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Autore: Nao Yoshikawa    03/01/2023    2 recensioni
Questa non è una storia felice o strappalacrime. Mi piacerebbe dire che non si tratta nemmeno di una storia sentimentale, ma sarebbe una bugia. Non so cosa mi stia passando per la testa, non so perché avverto l’impellente bisogno di mettere per iscritto quello che mi passa per la testa. Dopotutto è inutile e una perdita di tempo, ma so che il pensiero mi tormenterà finché non lo farò. Ma ho anche promesso a me stesso che brucerò tutto. Nel raccontare la storia che lega me e Kisuke Urahara – mio rivale e nulla più per il resto del mondo, ma molto altro per me, non userò stupide metafore e giri di parole. Solo la verità oggettiva. Per quanto la mia memoria sia ottima, mi tocca andare indietro di centinaia di anni e cominciare dalla mia infanzia. Anzi, dalla nostra infanzia, sicché è da allora che io e Kisuke Urahara siamo, mio malgrado, legati.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Mayuri Kurotsuchi, Urahara Kisuke, Yoruichi Shihoin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La genialità del giglio
 
Infanzia
 
 
Questa non è una storia felice o strappalacrime. Mi piacerebbe dire che non si tratta nemmeno di una storia sentimentale, ma sarebbe una bugia. Non so cosa mi stia passando per la testa, non so perché avverto l’impellente bisogno di mettere per iscritto quello che mi passa per la testa. Dopotutto è inutile e una perdita di tempo, ma so che il pensiero mi tormenterà finché non lo farò. Ma ho anche promesso a me stesso che brucerò tutto. Nel raccontare la storia che lega me e Kisuke Urahara – mio rivale e nulla più per il resto del mondo, ma molto altro per me, non userò stupide metafore e giri di parole. Solo la verità oggettiva. Per quanto la mia memoria sia ottima, mi tocca andare indietro di centinaia di anni e cominciare dalla mia infanzia. Anzi, dalla nostra infanzia, sicché è da allora che io e Kisuke Urahara siamo, mio malgrado, legati.
Della mia storia prima di essere ciò che sono adesso, il capitano della Dodicesima Compagnia, nessuno sa niente, eccezion fatta per Urahara e per Yoruichi Shihoin. Dopotutto non vedo l’utilità di far sapere i fatti miei. Se devo essere onesto, l’inizio della mia storia sembra uno stupido cliché. Un bambino venuto dal nulla che è riuscito a diventare qualcuno di importante (malgrado non mirassi propriamente a questo. Già allora il mio desiderio era cercare, capire, sperimentare). Ma non perdiamoci in commenti superflui.
Come ho detto, la mia storia inizia nel Rukongai. Facevo parte di quella feccia bistrattata e maltratta. Non posso dire che fossi infelice, piuttosto avevo già imparato l’indifferenza. Già ai tempi preferivo circondarmi solo di persone che mi interessavano davvero. Per questo, molti bambini della mia età mi evitavano, spaventati dai miei modi bruschi e, soprattutto, dalla mia vena di sadismo e cinismo già presenti allora. Il fatto è che già ai tempi avvertivo in me un profondo desiderio di conoscere. Non sapevo ancora leggere, né scrivere, né tantomeno contare, eppure tutto ciò che c’era al mondo mi incuriosiva e mi portava a chiedermi cosa c’è oltre?
Ero un bravo osservatore. Analizzavo tutto. E col tempo aveva imparato a capire anche come funzionavano i meccanismi delle persone. Come capire quando mentivano, quando provavano rabbia o paura. Forse fu solo istinto di sopravvivenza, perché di fatto riuscii sempre a cavarmela da solo. Anche se soffrivo la fame e il freddo, era assoluto, solitario. Arrabbiato e nervoso perché più crescevo e più mi interrogavo sul mondo, ma la mia fame – non quella del corpo, bensì quella della mente, non si placava mai. Avevo troppi limiti e la cosa mi rendeva parecchio incattivito verso gli altri bambini, a cui mi approcciavo con minacce spaventose e attacchi fisici. Uscendone spesso malconcio, devo ammetterlo.
Le cose cambiarono quando incontrai Kisuke Urahara, che ai tempi era insopportabile e saccente come adesso. Come poi avrei scoperto in seguito, lui non viveva nel Rukongai, era troppo per bene, troppo ben vestito e pulito, ma era solito a venire lì di nascosto. Quando ci incontrammo, avevo il viso pieno di graffi, ora non rammento il perché, ma di sicuro per una rissa. Lui allora si avvicinò a me, porgendomi qualcosa avvolto nella carta: un onigiri.
