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Autore: Abby_da_Edoras    14/01/2023    2 recensioni
Ecco che ritorno a pubblicare questa storia dopo tre anni... ma le cose in effetti sono cambiate. Devo ammettere che, da un lato, la terza stagione de I Medici non mi ha mai entusiasmata, ma dall'altro avevo voglia di raccontare cosa sarebbe successo nella MIA versione dei fatti non solo a Lorenzo, ma anche ai personaggi che io ho salvato o creato, ossia Jacopo e Antonio, Giuliano e altri che conoscerete leggendo la long (che, ovviamente, è il sequel di Il mio nome è mai più e Tutta un'altra storia e va letta dopo quelle). Così Lorenzo si trova ad affrontare nuovi nemici ma, questa volta, Giuliano è al suo fianco e anche Jacopo, nonostante questo gli faccia venire la nausea... e ci saranno nuovi personaggi, che però non sono quelli che avevo usato nella prima versione di questa storia.
Insomma, spero che la long fic vi piacerà, grazie a tutti coloro che leggeranno.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo settimo

 

There ain't nothing you can say
To scare me away
I got history too
And it's never to late
Share a secret today
I reciprocate
Baby I got you
So hurt with me
I'll hurt with you
Baby you know we can hurt together
I've been where you've been
I've seen what you've seen
So hurt with me
We can hurt together!

(“We can hurt together” – Sia)

 

Fortunatamente le donne e i bambini della famiglia Medici erano al sicuro a Pistoia, perché a Firenze, al contrario, le cose andavano sempre peggio. Lorenzo, alla fine, aveva preso una decisione piuttosto drastica e ne stava parlando con Giuliano.

“Che significa che vuoi che lasciamo il Consiglio dei Priori?” esclamò il fratello, sconcertato.

“È l’unica cosa che possiamo fare” replicò Lorenzo, “ma vorrei che tu lo comprendessi e che fossi d’accordo con me, non voglio costringerti a ritirarti solo perché lo farò io.”

Giuliano lo fissò, poco convinto. Sì, Lorenzo stava chiedendo il suo parere, ma in realtà aveva già deciso… e quelle che stava dicendo non sembravano parole sue, era come se stesse ripetendo qualcosa che qualcun altro gli aveva detto per convincere anche se stesso.

“Lorenzo, io non ho problemi a ritirarmi dal Consiglio dei Priori” rispose Giuliano. “In fondo ne sono entrato a far parte solo da pochi mesi e, comunque, spesso vado a Genova da Simonetta e non partecipo alle riunioni. Quello che mi preoccupa è che questa non mi sembra davvero una tua decisione. Mi sbaglio, per caso?”

Lorenzo apparve molto a disagio: come sempre il fratello gli leggeva dentro e a lui non poteva nascondere niente.

“Hai ragione, è stato Bernardi a suggerirmi questa scelta, ma sono stato io a decidere” replicò. “La maggioranza dei Priori ha votato contro la nostra famiglia e le nostre proposte, lo hai visto anche tu: hanno scelto Ardinghelli, che sia lui a guidarli, allora! Vedremo se saprà trovare soluzioni migliori di ciò che proponevamo noi.”

Giuliano scrollò il capo, ancora meno convinto. Da una parte pensava che Lorenzo avesse ragione e che i Priori meritassero di farsi guidare da un ottuso come Ardinghelli che pensava soltanto ai propri profitti; dall’altra, però, era ancora più preoccupato perché quel Bruno Bernardi non gli piaceva, non gli era piaciuto dalla prima volta in cui era entrato nella loro casa al servizio di Lorenzo quale nuovo contabile. Inizialmente aveva pensato che il suo rifiuto nascesse dal fatto che Bernardi veniva a prendere il posto del povero Francesco Nori, morto durante la congiura per difendere Lorenzo, e che lui non fosse pronto a vedere un altro nel ruolo che Nori aveva svolto tanto bene per tanti anni… poi, però, aveva capito che era proprio Bernardi a non piacergli. Era falso, subdolo, fingeva un’umiltà e una remissività che di certo non possedeva e quegli occhi da pazzo fanatico nascondevano chissà quali idee folli.

Insomma, Bernardi gli era addirittura più antipatico di Jacopo, almeno quello aveva sempre manifestato apertamente la sua ostilità per la famiglia Medici, invece questo patibolare individuo chissà che cosa aveva in mente?

Ad ogni modo, Giuliano non poteva fare altro che restare al fianco di Lorenzo e seguirlo nella sua idea. Se si fosse rifiutato, il fratello avrebbe potuto allontanarsi e a quel punto Bernardi avrebbe avuto ancora più influenza su di lui.

