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Autore: Martiijx    14/12/2022    0 recensioni
"Take a good look you’re bound to see that you are me we’re meant to be for each other, silly girl."
Tratto dalla storia:
Erano passati così tanti anni dall’ultima volta che lo vidi, non era più quel ragazzino impacciato di 17 anni del quale mi ero innamorata, era diventato un uomo, un bellissimo uomo.
Aveva il mondo ai suoi piedi ormai, c’era riuscito.
Mi venne in mente quel pomeriggio passato a cavalcioni sul muretto di casa sua a parlare per ore ed ore del nostro futuro, sognanti. In quel momento mi confidò il suo più grande desiderio “voglio diventare più grande di Elvis, Martha”. Al pensiero, sorrisi all’istante.
Una ventata di aria fresca mi destò da quel ricordo tanto lontano.
Sollevai lo sguardo, per deliziarmi ancora una volta di quella vista, e mi accorsi che si stava dirigendo verso di me; presa dal panico cercai, invano, un nascondiglio, non volevo mi vedesse. Non ora.
Ma ormai era troppo tardi.
- Martha? Sei tu? – mi chiese con voce tremante.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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MISERY
 
The world is treating me bad
Misery.


 
Gli anni del dopoguerra a Liverpool non furono una passeggiata per tutti coloro che facevano parte della classe operaia.
La guerra, infatti, aveva lasciato molteplici ferite aperte, che non si sarebbero mai rimarginate completamente: problemi socio-economici, ai quali si affiancavano quelli psicologici.
I giovani degli anni ‘50 erano coloro che più di tutti si portavano questo macigno alle spalle; su di loro puntava l’intera società per la rinascita e la ricostruzione di ciò che era andato distrutto e perduto durante gli anni del Terrore: edifici, monumenti, persino i vecchi valori tradizionali.

Durante la Seconda Guerra, Liverpool venne profondamente danneggiata: nel maggio 1941, sul Merseyside, una serie di raid aerei distrusse quasi la metà delle abitazioni dell’intera aerea metropolitana e gran parte degli edifici presenti.
Proprio durante uno di questi raid, mia madre partorì.

Fin da piccola, stringendomi a sé, mi diceva che ero stata il suo unico raggio di sole in mezzo a quell’ondata di caos e terrore.
Le credevo, la vita con lei non era stata clemente: da appena nata era stata affidata ad un orfanotrofio, lo “Strawberry Fields” di Woolton, nel quale ha ricevuto tutte le cure ed i trattamenti utili ad una bambina di quel tempo.
All’età di 15 anni, però, scappò, non ne poteva più di passare i suoi anni dentro quelle quattro mura, così cominciò a lavorare e andò a vivere con persone poco affidabili del quartiere. Non mi racconta molto di quel periodo, a detta sua ha un profondo vuoto di memoria.
I suoi 16-17 anni sono stati i più belli della sua vita, dopo la mia nascita, tiene sempre a ribadirlo.
In un quartiere vicino Woolton, conobbe mio padre, di qualche anno più grande; se ne innamorò perdutamente. La guerra, quella “maledetta” diceva, li aveva divisi per sempre, non gli rimaneva più nulla di lui, se non la qui presente Martha.

Non ebbi la possibilità di conoscere Mark, il mio papà, e di certo non fu facile soprattutto durante l’infanzia, quando al parco dietro casa molti bimbi della mia età venivano accompagnati da mamma e papà, quando proprio queste figure maschili prendevano di forza i loro piccoli e li portavano a cavalluccio, con l’intento di fargli visionare il mondo dall’alto. Ancora oggi, all’età di 14 anni mi chiedo come deve essere bello poter respirare l’aria a quell’altezza.
Negli anni però mi sono fatta bastare i racconti di mia madre Beth su di lui, me lo presentava come la persona migliore del mondo. Il modo in cui me lo faceva sentire vicino, nonostante la sua prematura morte, mi ha aiutato a non provare poi così tanto dolore.
Quando ne parlava aveva un particolare luccichio negli occhi che mi manteneva incollata alla narrazione; chissà se un giorno anch’io avrei provato esattamente le stesse sensazioni. Lei dice si chiami “amore”, qualcosa di ancora sconosciuto per me, ma che bramo intensamente di sperimentare.