Insopportabile e inopportuno. Già ai tempi ero orgoglioso e la pietà altrui mi infastidiva. Per questo lo avevo guardato truce, questo però non era servito a farlo desistere.
«Lo vuoi? Io sono pieno, puoi mangiarlo tu.»
Ero diffidente. Verso chiunque in generale, verso di lui in particolare. Essendo sveglio per la mia età, avevo intuito subito che quel bambino mi avrebbe creato problemi. Ma la fame era fame e allora accettai la sua offerta, perché chissà quando mi sarebbe ricapitato di mettere sotto i denti qualcosa di decente. Addentai l’onigiri guardandolo di soppiatto e aspettando che se ne andasse. Ma lui se ne stava lì, fissandomi e sorridendo.
«Come ti chiami?» domandò.
«Mayuri Kurotsuchi» gli risposi subito. Era la prima volta che qualcuno si avvicinava a me di sua spontanea volontà senza essere impaurito. In molti dicevano che avevo lo sguardo cattivo e sadico, e avevano ragione, ma lui sembrava non farci caso.
«Mayuri? Sembra un nome da femmina» fu il suo primo commento nei miei confronti, il primo di molti. Nel sentirlo parlare così ero arrossito e il riso mi era andato di traverso.
«Che cosa vuoi da me? Sei irritante.»
«Oh, scusa. Non volevo darti fastidio. Io comunque mi chiamo Kisuke Urahara. In teoria non dovrei essere qui» e dicendo ciò abbassò la voce. «Anzi, probabilmente passerò dei guai, ma non fa niente. Tu vivi qui tutto solo? Quanti anni hai? Hai delle ferite sul viso, sicuro che non ti serve aiuto?»
Feci una smorfia, odiavo tutte quelle domande.
«Ma vuoi andartene? Sì, va bene, grazie per l’onigiri. Ma ora sparisci, non sono un cucciolo» borbottai, serio e tirando il petto in fuori. Kisuke però non era spaventato da me, né intimidito. Anzi, sembrava divertito e incuriosito.
«Non l’ho mai pensato. Mi dispiace, è che ti ho visto tutto solo e ho pensato che magari volevi fare amicizia. Io sono molto amichevole, però la mia amica Yoruichi dice che parlo troppo. In realtà me lo dicono molti. È che sai, a me piace tanto leggere e quindi ho bisogno di parlare di quello che imparo…»
Mi ero già pentito di avergli dato corda. Kisuke era insopportabile già da bambino, tuttavia una cosa aveva attirato la mia attenzione.
«Tu leggi?» gli chiesi. Lui sembrò contento di quella domanda.
«Certo, io leggo molti libri. In realtà non sono miei, ma vivendo con gli Shihoin è un po’ come se lo fossero. Mi piacciono soprattutto i testi scientifici, sono molto affascinanti. Però Yoruichi dice sempre che non devo tormentarla con questi discorsi noiosi. E tu leggi?»
Ovviamente era stata una domanda stupida, la sua.
«Io non so leggere» gli risposi. In quel momento aveva deciso che Kisuke Urahara non mi piaceva, tuttavia fui interessato dai suoi hobby. Volli saperne di più, vista la brama di conoscenza che mi aveva accompagnato sin da quando riuscissi a ricordare. Poco dopo conobbi la donna che ci avrebbe accompagnato per molti anni a seguire: Yoruichi Shihoin, donna che molto spesso ho odiato, ma anche ammirato.
Yoruichi, quando la vidi per la prima volta, era agghindata come una principessa, cosa che del resto era, ma in disordine.
«Kisuke, ma perché ti sei allontanato? Lo sai che dobbiamo stare sempre insieme!»
«Mi dispiace. Ma ho trovato un nuovo amico. Mayuri, lei è Yoruichi Shihoin, la mia migliore amica. Yoruichi, lui si chiama Mayuri. Ed è un maschio, anche se il suo nome è da femmine.»
«Ora ti prendo a pugni, brutto imbecille» lo minacciai. Yoruichi mi guardò e mi resi conto di quanto stonavano loro accanto a me.
