Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _apefrizzola_    16/01/2023    3 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mentre spolveravo una mensola con le auricolari nelle orecchie, YouTube ha deciso di far partire una playlist a sua scelta; la colonna sonora “Professor Umbridge” mi ha rimbombato nelle orecchie ed è stato come avere faccia di rospo a scrutarmi dal basso con aria accusatrice, la divisa di Hogwarts addosso e lo straccio su un trofeo per il Quidditch di James Potter.

Ho sentito nostalgia di casa e sono tornata in punta di piedi con la paura di non trovare nessuno, restando però sorpresa dalle recensioni sotto i capitoli e dai messaggi privati che continuano ad arrivarmi nonostante siano passati anni (soprattutto dopo l'uscita della serie Mercoledì che a quanto pare vi ha ricordato Liv). Sinceramente non me l'aspettavo, nel modo più assoluto.

Mi avete ispirato con l'affetto per i personaggi e per la storia. Ho passato questi ultimi nove mesi a scrivere come non facevo da tempo, tanti ricordi legati anche a voi sono riaffiorati in superficie ed è stato davvero bello.

Se c'è ancora qualcuno a cui interessano questi strambi personaggi credo troverà qualche capitolo nuovo.

In ogni caso, grazie a chi ha tenuto la luce accesa.


 


 

 

 

Note (non so quanto possa avere senso mettere le note all'inizio, ma capirete il perché a fine capitolo):



*Lumacorno a proposito di Lily: “Hai del coraggio, ragazzo! Oh, sei come tua madre. Be', niente da dire, un bezoar è senza dubbio un antidoto a tutte queste pozioni. Dieci punti a Grifondoro per la sfacciataggine!”
Penso che Lily fosse così brava in pozioni anche per la vicinanza con Piton, ma non penso che al sesto e settimo anno (quando non sono più amici) lei si sia trovata in difficoltà con Pozioni Avanzate ''pulito''. Vedo più Remus come Hermione (molto attaccata alle istruzioni ufficiali) anche perché dice a Harry che non era bravo a Pozioni. Liv invece sta iniziando a ragionare come le ha sempre spiegato Lily: non fossilizzarsi su Pozioni Avanzate e studiare gli ingredienti. La stessa cosa che dice a James. Ovviamente non le usciranno mai pozioni perfette come invece escono a Lily e Piton che hanno proprio intuito e talento, a detta di Lumacorno.
Lumacorno non ha mai parlato di James, presumo che almeno in Pozioni James non fosse da Eccezionale. Anche perché il Manuale di Pozioni Avanzate era sbagliato, perfino Hermione ottiene risultati non perfetti o addirittura scarsi.
Pozioni Avanzate è il libro di testo per sesto e settimo anno, vuol dire che il manuale fino ai G.U.F.O. era diverso, magari molto più valido, e quindi chi ha ottenuto l'accesso alla classe di Pozioni del sesto anno con almeno una O (Lumacorno accetta dalla O in su, Piton da Eccezionale) si è sicuramente trovato in difficoltà con Pozioni Avanzate (come Hermione e Remus che seguono alla lettera le istruzioni).
Sirius e James vengono descritti sempre brillanti da tutti, non da Lumacorno però. Quando Lumacorno parla di Sirius lo fa soltanto perché ha avuto tutti i Black tra i Serpeverde, avrebbe voluto anche lui nella sua Casa. Non parla di bravura in Pozioni, proprio come James. Credo che gli unici perfetti dal sesto anno al settimo fossero Lily e Piton, perché ci voleva talento naturale per andare oltre Pozioni Avanzate. Lumacorno ha sempre nominato solo Lily e Piton come pozionisti con talento.


“*Ho preparato un po' di pozioni da farvi vedere, così per curiosità. Un esempio di ciò che dovreste saper fare dopo aver completato i vostri M.A.G.O.” H. P. e il Principe Mezzosangue pag. 174

Quindi le pozioni che vediamo nel sesto libro sono pozioni da fare in due anni. Ho scartato quelle che fa Harry al sesto anno, presumendo che i Malandrini le abbiano fatte l'anno prima di questa storia, e ho scelto le restanti come la Polisucco (fatta all'inizio dell'anno nel capitolo “Vendetta Liquida”), il Veritaserum (prima di Natale), l'Amortentia e la Felix Felicis (tutte illegali e quindi tutte fatte Evanescere all'istante dopo essere state giudicate... forse xD).
Prima dei M.A.G.O. vedrete comunque il programma anche del sesto anno, di tutte le materie, perché prima degli esami dovranno ripassare ogni cosa fatta nei due anni dopo i G.U.F.O.


 

*“La capacità di parlare ai serpenti era la cosa per cui era famoso Salazar Serpeverde” Parole di Hermione in H.P. e La Camera dei Segreti. Silente, nel sesto libro, dice che Tom Ridlle molto probabilmente scoprì che Salazar era un rettilofono come lui già la stessa sera dello Smistamento (era praticamente come un Nato Babbano, non conosceva nulla del Mondo Magico).
Sempre Silente dice che Tom potrebbe aver stupito i suoi amici più intimi parlando il serpentese, ma gli insegnanti e il resto del castello non lo vennero mai a sapere. Tom Ridlle e i primi Mangiamorte facevano tutto di nascosto, a scuola, compreso aprire la Camera dei Segreti. Nessuno seppe mai che era stata aperta (a parte Silente, credo. Silente però senza prove non può mai fare nulla). La colpa della morte di Mirtilla, Tom la fece ricadere su Aragog e quindi su Hagrid. Solo i primi Mangiamorte più stretti sapevano tutto (i padri di Avery e Mulciber, per esempio).
Lucius Malfoy sa perché era un Mangiamorte. Draco non lo sa (lo dice a Harry e Ron in versione Tyger e Goyle con la Polisucco). Non penso che i padri Mangiamorte dicessero i segreti di Voldemort ai figli. Per questo Avery e Mulciber non sanno chi sia l'erede. Anche perché resterà segreto (anche il fatto ch era stata già aperta in passato) fino al 1993.

 *Piton implora Voldemort di non uccidere Lily, dopo che Voldemort decide di uccidere Harry e i Potter. Voldemort crede che sia perchè a Piton piace Lily "fisicamente", non perché è innamorato. Lo dice chiaro alla fine del settimo libro e sarà Harry a dirgli che Piton amava Lily.
Quindi Piton è stato bravissimo a nascondere il suo segreto più grande anche a Voldemort. Per questo ho iniziato a fargli studiare l'Occlumanzia già da adesso. Piton, Regulus e tutti i Mangiamorte sanno che Voldemort controlla le loro menti con la Legilimanzia, per capire se mentono o no. Come dice Silente più volte, Voldemort non si fidava ciecamente di nessuno, solo di se stesso. Piton era un eccellente Occlumante, io penso il migliore di tuti dato che frega Voldemort per tutta la vita.

*Bertha Jorkins aveva pochi anni in più dei Malandrini, Sirius lo dice a Harry nel quarto libro (pag. 287) e secondo lui: “Era a Hogwarts quando c'ero anch'io, qualche classe avanti a me e tuo padre. Ed era un'idiota. Molto indiscreta e senza cervello, nemmeno un po'”, “Era un po' ottusa, ma aveva un'ottima memoria per i pettegolezzi”. Al settimo anno dei Malandrini era già diplomata, non può essere presente a Hogwarts come studentessa. L'ho nominata in diversi capitoli passati.




*Tenete d'occhio Barty! ;) Non avete mai visto il suo punto di vista, l'avete sempre visto attraverso gli occhi degli altri che lo sottovalutano parecchio. Nel prossimo capitolo capirete perché.

 

*Il passaggio segreto dietro lo specchio al quarto piano è quello che Sirius consiglia a Harry nel quinto libro (pag. 357) per le riunioni dell'Esercito di Silente. Fred e George, però, dicono che quel passaggio è chiuso, franato nell'inverno del 1992 (terzo libro, quando danno la Mappa a Harry).


 


 


 


 


Capitolo 49

 
DE-CAEDĔRE






 

10 marzo 1978


 


 

«James, è tardi».
La voce di Remus era pacata e James non si mosse dai cuscini, ben consapevole del fatto che non era davvero tardi perché quella era soltanto la Tattica Prefetto Lupin per farlo alzare mezz'ora prima degli altri e fare così in modo che tutti fossero pronti alla sua personalissima “Ora giusta” senza lotte per il bagno.

