Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Fuuma    17/12/2022    7 recensioni
Alto, grosso e bello come un dio norreno, è stato lui ad aprire le danze, in uno scrosciare di applausi.
[..]Thor è stato il primo e a Tony un po’ brucia, ma non poteva pretendere di essere l’unico rappresentante dei grifondoro al Torneo Tremaghi – è una casata che vomita eroi a ogni ciclo lunare, di strano al massimo c’è che in giro non abbia ancora visto quell’altro gigante biondo tutto muscoli. Era convinto sarebbe stato lui l’apripista di Hogwarts, chi meglio di Capitan Puritano Rogers, che alla presentazione delle scuole di Dursmstrang e Beauxbatons è andato a stringere la mano di tutti e augurar loro buona fortuna?
{ stucky; pepperony; thorki; spideychelle | hogwarts!verse | scritta per il Torneo Tremaghi @ L'angolo di Madama Rosmerta }
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Loki, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

pairing: Steve/Bucky { stucky }; Tony/Pepper { pepperony }; Thor/Loki { thorki }; Peter/MJ { spideychelle}

warnings: slash, incest, post-siero Steve, au (hogwartsverse),

 

I personaggi appartengono a chi di diritto.

 


 

We are the Brave 

______________________________

 

 

II | Fortuna a fior di labbra

Un tassofesso, un grifondiota e un serpeverde vengono scelti come campioni del Torneo Tremaghi. È la barzelletta con cui Loki si è svegliato nelle settimane che hanno seguito l’annuncio; non faceva ridere la prima volta e, ora che è storia vecchia, s’è fatta fastidiosa come il ronzio di una mosca.

Eccetto che quel ronzio si trasforma nella voce familiare di una vecchia conoscenza, che lo pugnala alla schiena mentre avanza sulla sponda del Lago Nero, occhieggiando le vele sfilacciate di un veliero fantasma. Una parte di sé sa che quello sarebbe dovuto essere il suo posto, l’altra invece ha il muso butterato e la risata scartavetrata di Helblindi Laufeyson, il Campione dei giganti venuti da Durmstrang, che calcia sgraziato una zolla di terra e gli parla alle spalle.

«Hai visto la vostra miserabile sconfitta e sei venuto a implorare l’aiuto di Durmstrang, vǫlva[1]?» domanda in norreno, una lingua antica che soltanto nelle scuole del Nord insegnano ancora. Ma Loki legge le rune da quando aveva cinque anni e sedeva con le gambe a penzoloni in braccio a sua madre, conosce quella lingua come fosse la sua.

Si volta con calma, per nulla intaccato dal modo in cui l’altro lo ha appellato – allenato fin dall’infanzia alle prese in giro di Thor e dei suoi amici idioti. Sotto al mantello scuro chiuso al collo con la spilla di un serpente che si mangia la coda, la divisa è stirata, la cravatta verde-argento annodata alla perfezione e alla cintura si allaccia la bacchetta.

Helblindi è una montagna di muscoli che in altezza supera perfino Thor, ma anche se è costretto a guardarlo dal basso, il sorriso di Loki è una tagliola che gronda boria.

Avanza verso di lui, un passo e poi un altro.

«Perché dovrei chiedere aiuto a un perdente?» Fino a sbattergli il volto sotto al naso, piantandogli occhi languidi e crudeli nel cranio, quasi potesse aprirlo in due per tirarne fuori i pensieri. Legilimens, direbbe qualcuno, e anche per questo a Hogwarts lo temono e lo evitano, ma la verità è ben altra – a cosa serve leggere un pensiero, quando sei già in grado di leggere le persone?

«Lo sai qual è il problema di quelli come voi? Che muovete la bocca, ma tutto quello che ne esce è il latrato disperato di un cane.»

«Sporco…» Helblindi serra il pugno – gli basterebbe un colpo solo per farlo crollare a terra. Ma il sorriso di Loki lo sfida a provarci, la mano già corsa alla bacchetta e la punta a premere contro la giugulare del ragazzo, come la lama di un pugnale bianco.

«Dicevi?»

Helblindi deglutisce, nella mascella serrata s’incastra tutta la sua irritazione. Non indietreggia, però, gonfia il petto come un toro pronto alla carica, anche se alla fine c’è poco che possa fare davanti alla minaccia sibillina di Loki Odinson. Una Cruciatus o un Imperius e sarebbe umiliato per sempre – a Hogwarts hanno un cuore molle, troppo per insegnare certi incanti, ma d’istinto sa che non vale lo stesso per il serpeverde.

«Come se non sapessi già che sei un codardo» ringhia, digrignando i denti.

Loki affila lo sguardo, accarezza mentalmente gli incanti più pericolosi – e da quella distanza perfino un Expelliarmus potrebbe strappargli la carne. «L’intelligenza non è la tua più grande dote, suppongo.»

«Non glielo hai ancora chiesto, vero?»

Si blocca.

Forse lo ha giudicato male, dopotutto non è così stupido come pensava.

Helblindi ne approfitta per calare in avanti con la testa, sfidando la bacchetta.

«Sarà presente anche lui durante il Torneo. Chiediglielo. Ti confermerà che non sei altro se non una reliquia presa in prestito, un baratto che è servito all’Allfǫðr[2] per mantenere una facciata umana. Ma non sarà sempre così, Loki Odinson.» Sputa il suo nome come fosse acido. «Un giorno quell’orbo cadrà, e sarà mio padre a prenderne il posto.»