«Tu hai gli occhi che sembrano cattivi, ma lo sguardo intelligente» era stato il suo commento. E mai parole furono più azzeccate. Poi si era voltata di nuovo verso Kisuke.
«Ora comunque ce ne dobbiamo andare. Saremo di nuovo nei guai.»
«Pazienza, ce ne faremo una ragione. Adesso io me ne devo andare, Mayuri. Però ritornerò, se vuoi ci vediamo.»
Non avevo risposto, davo per scontato che non ci saremmo più rivisti. E invece lui mi ritrovò. Venni a sapere da Kisuke stesso della profonda amicizia che lo legava a Yoruichi Shihoin e del fatto che vivessero insieme. Viveva sotto l’ala protettiva di quella famiglia nobile e ciò gli permetteva di condurre una vita agiata. Lui e Yoruichi avevano la tendenza a scappare e a venire nei posti come il Rukongai. Kisuke non smetteva mai di parlare, chiacchierava troppo e per quanto gli rispondessi in malo modo, lui sorrideva. Quest’abitudine non l’avrebbe abbandonata nemmeno in età adulta.
Un giorno mi portò un libro, perché si era messo in testa di insegnarmi a leggere. Quella volta non protestai, perché era sempre stato un mio desiderio. Kisuke era piuttosto bravo a spiegare, ma io ero incredibilmente veloce ad apprendere e quella fu la prima occasione in cui se ne accorse.
«Sei perfino più veloce di me ad imparare» lo aveva lodato.
«Lascialo a me» gli dissi. «Non posso aspettare certo te, per imparare.»
Di fatto, lui mi aveva dato la spinta e il modo, ma per il resto volevo cavarmela da solo. Il primo libro che lessi interamente parlava delle zanpakuto, come venivano create, come funzionavano. Ne rimasi affascinato, ma la mia fame di sapere non si era placata. Tutt’altro. Quindi iniziai ad aspettare trepidante gli incontri con quel bambino sì insopportabile, ma decisamente intelligente, che conosceva così tanto.
«Tu che cosa vuoi fare da grande?» mi chiese un giorno. L’inverno era alle porte e scaldarsi era difficile, ma non avrei mai mostrato la mia debolezza di fronte a lui. Avevo risposto con un’alzatina di spalle.
«Qualcosa che non abbia un limite» era stata la mia risposta. Lui mi aveva guardato e aveva riso.
«Io vorrei tanto diventare uno scienziato. Ci pensi a quante cose si potrebbero imparare e sperimentare? Ecco, questa è di sicuro una cosa senza limiti. Però scommetto che non tutti possono diventarlo, bisogna essere davvero molto bravi.»
«Io sono il più bravo, posso esserlo anche più di te» gli risposi con tutta la stupida arroganza di quell’età. Ovviamente Kisuke era un passo davanti a me, grazie alle sue possibilità. Lui non se la prendeva mai, quando dicevo certe cose. Era l’unico che mi teneva testa senza smettere di essere gentile. A me, comunque, non importava. Volevo solo trovare il modo per sentirmi un suo pari, per non sentirmi un passo indietro.
 
E il modo arrivò quando l’inverno aveva già fatto il suo ingresso da un po’. Lui e Yoruichi vennero da me quel giorno, trovandomi nella casa fatiscente che condividevo con altri dieci bambini miei coetanei. Yoruichi non ci stava spesso attorno, ci lasciava parlare di quegli argomenti per lei noiosi, ma da quel momento noi tre saremmo diventati quasi praticamente inseparabili.
«Un posto delizioso» esordì lei, guardandosi attorno. Le bambine mi piacevano anche meno dei maschi, troppo piagnucolose, troppo fragili, troppo fastidiose. Lei era fastidiosa, ma non piagnucolosa o fragile.
«Che volete, tutti e due?» borbottai. Il libro che Kisuke mi aveva portato lo avevo riletto centinaia di volte e oramai lo avevo addirittura consumato, a furia di tenerlo in mano, sfogliarlo.
«È per una proposta» disse Yoruichi alzando il dito. «Kisuke mi ha detto che tu sei molto intelligente e sveglio, oltre al fatto che gli stai simpatico. Su quest’ultima cosa non mi trovo d’accordo, ma non è questo il punto. Io ti offro la possibilità di avere un tetto sopra la testa e un’istruzione. Tutto pagato dalla mia nobile famiglia, ovviamente.»