Facendo finta di essere morto, James si chiese perché diamine spettava sempre prima a lui poche ore dopo una festa finita alle quattro del mattino e con considerevoli quantità di succo di zucca in corpo che adesso gli facevano pulsare dolorosamente la testa.
«E non è sabato, James, così come vi ho più volte ripetuto praticamente tre ore di sonno fa, prima di correre a tenere la fronte di Peter in bagno... come faccio sempre, a proposito»
«Perché dovevi iniziare proprio da me?»
«Abbassa la voce»
«No, davvero. Adesso tu mi spieghi, Prefetto Lupin, perché il mio turno cade sempre il giorno dopo una festa»
«Pura coincidenza, James»
«Caposcuola, prego»
«Adesso ti fa comodo essere un Caposcuola?»
«Rispondi, Prefetto Lupin»
«Sei il più vicino al mio letto».
Ci furono tre secondi di silenzio prima che Remus gemette, sbuffando subito dopo mentre James sorrideva ancora ad occhi chiusi, orgogliosamente soddisfatto: il cuscino aveva fatto centro anche senza l'uso della vista.
«Pura coincidenza, Lunastorta, sei il più vicino al mio letto»
«Hai fatto il primo movimento della giornata appurando così di essere ancora vivo, puoi alzarti adesso»
«Stavo facendo un sogno bellissimo, per Godric» mugolò James perseverando nel suo stare immobile a palpebre abbassate.
«Ho detto abbassa la voce, Ramoso, per favore»
«Il sogno più bello che abbia mai fatto, per Merlino» continuò lui ignorando volontariamente l’ansia nella voce dell’amico con gli occhi ambrati sicuramente rivolti agli altri due belli addormentati che per la buona riuscita della Tattica Prefetto Lupin dovevano appunto stare così, addormentati, possibilmente semi-morti.
«Puoi parlare mentre ti vesti, James. Lo sai, sì?» sussurrò Remus con impazienza sempre maggiore.
«Ho sognato Lily che finalmente entrava nella Foresta, mi sono trasformato in Ramoso e lei è venuta dritta a baciarmi. Remus, non immagini la sensazione... »
«...»
«E ci siamo messi insieme, cazzo, tutti ci hanno visto in Sala Comune... era il tuo compleanno anche nel sogno, a proposito»
«...»
«E abbiamo dormito tutti e sette lì, in Sala Comune, io e Lily ci siamo divisi il divano con te e Mary»
«James...»
«Per Godric, quanto era bello...»
«James»
«Non il divano... dormire con lei. Te lo posso giurare su qualsiasi cosa, Lunastorta, nessun'altro sogno è stato mai così realistico».
James sospirò, deluso come non era mai stato dopo un risveglio in cui la realtà gli si scaraventava con tutta la sua amarezza sul naso. Inspirando a pieni polmoni sul cuscino, però, percepì un dolce profumo fiorito nell'aria, lo stesso profumo del sogno. Si accorse soltanto in quel momento di essere avvolto da quel dolce odore e da un calore annidato sul petto. Spalancò gli occhi senza muoversi cercando di mettere a fuoco la vista senza occhiali, ansioso di trovare la macchia rossa dei capelli di Lily.
Provò a fare mente locale della sera prima, non riuscendo a distinguere il sogno dalla realtà: aveva davvero dormito con Lily Evans sul petto? A quel pensiero, il cuore già straordinariamente veloce si arrestò per poi pulsare con ancora più forza. E in quel preciso momento tutto gli tornò in mente con la forza del vento che gli sferzava la faccia e gli scompigliava i capelli quando stava sulla scopa: la Foresta, Ramoso, l'essere finalmente visto per com'era davvero da quegli occhi verdi che sapevano vedere l'anima di tutti ma che non avevano mai visto la sua per sei lunghi anni, quel bacio scioccante sotto gli abeti mossi dal vento di marzo e l'altro stravolgente in mezzo alla Sala Comune strapiena di gente, le mani intrecciate e quel profumo nel naso prima di crollare in un sonno profondo sul divano... non aveva mai avuto quel profumo addosso anche al risveglio, nella realtà.
«James»
Lui stava insieme a Lily Evans e l’adrenalina gli fece fremere gli arti.
«Adesso è davvero tardi, James»
«Basta parlare, Remus, o sveglierai Lily!»
«Nei tuoi sogni» bofonchiò Sirius alla sua sinistra. Quella roca voce assonnata gli fece sbattere velocemente le palpebre e sollevare la testa, stringendo le braccia si accorse che la cosa morbida, calda e profumata fra le sue braccia non era Lily, ma il suo cuscino del dormitorio.
James scattò seduto sul materasso che cigolò quando si sporse verso il comodino per inforcare gli occhiali rotondi illuminati dal sole del mattino. Se li mise frettolosamente, schiacciandoli storti sul naso per guardarsi attorno e scrutare per bene la stanza rotonda del loro dormitorio, le tende rosse del baldacchino e poi il vuoto del suo materasso sotto lo sguardo dei suoi due migliori amici rimasti in perfetto silenzio. Tastò con le mani le lenzuola spiegazzate, uno dei tre cuscini accartocciato nel sonno, la trapunta rossa e oro; con rammarico non trovò traccia di Lily Evans, non c'era nemmeno un suo capello rosso.
«Abbiamo appurato anche oggi che James Fleamont Potter è un ragazzo disturbato con molti problemi. Posso tornare a godere di questa confortante normalità e dormire, di grazia?»
«No, Sirius. Fai la cortesia di alzarti, di grazia, sono le sette» lo fermò Remus lanciandogli alla rinfusa pantaloni e cravatta della divisa che lui invece portava già perfettamente addosso insieme all'esausta spilla da Prefetto. «Sette come i piani di scale che dobbiamo fare per raggiungere la Sala Grande prima di risalirne altri tre e non fare tardi a Trasfigurazione»
«Chi se ne frega della colazione, Remus, ci svegliamo alle otto e da qui ci basteranno tre rampe di scale per andare a degnare della nostra presenza la McGranitt. Sono bravo in Aritmanzia anche se non la frequento»
«Sono quattro anni che dico che Aritmanzia non è matematica... ed ecco perché non la frequenti»
«Cos’è che tu non frequenti, Remus, diamine?»
«Io frequento la Sala Grande» squittì Peter saltando giù dal letto con sorprendente agilità generale e non soltanto per essere le sette del mattino, a stomaco vuoto. «E sono sette anni che dico che è la colazione quella che non si salta». Corse dritto in bagno, sfrecciando davanti a un Remus con le mani sui fianchi e l’aria ormai rassegnata pregustando la lotta per il bagno ormai imminente; sussultò quando James ringhiò dal suo letto con una punta di disperazione nella voce, così acuta che rischiò di far scoppiare a ridere Sirius dietro i lunghi ciuffi di capelli neri mentre tentava di alzarsi ciondolante dal suo baldacchino.
«Non ignoratemi!» sbottò James, brusco, la braccia allargate con sconcerto e lo sguardo frustrato dietro le lenti rotonde. Vide Remus mordersi l'interno di una guancia, camuffando un sorriso sicuramente divertito dai suoi capelli che dovevano essere più sparati del solito. Al diavolo i capelli, pensò rabbioso James.
«Dov’è Lily?» chiese, indagatore. Sirius arcuò un sopracciglio nero stando immobile in piedi tra i loro due letti, un calzino in una mano e la cravatta nell'altra, lo sguardo sbigottito. Nel silenzio che seguì nessuno fiatò, soltanto lo scrosciare dell'acqua in bagno e lo spazzolare ritmico di Peter che si lavava i denti riempiva l’aria almeno fino a quando Remus, schiarendosi la voce, non si decise a rispondere con calma come se avesse davanti un pazzo.
«Sicuramente già a colazione, vista l’ora»
«Ma era qui? Insomma, tu mi hai visto dormire! Mi hai svegliato tu, per Merlino! Abbiamo dormito insieme, io e lei! Ci siamo messi insieme nella Foresta, ieri»
«Quanto succo di zucca hai bevuto, ieri, alla festa di Remus?»
«Prima della festa, Felpato! Ci siamo messi insieme prima della festa!»
«Dannazione, Remus, questo ha preso un bolide di Harrison agli allenamenti...»
«Prima anche di quelli! Ci siamo... mi ha visto cervo, nella Foresta, e ci siamo messi insieme!» continuò a ripetere James, imperterrito e sempre più stranito. Fissò i suoi due amici guardarlo impassibili prima d’ignorarlo come se niente fosse. Sconcertato, James seguì con tanto d'occhi Remus dargli tranquillamente le spalle per infilare l’ultimo libro nella tracolla poggiata sul letto; Sirius sbadigliare, stiracchiarsi e poi chinarsi sul suo baule aperto. Il sangue parve ribollire nelle vene di James che gridò ancora, cercando l’attenzione.
«Ragazzi, oh!?»
«Cosa?!» sbottò Sirius guardandolo allibito.
«Non fate i coglioni!»
«Il coglione sei tu, James, che sogni Lily Evans e credi sia stato tutto vero. Non riesco nemmeno a prenderti in giro, vedi? Ti faccio sapere che mi dimetto come Lista Anti-rimbecillimento, sei un caso perso».
James si lasciò sfuggire un mugolio di rabbia che nel petto suonava più come disperazione man mano che i minuti passavano, la paura di essere diventato pazzo. «Ci siamo baciati davanti a tutti, in Sala Comune» si sentì dire con urgenza, in cerca di conferma «questo è impossibile negarlo, c’eravate. C’era tutta la Casa»