Loki ne ingoia ogni parola, le sente bruciargli nella gola e nelle vene, ma è un ragazzo cresciuto a pane, invidia e umiliazioni, ha imparato da anni a modellare ogni stilla d’odio e risentimento per trasformarla in veleno. È una serpe, e delle più pericolose.

«Continua a vivere nella tua illusione, Helblindi, ma se anche quel giorno dovesse arrivare, non sarai presente per godertelo.»

«È una minaccia, Odinson?»

«Perché sporcarmi le mani con qualcuno di inferiore, quando basterà lasciarti partecipare a un Torneo mortale?»

«Tu menti.»

Loki ammicca. La menzogna è sua compagna da sempre, ma non serve leggere le rune per sapere di aver appena piantato il seme del dubbio nel petto del ragazzo – non è un caso se l’altro lo ha chiamato vǫlva, conosce bene le sue capacità divinatorie.

«Porta le mie condoglianze a tuo padre.»

E con una risata sottile, che si raccoglie ai timpani del campione di Durmstrang come un sibilo pericoloso, il serpeverde si allontana.

 

 

Una volta sua zia gli ha detto che è portato per Cura delle Creature Magiche perché ha un cuore buono e gli animali lo percepiscono. Peter dubita sia quello il motivo, ma nell’aula di Cura si sente a suo agio, anche ora che la guarda da una prospettiva tutta nuova.

Dondola silenzioso appeso al soffitto, nelle vene sangue freddo e tutto intorno un caleidoscopio di immagini che si raccolgono in troppi occhi.

Sapeva di aver riconosciuto l’uomo che si accompagna al professore di Cura; li ha seguiti fin da quando sono entrati, ascoltandoli confabulare. E quando i due escono dall’aula, chiudendosi la porta alle spalle, Peter non ha più dubbio alcuno.

Agile e veloce, s’infila tra le fessure degli infissi, percorre il muro fin dove il corridoio svolta e, dove sa, Ned si è appostato per aspettarlo. Accanto ai piedi del ragazzo, un mantello gonfio raccoglie al suo interno un’ammucchiata disordinata di vestiti maschili.

Non appena lo adocchia, Peter prende slancio e con una capriola si lascia cadere sulla sua spalla.

Grosso errore.

Non ha notato che il ragazzo non è più solo da un pezzo. Con il capo reclinato e riccioli castani sfuggiti alla coda che le scivolano sulla fronte, Michelle Jones-Watson si dondola annoiata sul posto.

I due indossano gli stessi colori, Corvonero fino al midollo, ma le maniche della camicia di lei sono risvoltate, dal colletto sbottonato spunta un ciondolo in oro con le sue iniziali e al collo non compare alcuna cravatta – ogni tentativo, da parte di professori e prefetti, di fargliene indossare una è caduto nel vuoto fin dal primo anno.

MJ fissa la macchiolina nera sul golf di Ned; all’inizio non capisce cosa possa essere, ma quando la vede zampettare inorridisce.

«Un ragno!»

«Cos…»

«Dammi la bacchetta!»

«No, aspetta, quello è—»

Non perde tempo in chiacchiere e non aspetta che Ned obbedisca, gliela sfila dalla tasca – di certo non userà la sua per spazzare via quel coso – e con la precisione millimetrica che si confà alla miglior battitrice della sua Casa, le basta un colpo per lanciare via il ragno.

Ned si allarma, grida il nome di Peter e questo potrebbe far drizzare le antenne di MJ, se solo quel maledetto ragno, atterrato sul pavimento lucido del corridoio, non si fosse messo a zig-zagare stordito verso di lei. C’è una nota poetica da qualche parte, la certezza che esista una forza invisibile che condurrà sempre Peter Parker da MJ e viceversa, ma quando la ragazza di cui sei cotto da anni tenta di ucciderti spiaccicandoti a terra, il romanticismo si perde via.

E a questo punto è rimasta solo una cosa da fare: Peter si concentra, le otto lunghe zampette si riuniscono in due gambe e due braccia, il suo corpo si fa più grande e riconquista lentamente sembianze umane.

Davanti a quello spettacolo grottesco, però, MJ risponde d’istinto, prima ancora di capire che quell’ammasso di pelle, chele, occhi e peli irti, sia una persona. Lo calcia via, una scarpata dritta in faccia che lo spedisce con un biglietto di sola andata verso il Paradiso.

O così vorrebbe.

Quando la trasformazione termina, ci sarebbe tanto di cui parlare, a partire dal fatto che Peter non indossa nulla se non l’impronta di una suola di All Star babbane stampata in faccia, ma per un attimo, tutto quello a cui i due corvonero riescono a pensare è il fatto che si trovi ancora lassù.

«Wo! Come ci riesci?» chiede Ned.

«Come riesco a fare cosa?» Peter guarda verso l’alto, l’intonaco bianco del soffitto a cui le sue dita hanno aderito «Oh.» e da cui ora stanno perdendo la presa. «Oh merd-Aaaaahaaa!»

Ricade di schiena, in un tonfo sordo che gli svuota i polmoni d’ossigeno.