“Come ti ho detto, io non ho problemi a lasciare il Consiglio dei Priori” disse dunque il giovane Medici. “Del resto, entro pochi giorni tutti i Priori torneranno in ginocchio a supplicarci di ritornare sui nostri passi, sono pronto a scommetterci: Ardinghelli è un incapace e mi farò delle belle risate quando lo vedrò col suo naso a becco e l’umiliazione dipinta in viso chiedere perdono e implorare il nostro ritorno!”

“È appunto questo che voglio” ammise Lorenzo. “A quel punto, pur di farci rientrare nel Consiglio, i Priori accetteranno senza discutere tutte le nostre proposte.”

I due fratelli si accordarono per annunciare il loro ritiro nella riunione del giorno successivo e, per il momento, la cosa finì lì. Il vero problema era che Lorenzo e Giuliano si erano messi d’accordo su questo punto, ma non ne avevano fatto parola con altri…

Il giorno seguente al palazzo dei Priori erano tutti presenti: la famiglia Pazzi era intervenuta al completo e c’erano sia Nicomaco e Pirro sia Antonio, finalmente ristabilitosi dalla sua malattia. Poveretto, non sapeva cosa l’aspettava!

Lorenzo si alzò in piedi per prendere la parola dopo aver scambiato uno sguardo d’intesa con Giuliano.

“Messeri, è stato un grande onore per me e mio fratello servire come membri dei Priori, come già nostro padre e suo padre prima di lui” esordì, prendendola alla lontana. “In tutto questo periodo, nonostante le nostre divergenze, abbiamo sempre avuto un intento comune: servire Firenze come meglio potevamo. Tuttavia è ormai chiaro che il pensiero della famiglia Medici non è più in accordo con quello di questa maggioranza su quale sia il modo giusto di servire Firenze.”

Nel salone calò un silenzio agghiacciante. Nessuno, a parte Giuliano, sapeva dove sarebbe andato a parare Lorenzo e questo faceva serpeggiare una certa ansia tra i presenti.

Jacopo appariva visibilmente innervosito come accadeva ai bei vecchi tempi quando si scagliava regolarmente contro ogni proposta di Lorenzo; Nicomaco pareva trasformato in una statua di sale; Pirro e Antonio si guardavano sconcertati; perfino Ardinghelli sembrava a disagio e il Gonfaloniere Petrucci aveva l’aria di uno che si sarebbe voluto trovare in qualsiasi altro posto fuorché lì.

“Alla luce di tutto ciò, con grande tristezza, io e mio fratello Giuliano annunciamo il nostro ritiro” concluse Lorenzo, e a quel punto successe di tutto. Anche Giuliano si alzò in piedi e, annuendo, si avvicinò al fratello: entrambi tenevano la toga rossa da Priore in mano e andarono a consegnarla al Gonfaloniere per rendere effettivo il loro ritiro. Sì, un po’ come quando un poliziotto consegna tesserino e distintivo, era anche un effetto scenico!

Nel salone del Palazzo dei Priori esplose il caos. Chi protestava, chi si alzava in piedi, chi applaudiva, chi addirittura imprecava… Antonio e Pirro erano rimasti attoniti, ma anche Tommaso Peruzzi e Messer Nicomaco, che facevano appunto parte dei Priori, parevano completamente sconvolti per la decisione di Lorenzo e Giuliano.

I due fratelli Medici, senza dire altro, passarono davanti ai loro ex-compagni per uscire dal Palazzo.

Erano appena usciti quando anche Jacopo Pazzi si alzò in piedi, il suo sguardo che saettava gelido per tutto il salone. Non disse una parola ai nipoti né a nessun altro e, chiaramente infuriato, lasciò il proprio posto e si incamminò a lunghi passi verso l’uscita, non si sa se per inseguire i Medici o per quale altra ragione.

Antonio ebbe un’orribile sensazione di déjà vu: non era andata allo stesso modo il giorno in cui, ormai cinque anni prima, lui era stato al suo primo Consiglio dei Priori e Jacopo era uscito inferocito dal salone dopo che Francesco gli aveva votato contro? Cosa stava succedendo? Perché le cose tornavano a mettersi tanto male?

