Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Fuuma    22/11/2022    10 recensioni
Alto, grosso e bello come un dio norreno, è stato lui ad aprire le danze, in uno scrosciare di applausi.
[..]Thor è stato il primo e a Tony un po’ brucia, ma non poteva pretendere di essere l’unico rappresentante dei grifondoro al Torneo Tremaghi – è una casata che vomita eroi a ogni ciclo lunare, di strano al massimo c’è che in giro non abbia ancora visto quell’altro gigante biondo tutto muscoli. Era convinto sarebbe stato lui l’apripista di Hogwarts, chi meglio di Capitan Puritano Rogers, che alla presentazione delle scuole di Dursmstrang e Beauxbatons è andato a stringere la mano di tutti e augurar loro buona fortuna?
{ stucky; pepperony; thorki; spideychelle | hogwarts!verse | scritta per il Torneo Tremaghi @ L'angolo di Madama Rosmerta }
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Loki, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

pairing: Steve/Bucky { stucky }; Tony/Pepper { pepperony }; Thor/Loki { thorki };

warnings: slash, incest, post-siero Steve, au (hogwartsverse),

 

I personaggi appartengono a chi di diritto.

 


 

We are the Brave 

______________________________

 

 

I | Una canzone per il Capitano

A riempire la Sala Grande è l’ululato dei grifondoro, a cui per un po’ si sono unite anche le grida d’esultanza delle altre casate, ma si sa che certe goliardie riescono meglio (e più a lungo) a chi veste rosso-oro.

Come uno stormo di falene, i figli di Godric circondano il Calice di Fuoco, inscenando finti balletti ritualistici ogni qualvolta un nuovo studente si approccia per gettare la sua iscrizione tra le fiamme.

La minaccia muta e storpia che il Capo degli Auror Fury ha lanciato loro, con l’unico occhio sano che possedeva, è rimasta sospesa nel soffitto incantato per qualche ora (“Non sono qui per fare da balia a un gruppo di marmocchi che non conoscono i loro limiti, sono qui per riportare il cadavere alle vostre famiglie se qualcosa dovesse andare storto!”) per poi scivolare via, dimenticata dietro ai passi pesanti e al petto gonfio di Thor Odinson.

Alto, grosso e bello come un dio norreno, è stato lui ad aprire le danze, in uno scrosciare di applausi.

O-din-son! O-din-son! O-diiiiii-n…. SON!

La cantilena è durata fino all’ora di pranzo, con tanto di ola – interrotta nel momento in cui è giunta alle braccia incrociate di Tony, per nulla intenzionato ad alzarsi dalla panca.

Thor è stato il primo e a Tony un po’ brucia, ma non poteva pretendere di essere l’unico rappresentante dei grifondoro – è una casata che vomita eroi a ogni ciclo lunare, di strano al massimo c’è che in giro non abbia ancora visto quell’altro gigante biondo tutto muscoli. Era convinto sarebbe stato lui l’apripista di Hogwarts, chi meglio di Capitan Puritano Rogers, che alla presentazione delle scuole di Dursmstrang e Beauxbatons è andato a stringere la mano di tutti e augurar loro buona fortuna?

Al suo posto, invece, si fa avanti il solito duo scapestrato di ragazzini del quinto anno che Stark ha imparato a conoscere fin troppo bene.

«S-sei… sei sicuro che funzionerà se lo metto dentro? Non rischio, che ne so, di esplodere?»

«Fidati, Peter, ho fatto i miei calcoli, c’è una buona probabilità del novantacinque per cento che funzioni.»

«Ok, insomma, novantacinque per cento non è male.»

«Forse ottanta per cento…»

«Ottanta?»

«Facciamo sessantanove virgola nove e non ne parliamo più!»

«Ned!» urlacchia Peter Parker, che stringe tra le mani un piccolo rotolo di pergamena in cui ha scritto il suo nome. Ha dimenticato il mantello altrove, la divisa è stropicciata e la cravatta rosso-oro dal nodo talmente allentato da arrivargli all’ombelico, lo fa sembrare un puledro scalpitante preso al lazzo. E Tony sa che quel puledro non ha l’età adatta per proporsi come Campione – e anche l’avesse, è più probabile rischi di rompersi l’osso del collo o di diventare mangime per Ippogrifi. Conosce le prove degli anni passati, il Torneo Tremaghi non è un gioco, ma è invece quel che di più simile si può trovare a una guerra.