Elizabeth Grey, per i più stretti Beth, è la donna che stimo più al mondo. Ha avuto un coraggio ed una tenacia non di poco conto, per una ragazza che ha vissuto delle grosse difficoltà in ambito familiare, sin da piccolissima. Mi ha cresciuta da sola e si è dovuta rimboccare le maniche subito, per mantenere entrambe. Inizialmente abbiamo trovato sostegno da una donna, Maggie: la ricordo ancora molto bene, nonostante la mia tenera età, era una donna di circa 70 anni minuta e paffuta, con il nasino piccolo all’insù; lei ci ha sfamate, ci ha dato un tetto nel quale stare per molto tempo, finché mia madre non ha trovato il modo di ripagarla, dopo il duro lavoro, e di trovare un piccolo posticino tutto per noi.

Avevo 6 anni quando ci siamo trasferite, nel sobborgo di Allerton, un quartiere grazioso tutto sommato, non mancava nulla. A pochi passi a questo si trovava proprio l’orfanotrofio nel quale aveva vissuto mia madre. Lei non voleva che ci andassimo, ma ogni tanto, quando avevo il permesso di uscire per strada da sola a giocare, mi avvicinavo in questo campo dal quale provenivano leggeri schiamazzi di bimbi, intenti a giocare a guardia e ladro.
Il campo era sempre chiuso, vi erano delle enormi inferriate rosse che non permettevano l’ingresso; perciò, ai miei occhi acquisì un certo fascino. Avevo una gran voglia di esplorare quel posto, furtivamente, ma non avrei mai osato.
Il pericolo e i divieti se da un lato attiravano la mia attenzione, dall’altra scatenavano in me la paura delle conseguenze.
Io e la mia mamma, ci eravamo ambientate molto bene in quel quartiere nel quale tutti si davano sostegno l’un l’altro, sempre.
Dopo gli orrori della guerra, le persone si cercavano, avevano bisogno di sentirsi parte di qualcosa di grande e di straordinario, di una comunità alla quale aggrapparsi. Quel sobborgo ne era il perfetto esempio, si era venuta a creare una gran bella famiglia.
Ogni volta che delle persone si trasferivano ad Allerton, ci si organizzava per accoglierli, come era stato fatto con noi nel ’47.
Ci si presentava alla loro porta, con dei piccoli doni, spesso dei dolcini, e si augurava loro un caloroso benvenuto. Spesso si rimaneva a parlare fino a tarda sera e già dall’indomani ci si poteva considerare buoni amici.

Oggi, 10 settembre del ‘56 mi sto preparando per l’ennesima accoglienza nel quartiere, dei certi McCarty/McCa qualcosa.. chiederò meglio a mia madre prima di presentarci alla loro porta, non vorrei iniziare con il piede sbagliato.
Mi sono data una sistemata veloce ai capelli e al viso, ho messo il vestito bianco con piccoli fiorellini che mamma mi ha regalato per il mio quattordicesimo compleanno, compiuto a maggio.
Strano ma vero, sembro carina. Dovrei darmi una sistemata un po’ più spesso.

- Martha sei pronta? – mi urlò mamma dalla cucina.
- Arrivo! – la raggiunsi subito, dalla stanza proveniva uno squisito odore di limone, che sapeva proprio di infanzia.
Mia madre ad ogni avvenimento importante preparava una torta al limone, unico dolce che sapeva fare.
Non era un’ottima cuoca, nessuno le aveva mai insegnato a stare dietro i fornelli, ma aveva appreso qualcosa dai nostri vicini, gli Hilmann, che avevano una pasticceria non troppo lontano da casa nostra.
- Finalmente pronta, è tardi dobbiamo andare – disse, mentre sistemava le ultime cose in casa.
Mi diedi un’ultima occhiata nello specchio dell’ingresso, posizionando dietro l’orecchio alcune ciocche di capelli castani che scendevano morbide sul mio viso.
- Sei molto bella, ma adesso andiamo – mi sorrise dallo specchio e mi diede un bacio fra i capelli. Le ricambiai il sorriso e uscimmo di casa.
 
NOTE
Ciaooo a tutti! sono Martina e questo è il mio primissimo lavoro. Indecisa se pubblicarlo o meno, mi sono comunque detta "provaci!".
In quest’ultimo periodo ho avuto bisogno di scrivere e di buttare fuori tutto quello che sta nella mia testa, spero di non annoiarvi e che questo primo capitolo possa un minimo essere di vostro gradimento (più avanti la storia prende la vera forma, questo è solo d’introduzione al personaggio).
Sono bene accette critiche e suggerimenti di qualsiasi tipo, dunque scrivetemi pure! Può solo farmi piacere ed essermi d’aiuto.
   
 
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