“Messer Pazzi, aspettatemi!” esclamò il giovane Orsini, correndogli dietro preoccupato. Dal canto suo, Pirro non sapeva bene cosa fare: seguire Antonio oppure raggiungere il suo padrone Nicomaco che, in mezzo agli altri Priori, sembrava potesse avere un collasso nervoso da un momento all’altro? Decise in fretta che sarebbe prima andato a prendere il suo padrone e poi, insieme a lui, avrebbero cercato di raggiungere Antonio Orsini prima che potesse commettere qualche sciocchezza, perché era chiaro che il ragazzo era del tutto fuori di sé! E infatti Antonio era in preda all’ansia mentre inseguiva Jacopo fuori dal Palazzo dei Priori. I pensieri più spaventosi gli attraversavano la mente: e se avesse deciso di raggiungere Lorenzo e Giuliano e far loro del male? Era chiaro che l’exploit di Lorenzo alla riunione che si era appena conclusa lo aveva fatto infuriare e sarebbe potuto succedere di tutto… li avrebbe potuti picchiare o sfidare a duello? Ma no, non doveva pensare cose tanto orrende di Messer Pazzi! Lui non era più l’uomo di allora, era pentito e non avrebbe più fatto del male a nessuno, tanto meno ai Medici, Messer Pazzi era una brava persona, un cavaliere d’altri tempi come il suo antenato Pazzino de’ Pazzi.

Sì, comunque, ad ogni buon conto, Antonio correva per raggiungerlo il prima possibile e aveva il cuore in gola.

Appena giunse nella piazza antistante il Palazzo dei Priori, il giovane Orsini trovò che vi regnava il delirio. Qualche genio aveva avuto la bella idea di uscire sul portone e annunciare a chiunque passasse che i fratelli Medici si erano appena ritirati dal Consiglio dei Priori (chissà perché aveva ritenuto necessario scatenare il panico tra la folla?) e la gente era praticamente impazzita.

“Perché, Messer Lorenzo, perché?”

“Vi prego, ripensateci!”

“Senza i Medici sarà la catastrofe!”

Perché, grazie a Dio, gli allarmisti e i complottisti ci sono sempre stati e sempre ci saranno.

Insomma, queste erano, più o meno, le esclamazioni di una folla sbigottita e caotica, pronta a supplicare Lorenzo e Giuliano di ripensarci, magari di ritornare dal Gonfaloniere e di dirgli che era stato tutto uno scherzo, tanto per movimentargli un po’ la giornata!

Jacopo, però, non era con Lorenzo e Giuliano, anzi, si stava dirigendo verso la parte opposta della piazza, per raggiungere la carrozza che aveva accompagnato fin lì lui e Antonio. Era chiaro che voleva solo tornarsene a casa al più presto, ma… era possibile che si fosse dimenticato di Antonio?

Il giovane era allibito.

“Messer Pazzi, aspettatemi!” esclamò.

Jacopo, sentendo la sua voce, si voltò verso di lui e fu come se si fosse appena risvegliato da uno stato ipnotico. Sì, a quanto pareva era rimasto talmente scioccato dalle parole di Lorenzo al Consiglio dei Priori che aveva addirittura finito per dimenticarsi di Antonio! Si fermò e lasciò che il ragazzo lo raggiungesse prima di salire in carrozza con lui senza una parola.

Nicomaco e Pirro uscirono dal Palazzo dei Priori appena in tempo per vedere quest’ultima, edificante scena: Jacopo che prima pareva aver dimenticato l’esistenza di Antonio e poi, come per un ripensamento, lo aveva fatto salire con sé in carrozza. Nel frattempo ovunque era il delirio e lo stesso Tommaso cercava di parlare con Lorenzo e Giuliano, chiaramente per convincerli a cambiare idea, ma i due fratelli non sembravano intenzionati ad ascoltarlo.

“Padrone, che volete fare? Qui la situazione non è sicura, la gente sta impazzendo e sarebbe meglio andarsene” suggerì Pirro, “a meno che non abbiate anche voi qualcosa da dire ai Medici per fargli cambiare idea.”

“Ma no, figuriamoci se stanno ad ascoltare me, non ho certo tutta quest’importanza tra le famiglie di Firenze” replicò Nicomaco che, ad ogni buon conto, si guardava attorno preoccupato. C’era talmente tanta confusione e le persone erano così esaltate che, magari, qualcuno poteva pure riconoscerlo e rimettere in piazza tutta la storia di Clizia e della punizione che aveva ricevuto dal fattore Eustachio. No no, la cosa migliore era andarsene da lì il prima possibile. “Hai ragione tu, in piazza presto ci saranno dei tumulti ed è meglio prendere la carrozza e tornare alla villa.”

E così Nicomaco, tenendosi il più scostato possibile dalla folla, si avviò verso la sua carrozza che lo attendeva ad un angolo della piazza, seguito da Pirro che continuava a guardarsi intorno con una certa curiosità.