«Se fosse successo lo ricorderemmo. No, Felpato?» commentò Remus lanciando un’occhiata a Sirius.
«Eccome se lo ricorderemmo, Lunastorta» gli fece eco lui in una risatina posando lo sguardo divertito su un James dalla mascella pulsante.
«State mentendo, bastardi»
«Perché dovremmo mentire?»
«Me ne accorgo sapete? Avete quelle facce». James scalciò via le coperte e scese con furia dal suo baldacchino per frugare nei cassetti dei comodini di tutti, alla ricerca di qualcosa.
«L'ho messo in ordine proprio ieri» si lamentò Remus, sospirando.
«Chi è che ha vinto di voi tre, eh?»
«Cosa diamine stai cercando?»
«I Galeoni della scommessa»
«Ma quale scommessa?»
«La Scommessa, lo sapete, non fate i finti tonti»
«Cosa sta dicendo, Sirius?»
«Remus, questo è andato totalmente fuori di testa»
«Tirate fuori i Galeoni, stronzi figli di Salazar»
«Senti, coso, ributtati a letto perché sei ancora troppo zuppo d’alcool per andare a lezione o la McGranitt ti trasfigurerà in una bottiglia di Whisky Incendiario senza troppo sforzo»
«Avete scommesso su me e Lily, Felpato»
«Io non scommetterei mai su te e Evans» ammise Sirius senza problemi, non riuscendo a stare del tutto serio davanti alla faccia offesa di James chino proprio sul suo comodino in disordine. Si morse le labbra trattenendo una risata quando James lo fulminò con lo sguardo da sopra le lenti rotonde in bilico sul naso prima di spostarsi per andare ad invadere anche i cassetti di Peter.
«Niente nemmeno qui! Grazie anche a te, Peter! Grazie davvero!» abbaiò velenosamente sarcastico.
«Per cosa?!» gridò quello dal bagno, sputando il dentifricio.
«A quanto pare ho lasciato a secco tutti e tre. Avete perso»
«Ma contro chi?» chiese sempre più confuso Remus.
«James, sul serio, chi scommetterebbe su te e Lily? Ti sfido a trovarne uno»
«Felpato, io e Lily ieri ci siamo messi insieme e voi, luridi traditori, avete perso. Chi ha vinto, eh? Liv o Mary? I Galeoni li hanno loro?»
«Continuo a dire che non abbiamo fatto nessuna scommessa, James»
«Abbiamo dormito tutti in Sala Comune, Remus!» sbottò lui, spazientito. «Io e Lily sul divano, era sul mio petto! Possibile eravate così ubriachi da non accorgervene?»
«E chi ti ha staccato da lei, portato di peso qui, spogliato e messo il pigiama?» La semplice domanda di Sirius e il suo eloquente sopracciglio arcuato lo zittirono all’istante. James restò a guardarlo, spiazzato, sentendo di star impazzendo perché era praticamente certo fosse accaduto. Quello che ancora gli riverberava dentro non era un residuo di un sogno, più volte aveva sognato di stare con Lily ma mai si era sentito così, al risveglio.
Sirius, però, aveva ragione: abbassando lo sguardo su se stesso, James notò il suo pigiama a righe fare bella mostra di sé. L'unica volta che Sirius gli aveva messo il pigiama trasfigurandogli i vestiti con un gesto fulmineo della bacchetta era stata quando, una notte del quinto anno, l'aveva fatto passare per sonnambulo con le mani tra le foglie delle Mandragore e il Mantello dell'invisbilità scivolato alle caviglie, coprendogli le spalle davanti alla professoressa Sprite da giorni segretamente di guardia nella serra numero due per capire perché le sue piante ogni mese diventavano inspiegabilmente calve nonostante fossero adolescenti. Almeno, si disse James ripensandoci, era stata la volta buona del primo passaggio per diventare Animagus.
E quando mai l'avevano messo a letto, trasportandolo dalla Sala Comune? Mai, appunto. Nessuno di loro quattro si era mai preso la briga di portare gli altri nei propri letti, non provando nemmeno un misero senso di colpa nel trovare il malcapitato di turno, la mattina dopo, in condizioni imbarazzanti sotto gli occhi sconcertati o esilarati dei compagni di Casa diretti verso il retro del ritratto per scendere a colazione.
«James, mi dispiace davvero, ma non è successo niente di quello che dici» gli assicurò infatti Remus guardandolo negli occhi. Ed in quel preciso momento, il magone che strinse la gola di James fu il più forte che avesse mai sentito. Si guardò attorno con lentezza e in surreale silenzio, stando in piedi al centro della stanza sentendosi come il vecchio manico di scopa babbano di Gazza usato fino allo stremo.
«Bene» sentenziò dopo un minuto intero di dignitoso ed orgoglioso mutismo nonostante i ridicoli neri capelli arruffati e gli occhiali storti sul naso. «Bene, sì» rimarcò tornandosene a letto a passo deciso per sotterrarsi con la pesante trapunta rossa e oro. Gli occhi ambrati di Remus saettarono verso quelli grigi di Sirius, stranamente accesi sotto le sopracciglia nere aggrottate.
«Ramoso, cosa stai facendo?» chiese calmo ed apparentemente impassibile.
«Quello che avrei dovuto fare anni fa, Felpato» rispose lui altrettanto calmo ed impassibile.
«Sarebbe?»
«Mandare al diavolo Lily Evans».
Sirius scoppiò a ridere di gusto piegandosi in due sul letto mentre Remus, con la faccia accartocciata in un'espressione incredula e rabbiosa, avanzò a grandi passi fino al baldacchino di James per afferrare le coperte e scoprire l'amico che sussultò spaventato.
«Adesso basta» esplose acciuffandogli un braccio e un piede per trascinarlo via dal materasso fino al freddo pavimento in pietra. «Adesso tu ti alzi, ti lavi, addirittura ti pettini e scendi a fare la dannata colazione che Peter non vuole saltare. PETER ESCI SUBITO DAL BAGNO SE NON VUOI VEDERE LE TUE UOVA STRAPAZZATE VOLARE FUORI DAL CASTELLO! INTENDO ENTRAMBI I SENSI DELLE PAROLE “UOVA STRAPAZZATE”».
James boccheggiò rimettendosi in piedi a fatica, incredulo e sconvolto, le braccia piene dei capi della divisa che Remus cominciò a lanciargli addosso tra le risate sempre più esilarate di Sirius, in sottofondo. Tentò di ribattere ma non ci riuscì, Remus sembrava aver raggiunto il limite della sua proverbiale pazienza.
«Ti prometto che prima uscirai da qui e prima smetterai di soffrire, James. Credi a me, muoviti, forza» lo intimò Remus, concitato, schiaffeggiandogli la spilla da Caposcuola sulla fronte per la millesima volta in un anno. «Non voglio più sentire idiozie e palesi bugie su Lily. Alle dieci e mezza abbiamo la prima ora buca e tu sarai nella Foresta come hai fatto per tutte le settimane, fino a ieri».
James si ritrovò ad eseguire gli ordini senza nemmeno accorgersene, ma quando uscì da quella camera non si sentì per niente meglio come gli aveva promesso Remus; non aveva mai sentito il cuore pesante come in quel momento. Scese i gradini della scala a chiocciola con la mano di Sirius a spintonargli la schiena, sulla spalla già dolorante la tracolla piena di libri ficcati dentro velocemente da Remus poco prima. Si sentiva rabbioso, James, con la voglia impetuosa di trasformarsi in cervo nel bel mezzo della Sala Grande.
In Sala Comune tutti sembravano spariti, c'erano soltanto William Johnson e il suo amico di sempre, McLaggen, che parlottavano eccitati facendo lo slalom tra le poltrone rosse col naso incollato ad una rivista di Quidditch.
«Ehy, William, tua mamma alla fine ha ceduto e ti regala la scopa?» esordì Sirius passando accanto ai compagni di Casa del quinto anno intenti a raggiungere il retro del ritratto insieme a loro.
«No, ho trovato il modo per comprarmela, lei non lo sa nemmeno» rispose quello abbassando il giornale e mostrando il volto radioso.
«E quale sarebbe? Rubare?»
«No, per chi mi hai preso? A proposito... grazie, James!»
«Per cosa?» sbottò James rivolgendogli un'occhiata sospettosa.
«Le vostre feste sono sempre le migliori, ma ieri ti sei proprio superato! Alla fine la macchina fotografica che mamma mi ha regalato a Natale è servita a qualcosa» rispose William superando insieme all'amico i Malandrini all'uscita del ritratto della signora grassa.
«Cosa vuol dire?» chiese stranito James «Cos'ho fatto ieri?»
«A parte ballare in mutande sopra il tavolo di Sparaschiocco con la bottiglia di Whisky Incendiario appesa al collo usando la cravatta di Morgan? Niente» gli rispose Sirius battendogli una mano sulla spalla e trascinandolo con sé per il corridoio del settimo piano con Remus e Peter al seguito.
«Stai dicendo che Johnson si comprerà una scopa nuova grazie alla mia nudità, Felpato?»
«La prossima volta ti farai pagare, sì?»
Al piano terra, passando accanto al grande portone di quercia all'ingresso, Remus ringraziò per gli auguri di buon compleanno che Hagrid gli diede stranamente di sfuggita mentre usciva in cortile con una certa agitazione stampata sul volto sotto la folta barba ispida. Gettò un'occhiata all'esterno del castello per osservare la mattina di marzo particolarmente ventosa, le lontane cime degli abeti della Foresta Proibita dondolavano furiosamente facendo cadere anche gli ultimi cumuli di neve ormai del tutto sciolta sui pendii verdeggianti attorno al castello. La Sala Grande era illuminata dalla tiepida luce del sole che filtrava dalle alte vetrate, ogni lungo raggio di sole sembrava battere e riflettere non solo su posate e calici pieni di succo di zucca, ma anche sopra le luccicanti lettere dorate della Gazzetta dell'Esteta in mano ad ogni studente seduto a tavola per la colazione.