Il pavimento è freddo contro la sua pelle e lui è nudo, dolorante e imbarazzato, il suo volto una maschera rosso fuoco in cui le guance si scioglieranno per quanto bruciano. Non era così che pensava sarebbe finita la sua missione di spionaggio.

Allunga un braccio tra le cosce e uno a recuperare mantello e abiti che usa per coprirsi, mentre rivolge a MJ un sorriso stiracchiato che rischia di cadergli dalla faccia e unirsi alla dignità precipitata da qualche parte lì per terra.

«E-ehy, MJ…» balbetta in saluto.

La ragazza sussulta e gli dà di colpo le spalle, sulla pelle ambrata si fa strada un tenue rossore. Sotto la divisa grifondoro sempre trasandata, si sarebbe aspettata di vedere linee acerbe e sottili di un ragazzo allampanato, invece Peter ha muscoli tonici, addominali sviluppati e la figura elegante di un ballerino.

Nervosa si tortura le unghie, cercando qualsiasi altra cosa a cui pensare, come ad esempio: «Tu… tu eri un ragno

Meglio.

Peter ridacchia, si gratta la guancia con la punta dell’indice. «Già, ehm, è una storia lunga…»

«Sei un animagus.»

«…ok, forse non così lunga.»

«E cosa stavate combinando? Ho visto Ned che teneva d’occhio il professore di Cura.»

Chiamato in causa, il corvonero tiene le dita dritte e solleva le mani incrociate davanti al volto, in una posa che ha del ridicolo. «Silenzioso come un Auror e letale come un Dissennatore!»

«Questo non l’ho detto.» MJ gli porta una mano sulla spalla in un gesto di compatimento. «E non dovresti dirlo nemmeno tu.»

Ned affloscia l’ego appena gonfiato; ma quando Peter finisce di vestirsi – la camicia abbottonata storta crea un bozzo deforme sotto il golf, di cui si preoccuperà più tardi – batte una mano alla fronte e scatta di corsa verso le scale.

«Me ne stavo quasi dimenticando, dobbiamo avvertire Tony! So quale sarà la Prima Prova!»

 

 

Tony detesta la noia, per questo ha sempre qualcosa con cui tenersi occupato, che siano gli allenamenti di Quidditch, i tentativi di entrare nella Sezione Proibita della biblioteca (per ora rivelatisi vani), i duelli contro Steve che un giorno riuscirà a cogliere di sorpresa e mettere al tappeto, o, come in questo momento, le sue creazioni magiche.

Si trova nell’aula di Babbanologia, che i professori gli lasciano come spazio sicuro, per evitare che faccia esplodere un intero dormitorio o affumichi i suoi compagni di Casa. Non che sia mai accaduto, ma data la sua predisposizione a fare quello che gli pare perfino durante le ore di Pozioni e Alchimia – perché le nozioni dei libri di testo non gli bastano e ha bisogno di più – hanno pensato fosse meglio così.

Sulla cattedra, si apre un ventaglio di strumenti dalle forme più strane – magici e babbani, per lui non fa differenza. Un bicchiere autorigenerante di caffè è poggiato in un angolo insieme a un sacchetto di Gelatine Tuttigusti+1; accanto ad essi, rimbalza una puffola pigmea dal pelo rosso e il musetto nascosto da un maschera da saldatore in miniatura.

Tony è seduto alla poltrona girevole della cattedra. Sta dando le spalle alla porta, quando viene aperta da un Peter trafelato, che sembra essersi vestito al buio, e dai due ragazzini del quinto anno che gli fanno da ombra.

«Dunque, dunque, dunque…» Con lentezza, quasi li avesse attesi per tutto questo tempo, Tony ruota la sedia. Acciambellato sulle sue gambe, c’è un gattino dal pelo bianco e morbido che il grifondoro accarezza come il villain di un film di spionaggio. «Finalmente ci incontriamo, Mister Parker.»

«Oh. Uhm, mi stavi aspettando?»

Tony scuote il capo. «Essere mezzobabbani è uno spreco per voi.»

Ma i ragazzi non sono gli unici ad averlo cercato. Con uno spintone che scansa Peter di lato, Loki fa il suo ingresso nell’aula, seguito quasi subito da Bucky e dall’occhiata seccata che indirizza alle cosce di Tony.

«Quante volte dovrò dirti di smettere di rapire il mio gatto, Stark?» Borbotta il tassorosso, avanzando fino alla pedana che ospita la cattedra.

«Lo dici come se a lui dispiacesse. Guardalo: dietro a quell’adorabile musetto peloso si nasconde un anima da Mangiamorte. Non è vero, Alpine[3]? Chi è il gattino più malvagio del mondo, che distruggerà tutte le cravatte di Rogers, eh? Ma certo che sei tu! Rendi fiero il tuo papino~»

«Stark, non sei suo padre.»

«No, ma mi preferisce a Rogers e questo è tutto quello che conta.»

Bucky si preme il setto nasale; questo è il karma che lo punisce per aver preso un posto che spettava a Steve, per averlo voluto mettere da parte invece di fidarsi fino in fondo di quel caprone grifondoro.

«Se solo la smettessi di traviarlo» sospira, inginocchiandosi con una mano tesa in avanti. «La volta scorsa ho impiegato una settimana a convincerlo che Steve non fosse un tiragraffi ad altezza umana.»

Con un fischio richiama l’attenzione del piccolo micio.