Già allora pensai che quella bambina non ci stesse molto con la testa.
«E perché una famiglia nobile dovrebbe fare una cosa del genere? Io sono feccia.»
«Beh, mettiamola così. Kisuke è stato preso sotto l’ala protettiva degli Shihoin. E la mia famiglia lo adora. E visto che ha decantato tanto le tue lodi e li ha tanto pregati, e visto che io ottengo sempre quello che voglio perché sono convincente… eccoci qui.»
Kisuke era arrossito, lo vedevo per la prima volta.
«Non è giusto, avevamo detto che questo era un segreto!»
La sua proposta mi lasciò sorpreso. Da un lato mi eccitava l’idea di avere un’istruzione, da un lato odiavo l’idea che tutto ciò fosse grazie a Kisuke Urahara. Che mi adorava e decantava le mie lodi, che cosa stupida! Il mio viso bruciava di vergogna e rabbia, ma ero anche abbastanza intelligente da capire che un’occasione del genere non mi sarebbe più capitata.
«Potrò avere tutti i libri che voglio?» domandai. Non volevo limiti e l’idea di avere fonti su fonti, di testi su cui studiare e imparare, stava iniziando a mettermi di buon umore.
«Certo, mi sembra ovvio! Però devo comportarti bene e studiare, altrimenti verrai cacciato. Diciamo pure che il primo mese sarà di prova. In fondo tu vieni pur sempre dal Rukongai e la mia famiglia è molto nobile e altruista, però deve stare attante a chi decide di accogliere. Anche perché se fai qualcosa di sbagliato, poi puniranno noi, e io ti ucciderò!»
«Va bene, Yoruichi, penso che abbia a capito!»
Non era nel mio interesse farmi cacciare o comportarmi come un discolo. Mi interessava solo la conoscenza. Quella fu la prima delle tante volte in cui misi da parte il mio orgoglio.
«E va bene, brutta principessina viziata. Facciamo questa cosa.»
Kisuke mi guardò stupito, a quanto sembrava in pochi osavano riferirsi a Yoruichi in quei toni. Lei però mi sorrise, intrigata.
«E va bene, facciamo questa cosa, brutto prepotente.»
 
 
Poco più di una settimana dopo, pulito e in ordine come non ero mai stato, mi ritrovai per la prima volta in una casa nobile. Gli Shihoin erano tra i casati più nobili e più antichi. Ma a me non interessava granché, anche se fui sempre bravo a mostrarmi educato, anche se freddo. Grato, anche se diffidente. E in fondo un po’ tutti lì erano diffidenti con me, perché ero solo il bambino venuto dal Rukongai, che si trovava lì perché i due prediletti della famiglia lo avevano voluto lì. Come se fossi un cane, ma ora non avevo tempo per pensare a cose del genere. Mi misi subito al lavoro. Io, Yoruichi e Kisuke facevamo lezione seguiti da un precettore, anche se spesso Yoruichi si ritrovava ad avere lezioni individuali (in quanto erede del casato aveva bisogno di un’istruzione un po’ diversa). Questo voleva dire che io e Kisuke ci ritrovavamo da soli. Amavamo entrambi le materie scientifiche e, quando mi mostrò per la prima volta l’immensa biblioteca a nostra disposizione, non potei trattenere lo stupore.
«Hai visto quanti libri ci sono? Molti più di quanto potremmo mai leggere!» esclamò sollevando le braccia al cielo.
Scaffali che arrivavano fino al tetto. Infinite possibilità di conoscenza. Senza limiti, per l’appunto.
«Io voglio leggere tutto quello che c’è qui. Voglio sapere tutto.»
«Anche io voglio sapere tutto.»
Mi dava fastidio, perché sembrava volesse imitarmi in tutto. O forse io volevo imitare lui, in realtà questo rimase sempre un mistero anche negli anni a seguire.