“Beh, magari se qualcuno impazzirà sul serio e comincerà a menar botte sarà uno spettacolo divertente” commentò il ragazzo, ma Nicomaco, ormai giunto alla carrozza, lo afferrò per un braccio ed entrò dentro assieme a lui, al sicuro da tutto e da tutti!

E in quel momento, mentre la carrozza li portava alla villa e Pirro cercava di guardare fuori dal finestrino nel caso qualcuno avesse veramente dato di matto, Nicomaco capì quanto tenesse a quel ragazzo e quanto, per lui, fosse importante e molto più prezioso di un qualsiasi servitore. Gli prese la mano per attirare la sua attenzione e Pirro lo guardò con quella sua aria allo stesso tempo buffa e insolente che gli era sempre piaciuta tanto.

“Padrone, che avete, siete impazzito pure voi?” chiese scherzando il ragazzo, ma Nicomaco non aveva nessuna intenzione di scherzare.

“Me l’hanno detto in tanti che ero impazzito quando mi sono preso quell’ossessione per Clizia, ma tu sei stato l’unico a non giudicarmi, l’unico che mi è rimasto al fianco e che ha cercato di aiutarmi, anche se alla fine stavi per rimetterci anche tu” gli disse, guardandolo fisso negli occhi. Era da tanto che voleva fargli quel discorso e lo aveva sempre rimandato ma, dopo quello che aveva visto quel giorno a Firenze, dopo l’alzata d’ingegno dei Medici che avevano lasciato i Priori e il caos in cui avevano gettato la città, Nicomaco non voleva più sprecare tempo. “So che ti avevo promesso soldi e protezione, ma so anche che mia moglie Sofronia ti aveva offerto ancora di più per tradirmi e tu le hai risposto picche. Tu sei stato l’unico a non ridere di me e a rischiare in prima persona per aiutarmi nella mia attrazione morbosa ed è per questo che ho voluto portarti via con me quando ho lasciato tutto il resto.”

Pirro non capiva bene dove Nicomaco volesse andare a parare e ancora meno capiva perché gli dicesse cose del genere proprio ora, quando i problemi erano ben altri.

“Padrone, queste cose le so già e essere fedele a voi è stata sempre una mia scelta, non c’è bisogno che mi ringraziate e poi lo sapete che non son fatto per le smancerie!” ribatté quindi, cercando di sdrammatizzare.

“Lo so, ma adesso la città è in grave pericolo e io potrei non avere altre occasioni per dirti… tutto quello che provo per te” buttò fuori l’uomo, stringendo a sé il servitore. “Io ti ho portato con me perché ti volevo vicino, perché mi sono reso conto che con te mi sento bene, che sono felice e sereno come non mi era mai capitato prima. Non è la follia che mi aveva colto per Clizia, credimi, capisco bene la differenza: quella era solo un’attrazione morbosa, un desiderio che mi bruciava il sangue, ma quando sto con te è diverso, è come se… è come se fossi davvero me stesso, al posto giusto. Non è che non ti desideri, Pirro, ma il desiderio non è la cosa più importante, quello che conta è averti accanto, perché solo con te mi sento davvero completo e in pace. Io ti amo, ti amo davvero, Pirro, e oggi ho cominciato a pensare che potrei non avere altre occasioni per dirtelo e per godere quello che possiamo ancora insieme. Firenze ha i nemici alle porte…”

Pirro era ancora più sbalordito, ma non sapeva se fosse per le parole del padrone, per come lo stringeva o… per come reagiva lui stesso, che sembrava accogliere e accettare tutto quasi con gioia!

“Non pretendo niente che tu non voglia, Pirro, proprio perché ti amo e quindi non voglio farti del male” riprese Nicomaco, sempre abbracciando il ragazzo. “So che nessuno si è mai occupato di te, che ti sei dovuto sempre arrangiare, ma ora ci sono io, io mi prenderò cura di te, ti proteggerò, sarò felice di fare tutto quello che posso per vederti contento e per farti innamorare di me.”

Dette queste parole, Nicomaco baciò Pirro, prima delicatamente poi sempre più profondamente, stringendolo a sé, felice di godersi il sapore e il tepore di lui, soddisfatto perché il suo amato non aveva respinto il suo bacio ma, quasi istintivamente, vi si era abbandonato e lo aveva assecondato docilmente.

Eh sì, quella giornata era iniziata proprio strana e stava proseguendo in modo anche più bizzarro per tutti i nostri protagonisti!

Fine capitolo settimo

 

 

 

 

   
 
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