Forse è anche per questo che non si stupisce quando alle spalle di Peter si staglia alta l’ombra verde-argento di ben altro tipo di Odinson.

Loki è il riflesso distorto di Thor, è tutto ciò che il ragazzo non è: pelle d’argento, capelli di petrolio e occhi da serpe verdi come smeraldi nella notte. Il mantello gli fruscia dietro le spalle come ali di un corvo pronto a portare sventura, e dall’alto, pianta uno sguardo gelido sulla nuca di Peter, piegando labbra sottili in un’espressione di disgusto.

«Levati di mezzo, insetto» Perfino la sua voce ha un languore cupo e affascinante, e non sai mai se la voglia che ti mette addosso è quella di gettarti ai suoi piedi o mandarlo a quel paese.

Peter temporeggia troppo a lungo, tanto che Tony è costretto a tenere d’occhio la bacchetta di Loki col timore che la usi per una delle Maledizioni senza perdono – e gira voce tra gli studenti che lo abbia già fatto una volta. Ma di voci sul Prefetto serpeverde ne girano tante, ognuna più oscura dell’altra.

«Devo ripetermi?» Le dita lunghe e bianche di Loki si stringono al manico della bacchetta dalle venature altrettanto candide, in legno di tiglio argentato, lunga, dal manico intagliato di scaglie scure e la punta quasi bianca, così simile alle spine di un Ungaro Spinato.

Tony apre la mano, indosso un guanto di pelle e placche d’acciaio scarlatto incantato personalmente – è tutto quello che gli serve perché la bacchetta, agganciata alla coscia destra, si sganci magicamente e s’infili tra le sue dita.

«Accio biglietto del ragnetto» esclama, in un breve agitare della punta. A essere acciato, non è solo il biglietto con il nome di Parker, ma anche gli sguardi dei presenti, a cui regala un sorriso e un mezzo inchino. «Sono un poeta nato, lo so.»

Peter lo raggiunge, libera il passaggio a Loki, che preferisce non perdere tempo e gettare finalmente il suo nome nel Calice. Lo ha scritto con le rune e un inchiostro dorato che per qualche istante riluce nel fuoco.

I compagni della casata di Salazar scattano in piedi e con un’invidiabile sincronia (che Tony giurerebbe poter appartenere solo ai ballerini coreani o agli atleti del nuoto sincronizzato) stringono una mano al gomito, piegano l’altro braccio verso l’alto e lo allungano in un sibilo che la Sala Grande amplifica, trasformandosi per qualche istante in un nido di serpi velenose.

Una coreografia carina, ma ci vuole altro per spaventare Tony Stark e al massimo, quando Loki si volta e non lo degna nemmeno di uno sguardo, quel che prova è una punta d’irritazione. Tutti conoscono dove pende l’ago della bilancia nelle idee politiche di Loki Odinson, e un mezzosangue come Tony, potrà anche avere una famiglia che sguazza nei galeoni, ma non varrà mai più di mezzo zellino agli occhi di un purosangue.

Scuote il capo, tornando a…

«Ehm, potrei riavere la mia pergamena?»

Peter e amichetto del cuore.

«No, che non puoi. Cosa pensavi di fare, Parker?»

«Ahm… avevamo pensato, che magari… beh…»

«Io e Peter abbiamo trovato questo incanto runico tra i libri nell’ufficio del professor Strange e—»

Tony piega la mano a formare il becco di una papera e lo chiude in un gesto che parla da solo: «Shsss. La mia era una domanda retorica.»

«Oh.» Peter china il capo.

Riuscire ad aggirare le serrature magiche del professore di Antiche Rune non è cosa da poco, ma la Linea dell’età è un incanto di Silente e serve più di una coppia di sbarbatelli furbi per fregare il vecchio – Tony lo sa forse meglio di tutti lì ad Hogwarts.