La maggior parte del mio tempo – e della mia infanzia in realtà – la passai in quella biblioteca. Apprendevo velocemente, avevo una buona memoria e ottime capacità di deduzione. Ovviamente ero eccellente nelle materie scientifiche e ben presto anche i familiari di Yoruichi dovettero riconoscere che le parole di Kisuke si erano rivelate veritiere. E poi, il fatto di aver accolto un orfano del Rukongai che si stava rivelando geniale, poteva solo portare lustro al loro nome. Ma a me non importava. A me importava imparare e più il tempo passava, più la mia mente si affinava, spesso superando la stessa Yoruichi. E poi c’era Kisuke. Senza rendermene conto, iniziai a gareggiare con lui. Chi leggeva di più, chi capiva di più, chi ricordava meglio. La differenza tra me e lui era che la mia brama di superarlo era evidente. Lui invece viveva tutto come un gioco. Sempre con quei suoi modi di fare gentili e affabili che tanto mi davano sui nervi. Lui e Yoruichi insieme, poi, mi erano fortemente indigesti. Yoruichi non era una mente particolarmente brillante, troppo emotiva. Eppure Kisuke si trovava bene con lei. Sono sicuro che se fosse dipeso da lui avrebbe passato il suo tempo a studiare, con me, ma Yoruichi riusciva sempre a convincerlo a fare quello che voleva. Alle volte trascinava anche me nei loro giochi infantili, non perché mi interessasse. Perché chiariamo, io sono nato già adulto, nella mente. Ma il fastidio che provavo nel saperli insieme mi portava ad andare anche contro i miei principi. Perché Kisuke avrebbe dovuto perdere tempo con lei, a scorrazzare e a giocare senza scopo, quando avrebbe potuto confrontarsi con una mente geniale quanto la sua?
Penso che il cambiamento più grande sia avvenuto quattro mesi dopo il mio arrivo. Mi ero oramai guadagnato la fiducia dei familiari di Yoruichi, grazie al mio impegno e alla mia educazione (che erano in realtà menefreghismo e poca voglia di parlare in generale). Quello era uno di quei giorni in cui Yoruichi scappava di casa (era una cosa che faceva spesso, anche se nobile non amava certe etichette), per giocare. Lei era così manesca, strapazzava sempre Kisuke e lui, come un idiota, non reagiva.
«Va bene, mi arrendo. Ho detto che mi arrendo. Yoruichi!» esclamò, con Yoruichi che, seduto sopra di lui, gli impediva di muoversi. Io mi limitavo a guardarli. Avevo preso l’abitudine di portarmi dietro un blocco note. Lì appuntavo tutto, idee, progetti, esperimenti da provare. Niente di complicato, ma allora mi sembrava chissà cosa.
«Ehi, Mayuri. Non fare il noioso. Certo che tu sei vecchio dentro, vieni a giocare con noi!»
Yoruichi mi si piantò davanti con le mani poggiate sui fianchi. Kisuke sapeva quanto fossi poco propenso al gioco e gli suggerì di lasciarmi stare.
«Io non voglio le tue manacce addosso, sono qui solo perché altrimenti mi daresti il tormento.»
«Buuu, noioso, noiosooo! E poi, cos’hai da scrivere sempre su quel blocco di carta? Su, fammi vedere.»
Mi strappò di mano il blocco note e finalmente reagì.
«Ridammelo. Non leggere!»
«Dai, Yoruichi. Ridaglielo» s’intromise Kisuke.
«Oh, quante storie! Voglio solo leggere e… oh, no! Mayuri, sei cattivo. Vuoi fare esperimenti sugli animali? Amputazioni? Che schifo! Non si fa mica.»
«Ora basta, mi hai stancato!»
Non è da me ricorrere alla forza bruta, di solito uso metodi molto più affinati. Ma ero ancora ingenuo e immaturo, così gli saltai addosso, graffiandole il viso. Cosa ben poco saggia e intelligente visto che alla mia minima azione sbagliata sarei stato cacciato via. Avevo appena attaccato la principessina del casato Shihoin, poi. Peggio di così non potevo fare. Fu Kisuke ad afferrarmi e ad evitarmi di fare peggio. Yoruichi stava bene, era solo molto indispettita.
«Ma si può sapere che fai?» mi urlò contro.
«Sei un’idiota» risposi io, prendendo il mio blocco note impolverato. Ovviamente Kisuke mi andò dietro, farsi gli affari propri non rientrava nella sua natura. In verità, se fosse stato nella sua natura, le nostre strade non si sarebbero mai incrociate.
«Ehi! Dai, Mayuri, non fare così. Yoruichi è un po’ dispettosa, ma non cattiva.»
Io allora mi voltai, sorridendogli storto.
«Io invece lo sono. Quello che ho scritto è vero. Voglio sperimentare su degli esseri viventi. Prima sugli animali. Ma magari un giorno potrei farlo con le persone.»