«Ma non usciva solo la domenica?» borbottò Peter dando una gomitatina a James per svegliarlo dalla trance in cui era di nuovo caduto, come tutte le settimane precedenti. James sembrò non sentirlo e continuò a camminare con le mani in tasca, dritto verso i posti liberi tra i Grifondoro stranamente tutti ridacchianti.
Il brusio sempre più insistente che si levava dalle tavolate, insieme agli indaffarati gufi postali sopra le teste di tutti, fu la prima cosa che lo impressionò. Tassorosso, Corvonero e Serpeverde sembravano scioccati dietro le pagine del giornale e in un primo momento James si chiese cosa fosse successo fuori da quella bolla perfetta che era Hogwarts. Un'altra sparizione? Un altro attentato? Un'altra famiglia di babbani uccisa? Un attacco di Giganti? Lanciò uno sguardo al tavolo degli insegnanti scoprendolo apparecchiato soltanto per la professoressa Sprite, il professor Vitious e tutti gli altri eccetto il professor Lumacorno, la professoressa McGranitt, Silente e il professor Dearborn. Ma guardandosi meglio attorno capì che, anche se i tre membri dell'Ordine della Fenice e il direttore dei Serpeverde mancavano facendo sospettare qualcosa di grave, la notizia sconvolgente non doveva riguardare qualcosa di serio perché i fogli che tutti stavano leggendo erano leziosamente lilla e profumavano fastidiosamente di lavanda.
«Per me è un fotomontaggio, si vede, proprio qui» sentì dire a Martin Whitby, il Tassorosso seduto sulla panca che James superò più lentamente per ascoltare meglio.
«Un fotoche?» rispose l'amico al suo fianco con le uova fritte penzolanti dalla forchetta ferma a mezz'aria.
«Un fotomontaggio, Ben. I babbani a volte uniscono due foto per farne una. Mia sorella se n'è fatto fare uno simile con John Travolta, fa davvero schifo. Con la magia sembra vero, ovviamente»
«Chi è John Travolta?»
Furono gli occhi delle persone che sbucarono da dietro quei fogli, man mano che James avanzava tra il suo tavolo e quello dei Tassorosso, a fargli capire che il fatto tanto strano trattava di lui. Ed improvvisamente l'immagine di se stesso in mutande nella prima pagina del giornale stupido di Allock lo tranquillizzò.
«Vi scandalizzate tutti per un corpo in mutande ad una festa? Dopo aver visto Piton dovreste essere pronti a tutto» esordì annoiato sedendosi sulla panca affianco a Martha Spinnet con una fetta di pane tostato tra i denti scoperti dalla curva di un sorriso identico a quello di quasi tutti gli altri Grifondoro, vicini e lontani. «Chi mi hanno messo vicino nel fotomollaggio? Peter a petto nudo?» chiese in uno sbadiglio acciuffando al volo un muffin ai mirtilli, la coda dell'occhio dietro gli occhiali alla ricerca involontaria di una chioma rosso scuro.
Come risposta ricevette due colpetti da sopra una spalla con l'edizione straordinaria del giornale di Allock e il muffin gli restò in bocca per metà, l'altra cadde sui fogli lilla sbriciolandosi morbidamente sulla foto in movimento di se stesso e Lily in Sala Comune, circondati dai Grifondoro in festa e uniti in un bacio prima di liberare due sorrisi identici.
«Sono scioccata, Potter» esordì la dura voce della professoressa McGranitt alle sue spalle, ma James non riuscì a staccare gli occhi da quell'immagine che gli faceva attorcigliare ed esplodere lo stomaco in mille doxy impazziti. «Questo è decisamente lo scherzo meglio riuscito della sua intera carriera scolastica».
Solo allora, James, con ancora mezzo muffin in bocca si girò di scatto verso la sua Capocasa scoprendo su quel volto di solito sempre tirato e severo un piccolo sorriso.
«Più che un lavoro magnifico di Trasfigurazione, Minerva» commentò invece Lumacorno piuttosto impressionato al suo fianco, il naso e i baffoni biondi a sfiorare quasi la foto sul giornale tra le mani. «A me sembra un ben riuscito filtro d'amore o, peggio ancora, eccellente Polisucco. Avevo espressamente detto di non conservarla, Potter!»
«Posso sapere cosa sta succedendo, qui?» esordì Lily in divisa Grifondoro sbucando da dietro la professoressa, metà volto nascosto dagli sciolti capelli rossi e gli occhi verdi indagatori ancora leggermente assonnati ma saettanti come fulmini dal giornale al suo collega Caposcuola. James restò a guardarla soltanto per un attimo perché qualcosa nello stomaco e nel cuore straordinariamente leggero scattò come una molla. Diede un morso al muffin prima di lasciarlo cadere sul piatto scavalcando agilmente la panca. Gli era bastato vederla per sentire la botta di felicità che l'aveva travolto la sera prima.
«Lily, avanti, dillo che è tutto vero»
«Scherzi, Potter? Preferirei baciare la... » Le parole “Piovra Gigante” di Lily sfumarono in una risata sotto le labbra di James, e la professoressa McGranitt si lasciò sfuggire un mezzo sbuffo divertito scuotendo piano la testa prima di allontanarsi con un boato di risate festose, applausi e fischi esploso in tutta la Sala Grande. John Owen, al tavolo dei Corvonero, mollò il cucchiaio del porridge fissando le uova strapazzate ormai fredde sul vassoio.
«Sei stata loro complice, Evans?» mormorò divertito James sulle labbra sorridenti di Lily dagli occhi verdi accesi con aria furba. Lui rise prima di girarsi verso i tre Malandrini ancora in piedi, i volti accartocciati in espressioni esilarate e per niente colpevoli. «Bastardi maledetti!» sibilò scaraventandosi su Sirius scoppiato in una risata sguaiata. Con una manata, James acciuffò anche Peter e poi Remus, colpito da una serie di pugni sul braccio che lo fecero ridere di più. Liv gli passò accanto altrettanto ridente, ma guardandosi attorno la sua espressione divertita s'incupì, sospettosa.
«Mary, perché accidenti mi guardano tutte?» mormorò lasciando a terra la tracolla e prendendo posto accanto all'amica intenta a leggere il giornale del momento. «Cosa c'entro con Lily e James?»
«Ho i pantaloni, sì?» borbottò Sirius scavalcando l'altro lato libero della panca, tutto intento a guardarsi le lunghe gambe. «Stanno guardando anche me»
«Vi guardano tutte perché avete appena superato La Scadenza» fece sapere Mary seduta tra i due con la faccia nascosta dalle pagine viola.
«Quale scadenza?»
«La Scadenza di Sirius Black, Liv, lo sanno tutte» specificò la bionda in tono ovvio. Sirius strabuzzò gli occhi grigi prima di ridurli a fessure taglienti da sopra il vassoio levitante del bacon. «Hai superato il tempo più lungo con cui sei stato con una ragazza, Black, prima di Liv» continuò Mary cercando di non ridergli in faccia apertamente anche se ben nascosta dietro il giornale.
«Questo cosa c'entra con la faccia di Wendy Preston?» chiese Liv occhieggiando il volto disperato della ragazza che la stava fissando dal tavolo dei Corvonero. «Non è la ex lagnosa di James?»
«Ah, lei è leggermente strabica...» le fece sapere Mary senza nemmeno guardarla «in realtà sta trucidando Lily, non te»
«A me fa più paura Phillips» ammise Sirius ricambiando il lontano sguardo glaciale della compagna di Casa; di sfuggita vide quello cupo di Stevens, al tavolo dei Tassorosso proprio dietro di lei.
«Siete passati da"Fuoco di paglia" a "Coppia stabile"» riprese a parlare Mary trattenendo un'altra risata continuando a stare ben nascosta dietro i fogli profumati. Si morse le labbra, divertita, sentendo Liv sbattere il coperchio della zuccheriera con fin troppa enfasi.
«Lo stai leggendo su quel dannato giornale, Mary?»
«Dammi qua, Macdonald» sbottò anche Sirius tentando di acciuffare i fogli di pergamena con la faccia schifata data dall'odore pungente di lavanda che si sprigionava ad ogni tocco e che col profumo di pancetta arrosto si abbinava ben poco. Mary, però, si tenne il foglio incriminato sogghignando senza ritegno.
«Avete un articolo con tanto di foto, anche voi» li informò sentendo il mal trattenuto sospiro stizzito di Liv alla sua sinistra e il basso ringhio di Sirius a destra.
«Io vado dall'allocco, Olivia, tu da William Johnson»
«Cosa c'entra William?»
«La macchina fotografica è sua».
Mary, allibita da quel breve e secco dialogo, abbassò di scatto il foglio di giornale restando ad osservarli alzarsi dalla panca con aria risoluta prima di prendere due direzioni opposte camminando come due sicari pronti a tutto. «Ragazzi, ehi!» gridò, improvvisamente preoccupata. «Non c'è bisogno di fare una strage delle vostre!»