«Sperate che la vostra bravata non costi punti a griffondoro…» Un’occhiata veloce ai colori della divisa di Ned «…o a corvonero; ma soprattutto al vostro posto pregherei tutti i santi babbani e non che conoscete, affinché non lo venga a sapere Captain Harlock, o si prenderà uno dei vostri occhi, per averne di scorta.»

Pallidi in volto, i due ragazzi si scambiano sguardi e balbettano scuse, ed è in questi momenti che Tony, ridacchiando, un poco ammira Fury, il cui solo nome è sufficiente per instillare un po’ di sana strizza.

Come loro si allontanano, è Virginia Potts ad avvicinarsi. Alta ed elegante, nei colori di tassorosso è la sua Ape Regina, senza la spocchia delle ragazzine snob da teen-movie.

«Se non ricordo male, l’anno scorso, un certo grifondoro è riuscito a far perdere cento punti alla sua casata a causa delle sue bravate.»

Tony scrolla le spalle; è da sempre convinto che la Coppa delle Case sia truccata, Silente abbia i suoi cocchi e per ogni punto che Stark porta via, ce ne saranno altri dieci regalati ai bicipiti gonfi del buon Steve Rogers. Non è per questo che infila la pergamena di Peter in tasca, ma non è nemmeno tipo da dare spiegazioni.

Invece allarga le braccia e ruota lentamente su se stesso.

Il mantello incantato si solleva e si riempie di sfumature rosso sgargianti ogni qual volta la luce delle candele lo colpisce con l’angolatura giusta.

«Odinson vi ha morso la lingua o posso avere un po’ di tifo?»

La Sala Grande si rianima.

«Stark! Stark! Stark!» I ragazzi inneggiano e battono i piedi infervorati: è musica per le sue orecchie.

«Rhodey?» Il nome dell’amico si trasforma in segnale: dalle panche tassorosso, James Rhodes solleva la bacchetta, bisbiglia un incanto e dalla punta schizzano fuochi d’artificio che esplodono in una pioggia di scintille rosso e oro.

Questa è una coreografia coi controcazzi, vorrebbe spiegare ai fratelli barbari arrivati dal nord.

Pepper, al contrario, porta una mano al viso.

Tony sfila dalla tasca opposta a quella in cui ha nascosto il biglietto di Parker un foglio – un post-it colorato –, il suo nome vergato in nero ha l’inconfondibile scrittura “a macchina” delle penne autoinchiostranti Stark. Lo stringe nel pugno e lo avvicina alla bocca di Virginia.

«Portami fortuna, Pepper.»

«Da quando credi nella fortuna?»

«Da quando posso usarla come scusa per chiederti un bacio, se verrò scelto come Campione. E ora, chop-chop, non deludermi.»

Lei non commenta – a farlo al suo posto è il dolce rossore che le tinteggia le guance e fa risaltare le piccole efelidi sul naso –, si tende in avanti e soffia sulle dita di Tony un’alitata calda che gli accarezza la pelle.

Stark sorride, se la fortuna esista o no non è affar suo, perché con Pepper al suo fianco, sarebbe in grado perfino di volare senza scopa.

 

 

A Bucky Barnes piace respirare l’aria di festa che orna il Castello. È fatto per la caciara, per le danze di ogni tipo – meglio se un lento in punta di piedi o un tango sul filo di un bacio – e ogni scusa pur di saltare una lezione o due è sempre la benvenuta.

Il suo interesse per il Torneo Tremaghi è però tutto qua.

Seduto alle panche, è circondato da ragazze di ogni casata che gli pizzicano il braccio e gli chiedono quando infilerà il suo nome nel Calice. Sono sicure ne uscirebbe vincitore – oh, così sicure che se vincerà, gli bisbigliano all’orecchio, sono disposte a infilarsi con lui nei bagni dei prefetti e dargli un premio che farà sfigurare perfino le fate in blu di Beauxbatons.

Bucky sorride e scuote il capo, si solleva in piedi sulla panca, balza a quella accanto e schiocca loro un occhiolino.

«Siete perverse, ragazze.»

