NdA: Charity
Burbage e Severus Piton sono vivi perché ho deciso così; Hermione non è l’unica
Grifondoro del suo anno a tornare a Hogwarts l’anno dopo la Battaglia (ma
quasi).
Cos’è, una commedia
romantica?
Pansy alza gli occhi al
cielo, che in questo caso è il soffitto dell’aula di Babbanologia.
È la terza commedia
romantica che la Burbage propina loro nel corso della stessa settimana – come
se agli studenti servisse una conferma del palese e recente sviluppo romantico
tra lei e Piton – e Pansy davvero non ne può più. I personaggi di queste
commedie sono tutti talmente banali, pronti a tuffarsi in una relazione senza
pensarci due volte… Lui propone di fare qualcosa (niente di speciale,
generalmente attività scontate come consumare un pasto insieme), lei dice di
sì, e nel giro di mezz’ora si innamorano perdutamente l’uno dell’altra.
L’abilità dei Babbani di
produrre storie animate senza magia potrebbe quasi impressionarla, se non
l’utilizzassero per simili sciocchezze. Pensa a questo, mentre esce dall’aula a
fine lezione. I corridoi sono pieni di studenti, la maggior parte di fretta nel
tentativo di non far tardi alla prossima lezione.
Dall’altra parte del
corridoio nota lui. L’unico eroe della Battaglia oltre alla Granger ad
aver deciso di tornare a Hogwarts per terminare gli studi. Potter, Weasley e
molti altri hanno accettato al volo l’offerta di ammissione all’accademia per
Auror a prescindere dai loro risultati scolastici. Che importanza ha il non
saper comporre l’antidoto a un veleno complesso, se si ha combattuto contro il
Signore Oscuro in persona?
“Ehi, Pansy.”
Per qualcuno ha importanza,
ha scoperto. Si ferma e si volta verso il compagno. “Paciock.”
Lui fa una smorfia. “Quando
ti deciderai a chiamarmi per nome?”
“Quando smetterai di
chiedermi ripetizioni, forse.” Cerca di trasmettere irritazione, ma non
è tanto sicura di riuscirci; trattenere un sorrisetto le viene difficile con
Neville, più che con chiunque altro.
Le sorride; non il sorriso
impacciato che aveva durante i primi anni di Hogwarts, no, un sorriso sicuro
che raggiunge gli occhi e le fa venire voglia di— “A proposito di ripetizioni,”
inizia lui, “pensavo che oggi potremmo rimanere al castello? Fuori soffia un vento…
Moriresti di freddo, vestita così leggera.”
Pansy si aggiusta la
sciarpa. È stata lei a imporre che si vedessero all’aperto, nel parco di
Hogwarts, come condizione per accettare di aiutarlo in Pozioni. L’idea di
essere adocchiata e indicata in biblioteca da metà studentesca, la codarda
che voleva consegnare Potter insieme all’eroe che ha ucciso il serpente, bastava
a metterla di cattivo umore e spingerla a dire di no. Lui ha accettato senza
fare domande; i loro appuntamenti settimanali persistono da quasi due mesi, mai
al chiuso eccetto le due volte in cui l’ha portato in aula per una lezione
pratica, con la benedizione di Piton (non è certa se il professore abbia
accettato ignaro dell’identità dello studente di Pansy o proprio perché,
conoscendola, sperasse di togliersi una seccatura). L’istinto le dice di
rifiutare subito, ma per il momento lascia vincere la curiosità. “Hai qualcosa
in mente? Niente biblioteca.”
Il sorriso di Neville, se
possibile, si fa ancora più largo. “Ho trovato un’aula libera vicino alle
cucine, dove potremmo stare tranquilli. Potremmo anche chiedere agli elfi per
una bevanda calda, una cioccolata magari, sono sicuro che sarebbero felici di
aiutarci,” spiega.
Pansy sbatte le palpebre un
paio di volte. Le ha davvero appena proposto di…? “Guarda che non è come nei
film, Paciock. Non mi innamorerò di te perché mi hai offerto una cioccolata
calda,” dichiara, roteando gli occhi in modo plateale per sottolineare
l’assurdità della situazione. A essere realmente assurdo è il modo in cui il
suo cuore ha accelerato, ma Neville questo non può saperlo e non lo saprà, non
se Pansy riesce a impedirlo.