 


 


 


 

*

 

 

 


 

Regulus, l'affanno a mozzargli la voce, arrivò alla base delle scale umide del sotterraneo esalando un “Per Salazar” piuttosto irritato. Si fermò giusto il tempo per ridarsi un contegno sistemandosi i capelli corvini sulla fronte e la cravatta verde-argento al collo, ma soprattutto per riempire d'aria i polmoni dolenti dovuti alla corsa fatta fin lì dalla Sala Grande, cercando in ogni dove Piton che si era pietrificato tra il mare di fogli lilla al tavolo dei Corvonero e quello dei Sepreverde senza raggiungere Mulciber e Avery per la colazione. Regulus l'aveva visto impallidire e fare dietrofront da sopra i corn flakes nel cucchiaio che aveva mollato subito dopo per alzarsi dalla panca e seguirlo.

«Permesso, scusate» chiese passando con eleganza tra due ragazzine del terzo anno intente ad uscire dall'apertura sul freddo muro in pietra della Sala Comune dei Serpeverde. Regulus attraversò a lunghi passi decisi l'intera sala vuota, illuminata dall'acqua verdognola del lago dietro le finestre, fino a raggiungere la porta in legno scuro del dormitorio maschile del settimo anno. Quando la aprì, dopo aver bussato educatamente più volte senza ottenere risposta, restò immobile sullo stipite.
Non aveva mai sentito Severus Piton piangere, quella fu la prima volta e la scena lo lasciò esterrefatto. «Severus» tentò di chiamarlo in un sussurro basito provando ad avvicinarsi al baldacchino dalle tende smeraldo chiuse per metà.
«Vattene» sibilò di rimando il più grande senza però muoversi dal suo buio nascondiglio. Ma Regulus fece un altro passo avanti e solo in quel momento si accorse che il disordine regnava sovrano dove c'era sempre stato un ordine quasi maniacale.
Recuperò da terra pezzi strappati di una vecchia foto che esaminò con cura rigirandoli tra le dita affusolate, sul medio l'anello dei Black a riflettere la luce; rimettendoli approssimativamente insieme si ritrovò davanti allo stranamente immobile viso ridente e fanciullesco di una Lily Evans forse undicenne, senza divisa scolastica, illuminato da un sole estivo accecante. Sospirò lanciando di sottecchi uno sguardo severo al baldacchino di Piton, nell'iride grigia un baluginante lampo di comprensione.

«Quando la smetterai, Severus?»
«Ho detto vattene, Black»
«Lo dico per te. Forse hai convinto Mulciber e Avery quando hai insultato Evans un anno fa, ma a me no. Lo capisci o no che James Potter non potrà mai perdere? Non te la ridarà mai più indietro, mettitelo in testa. L'ha cambiata, Severus, per sempre. Devi liberartene, è soltanto un peso che non vale la pena tenere»
«James Potter perderà, prima o poi». Il sibilo di Piton sapeva di infima promessa ed era così intriso d'odio folle che Regulus sentì dei brividi rizzargli i peli sulla nuca. «James Potter perderà ogni cosa» continuò Piton dall'oscurità del suo baldacchino con la voce traboccante rabbia e disprezzo, il silenzio vibrante a prendere il posto dei singhiozzi un istante prima soffocati sul cuscino.
«Ho deciso, Regulus»
«Cosa?»
Piton rimase muto per alcuni istanti, la morsa stretta al cuore pulsò feroce dandogli un'unica e semplice risposta in mezzo a tutto quel dolore straziante che non voleva provare più. 'Decidere', dal latino de-caedere, 'tagliar via'. E lui aveva deciso, era pronto a tagliare via Lily Evans.
«Voglio il Marchio Nero, adesso» sentenziò uscendo allo scoperto con un gesto secco della mano tra le tende. Regulus si limitò a guardarlo mettersi seduto sul materasso, alla torbida luce del lago proveniente dalla finestra dietro il suo comodino. Era più pallido del solito a parte il lungo naso sporgente lievemente arrossato come il taglio non ancora rimarginato che si era fatto il giorno prima per colpa del Platano Picchiatore; ma le labbra erano strette in una linea dura e gli occhi scuri tra i lunghi ciuffi di capelli neri lampeggiavano ferventi.

«Questo vuol dire che sei disposto ad eseguire gli ordini del Signore Oscuro stando sotto lo stesso tetto di Lily Evans, Severus?» gli fece notare Regulus «non avevi detto che prima volevi aspettare di uscire da qui?»
«Ho deciso» ripeté Piton col volto deformato dalla rabbia ripensando con disgusto alle labbra di Lily su quelle di Potter nella foto del giornale di Allock, il Corvonero adesso ancora più insopportabile.
«Il Signore Oscuro sa leggere la mente meglio di qualsiasi altro mago esistente» insistette Regulus, mettendolo alla prova «cosa farà quando vedrà che sei legato sentimentalmente a una Sanguesporco?»
«Ho chiuso con lei».
Nonostante il tono di voce incredibilmente gelido di Piton, a Regulus scappò uno sbuffo di risata senza però scomporsi. «Andiamo, Severus, non essere ridicolo. Puoi imbrogliare chi non c’è già passato, non me»
«Quindi a te importa ancora di tuo fratello?» chiese Piton facendo trapelare tutto il suo scetticismo a riguardo. L'altro infatti restò un attimo interdetto prima di liberare un verso di sdegno.
«Per me è morto quando ha scelto di scappare di casa, consapevole di venire così diseredato» sentenziò asciutto. «Quando decidi di dare il tuo avambraccio sinistro non puoi stare da entrambe le parti. Io sono nella mia, Sirius è nella sua. Tu stavi piangendo perché Lily Evans sta con Potter, Severus, dall’altra parte ci sei con tutte le scarpe»

«Lily Evans è morta scegliendo Potter» sibilò Piton promettendo mentalmente a se stesso di non far vedere mai più a nessuno quel dolore che lacerava l’anima. Il sopracciglio di Regulus si arcuò verso l’alto, un sorrisetto amaro a stirargli le labbra. Le pene d’amore per una ragazza non erano così forti da spezzare il filo che tiene connessi a qualcuno, Regulus sapeva bene che nemmeno un legame di sangue tradito portava a vedere morto qualcuno. La delusione, il dolore e lo sdegno che si provavano erano atroci, l’odio che nasceva nei confronti di chi rinuncia deliberatamente alla famiglia era più grande di tutto eppure c'era sempre qualcosa, dall'altra parte, che attirava.

«Anche se deciderai davvero di farti il Marchio, Severus, toglierai al massimo un solo piede da lì, l’altra scarpa starà per sempre da lei». Fissò il volto grigiastro di Piton capendo al volo che, anche se adesso lui sembrava sicuro di odiarla, sarebbe stato così come aveva detto lui. Una lieve piega compiaciuta gli addolcì i lineamenti alteri: Regulus sapeva di essere intelligente, i professori glielo dicevano in continuazione e i suoi genitori ne andavano estremamente fieri. Quello che non sapeva era che la sua intelligenza, oltre che mentale, era anche emotiva. Regulus Black sapeva sentire le emozioni degli altri, elfi domestici compresi; Regulus Black era profondamente sensibile e nessuno gliel aveva mai detto, a parte Sirius.


 

“Tu non sei come loro, Reg, sei la persona più sensibile che conosco. Per favore, vieni con me dai Potter”

“Vai a prendere per il culo i tuoi amici Grifondoro, Sirius, non me”

“Sei così stupido da non capire che ti sto facendo un complimento!”

“Essere sensibili non è un complimento, soprattutto detto da te”

“Idiota, ti sto dando l’opportunità per ribellarti!”

“Non devo ribellarmi ai valori in cui credo”

“Credi che gli elfi debbano essere decapitati e appesi alle pareti se fanno cadere per sbaglio o vecchiaia una tazzina da tè?!”

“Non lo credo, ma quello è soltanto un piccolo particolare della nostra famiglia che io non ho intenzione di…”

“Un particolare che ti differenzia da tutti i pazzi che chiami parenti! La tua sensibilità è l'unica cosa che può salvarti, Regulus!”