Mi aspettavo una sua reazione precisa. Shock e sdegno almeno. Dopotutto lui non era così sadico da essere sulla mia stessa scia d’onda.
«Davvero vuoi farlo? Beh, certo è un po’ strano, forse non è nemmeno legale.»
La cosa che non sopportavo – e che non sopporto tutt’ora, di Kisuke Urahara, era che si rendeva totalmente illeggibile. Già allora non si capiva mai cosa gli passasse per la testa. Capivo tutti, ma non lui.
«Ma sei stupido o cosa? Hai capito cosa ho detto? Io voglio diventare uno scienziato, voglio conoscere e esperimentare sempre di più. Non mi importa d’altro, nemmeno della legge. A te va bene così?»
Già ai tempi non capii chi fosse il più pazzo dei due, se io con i miei progetti o lui che non si stupiva. Fece spallucce.
«E anche se fosse? Mica potrei fermarti. E poi noi siamo amici, io devo sostenerti.»
Mi avvicinai a lui, la fronte aggrottata.
«Noi non siamo amici. Tu sei il mio rivale. È vero, sei intelligente, ma il più geniale sarò io. Io diventerò lo scienziato più bravo e capace di tutti.»
Kisuke mi sorrise.
«Lo diventerò anche io.»
Lì, quel giorno, senza che ce ne accorgessimo, la nostra sfida era stata sancita.
Yoruichi non disse niente a nessuno della nostra breve schermaglia, lei stessa si era resa conto di aver esagerato, e anche se non mi chiese mai scusa, da quel momento in poi evitò di provocarmi ancora. Il rapporto tra me e Kisuke oramai era stabile. Lui seguitava a rivolgersi e a trattarmi come un amico, io invece lo trattavo come rivale, di cui riconoscevo la capacità, ma a cui non volevo essere secondo. Kisuke non doveva mai essere davanti a me. 
In estate, Kisuke iniziò a parlare della sua idea di studiare all’Accademia per Shinigami e di entrare nel Gotei 13. Ovviamente sapevo tutto sull’argomento, ma non ero mai stato particolarmente interessato.
«Perché vedi, gli Shihoin, sin dagli albori, sono sempre stati a capo della Seconda compagnia. Io non so se potrei mai diventare tipo un capitano, però mi piacerebbe entrare a far parte delle tredici compagnie.»
Come al solito, Kisuke mi infastidiva con le sue chiacchiere, mentre io cercavo di applicarmi sui libri. Era fastidioso perché, per qualche strano motivo, io avevo bisogno di più concentrazione e tempo. Perché per quanto mi costi tutt’ora ammetterlo, Kisuke era più veloce ad apprendere. Non aveva bisogno di sforzarsi quanto facevo io e la cosa non mi stava bene. A lui non importava, mi bruciava il fatto che non mi vedesse come un rivale, come invece lo vedevo io.
«Se proprio ci tieni…» gli risposi, distratto.
«E a te non piacerebbe?»
«Non sono interessato e io faccio solo ciò che mi interessa.»
«Uh! Sei così freddo, Yuri. Ho avvertito un brivido.»
Da un po’ di tempo Kisuke aveva preso l’abitudine di chiamarmi con quel nomignolo fastidioso e anche poco adatto a me. Ma non c’era verso di farlo smettere.
«Sì, infatti. Ora puoi andartene? Giuro che, quando potrò, ti usare come base per i miei esperimenti.»
«Se può aiutarti, non mi tirerò indietro! Sicuro che non vuoi aiuto?»
«No, ora vattene!» lo cacciai via. Tendevo a farlo spesso, soprattutto quando mi offriva il suo aiuto. Per me era già abbastanza umiliante sapere di essere dov’ero grazie a lui. Era come se mi sentissi costantemente in debito, perennemente obbligato da me stesso a essergli superiore senza mai riuscirci. Perché Kisuke Urahara era precoce e geniale. Come me, ma a differenza mia, lui non affinava quelle sue qualità perché sentiva di non averne bisogno. E poi c’era tutto il lato legato ai sentimenti che, mio malgrado, possiedo anche io. Quando Kisuke non era con me, era con Yoruichi. Avevano un rapporto tutto loro, si conoscevano da anni e più di una volta mi ero sentito escluso. Anzi, era più corretto dire che io mi escludevo, li guardavo dall’alto della mia arroganza, credendomi migliore. Ma io non li capivo. Non capivo il senso che davano alla parola divertimento, e non capivo nemmeno certe sensazioni che provavo. Non le capivo io, che in genere capivo tutto con facilità.