Le rifiuta con garbo, senza “no” e senza “sì” – lasciandole danzare sull’orlo di un “forse” che, da quasi un anno a quella parte, lo rende il ragazzo più inarrivabile di Hogwarts. Perfino più di Rogers, l’Apollo dei grifondoro, che in sette anni di scuola e diciotto di vita ha baciato una sola ragazza senza che l’evento ricapitasse.

«Penso che lascerò fama e gloria agli altri. Ma grazie per l’offerta, l’apprezzo davvero.»

Ancora non sa che le sue sono le ultime parole famose.

 

«James! Buchanan! Barnes!»

 

Bucky potrebbe riconoscerlo perfino nel mezzo di una tempesta: è il ruggito di un leone, che un po’ vorrebbe fosse suo, ma che è soprattutto il leone dorato dei grifondoro.

I portoni della Sala sbattono quando Steve Rogers, colletto slacciato, camicia fuori dai pantaloni, cravatta legata a un polso e l’aria selvaggia di un animale a caccia, avanza col fiato pesante. Di colpo, ogni ragazza che prima parlava con Barnes, ora guarda lui e desidera essere una delle gocce di sudore che gli rigano il collo scomparendo sotto agli abiti.

Steve marcia verso Bucky e verso di lui agita il polso. Non servono parole, a malapena basta un’occhiata lì intorno per capire che hanno bisogno di privacy e che dovranno andare altrove se la vogliono.

Poco prima che Bucky venga trascinato via, è la voce di Stark che ancora si fa sentire e li insegue fino al corridoio.

«Se dovete figliare, Barnes, assicurati che esca meno ariano di Rogers e col tuo cervello. Che di troll col bel culo ne abbiamo abbastanza!»

 

 

La stanza dei Trofei sembra la più appropriata. Steve l’ha amata da subito e da subito ha desiderato vedere il suo nome sulle placche dorate, sotto alle coppe di Quidditch o alle teche con le fotografie degli alunni più dotati. Ha sempre avuto fame di competizione, fame di vittoria, perché per quasi dodici anni ha trascorso le sue battaglie nella polvere, a venir deriso, calciato e trattato alla stregua di un Elfo domestico.

Prima di Hogwarts viveva di sconfitte, ora invece scalpita per sapere quanto in alto può volare – ma Bucky vede ancora le sue ali di cera per quello che sono e teme il giorno in cui arriverà troppo vicino al sole. È anche per questo che, al contrario di Rogers, lui detesta quella stanza e vorrebbe un giorno trovare le parole giuste per spiegare a Steve che non ha bisogno di medaglie, trofei o coppe per mostrare il suo valore.

Invece, sotto i riflessi dorati della stanza, si trova incastrato tra il muro e il ragazzo, che chiude il pugno sopra la sua testa.

«È stato uno scherzo cretino!»

Bucky non chiede spiegazioni, la cravatta che ancora penzola dal polso del grifondoro racconta tutto quel che c’è da sapere, senza contare che è stato Barnes a incantarla affinché lo legasse al letto.

«Lo scherzo cretino è quello che vuoi farmi tu infilando il tuo nome in quello stupido Calice.»

«E il tuo piano qual era? Tenermi legato in dormitorio per tutta la settimana?»

Bucky si stringe nelle spalle. Non ha mai creduto di poter tenere Steve lontano dai guai – ma provarci, tentare di proteggerlo (il più dalle volte da se stesso) è l’unica cosa che gli rimane. «Qualche dettaglio era ancora da mettere a punto.»

«A-ah, e poi secondo Stark sarei io quello col cervello da troll.»

Bucky stira le labbra in una linea piatta e preoccupata.

Steve vi passa sopra il pollice, raccoglie sotto il polpastrello il colore rosato della sua bocca e su di lui si china, a un respiro di distanza. Ora che non ci sono compagni (e ragazze) a circondarli, stare vicini viene loro naturale, scivolare tra gli spazio l’uno dell’altro e annullarli un poco alla volta.

«È un torneo scolastico, Buck, non mi succederà niente. Perché continui a preoccuparti tanto?»

Ha ammorbidito la voce, ma Bucky non cede – se la lealtà è tassorosso, la testardaggine è tutta sua.