“Vattene pure da quei babbanofili senza onore dei Potter, ma senza di me. Schifoso traditore come Purosangue, come figlio e soprattutto come fratello. Mi dai la nausea solo a guardarti”


 

«Non aprirò bocca con nessuno, Severus, ti do la mia parola. Ma non ti coprirò le spalle, sappilo. Ho dato la mia totale lealtà al Signore Oscuro, non sono mai stato un traditore e mai lo sarò» sentenziò Regulus duramente, lo sguardo fermo e deciso. Tutto in lui trasudava sempre orgoglio, coerenza e soprattutto onore. Regulus si muoveva con la nobiltà del sangue puro che tutti gli riconoscevano con rispetto, aveva fattezze eleganti e modi alteri come un qualsiasi Black ma era estremamente educato come nessuno di loro, e nonostante quella strana rispettosa gentilezza appariva sempre al di sopra di tutti. Piton invidiava la sua aria di chi sa sempre quello che sta facendo, quella schiena dritta e il volto fiero sempre in mostra, l'opposto delle sue spalle curve e dei suoi lunghi capelli a tendina attorno agli occhi.
«Come farai a nascondere al Legilimante più potente del mondo che sei innamorato di una Sanguesporco?»
«Non lo sono più» rispose Piton con decisione e un odio per Lily Evans mai provato prima. La odiava, la odiava con tutto il cuore spezzato. Quella non era la stessa Lily di cui si era innamorato anni prima, eppure soffriva come non aveva mai sofferto e la stupida foto di Allock stampata in mente continuava a fermargli il respiro e bruciargli gli occhi.
«Che eri innamorato di una Sanguesporco, allora. Perchè sai che è altrettanto grave e che il Signore Oscuro vede anche il passato, sì? Parti svantaggiato rispetto a me, Mulciber e Avery. Non hai nessun parente nella cerchia dei Mangiamorte e non sei nemmeno Purosangue, hai il cognome Prince come biglietto da visita ma dovrai dimostrare di essere abile, guadagnarti da solo la Sua fiducia»
«Ho già pensato a tutto, non ho bisogno di qualcuno che mi copra le spalle» rispose Piton algido, il tono piatto a nascondere nel petto l'esplosione di feroce orgoglio che non vedeva l'ora di liberare. Regulus restò a scrutarlo, interrogativo. «Occlumanzia» specificò allora lui, in un sibilo fervente «mi sto esercitando da mesi»
«Non mi sembra tu stia facendo grandi progressi visto questo tuo perdere il totale controllo delle emozioni nel bel mezzo della Sala Grande»
«Non succederà mai più, da nessuna parte» sbottò Piton, il disprezzo per se stesso e per Lily ad avvelenargli la voce «mi eserciterò per tutta la vita, se sarà necessario».
Regulus lo squadrò in silenzio, indagatore, lo sguardo grigio perforante. Lo conosceva abbastanza per ritenere valida la sua idea dell'Occlumanzia perché Severus era di per sé un asociale sempre chiuso a riccio come le sue spalle; la sua mente era impenetrabile di natura, calcolatrice ed imperturbabile non solo davanti ai nemici ma anche con gli amici. I suoi unici punti deboli erano Lily Evans e James Potter, capaci la prima di farlo piangere come un bambino e il secondo di portarlo ad esplodere di rabbia e odio incontrollabili. Regulus, però, vide per la prima volta davanti a sé qualcuno pronto a dare tutto se stesso pur di riuscire nel suo intento. Determinato ed incredibilmente scaltro, Severus Piton era il tipico Serpeverde ambizioso, e Regulus sorrise alla vista del suo amico finalmente libero di essere se stesso.
«Vuoi darti alle Arti Oscure usando contemporaneamente tecniche di Difesa contro le Arti Oscure» gli fece notare arcuando un sopracciglio nero senza abbassare la curva delle labbra, assomigliando in modo del tutto inconsapevole a suo fratello maggiore. «Severus, sei un vero controsenso».
Piton ci pensò giusto un attimo, arrivando alla veloce conclusione che essere un controsenso significava stare in mezzo e lo stare in mezzo voleva dire rischiare. Non gli importò, il Marchio Nero sarebbe stato sul suo braccio e Lily Evans non poteva fermarlo nemmeno dal passato.


 


 

*


 


 


 

Le gocce di pioggia battevano sui vetri delle alte finestre ad arco acuto della biblioteca immersa nel silenzio surreale del pomeriggio, la luce bianca dei nuvoloni plumbei fuori entrava gettando lunghe ombre ed illuminando il pulviscolo nell'aria e sugli antichi scaffali pieni zeppi di libri. Mary, seduta al tavolo nella sezione “Erbologia”, spostò i suoi occhi nocciola dal libro a Peter che si mangiava le unghie mentre sfogliava un tomo più grosso di lui, lì davanti. Erano in biblioteca da un'ora e mezza precisa, a riempire la loro ora buca con le ricerche sullo strano armadio nero che aveva inspiegabilmente fatto sparire Alan Morgan il mese prima. Quel pomeriggio spettò a lei e Peter mentre gli altri mescolavano pozioni immersi nei fumi del sotterraneo. Nessuno era ancora riuscito a cavare un ragno dal buco riguardo quell'oggetto misterioso e Mary aveva notato quanto Peter fosse sempre più preoccupato a riguardo.

«Ehi» lo chiamò in un sussurro. Gli occhi chiari dell'amico si sollevarono su di lei, interrogativi, le unghie della mano destra ancora sotto agli incisivi sporgenti. «Che ne dici se prendessimo questi per continuare la ricerca all'aperto, in un posto meno triste?»

«Sta piovendo» rispose lui indicando i vetri grondanti.

«Sta per smettere»

«Non credo»

«Siamo a marzo, la pioggia va e viene. Tra cinque minuti uscirà il sole» lo rassicurò Mary in un dolce sorriso. Peter restò ad osservare il cielo grigio con sguardo incerto tanto quanto il tempo, e quando lo scrosciare della pioggia fitta divenne un leggero ticchettio discontinuo sempre più raro fino a fermarsi riportò lo sguardo su Mary, già in piedi con due vecchi tomi polverosi sottobraccio.

«Che ti avevo detto?» esordì allegra quanto l'uccellino svolazzante dietro il vetro, il petto rosso piumato ad attirare l'attenzione di Peter. «Andiamo, conosco un posto che non si bagna mai».

Appena uscirono dal castello, passando tra i due Auror della sorveglianza diurna, Mary inspirò a fondo non capendo il perché tutti si lamentassero ancora della pioggia, del freddo e del nuovo vento di marzo che da una settimana aveva iniziato a scuotere le chiome degli abeti, far ululare le finestre delle torri più alte del castello e svolazzare i mantelli di tutti; lei percepiva già il leggero profumo dei narcisi selvatici nell’aria pregna d'umidità trasportata da quel vento forte ma, secondo lei, ogni giorno meno rigido. Scese velocemente la scalinata in pietra con Peter al seguito, percorrendo il cortile fino a raggiungere l'erba bagnata.

«Mary, aspetta, dove vuoi andare? Secondo me sta per piovere di nuovo, ho sentito un tuono»

«Nella Foresta»

«Nella Foresta?!» pigolò Peter arrestandosi di botto col mantello nero a turbinargli attorno.

«Lì dentro gli alberi sono così fitti che il terreno resta asciutto, possiamo sederci sul muschio» propose Mary senza fermare l'andatura decisa «Avanti, perché ti sei fermato?!»

«Non... non credo sia una buona idea! C'è anche freddo!»

«Sbrigati o resterai indietro!» gli gridò lei, ridente e sempre più lontana. Peter mugolò sconsolato riprendendo a camminare frettolosamente per raggiungerla sul pendio di grigio brugo accarezzato dal vento fino a rallentare di nuovo quando le arrivò al fianco, come due puntini neri minuscoli nell'immenso paesaggio scozzese selvaggio di nuovo tipicamente cupo per via del sole già sparito dietro grossi nuvoloni scuri e fitta nebbia.

«Ci sono i Centauri, là dentro, esistono davvero e sono pericolosi» balbettò Peter col fiatone e le guance piene arrossate per lo sforzo nel raggiungerla. «Ad ogni luna piena, quando andiamo con Remus, li vedo sempre»

«I Centauri non sono nella categoria “animali”» rispose Mary con fermezza. «Sono esseri senzienti molto rispettosi se trattati con rispetto, Peter, non gliene importa niente di noi perché sono troppo presi ad osservare le stelle. Non sono cattivi, in realtà ci disprezzano per colpa dell'ingiusto trattamento che gli riserva il Ministero e in tutta sincerità li capisco» spiegò con fervore raggirando dei piccoli cespugli di fitti bucaneve ormai liberi di sbocciare senza farsi più spazio tra la neve. «Non si avvicinano agli umani, dobbiamo soltanto non invadere il loro territorio e qualcosa mi dice che tu lo conosci bene quindi non abbiamo nulla di cui temere»

«Oh, beh... ma esiste anche un ragno gigante! Spaventoso! L'ultima volta ci ha inseguito insieme a una marea di altri ragni più piccoli»

«Lo so» confermò tranquillamente lei in un sorriso seminascosto dai ciuffi biondi del suo caschetto sbarazzino mosso dall'aria fredda intrisa d'abete e pioggia imminente. «Si chiama Aragog e più precisamente è un Acromantula maschio. Lo sto studiando con il professor Kettleburn sotto la supervisione di Hagrid, ma tu non dirlo a nessuno». Peter boccheggiò, sinceramente scioccato. «Se mai ti dovessi sfortunatamente trovare nella tana di un Acromantula non usare la bacchetta e non aprire bocca, loro amano il buio e il silenzio. Ma di Aragog non ti devi preoccupare, siamo amici di Hagrid e lui lo sa»

«Lui lo sa?!»

«Le Acromantule sono catalogate dal Ministero come animali Ammazzamaghi ma in realtà sono semi-senzienti e parlano, Peter. Aragog non ha mai fatto male ad un essere umano ed ha anche una moglie, si chiama Mosag» fece Mary guardandolo di sfuggita con un'occhiata divertita senza fermare la camminata. «Meglio non invadere nemmeno il suo territorio, comunque, soprattutto senza la presenza di Hagrid» aggiunse col respiro mozzato per un'improvvisa salita scivolosa per via della pioggia che aveva creato pozzanghere e fanghiglia. «Sono convinta che Cura delle Creature Magiche dovrebbe essere una materia obbligatoria e non facoltativa, almeno fino ai G.U.F.O. La cura e il rispetto vanno dati a tutti, umani e non, e sono valori che un mago e una strega dovrebbero possedere per essere persone complete, non credi? Soltanto conoscendo a fondo le altre creature si distruggono i pregiudizi di ogni genere e le paure come le tue e quelle della maggior parte della gente».