“Non guardo mai film,”
replica lui, sempre sorridente, “però mi piace molto la musica. Hermione mi ha
regalato dei dischi: potrei portarli, se non credi che ci distrarrebbero
troppo.”
“A che gioco stai giocando,
Paciock?”
“Penso che tu lo sappia
bene, Parkinson.”
Pansy arriccia le labbra.
Sentirsi chiamare per cognome da lui suona sbagliato, anche se sa benissimo che
l’ha fatto apposta. Sospira; l’onestà non è il suo forte, e da un mese a questa
parte ha iniziato a mentire anche a sé stessa. Per proteggersi… o per codardia?
Neville Paciock è un ragazzo
affascinante, un eroe persino, ma non è questo il punto.
Da quando è tornata a
Hogwarts, le capita spesso di sentir parlare di lui: tutti commentano quanto Neville
sia cambiato, dal suo primo anno, ma si sbagliano. Certo, è cresciuto; si è
fatto più alto, muscoloso, attraente. (Pansy ha due occhi funzionanti.) Ha
mostrato a tutti il suo coraggio affrontando il Signore Oscuro in persona senza
tremare. (Ricorda ancora le parole pronunciate da Silente in quella che
sembra un’altra vita, tanto le pare lontana: “Affrontare nemici richiede un
notevole coraggio, ma altrettanto ne richiede affrontare gli amici.”) Ha
tirato fuori gli artigli e si è messo alla guida della resistenza interna a
Hogwarts, Pansy lo sa. Ma nemmeno la guerra è riuscita a renderlo meno gentile.
Gentile, Neville lo è sempre
stato: lei se n’è accorta prima, quando non lo vedeva come nient’altro che una
facile vittima, e l’ha riscoperto nelle ultime settimane, quando lui le
ha chiesto aiuto e lei si è trovata meno sola in una scuola trasudante
ostilità contro chi, quando contava davvero, non ha osato schierarsi – contro
chi, guidato dalla paura, avrebbe compiuto la scelta sbagliata.
Se proprio deve essere
sincera, Pansy può ammettere – a sé stessa – di essersi presa una cotta per
l’eroe che per lei sembra avere solo parole e sorrisi gentili. Ma lui perché…? Perché
le sta proponendo persino un appuntamento?
“Non hai qualche eroina con
cui uscire, piuttosto?” gli chiede, inarcando un sopracciglio. È tentata,
terribilmente tentata di accettare, ma la parte di lei che grida di non
mostrarsi vulnerabile e non fidarsi, ché rimarrà ferita, non vuole saperne di
zittirsi. Il suo istinto di autoconservazione funziona bene, la maggior parte
delle volte, poco importa che cervello e cuore le dicano che se può fidarsi
di qualcuno quello è Neville Paciock. “Potresti invitare Lovegood, sareste
una bella coppia.”
Neville scuote la testa. “Speravo
non avessi più voglia di scappare,” dice.
Suona rassegnato, e questo
non le piace per nulla. Pansy si morde il labbro inferiore, soppesando le
opzioni. Potrebbe insistere, chiedergli se Lovegood l’ha rifiutato, e chiudere
una volta per tutte lo strano legame che si è creato tra loro. Altrimenti
potrebbe…
“Okay.” È riuscita a non far
tremare la voce, nonostante il cuore ora batta a mille nel suo petto, ed è
decisamente una vittoria.
“Okay?” ripete lui, fissandola.
Divertito o scettico? Non se ne va.
“Okay, possiamo studiare in
un’aula e puoi offrirmi una stupida cioccolata calda,” sbotta, imbarazzata.
Sente il volto in fiamme e spera che non sia tanto evidente. Muove un passo in
avanti per cercare di nasconderlo. “Allora andiamo?”
Neville non risponde
immediatamente, ma inizia a camminare al suo fianco, guidandola – suppone –
verso la loro aula. “Okay,” risponde divertito.
Pansy non ha risposte
sarcastiche da rifilargli, per ora. Ci sarà tempo anche per quelle, più avanti,
ma adesso… Adesso le sembra il fragile inizio di qualcosa di bello, e non
intende rovinarlo. “Grazie,” mormora, lo sguardo fisso davanti a sé.
Neville non risponde a
parole, solo le sfiora la spalla con la sua. Sono qui.