Un’altra volta, fu Yoruichi stessa a venire da me. Avevo una camera tutta mia vicino gli alloggi della servitù e lei, almeno in teoria, non sarebbe dovuta venire fino a lì, ma Yoruichi faceva sempre quello che voleva.
«È ora di dormire, perché sei qui? Perché tu e Kisuke vi alternate per molestarmi?» borbottai. Aveva anche interrotto la mia lettura serale.
«Tanto nemmeno tu stavi dormendo. Me ne vado subito, sono qui solo per dire una cosa» Yoruichi si guardò attorno e poi guardò me negli occhi. Era una cosetta minuscola, anche più di me, eppure s’impuntava con chiunque.
«Lo sai, Kisuke ti vuole bene, ma tu sei sempre cattivo con lui. Lui me l’ha detto, sai? Che questa cosa gli spezza il cuore, ma non te lo dirà mai, perché Kisuke è fatto così. Lui ti considera il suo migliore amico!»
Le sue parole mi avevano sorpreso. Avevo più volte ripetuto a Kisuke che non lo consideravo un amico, ma un rivale. Perché doveva rendere tutto così difficile? Non poteva tenermi distante come io facevo con lui?
«E io che posso farci? Lui è sentimentale, io no.»
«Ma dai! E allora perché credi ti abbia aiutato? Insomma, se non era per lui…»
«Zitta, sta zitta! Non ricordarlo. E poi, che ne so io? Avrà riconosciuto uno simile a lui. Visto che tu sei una bambinetta viziata e anche noiosa. Non capisco cosa ci trovi in te.»
Yoruichi si avvicinò me, fin troppo. Non amavo il contatto fisico.
«Mayuri, ma… non è che sei geloso perché sei innamorato di me?»
Yoruichi ancora non aveva capito tutto di me, era troppo giovane per farlo. Però riuscì comunque a farmi arrossire, la prima ad accorgersi che in effetti della gelosia c’era, ma nei confronti di un’altra persona. E io lo sapevo, ma mai lo avrei ammesso.
«Ma che dici! Io non mi innamoro di quelle come te. Sei brutta, stupida e non mi interessi.»
Pensai di averla offesa. Yoruichi aggrottò la fronte e poi sorrise.
«Nemmeno tu sei il mio tipo. Beh, meno male. Anche perché a me piace Kisuke, quindi non avrebbe funzionato.»
«Bene, allora sposatevi e tanti auguri. Ora vattene!»
L’afferrai per un braccio e la spinsi via. Mi sentivo ancora accalorato. Finché ero io a comprendere lo stato d’animo delle persone era un conto, ma che gli altri lo facessero con me, non mi piaceva affatto. Avrei tanto voluto una protezione, in quei momenti, una sorta di maschera. Certo mi sorprendeva che Yoruichi, con un’intelligenza nella norma, avesse capito cosa sentivo. E Kisuke invece no. O almeno così credevo, ma questa parte della storia arriva molto tempo dopo. Questa parte della mia vita la ritengo poco interessante, malgrado tutto, perché non accade nulla di eclatante. Eccetto il fatto che io e Kisuke ci siamo conosciuti e che quell’incontro ha gettato le basi per quella che sarebbe stata la mia vita.


N. D. A
Questo è un what if a cui ho pensato per mesi prima di scriverlo. Mi è venuta l'idea quando ho letto L'amica geniale di Elena Ferrante, saga che ho amato. Mi rendo conto che ho trovato ispirazione da una fonte improbabile visti i personaggi su cui ho deciso di scrivere, sta di fatto che volevo provare a dare la mia versione alternativa di questa parte della storia. Saranno quattro capitoli in totale, per i primi due mi sono basata su headcanon miei/fatti e cose inventate da me gli altri due invece seguono di più il canone per ovvi motivi. Adoro Kisuke e Mayuri sia come ship, che come BROTP, che come rivali e tutto. E tra l'altro io non sono una che usa spesso la prima persona, l'ho usata raramente, ma la trovo particolarmente immersiva e in questo caso ci sta in modo particolare. Spero che questo capitolo risulti interessante, anche se fra i quattro non è il mio preferito.
Nao

 
   
 
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