«Dannata sia la faccia di Morgana!» impreca. «Perché ti conosco Steve! Perché so che tu invece non conosci il significato della parola “basta”! Quando avevamo undici anni facevi a botte con maghi esperti grandi il triplo di te, cosa succederà quando ti troverai davanti un Drago o ti chiederanno di buttarti nel fuoco? Cosa c’è di male a stare in panchina per una volta tanto?»

«Sono stato relegato in panchina per tutta la mia vita, non—»

«Ma ora non sei più quello di un tempo! E anche lo fossi, non devi dimostrare niente a nessuno.»

Ecco, lo ha detto finalmente. Bucky lo butta fuori tutto d’un fiato e quando ha finito, sa di non avere più alcuna freccia al suo arco.

Steve annuisce. Piano spinge il naso contro la punta di quella del ragazzo e lo strofina, lento, come quando erano piccoli e lui era costretto a sollevarsi sulla punta dei piedi per arrivarci o a infilarsi nel letto di Bucky, strofinandoglielo via il perdono. A chiedere scusa per essere se stesso, Steve non è mai stato bravo.

E in fondo va bene così.

Preso un sospiro, Bucky lo guarda negli occhi. «Se credi di essere l’unico a saper scrivere il proprio nome su un pezzo di pergamena, ti sbagli di grosso, Rogers.»

«Credevo tu non fossi interessato.»

«Ho cambiato idea. Se tu salti, salto anch’io.»

«L’hai sentito anche tu Silente, in questo Torneo ognuno è per sé.»

«Lo so, ma magari al calice stai antipatico e preferisce i tassorosso belli come il sottoscritto.»

«A-ah, come le ragazze in Sala Grande? Beato te che hai potuto rincorrere sottane, mentre io ero legato in dormitorio.»

Bucky lascia che dalla gola vibri una risata calda e maliziosa, mentre incurva la schiena come un gatto affamato di coccole e negli occhi brilla una proposta sconcia, anche se Steve, che alle volte forse sembra fatto più per la guerra che per l’amore, non ha ancora imparato a leggerle certe cose.

 

 

La scelta dei Campioni è stata una scarica d’eccitazione e meraviglia. Nessuno si aspettava quel risultato, nessuno tranne Loki Odinson. Lui è stato il primo nome sulla bocca di Silente, l’unico dei campioni di Hogwarts, Dursmstrang e Beauxbatons a non aver battuto ciglio – le rune gli avevano già parlato, e prima ancora, ha sognato se stesso in quell’esatto momento, accanto a Stark e al tassorosso dal sorriso seduttore e gli occhi da lupo.

Il nome di Steve Rogers, invece, non è mai uscito.

E ora Tony sguscia insieme a lui nella sala comune di Tosca Tassorosso, mani in tasca e un grido rivolto a uno dei coperchi di botte che tappezzano il muro e conducono ai dormitori.

«Barnes, esci dalla tua tana e vieni a levarmi Capitan Piangina dalla spalla!»

«Guarda che non sto piangendo e non c’era bisogno mi accompagnassi.»

Prima di Bucky è Clint Barton a farsi avanti. Arriva dall’alto – un’abitudine dura a morire –, da una nicchia nascosta nel soffitto, balzando giù più simile a un grosso volatile che a un tasso.

Poco dopo, Bucky spunta da uno dei tunnel, lo sguardo che danza da Stark a Rogers.

«E voi due come siete entrati?»

Tony gli sventola una mano davanti al volto. «Non guardarmi con quegli occhi da cerbiatto sorpreso dai fari di un’auto babbana. Ho scoperto parole d’ordini e ingressi segreti di ogni dormitorio al primo anno di scuola.»

«Non sarai la faccia-da-snaso che è andato a raccontare ai primini serpeverde che la loro password era cambiata?»

«Ti sembro uno che ha voglie suicide? Con una bravata del genere finisci dritto sulla lista nera della Romanoff. No grazie, quella suona tanto da follia di Rock of Ages

Steve solleva un sopracciglio.

«Odinson» gli chiarisce Clint.