Orecchie tese e musetto sollevato, Alpine si libera dalle carezze del grifondoro per balzare tra le braccia del suo padrone.

Tony lo guarda offeso, ma ora che la solitudine dell’aula nel dopo-lezione ha lasciato il posto a una folla da circo, ha ben altro a cui pensare che non sia il tradimento del famiglio di Barnes.

«Mamma gatto cercava il suo cucciolo, wannabbe Lord Oscuro… non voglio saperlo…» Lo sguardo passa da Bucky, a Loki, per poi fermarsi sul trio più giovane. «Voi tre piccoli porcellini, invece, che ci fate qui?»

Peter e i due corvonero si rianimano di colpo.

«Abbiamo visto Artemio Stavridis!» esclamano in coro, facendo a gara a chi urla di più.

Tony li guarda senza capire cosa ci sia di così entusiasmante e cosa c’entri lui in tutto questo.

«Congratulazioni?»

Peter scuote il capo con vigore. «No, no, non capisci! Ho letto tutto su di lui su “ADS”!»

«ADS?»

«“Affari da Snaso”. È una rivista che tratta di personalità di spicco nel mondo dell’Erbologia, delle Creature Magiche e dell’Alchimia. Tempo fa è comparso un articolo perfino su Olivander e sulla teoria di una bacchetta senza nucleo e le sue infinite potenzialità.»

Bucky si irrigidisce, stira le labbra e per un attimo le sue dita vengono attraversate da un guizzo nervoso.

MJ tira una gomitata al grifondoro, come farebbe con un qualsiasi motore ingolfato. «Arriva al punto, Peter.»

«Ah sì! Quello che volevo dire è che si tratta di un esperto Magizoologo greco! Lui e il professore di Cura delle Creature Magiche stavano parlando di condizioni in cattività, prede, cibo… sono sicuro che la sua presenza qui ad Hogwarts non sia un caso, ma c’entri con la Prima Prova. Si tratta di una Creatura magica! Deve essere così!»

Tony butta fuori uno sbuffo. «Nella perfetta tradizione del Torneo.»

Bucky si risolleva in piedi. Al sicuro tra le sue braccia, Alpine ha iniziato a fargli le fusa e struscia il musetto sulla sua divisa. «Se hanno scomodato qualcuno addirittura dalla Grecia…»

«Uh! Uh! Questa la so:» dice Ned, saltellando sul posto con un braccio sollevato. «vuol dire che la Creatura Magica viene da lì.»

«Manticora.»

Quattro paia di occhi si muovono a fissare MJ e la sua ovvia conclusione. «Che c’è? Ho anche io l’abbonamento ad “Affari da Snaso”.»

Mentre i suoi due amici la guardano con le bocche ancora spalancate, come avesse appena sconfitto un Dissennatore, Bucky le sorride e Tony le concede un’espressione ammirata. Ora capisce perché quel ragnetto esagitato, che ha troppa fretta di diventare grande, si sia preso una sbandata per la corvonero mezzosangue – ha buon gusto in fatto di donne, questo deve concederglielo.

L’unico rimasto indifferente è Loki. «Se è tutto qui, uno di voi due basterà per ucciderla.»

«Tutto qui?»

«Ucciderla?»

«Uno di noi due?»

Uno dopo l’altro, Ned, MJ e Bucky fanno notare cosa non vada nella sua frase.

Peter, invece, tende il braccio e indica la scrivania. «Ehm… è normale che quella puffola abbia una bacchetta

Tony si volta a seguirne la traiettoria, appena in tempo per vedere la piccola creaturina tenere in equilibrio sulla testolina un cilindro di ferro che termina con una punta rovente.

«Quello è un saldatore e no, Ironpuff[4], metti giù quell’affare!»

La puffola pigmea squittisce, ma alla fine rotola lontana dal saldatore che cade sul tavolo.

Pericolo cessato, vorrebbe poter dire Tony, ma uno ben più insidioso lo accende di brividi quando si volta a cercare Loki, trovandolo già sulla porta, con una smorfia irritata a spiegazzargli le labbra. Se non sapesse che Rock of Ages non ha spazio per gli altri in quel suo cuore di ghiaccio, direbbe quasi che fosse preoccupato per loro e per il Torneo, ma il serpeverde li ignora.

Tony lo intercetta prima che esca.

«Non eri venuto qui per aiutarci a pensare a una strategia?»

Loki neppure si ferma. «Non esaltarti troppo Stark, ho già respirato abbastanza della vostra aria. E se non siete in grado nemmeno di sconfiggere una sola bestia, meritate di venire divorati.»

Tony ormai nemmeno si stupisce delle sue frecciatine minacciose, ma non riesce a togliersi dalla testa l’impressione che il serpeverde abbia in mente qualcosa. Per un po’ lo segue con lo sguardo, esce sul corridoio e lo osserva sparire verso il basso, in direzione dei sotterranei e della Sala Comune serpeverde.

Che si sia sbagliato?

Quello a cui però non ha pensato, è che nei sotterranei si trova anche l’aula di Pozioni.

 

 

Tony e Bucky si sono giocati a gobbiglie la Prima Prova.

Ha vinto Tony.

O ha perso, immagina dipenda dai punti di vista, ma perché fare i pignoli quando puoi cominciare la settimana affrontando un Ammazzadraghi?