Peter strabuzzò gli occhi azzurri, incredulo e spiazzato dalla tranquillità con la quale Mary si approcciava a quelli che lui aveva sempre chiamato ''mostri'' e che per lei invece sembravano esseri umani con nomi, sentimenti, addirittura una moglie.

«“Non esistono bestie intrinsecamente malvagie, vanno soltanto comprese”. É questo che Newt Scamander dice nel libro di testo. E ha ragione» disse Mary con un sorriso soddisfatto, allungando il passo spedito. «Scamander ha scoperto per noi cosa fare e cosa invece non fare davanti ad ognuna, perché se le creature ci attaccano è soltanto colpa di un nostro gesto sbagliato». Peter la seguì pensando che lui aveva paura di entrare in quella Foresta da topo, un animale che passava inosservato perfino sotto al naso degli scoiattoli, mentre lei aveva il coraggio di stare faccia a faccia con le bestie più pericolose. In quel preciso momento capì perché quella ragazza piaceva così tanto a Remus.

Quando arrivarono al limitare della Foresta, Mary si fermò davanti ad un vecchio imponente castagno dal bitorzoluto tronco solido e un'ampia rete di rami spogli resistenti al vento, a parecchi metri sopra le loro teste.

«Non è bellissimo?» disse piegando la testa come se stesse cercando qualcosa in mezzo a quell'intreccio di corteccia grigiastra.

Un uccellino cinguettava solitario e melodioso nonostante il maltempo, il profumo della terra bagnata impregnava l'aria e il fruscio dei nuovi fili d'erba verdissimi sotto le loro scarpe e i mantelli svolazzanti sembravano rendere quella nicchia di natura incontaminata davanti a loro lo spazio più rilassante della Scozia ma, al contrario dello sguardo limpido di Mary posato sull'albero maestoso, quello cupo di Peter fu irrimediabilmente catturato dal buio nebbioso in fondo, tra i tronchi muschiati degli abeti di un verde profondo quasi nero, sempre più fitti e con le grosse radici aggrovigliate nel terreno fangoso.

Mary sapeva tutto sugli esseri pericolosi che abitavano lì dentro, e sembrava anche parecchio brava a capire cosa fare e cosa non fare per sopravvivere in caso di attacco. Lui no, lui non avrebbe saputo cavarsela nemmeno con quelli. Tutti sembravano essere bravi in qualcosa, tutti eccetto lui. James e Sirius erano straordinariamente brillanti in tutto, Mary sapeva tenere a bada i mostri, Lily era un genio con le pozioni e come Remus sapeva sempre quale fattura o incantesimo ci voleva per difendersi efficacemente e rendere innocuo il nemico; per non parlare di Liv che faceva paura con la bacchetta in mano e che, anche se non sapeva evocare un Patronus corporeo, all'ultima lezione pratica di Difesa aveva distrutto tutte le sagome di legno del professor Dearborn con una velocità, precisione e forza tanto da impressionare il professore. Lui era bravo a trasformasi in topo in mezzo secondo, ma per cosa?

«Lo so, l'ignoto fa paura» ammise Mary facendo due passi per poi chinarsi a raccogliere uno stelo piegato dal bocciolo del bucaneve che le schizzò d’acqua gelida la mano con i petali candidi. «Ma non devi pensare sempre al peggio, Peter. Lì dentro ci sono anche puri Unicorni e... guarda bene chi ci sta spiando tra i rami del castagno...»

«Cos'è?»

«Un innocuo Asticello che fa la guardia al suo albero da bacchette»

«Cosa dice Newt Scamander riguardo i Dissennatori?» la spiazzò a bruciapelo lui, liberando la sua paura più grande come non faceva più nemmeno con Remus. «Non ha strategie? Ci si può nascondere e passare inosservati davanti a loro?»

«Beh, in realtà non vedono perché non hanno occhi» gli rispose Mary lasciando perdere i fiori per portare tutta l'attenzione sul tondo volto improvvisamente meno ombroso dell'amico. «Ma captano le emozioni, è inutile nascondersi a meno che non trovi un modo per smettere di provare emozioni» aggiunse dispiaciuta vedendo la delusione e una punta di panico impadronirsi negli occhi celesti davanti. «Loro sì che sono creature oscure, per questo si studiano a Difesa e non c'è molto da fare a parte dargli in pasto il Patronus al posto della tua anima»

«Come fai, Mary?»

«A fare cosa?»

«A non avere paura anche se non sai evocare un Patronus».

A quelle parole tirate fuori a fatica forse per vergogna, Mary lo guardò con sconcerto. «Eccome se ce l'ho» gli assicurò, avvicinandosi. «Abbiamo tutti paura, Peter, pensi forse di essere il solo?»

Il mutismo del ragazzo le fece storcere il naso e aggrottare le sopracciglia bionde, interdetta. Lei lo ammetteva schiettamente di avere paura, lo faceva sempre davanti a tutti quando l'argomento “Ordine della Fenice” spuntava fuori; era l'unica a dirlo, era vero, ma lo faceva e Peter non poteva sentirsi solo. Forse, si disse Mary continuando a scrutarlo, la differenza tra loro era che lei aveva una speranza dentro a farle pensare che la primavera sarebbe arrivata, prima o poi, al contrario di Peter sempre più immerso in un inverno a sua detta ''infinito”. Per questo, Mary cercava di passare sempre più tempo con lui quando avevano le ore buche in comune.

Un tuono più vicino dei precedenti fece sollevare i nasi all'insù di entrambi.

«Si sta avvicinando un altro temporale, Mary, sarà meglio tornare al castello di corsa»

«Perché invece non vieni con me da Hagrid? Devo dare una controllatina a Newt, il mio Occamy»

«Ma sta per venire giù il cielo»

«Il tetto più vicino è quello di Hagrid. Senza contare, poi, che ci darà i biscotti e farà il tè bollente»

«No, grazie, gli altri stanno per uscire dall'aula di Pozioni, quei biscotti assomigliano alle pietre del Lago Nero e... ho paura degli Occamy». Mary rise piano scuotendo la testa, ma Peter non le diede il tempo per ribattere. «Ci vediamo in Sala Comune più tardi o direttamente a cena!» la salutò incamminandosi goffamente per via dell'andatura frettolosa sul fango e del mantello pesante, bagnato sull'orlo. Mary lo seguì con lo sguardo arreso fino a quando lui non sparì dietro il ripido pendio.

A volte riusciva ad alleggerirgli i pensieri, altre invece lo vedeva andare via più cupo che mai, come in quel momento. Sospirò sconsolata e dopo aver gettato un'occhiata ai nuvoloni neri in lontananza diede le spalle al maltempo minaccioso, si sistemò il cappuccio del mantello attorno al collo e prese il sentiero fangoso in direzione della capanna del guardiacaccia costeggiando senza fretta il limitare della Foresta Proibita con le cime degli abeti dondolanti nell'aria. Quando tornava a casa in Cornovaglia amava fare lunghe passeggiate sulle verdi distese immense o i boschi più fitti, arrivare fino al mare selvaggio che s'infrangeva sull'alta scogliera e respirare aria nuova.

Era abituata al maltempo più rabbioso, Mary, quello dell'oceano che sollevava spaventose onde, piegava senza pietà l'erica della brughiera, faceva andare alla deriva i pescherecci e scricchiolare i vetri alle finestre delle case, ma che finiva sempre con un doppio arcobaleno salato e le reti brulicanti di pesci. Un po' come Hagrid e James che venivano anche loro dal West Country, ma dalla contea più a nord; Hagrid dalla selvaggia Foresta di Dean al confine col Galles vicino alla città gallese di Ned Stevens, dall'altra parte del mare di Bristol- l'aveva scoperto durante una delle tante chiacchierate sui draghi che si faceva con lui- e James invece dalla zona più a nord senza mare. Anche loro sapevano riconoscere le tempeste senza perdere la speranza e l'ottimismo, anche loro sapevano che bisognava prepararsi per poter resistere come faceva l'erica sulla scogliera sotto il vento sferzante e la salsedine o il gelo della neve; Hagrid e Ned conoscevano quell'aria spaventosa ma rinvigorente, sospesa all'orizzonte frastagliato del mare grigio piombo prima di una burrasca; chiacchierare con Hagrid era come tornare a casa, era avere qualcuno che pensava come lei.

Quando Mary arrivò davanti alla capanna del guardiacaccia, però, non trovò nessuno. Dal comignolo in pietra stranamente non saliva nessun filo di fumo e la porta era chiusa a chiave. “Strano”, si disse facendo il giro dell'orto senza trovare traccia della balestra. Con un tuffo di dispiacere al cuore fece dietrofront e si accinse a risalire il pendio ripido sotto una nuova pioggerella fredda.