«Già, il fratello stecco di California Ken,» Tony annuisce e punta Bucky. «a cui, detto fuori dai denti, io e te dovremo fare attenzione. E parecchia anche, se vogliamo uscirne con tutti gli arti intatti.»

Di riflesso, Bucky si tocca il braccio sinistro. Si è cambiato la divisa e le braccia sono nude, addosso una maglia senza maniche e un paio di pantaloncini.

Delle delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons non ne fanno menzione; potranno essere avversari degni, ma quello che scorre nelle vene di Loki è veleno da Basilisco.

«Comunque, ora che ho fatto la mia buona azione di oggi, posso finalmente liberarmi di Rogers e in cambio:» con uno schiocco di dita indica Clint «Legolas, con me.»

Barton reclina il capo svogliato. «Fammi indovinare, vuoi chiedermi aiuto perché sai che Barnes ha una mira migliore della tua con gli incantesimi di puntamento e l’unico in grado di batterlo sono io.»

Tony storce il naso, non gli piace quando qualcuno fa notare le sue mancanze – ne ha poche e tutte ben nascoste – ma questa volta Clint ha ragione; e se è vero che i tassi sono perlopiù ciechi, non ci si può aspettare altro, invece, da chi ha l’occhio allenato di un falco.

«Visto che la Romanoff non è stata scelta e io sono il suo campione preferito, è tuo dovere aiutarmi» si giustifica, ben conoscendo il rapporto che lega i due ragazzi.

«Sono quasi sicuro che Nat preferisca me» s’inserisce Bucky.

«E lo dici davanti al tuo fidanzatino?»

Tony colpisce dritto nel segno e affonda, mentre Rogers e Barnes fanno a gara a chi arrossisce di più.

Non rimane a godere dei frutti delle sue frecciatine, ma con Clint si allontana, sventolando una mano in saluto.

«Non fare niente che non farei io, Capitano.»

 

 

Bucky non è abituato ad avere Steve in camera sua; è lui quello che la sera sgattaiola per i corridoi del Castello sfidando la buona sorte, il coprifuoco e gli schiantesimi del professor Phillips.

Clint e Scott Lang sono i suoi compagni di stanza; se il primo ha seguito Stark, il secondo finge di dormire, ma quando prendono posto seduti tra le lenzuola del letto a baldacchino, Bucky estrae la bacchetta e si rinchiude con Steve in una bolla di mondo tutta per loro.

Non sa da dove cominciare, forse dovrebbe scusarsi o assicurare al ragazzo che non è portato per la Divinazione lui e che quel che ha detto nella Sala dei Trofei era un modo come un altro per riempirsi la bocca di sciocchezze. Forse un po’ ci ha sperato, ma ora che ha privato Steve delle luci della ribalta che tanto agognava vorrebbe non averci mai provato.

«Sei ancora arrabbiato con me per aver preso il tuo posto?» chiede, guarda in basso, tra le proprie gambe incrociate e, nervoso, si picchietta la coscia con la bacchetta.

Steve lo ferma, raccoglie la mano nella sua e gli sfila il legnetto in quercia rossa, per posarlo sul comodino.

«Non era il mio posto e non sono arrabbiato. Sono solo, non lo so, invidioso, immagino. Ma a questo sono abituato, sono sempre stato invidioso di te.»

Bucky lo guarda come se il ragazzo che ha di fronte non fosse lo stesso Steve Rogers che conosce da una vita, il piccolo magonò che ha preso a calci il destino e ha riscritto perfino il suo DNA. «Mi prendi in giro? Sei il prefetto di Grifondoro, il capitano della vostra squadra di Quidditch, hai la media di eccezionale in ogni materia e la tua faccia è finita perfino sulla Gazzetta del Profeta. Non hai nulla da invidiarmi.»

«Eccetto il fatto che la mia magia è nata in provetta. Se non fosse stato per Erskine—»

Steve vorrebbe parlare e spiegarsi, ma Bucky non glielo permette, non questa volta.