Non ha voluto nessuno insieme a lui nella tenda allestita per i campioni del Torneo. Non appena ha adocchiato Rogers cercare di nascosto di intrecciare le dita alla mano della sua mogliettina tassorosso, ha rischiato un attacco di orticaria e li ha cacciati fuori dai piedi, insieme a Rhodey e a Pepper venuti per augurargli buona fortuna.

È meglio così. Non vuole che lo vedano nervoso, o sappiano che anche Tony Stark conosce la paura, anche se la sua, più che di venire sventrato e divorato da una bestia che sembra un patchwork dell’Arca di Noe, è paura di fallire.

Seduto a uno sgabello, apre e chiude a pugno le dita della mano destra per assicurarsi che il suo guanto non gli sia d’impiccio. Ha passato la sera a migliorarlo e ora la pelle e le sottili placche d’acciaio che gli danno forma arrivano a coprirlo fino al gomito.

I suoi professori sono così abituati a vederlo con quell’affare sempre addosso, che ormai lo considerano parte di lui; così quando è stato il momento di controllare le divise, nessuno ha battuto ciglio.

Seduti in cerchio, i ragazzi di Beauxbatons e la sua preside uniscono le mani intonando l’inno francese della loro scuola.

Nell’altro angolo della tenda, il Campione di Durmstrang è solo – una montagna tutta muscoli, che sembra aver scuoiato un leone per indossarne la pelliccia. Non gli concederebbe più di un’occhiata fugace, se non fosse per una seconda ragazza di Durmstrang che lo raggiunge e gli sorride con un languore attraente quasi familiare.

La vede sollevare il palmo e soffiare un bacio alla montagna. In controluce, gli sembra di notare qualcosa sollevarsi nell’aria, una polvere semitrasparente che si deposita sul volto del campione, ma questi non fa una piega e invece si batte il petto come un vichingo appena uscito dall’800, borbottando qualcosa in una lingua che non capisce.

Curioso, Tony insegue la scia della ragazza che sparisce fuori dalla tenda. C’è qualcosa di lei, nel suo passo elegante, nelle mani lunghe e aggraziate, nei colori verde e oro del suo abito e nei capelli di seta corvina, che gli ricordano…

«Oh cazzo!»

Convinta di essere sola, le curve della ragazza si rimodellano, diventano linee più forti ma altrettanto eleganti, il seno si appiattisce e i tratti duri di un volto tipico della gente del Nord si ammorbidiscono in un profilo nobile e affascinante.

È come vedere la nascita di un elfo oscuro.

Un dannatissimo elfo oscuro che porta il nome di Loki Odinson.

«Ma che…» Per la prima volta nella sua vita Tony rimane senza parole. Ha sentito parlare di metamorfomaghi, ma non credeva ne avrebbe incontrato uno proprio ad Hogwarts, e ora non sa se lo ripugna di più scoprire che tra si tratti di Loki o il fatto che lo abbia trovato sexy fino a un attimo fa.

Forse la Manticora lo ha già ucciso e questo è il suo inferno personale.

«Che diavolo gli hai fatto?» si costringe a chiedergli.

Loki sorride affilato e Tony non è più sicuro di voler conoscere la risposta. Dovrebbe parlarne con i professori, ma nemmeno quel figlio d’un Basilisco può essere così pazzo da uccidere apertamente un ragazzo, solo per vincere uno stupido Torneo.

«Preoccupati di quello che farò a te se non riuscirai a recuperare il mio cilindro.»

…o magari sì.

«Il tuo spirito di squadra mi scalda il cuore, Odinson.»

 

 

Il campione di Durmstrang non è morto. Qualcosa è andato storto, ma è sopravvissuto, e quando il colpo di cannone spacca il cielo come il ruggito di un Drago, Tony non ha tempo di preoccuparsi di lui.

È il suo turno.

Estrae la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni. Un pezzo di legno di noce non più lungo di venti centimetri, che da una parte si mostra cavo, scavato fino al nucleo, dove corde di cuore di drago si intrecciano scoperte. È come se quella cavità fosse fatta per contenere qualcosa – nello specifico J.A.R.V.I.S., il pennino grafico che il grifondoro usa per registrare i dati dei suoi duelli, ma che quest’oggi ha dovuto lasciare in dormitorio.

Con un sospiro profondo, ruota la bacchetta tra le dita come un batterista pronto per il suo concerto.

«E andiamo.»

Un passo e l’Arena si apre davanti a lui: uno spazio ovale di più di mezzo chilometro di circonferenza, circondato da enormi rune di contenimento e, al di sopra, dagli spalti a cui siedono gli spettatori.

Il terreno è perlopiù roccioso. Al centro un’arrampicata verticale conduce alla zona sopraelevata, una ricostruzione in scala di un’Acropoli su cui torreggia lo scheletro del Partenone: colonne crollate e macerie senza quasi più forma. È lì che la Manticora lo aspetta, un bestione che perfino da lontano sembra imponente.

Il suo compito è quello di recuperare il cilindro di piombo legato al collare della Bestia. Né più, né meno.

Tony schiocca la lingua contro il palato.

E…

«Nope

com’è avanzato, fa dietro-front.

Dagli spalti si levano rimbrotti, risate e gridolini di sorpresa. C’è chi si chiede se stia già fuggendo con la coda tra le gambe, ma quando lo vedono agitare la bacchetta, si stringono tutti d’istinto alle loro poltrone.

