli uomini dell’Ovest stavano bene. Se fossero riusciti avrebbero mandato un altro messaggio il giorno seguente, ma tutto dipendeva dalle condizioni che avrebbero incontrato strada facendo.
Non era molto, eppure era tanto agli occhi di chi a Minas Tirith attendeva notizie.
Erano ancora vivi. Niniel trasse un profondo sospiro di sollievo quando, mandata dai capi della cucina a servire la cena a Faramir, l’uomo le lesse ciò che era riportato nel messaggio.
La ragazza uscì dalla camera e si fermò alcuni istanti nel giardino delle Case di Guarigione. Era difficile pensare che solo quella mattina Boromir era ancora lì con lei, mentre ora si trovava chissà dove in marcia verso Mordor, in marcia verso un futuro incerto e imprevedibile più di quanto non fosse mai stato. La cuoca volse lo sguardo verso oriente, mentre il buio della sera prendeva il posto di quell’insolita luce che il sole quel giorno era riuscito a regalare.
Quell’attesa era estenuante. Ogni volta che Niniel si ritrovava a fare un pensiero positivo, subito se ne presentava uno che le faceva vedere la disfatta totale. La realtà che avevano di fronte parlava più forte dei suoi pensieri. L’unica cosa a cui riusciva ad aggrapparsi era la flebile speranza che, oltre l’oscurità che vedevano, le stelle ancora brillavano e forse, un giorno, sarebbero riusciti a rivederne la luce.
 
 
 
18 MARZO 3019, SERA – ACCAMPAMENTO DELL’ESERCITO DELL’OVEST
 
 
« Vuoi del pane? »
Boromir si riscosse dai suoi pensieri: « No, ti ringrazio. »
« So che non è buono come le cene che prepara la tua Niniel, ma faresti meglio a mangiare qualcosa finché si può. » gli disse Gimli.
Nell’udire quel nome, Boromir si riscosse.
« Sai, per una volta il nano ha ragione. » commentò Legolas.
Gimli gli fece una smorfia.
« Siete due rompiscatole. » borbottò Boromir, poi prese il pane che il nano gli stava porgendo e si mise a mangiare qualcosa.
« Sempre qui per servirvi, signor Sovrintendente. » gli rispose il nano.
« Non chiamarmi così, non sono il Sovrintendente. »
Gimli guardò Boromir con aria sorpresa: non si aspettava una risposta del genere.
« Pensavo che ci tenessi a questo titolo, insomma è ciò a cui sei sempre stato destinato. »
« Sì, è vero. Ma il Re è tornato e il compito dei Sovrintendenti è finito. » Boromir sorrise « Ora che ho combattuto al fianco di Aragorn, non ho più dubbi su quale sia la cosa migliore per Gondor. »
« Qualcosa mi dice che Aragorn potrebbe avere ancora bisogno di te. » commentò Legolas.
« Il regno di Gondor è vasto, e Aragorn si fida di te. » aggiunse Gimli.
« Sarei onorato di continuare a servire Gondor e il nostro Re, ma penso che sia prematuro parlarne ora. Non sappiamo cosa ci aspetta, non sappiamo come torneremo, » Boromir tentennò « se torneremo. » aggiunse infine.
« Il fatto che non sappiamo cosa ci aspetta non significa che tu non possa pensare al futuro. » gli disse Legolas.
« Faccio fatica a immaginarlo al momento, un futuro. » sospirò l’uomo. Si rese conto che, nonostante quella mattina avesse cercato di confortare Niniel, anche lui aveva difficoltà a vedere oltre il momento che stavano attraversando.
« Ciò non significa che non potrebbe essercene uno. Qualcosa ci sarà sicuramente, sta a noi scriverlo. »
Gimli iniziò a borbottare: « Non ti riesce proprio di parlare in modo chiaro e lineare. »
« Non mi sembra di essere stato così indecifrabile in ciò che ho detto, forse sei tu che hai la mente poco disposta a comprendere in questo momento. »
« La mente poco disposta a comprendere? Ma guarda cosa mi tocca sentire… » borbottò il nano. Se non fossero stati nel bel mezzo di una spedizione suicida, probabilmente avrebbe iniziato a imprecare sonoramente, ma si trattenne.
« Se non ti va bene il mio modo di parlare puoi sempre non ascoltare. »
« Come posso non ascoltare se sono a un metro di distanza da te. »
« Questo è un problema tuo. » lo punzecchiò ancora, volutamente, l’elfo.
Gimli, indispettito, riprese a borbottare tra sé e sé.
Boromir sorrise, scuotendo la testa. Poi alzò gli occhi al cielo con la speranza di scorgere, tra le nuvole scure, qualche stella che brillava in lontananza, ma non ne vide.
 