«E con questo? Quello che ti ha dato lui sono stati i mezzi per essere come tutti gli altri, il resto è tutta farina del tuo sacco.» Gli tira una schicchera alla fronte che gli solleva morbide ciocche bionde e le sue dita si fermano lì, fanno il nido tra i suoi capelli e li vezzeggiano in carezze delicate, sfiorandogli di quando in quando la punta di orecchie che hanno iniziato a prendere un colore più rosato.

«Lo sai che alcune ragazze della mia casata hanno creato una canzone su di te? Nemmeno Stark può vantare tanto.»

Steve arriccia il naso, è quel genere di cose che lo mette seriamente in imbarazzo ed è per questo che Bucky ne approfitta e la mano che gli accarezzava i capelli, ora si apre al suo petto e ne saggia la consistenza di marmo.

«Il Calice avrà avuto le sue ragioni, ma sono certo di non essere stato scelto perché sono più degno di te o sciocchezze del genere. Voglio dire, è stato scelto anche Odinson ed è più probabile che ci uccida tutti nel sonno pur di avere la vittoria assicurata.»

Steve spalanca la bocca e s’abbandona a un sospiro lento, lo afferra per i fianchi e stringe, incollandogli addosso mani grandi e calde, che un tempo si sarebbero spezzate come niente e che ora invece potrebbero prendere a pugni il muso di un troll. «Allora forse dovrei rimanere e assicurarmi che non ti accada niente.»

Bucky ammicca. «Stai proponendo di farmi da guardia del corpo?»

«Potrei.»

«Potresti. Il mio cavaliere senza macchia e senza paura. È così grifondoro.»

Steve ride, mozzicando uno di quei mezzi insulti babbani che sarebbe meglio non ripetere.

«Comunque farò il tifo per te» aggiunge infine, chiudendo Bucky in un abbraccio che li trascina entrambi sdraiati, in un incrocio di gambe e con la testa ad occupare l’unico cuscino.

«Sarà meglio per te, pal. Sono un Campione del Torneo Tremaghi ora, ho bisogno di tutto il sostegno possibile.» Ma se anche il suo fosse un sussurro tra la folla, Barnes sa che gli arriverà dritto al cuore, ovunque si trovi, che sia in una scuola piena di studenti o sul fondo del Lago Nero.

«Quindi… c’è una canzone su di me, eh? E hai intenzione di cantarmela o devo chiederlo alle tue ragazze.»

«Punk

Nonostante l’insulto, Bucky si arrampica al suo orecchio e a occhi chiusi, sottovoce canta per lui.

 

[ 3.996w ]



 

Dopo "Wipe him..." era d'obbligo dedicarmi a una fic cazzara, per depurarmi di tutta la depressione che quella storia mi ha messo addosso. Questa è la scusa ufficiale per aver scritto 'sta roba. XD

Non ho idea di come proseguirà; è una mini long scritta per una challenge che prevede la scelta di tre protagonisti che parteciperanno come campioni al torneo, e a ognuno di loro deve essere dedicata una delle prove – nel mio caso, come si sarà capito, i prescelti sono Loki, Tony e Bucky. Mi ci è voluta un'eternità per decidere i personaggi, sono stata in dubbio fino alla fine soprattutto a causa di Loki, perché è un personaggio complesso che proprio per questo tendo a non inserire mai nelle mie fic (e perché quando scrivo ho bisogno della ship e con lui ho gusti difficili, ma per ora penso punterò alla thorki).

Per ora però mi accontento di essere almeno riuscita a finire il primo capitolo in tempo; capitolo che in realtà non avevo per niente programmato in questo modo, che pensavo sarebbe uscito molto più corto e che invece è andato per i fatti suoi. Ma io cosa plotto a fare, che tanto non seguo mai la scaletta?!

Comunque, tenete d'occhio i warning perché è possibile che da qualche parte nei prossimi capitoli ne verrà aggiunto almeno un altro (age difference, coffcoff) quindi se non è il vostro cup of tea ora lo sapete.

Per tutti gli altri, grazie di cuore a chiunque sia arrivato fino a qui e avrà voglia di seguire questa storia. You da best.

---

Scritta per Torneo Tremaghi - Multifandom edition @L'angolo di Madama Rosmerta

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Fuuma