Una dopo l’altra si creano piccole piattaforme circolari che mano a mano salgono verso gli spalti, una scala magica su cui Tony balza, sino ad arrivare alla balconata che ospita la scuola di Hogwarts, là dove si raccolgono i tassorosso.

Si aggrappa alla balaustra di ferro e strizza un occhiolino alle ragazze che ridacchiano e lo salutano sventolando una bandiera che cambia colore ad ogni movimento, mostrando i volti dei tre campioni della loro scuola. Ma è una in particolare la ragazza che cerca: capelli d’oro rosso, una manciata di lentiggini sul naso e lo sguardo di chi lo capisce anche nei silenzi. È Virginia Potts, che ne incrocia gli occhi e vorrebbe farsi ingoiare dalle panche.

Quando raccoglie abbastanza coraggio da alzarsi in piedi, sotto gli urletti concitati dei compagni di Casa, e lo raggiunge, Tony ha un sorriso da canaglia.

«Pensavi davvero non ti avrei trovata, qui in mezzo?»

Pepper sospira e con una pacca leggera stira le maniche corte della divisa da combattimento del grifondoro, in un gesto dato più dall’abitudine che dalla necessità. «Non stai guardando dalla parte sbagliata dell’Arena? Dovresti pensare alla tua prova, invece di distrarti, Tony.»

«Quella distratta sei tu, Miss Potts.»

Lei sbatte ciglia lunghe e folte in un’adorabile espressione confusa.

«Mi è stato promesso un bacio e non l’ho ricevuto. Di’ un po’, patteggi per la scopa in culo dalla lingua biforcuta e cerchi di uccidermi? Almeno scegliti un partito migliore.»

«Se patteggiassi per lui, non saresti qui a chiedermelo. Una delle mie migliori qualità è l’efficienza.»

Tony annuisce – e non perché la prenda in giro, ma perché sa che è vero. Pepper è efficiente, bella, intelligente e spiritosa, e lui alle volte sente di non meritarla, ma è troppo egoista per lasciarla andare, troppo giovane per non credere che senza di lei sarebbe perso per sempre.

«In questo caso…» Affonda una mano tra i capelli lunghi della ragazza e la avvicina a sé. Il resto è pura e semplice magia, di quelle per cui non serve una bacchetta, ma un cuore che batte e la bocca soffice di Pepper contro la sua.

Davanti a quel bacio, qualcuno fischia dalla zona dei serpeverde e da quella di Durmstrang, qualcuno applaude tra i grifondoro, da Beuxbatons urlano “Ah, l’amour”, mentre dalla terrazza occupata dal Ministro della magia inglese e ospiti illustri, Fury desidera strapparsi anche l’occhio buono.

Quando il bacio si scioglie, Tony è finalmente pronto ad affrontare la Manticora; diamine!, per come si sente potrebbe affrontare un’intera nidiata di Draghi!

Così com’è salito, l’incanto Circularis lo riporta nell’Arena, direttamente all’ingresso dell’Acropoli, dove la Manticora si muove avanti e indietro come una bestia guardiana di un tempio.

«Scusa l’attesa, buddy. Ti sono mancato?»

La creatura cala una delle grosse zampe leonine nel terreno, schiaccia roccia e terra sotto la sua enorme impronta. Dietro il massiccio corpo di leone, si agita la grossa coda di scorpione, mentre il muso in parte uomo e in parte bestia si deforma in uno spalancare di fauci.

Lo schiocco della mascella è un suono tetro che rimbomba per l’intera Arena.

I fischi, gli applausi e i commenti si sono ormai spenti; non c’è nessuno ora che possa aiutare Tony – è solo con una bacchetta, il suo cervello e un bacio portafortuna.

«Allora, come vogliamo giocarcela?»

Quando le fauci della Manticora si riaprono, l’ultima cosa che il grifondoro si aspetta è una risposta; invece, nel ruggito feroce si mescolano quelle che crede siano parole: «Fagitó. Tróo.»

Reclinando il capo all’indietro, si gratta la tempia con la punta della bacchetta.

«Il mio greco è un po’ arrugginito, ma è troppo sperare che abbia appena dichiarato la tua resa, vero?»

«Cibo. Io divora.»

Come poco prima, la traduzione giunge inaspettata e Tony schiocca le dita e termina il gesto con l’indice puntato verso la Manticora.

«La sai una cosa? Ti preferivo quando non parlavi.»

Non è una battaglia che può vincere a colpi di sarcasmo, ma non può farne a meno, e ancor prima di riuscire a terminare la sua frase, un’ombra si abbatte su di lui. La coda di scorpione ha frustato l’aria, uno schiocco così forte che gli riverbera nel petto e se non fosse per i riflessi allenati e l’agilità da Cercatore, non sarebbe riuscito a evitare il colpo per un soffio, tuffandosi di lato, sotto una pioggia di detriti.

Scuote il capo, levandosi dai capelli la patina di polvere e terra che lo ha ricoperto e che per un attimo lo rende cieco. È un attimo di troppo: la coda della Manticora si muove in una spazzata, prendendolo in pieno – è come venire investiti da una squadra di Quidditch al completo, in accelerata contro il suo stomaco, che lo scaraventa lontano, a schiantarsi addosso a una delle colonne rimaste ancora in piedi.