 
 
19 MARZO 3019, MATTINA – MINAS TIRITH
 
 
Nuvolette di condensa si materializzavano davanti al viso di Niniel, segno che l’aria faticava ancora a scaldarsi nonostante fossero prossimi alla primavera. In cucina avevano appena finito di preparare la colazione e lei era stata mandata a fare il giro dei feriti per servirli.
Aveva la netta sensazione che avessero per lei un occhio di riguardo e che la mandassero a occuparsi dei ricoverati più importanti e la cosa un po’ la infastidiva. Non che le dispiacesse servire Faramir o altri nobili che risiedevano nelle Case, ma non voleva che le venissero fatti favoritismi per via della sua relazione con Boromir.
Ancora assorta nei suoi pensieri, lesse il biglietto che le avevano dato in cucina con i nomi delle persone da cui doveva recarsi.
« Éowyn » disse a bassa voce. Rimase un attimo ferma a riflettere su quanto le aveva raccontato Merry e la sua voglia di conoscere quella giovane che aveva combattuto nel Pelennor crebbe. Bussò alla porta della camera indicata e attese fino a quando una voce debole le diede il permesso di entrare.
Quando aprì la porta, il buio in cui era immersa la stanza non le permise di vedere il viso della persona stesa a letto. Niniel ebbe bisogno di avvicinarsi affinché la candela posata sul tavolo lì accanto le permettesse di vedere bene la giovane.
Éowyn giaceva supina, immobile, gli occhi aperti che fissavano il soffitto e il petto che si alzava e abbassava con estrema lentezza sotto alle coperte. Spostò gli occhi su Niniel, la quale rimase profondamente colpita dalla tristezza di quello sguardo segnato da due occhi profondamente cerchiati di nero, incorniciati da un viso di un pallore quasi mortale.
«Buongiorno, mia signora. » esordì, dopo un attimo di titubanza « sono venuta a portarvi la colazione. »
Éowyn annuì e cercò di alzarsi a sedere, ma il braccio con cui aveva pugnalato il Negromante ancora le doleva e con una smorfia di dolore ricadde all’indietro sul cuscino.
« Posso aiutarvi? » le domandò Niniel avvicinandosi ancora di più.
« No. » la bloccò Éowyn un po’ bruscamente, ma dovette accorgersi di aver usato un tono poco gentile, perché aggiunse subito con più tranquillità « Ti ringrazio, ma posso farcela da sola. »
Con fatica, facendo forza solo sul braccio sinistro, la giovane si mise a sedere, poi posò il suo sguardo su Niniel.
« C’è del tè caldo e pane con un po’ di burro. » spiegò la cuoca cercando di mantenere un tono di voce che fosse il più delicato possibile. Aveva l’impressione che quella giovane potesse spezzarsi da un momento all’altro e riconobbe nel suo sguardo una profonda tristezza, vi era qualcosa… che le ricordò i suoi occhi quando ancora credeva che Boromir fosse morto. Niniel non seppe spiegarsi bene la sensazione che provava, ma le parve che Éowyn avesse bisogno di tanta dolcezza e comprensione, un po’ come era stato per lei solo qualche settimana prima.
« Ti ringrazio. » si sforzò di dirle la dama. Si vedeva che ogni movimento le costava un grande sforzo.
« Non è molto, » si affrettò ad aggiungere Niniel « ma è il meglio di ciò che abbiamo, vi aiuterà a guarire. »
Lo sguardo di Éowyn si spense per un attimo, Niniel temette di aver detto qualcosa di sbagliato, ma non capiva cosa. Forse quella giovane non voleva riprendersi dalla ferita?
« Sono certa che mi aiuterà. » aggiunse poi la dama con voce piatta, lo sguardo ora basso sul vassoio che Niniel le aveva appena appoggiato sul letto.
« Posso fare qualcosa per voi? Avete bisogno che vi aiuti? » chiese Niniel, in un disperato tentativo di trovare qualcosa di giusto da dire in quella situazione.
« Ti ringrazio, va bene così. » Éowyn alzò lo sguardo, sembrava essere tornata presente mentre parlava « Se dovessi avere bisogno di qualcosa chiamerò i guaritori. »
Niniel annuì, ma non aveva il coraggio di allontanarsi da quel letto. Éowyn sembrava così fragile, così bisognosa di aiuto.
« Non preoccuparti, puoi andare. » aggiunse la dama vedendo che Niniel non si muoveva « Ci sono tante altre persone che hanno bisogno di te e il tuo carrello è ancora colmo di vassoi. »
La voce di Éowyn era ora gentile, seppur intrisa di tanta tristezza.
Quando Niniel uscì dalla stanza rimase per qualche istante immobile con le mani ferme che stringevano il carrello, lo sguardo basso e la mascella serrata con rabbia. Avrebbe voluto fare qualcosa di più, fosse anche solo trovare qualcosa di gentile da dire a quella dama tanto triste, ma non le era venuto in mente nulla mentre si trovava ancora in quella camera.
Sospirò pesantemente per poi ricordarsi che doveva sbrigarsi perché aveva ancora tante persone da servire. Guardò il biglietto e il secondo nome della lista le fece tornare un po’ il sorriso: Meriadoc.*
Magari avrebbe potuto parlargli e scoprire qualcosa in più sulla giovane con la quale l’hobbit aveva combattuto in battaglia.



* Ho deciso di seguire la trama del libro e non del film, quindi Merry non è partito per Mordor con gli altri, ma è rimasto a Minas Tirith perché deve ancora guarire del tutto dallo scontro con il Negromante.
   
 
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