Lo scontro è così forte che la sente tremare pericolosamente dietro di sé, sul punto di crollare.

Si porta una mano allo stomaco. Il dolore esplode tra i nervi tingendo il mondo di bianco, e sa per certo di essersi incrinato qualche costola. 

«Il prossimo che mi dice che non è vero che Silente programma da anni l’omicidio perfetto dei suoi studenti, si becca un Mangialumache.» Eppure c’è una strana eccitazione che gli attraversa il corpo, una scarica di adrenalina che gli fa pompare il cuore a mille anche quando quel maledetto pungiglione, grosso quanto una noce di cocco, danza nell’aria. Ama le sfide, ama il pericolo e ama riuscire a uscirne sempre vincitore.

Un’altra frustata. Troppo veloce questa volta perché possa evitarla e allora Tony non ci prova neppure, ma punta la bacchetta e grida «Bombarda!»

L’onda d’urto dell’esplosione che investe la coda della Manticora sbatte Tony lontano dalla traiettoria, ma non abbastanza da sfuggire alla zampata che all’ultimo secondo lo artiglia rigettandolo a terra.

Tra le rocce, a qualche metro di distanza, cade e rotola via un pezzo di legno.

Quando il fumo si dirada, non c’è nemmeno una scalfittura sul carapace della coda e quel che è peggio è che la mano destra del ragazzo è vuota: ha perso la bacchetta.

Tendendo le braccia indietro, fa forza sulla colonna traballante alle sue spalle per tirarsi in piedi. Ha la maglia stracciata all’altezza del petto, strisce di sangue che gli attraversano la pelle e gli ricordano perché non è mai un bene fare incazzare le bestie in possesso di artigli. Dovrà ricordarsene la prossima volta che rapirà Alpine dalle braccia di Barnes.

Ma per ora, mentre tasta il marmo dietro di sé e si abbassa leggermente sulle ginocchia, c’è ancora un bestione extra large di cui deve occuparsi.

Il cilindro di piombo non è mai stato così vicino, stretto al collare anti-accio chiuso al collo della Creatura a un passo dal grifondoro.

Sorride e spalanca le braccia, «Facciamo che te la faccio più facile, mhm?» offrendosi come facile bersaglio.

E la coda cala di nuovo.

Non appena sente il rumore di frusta, però, Tony scatta, scivola con i piedi in avanti e si lascia cadere di spalle, incrociando le braccia davanti al volto per coprirlo.

Il pungiglione sbatte contro la colonna e il colpo questa volta è troppo forte, portandola inevitabilmente al crollo – enormi pezzi di marmo bianco rovinano sulla coda della Manticora, imprigionandola sotto al loro peso.

Sotto la creatura, Tony ruota il capo, osserva compiaciuto la tomba momentanea del pungiglione, mentre sopra di sé l’uomo e il leone ruggiscono di dolore e frustrazione, senza riuscire a liberarsi.

«Hai mai giocato d’azzardo?» chiede d’un tratto il grifondoro. È il gran finale e vuole che conti. «No, certo che no. Allora preparati perché stai per perdere la verginità con me: il tuo corpo sarà anche a prova di incanti, ma scommetto che ne conosco almeno uno che non puoi annullare.»

Nel muso della bestia, si forma un’espressione umana. La Manticora sorride: un sorriso selvaggio che mette in mostra fila di denti affilati come rasoi, mentre occhi ferali lo inchiodano a terra e grondano fame e voglia di sangue.

«Tu. E quale. Bacchetta?» Il ruggito fa colare filami di saliva sul volto di Tony, ma il grifondoro gli è grato per la domanda e con un mezzo ghigno, allunga il braccio di lato.

«Quella bacchetta.»

Abbandonato tra le rocce, il legnetto di noce vibra, risponde al richiamo e in un guizzo magico, la bacchetta si solleva e torna tra le mani del suo mago.

Dal palco si leva un tuono: «Gliel’ho insegnato io!»

Nonostante la distanza, Tony sa già che si tratta di Thor e vorrebbe rispondere che no, quel surfista shakespeariano non gli ha insegnato un accidenti – che al massimo, e a essere molto generosi, gli ha dato l’idea, lui e la sua stupida mazza da battitore, Mjolnir, come se un nome inciso nel legno servisse per trasformarla nel martello di un dio norreno. Ma la magia istillata nel guanto di Stark è sua, tutta sua.

E quando finalmente torna a stringerla tra le dita, svelto allunga la punta verso il muso della Manticora.

«Scacco matto.»

O così ha creduto.

Crack

È bastato un secondo.

Le fauci della bestia si spalancano, l’azzannata gli ingoia mano e bacchetta e tra i denti perlati colano gocce di sangue che si infrangono sul volto di Tony.

È silenzio tra i palchi, un silenzio innaturale, che sospende nell’aria lo stupore, la paura, il dolore. E in quel silenzio si fa strada una melodia dolce, un mugugno di gola – la Manticora sta cantando per lui.

«To-TONY!» grida Pepper.

Oh Pepper, la sua Pepper, di cui porta ancora il sapore sulle labbra.

«Non…» Intrappolato in una morsa feroce, Tony tasta le parole.

La manticora canta e mastica. Mastica. Mastica.

Il braccio ha un tremito involontario. «Non te l’ho detto?»

Crack Crack Crack.

Tony strizza gli occhi, ma quando li riapre, le labbra si arricciano in un sorrisetto sardonico.

«Un piccolo ragnetto mi ha prestato una rivista interessante; in un articolo si parla tanto della tua pelle impenetrabile agli incanti, ma nemmeno una parola sulle tue budella.»

Cra—

La melodia s’interrompe di colpo.

Tony scorge la confusione che attraversa la Manticora quando si rende conto che quello che ha incastrato tra i denti non sono schegge d’osso, ma placche di metallo rafforzato che lo schiocco della mandibola è riuscita a penetrare, ma non a rompere.

Con la mano ancora nella bocca del mostro, il grifondoro rinsalda la presa e concentra l’incanto.

«Incen—»

Allarmata, la Creatura sbarra occhi di bestia e uomo, agita inutilmente il pungiglione incastrato tra le macerie.

Tony ridacchia «Scherzavo, dopotutto siamo ancora in fascia protetta.» ma non le dà comunque il tempo di fuggire «Pietrificus Totalus!»

E quel carosello di adrenalina e paura può finalmente interrompersi sul fermo immagine di una Manticora ruggente, nei cui occhi si specchia il sorrisetto vittorioso di Stark, mentre fa forza sugli addominali e si solleva quel che basta per poter finalmente appropriarsi del cilindro.

«Questo lo prendo io~»

Con un sospiro, infine, si lascia cadere di schiena sul terreno, il braccio rimasto incastrato tra fauci pietrificate.

«Ehy! La prova è finita! Qualcuno può venire a recuperarmi o devo portarmi dietro il bestione?!»

 

 

Fuori dall’Arena è un’esplosione di urla e ovazioni.

Con il braccio destro bendato da un Ferula di primo soccorso, Tony si fa strada tra i ragazzi che lo acclamano.

Riesce a sentire il campione di Durmstrang sputare lamentele, gridare al sabotaggio, ma un uomo dagli occhi gelidi e il sorriso affilato lo fredda sul posto sibilando qualcosa a proposito della sua stupidità nell’essersi fatto spruzzare polvere di testosterone di Manticora. A quelle parole ha smesso di ascoltare, l’ultima cosa che desidera è sapere che quell’armadio a quattro ante sia stato molestato da una Creatura magica.

Mentre Rodhey gli grida, oltre la folla di compagni, che è arrivato al primo posto a pari merito con Beauxbatons, lui fa segno a Pepper di pazientare. Prima di raggiungere lei, il suo passo si ferma di fronte a uno stupito Peter Parker che lo guarda con un’occhiata da cucciolo scodinzolante e quasi lo chiama Signor Stark, quando Tony gli sbatte la mano sana sul braccio.

Non gli dirà che se non fosse stato per lui e la sua rivista, non avrebbe passato la sera a rafforzare il suo guanto, ma quando lo vede illuminarsi come un marmocchio a Natale, qualcosa gli suggerisce che Peter lo ha già capito.

Poco prima di allontanarsi da lui, gli lancia qualcosa tra le mani.

«Un souvenir.»

Quando Peter apre la mano, nel palmo stringe un dente di Manticora.

 

[ 5.924w ]



[1] nella mitologia norrena è una maga esperta nella divinazione e negli oracoli (e sì, il femminile è voluto)

[2] letteralmente: padre di tutto (allfather), è uno dei nomi con cui viene chiamato Odino nella mitologia, ma visto che non ho idea di come funzioni il governo del Nord, ho deciso che a capeggiare quella zona invece di un Ministro o un presidente o quel che l'è, c'è una figura chiamata Allfǫðr e più che altro la loro è una monarchia. Perché? Perché sì e perché significa che Thor e Loki sono effettivamente principi, easy! (e perché tanto ai fini della storia non è davvero importante XD)

[3] nei fumetti Marvel, Bucky possiede un gatto dal pelo bianco di nome Alpine

[4] in inglese la puffola pigmea si chiama pygmy puff, da qui il gioco di parole


 

A questo punto potremmo intitolare il capitolo: "gente che cambia i connotati everywhere"! Ops. XD

All'inizio, per Loki pensavo di dargli la Legilimanzia, ma dato che è già portato per la Divinazione - e che già questa è una seccatura per me - ho optato per farlo diventare un metamorfomagus, che tanto è abbastanza nel personaggio.

Per quanto invece riguarda gli animagus: non mi ricordo se la loro trasformazione comprendesse anche i vestiti; sono abituata alle land potteriane dove solitamente quelli vengono tolti e a logica mi sembra strano che si trasformino insieme al mago; comunque, visto che ero troppo pigra per controllare, ho deciso io per tutti e pace!

Un po' piange il cuore che in questo capitolo non sia riuscita ad inserire nessun accenno concreto alla stucky, ma sono comparsi così tanti personaggi che aggiungerci anche Steve avrebbe significato allungare di più il brodo e portarmi a un passo da una crisi di nervi, senza contare che la prova era dedicata a Tony e che quindi il focus principale volevo fosse lui. Mi rifarò con il prossimo capitolo che, tempo e ispirazione permettendo, sarà sul Ballo del Ceppo, per ora è un miracolo che almeno con questa fic io sia ancora in gara. Auguratemi buona fortuna XD

---

Scritta per Torneo Tremaghi - Multifandom edition @L'angolo di Madama Rosmerta – Prima Prova

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Fuuma