 


 


 

*

 


 

Lo sguardo chiaro del professor Lumacorno attraversava i vapori dell'aula di Pozioni per posarsi apprensivo su Lily ogni due per tre. La sua studentessa pupilla non faceva altro che sorridere da sopra il suo calderone fumante accanto a quello di Potter, i capelli rossi semiraccolti e disordinati attorno al viso. Più volte il professore si era avvicinato per chiederle se andasse tutto bene ottenendo sempre la stessa risposta: “Benissimo, professore”, stupendosi subito dopo per le espressioni divertite di entrambi. Non si capacitava ancora del fatto che quei due stessero insieme e cominciava a preoccuparsi per lo strano comportamento della presunta Lily Evans.

«Scusi, signore?» esordì inespressivo Piton alle sue spalle. Lumacorno si accorse soltanto in quel momento di essersi seduto sul vassoio con i petali di rosa del Serpeverde.

«Severus, ragazzo mio, perdonami» si scusò in un borbottio mortificato tra i baffi biondo zenzero, spostandosi dal tavolo da lavoro dei Serpeverde che Piton condivideva con Mulciber. «Oggi sono un po' tra le nuvole. Ma vedo che invece la tua mistura sta prendendo la giusta luminosità madreperlacea, non è vero?»

Piton non lo degnò di uno sguardo così come non aveva degnato il mondo che l'aveva circondato per tutta la giornata, pranzo compreso.

«Sirius, leva questa... cosa dal mio spazio vitale, è tutta la maledetta giornata che lo fai» sbottò sottovoce Remus piuttosto irritato, come di consueto dentro quella classe. Allentò la cravatta rossa e oro al collo e si asciugò la fronte con l'avambraccio lasciato scoperto dalla manica della camicia arrotolata fin sopra il gomito, sbuffando; lo sguardo ambrato sotto le sopracciglia corrucciate divise da una sottile ruga sembrava rimbalzare ad intermittenza da Pozioni Avanzate al calderone fumante sotto al suo naso.

«Questa... cosa, Lunastorta, come dici tu» mormorò al suo fianco Sirius sventolando con ancora più veemenza la macchina fotografica di William Johnson. «Poteva causare gravi danni al resto del nostro ultimo anno scolastico». Remus sembrò non ascoltarlo, tantomeno sentirlo. “Perché diamine non sale a spirali? Ho fatto tutto quello che dice il manuale” stava ringhiando tra i denti mollando il mestolo sul tavolo sporco d'ingredienti tagliuzzati per piantare le mani sui fianchi con stizza fissando la sua pozione bollire in modo sbagliato mentre Sirius gettava con poca accortezza tre uova di Ashwinder, una spolverata fin troppo generosa di peperoncino e un numero non identificato di petali di rosa nel calderone affianco, tenendosi un petalo rosso per lanciarlo in faccia a Liv che sorrise brevemente sciogliendo l'espressione seria e concentrata rivolta alla sua pozione, mescolando volutamente in apnea.

Lily restò ad osservare James tentare di tagliare a metà un congelato uovo di Ashwinder con il coltello sbagliato, lanciare sguardi sfuggenti agli altri ingredienti sul tavolo, grattarsi la nuca scarmigliata, sistemarsi gli occhiali sul naso, sbuffare. Non si era ancora abituata a vedere la paura sul viso di James Potter; non era mai palese, scritta limpidamente sui lineamenti come quella di Peter, ma c'era e da quando Lily aveva iniziato a notarla, mesi prima, tutto era cambiato. La vedeva sempre più spesso, lì in quell'aula, ma a volte anche dentro le serre di Erbologia, ovvero nelle materie necessarie per diventare Auror eccetto quelle in cui eccelleva come Incantesimi, Difesa contro le Arti Oscure e Trasfigurazione. Un po' come Liv che da tre mesi aveva l'unico obiettivo di prendere E a tutti i M.A.G.O. per essere accettata dall'Accademia Auror e sbattere in cella Avery; Lily vedeva l'ossessione della vendetta dare alla sua amica una ferrea e costante concentrazione. Mancavano soltanto quattro mesi alla fine dell'anno scolastico e l'agitazione cominciava a crescere in tutti.

«Cosa c'è che non va, James?» chiese sottovoce facendogli sollevare la testa spettinata verso di lei, sorpreso. Per un attimo James restò spiazzato dal fatto che Lily l'avesse capito senza parlare.

«Credi che un Accettabile in Pozioni basterà all’Accademia Auror?» liberò i suoi pensieri afferando il mestolo con aria nervosa per poi poggiarlo di nuovo sul banco come se non sapesse che farsene. Le labbra di Lily si curvarono lievemente verso l'alto al pensiero di aver letto bene l'espressione di James.

«Al colloquio di orientamento la McGranitt ha detto a Liv di no, James»

«Già, l'aveva detto anche a me» borbottò lui riprovando a tagliare l'uovo che sgusciò via dalla lama sotto gli occhi verdi di Lily brillanti nella semi oscurità fumosa della classe di Lumacorno, impressionati dal fatto che James Potter a quindici anni avesse già in mente di scegliere la carriera Auror.

«Non sei tu che sbagli, comunque» esordì dopo un po' Lily, sottovoce, facendogli sollevare un sopracciglio nero sopra la montatura rotonda degli occhiali.

«No? Fino a prova contraria questa che tiene il coltello è la mia mano, Lily»

«È il manuale che sbaglia»

«Oh, come siamo superbe» la prese scherzosamente in giro James, punzecchiandole un fianco con la mano libera.

«Ti ho osservato, sai?» ribatté lei spostandosi giusto in tempo per non scoppiare rumorosamente a ridere dal solletico.

«Sì, lo so che non riesci a fare a meno di fissarmi, oggi»

«Ti ho osservato, per anni» ammise Lily schiettamente non senza una punta d'imbarazzo che nascose perfettamente dietro un'occhiata fintamente accusatrice. James strabuzzò gli occhi dietro le lenti degli occhiali appannati dal vapore che saliva in perfette e sinuose spirali dal calderone pacifico di Lily, tutto il contrario del fumo nero proveniente da quello borbottante di Sirius.

«E, a parte questo tuo odio spropositato per Pozioni dato soltanto dal fatto che è la materia preferita di Piton...»

«Scusa?»

«Sbagli perché ti distrai» proseguì con decisione Lily, la schiettezza nella voce e negli occhi verdi «perché vuoi fare un dispetto a Lumacorno, perché prendi in giro Piton, parli con Sirius oppure perché sei tra le nuvole a pensare a chissà cosa e quando non fai tutte queste cose segui alla lettera Pozioni Avanzate»

«Non vedo dove sta lo sbaglio nell’ultima parte» replicò James, allibito da quell'elenco minuzioso di cose che riguardavano se stesso.

«Ti svelo un segreto: Pozioni Avanzate è pieno di errori»

«E hai passato sei anni e mezzo a dire che sono io il pallone gonfiato!»

«Ssst!» soffiò Lily senza trattenere però una bassa risata. «All’inizio dell’anno la Pozione Polisucco ti è uscita perfetta, sai perché?» gli chiese in tono cospiratore. James restò in silenzio, guardandola spaesato. «Perché hai copiato ogni minimo gesto di Piton davanti al calderone»

«Mi hai osservato davvero» constatò lui con un sorrisetto a metà fra lo stupito e il compiaciuto. Lily sollevò gli occhi verdi al basso soffitto di pietra, un sorrisino ad incurvarle le labbra.

«Si tratta di conoscere i tuoi avversari ed agire di conseguenza» mormorò decisa abbassando lo sguardo divertito sugli ingredienti sopra il tavolo.

«Stai dicendo che per andare bene a Pozioni devo conoscere Piton? Forse sei tu che non conosci bene me, Evans, perché io Piton lo conosco anche fin troppo bene e preferirei consegnarmi al Platano Picchiatore, nudo, piuttosto che fare ripetizioni con lui»

«Devi conoscere gli ingredienti, Potter, sono loro gli avversari da conoscere»

«Sono solo ingredienti, Evans. Voglio dire, questi occhi sembrano dire “Continua a fissarmi e ti farò vomitare l’anima” ma in realtà non si possono definire dei veri e propri avversari»

«Non sono “solo ingredienti”, Potter».

Liv gettò un'occhiata nella loro direzione, divertita dal loro battibecco nonostante fossero ormai una coppia ufficiale.

«Sono come le persone, reagiscono con le altre e con il trattamento, il calore, il freddo, il tempo» stava dicendo Lily prendendo un freddo uovo di Ashwinder per avvicinarlo alla fialetta d'Acqua di Luna che Sirius, tre posti più in là, offrì a Remus ricevendo in risposta dall'amico lupo mannaro una sonora pappina.

Lily avvicinò i due ingredienti come se stesse facendo interagire due pupazzi davanti ad un bambino. «Sono come i giocatori avversari in campo o i membri nuovi della tua squadra: se non conosci le loro mosse in anticipo risultano imprevedibili» continuò sentendosi addosso la completa attenzione di James come aveva previsto. «Ma se li studi a fondo, proprio come fai tu ad ogni partita o allenamento, sarai capace di anticipare le loro mosse e far funzionare tutto»

«Ho una ragazza che sa qualcosa di sport» constatò James sinceramente illuminato, osservandola sorridere. Si accorse proprio in quel momento che Lily aveva sorriso per tutto il giorno, quasi in continuazione, non ricordando di averla mai vista così. Liv, al suo fianco, pensò la stessa cosa della sua amica, mescolando la mistura con un sorrisetto trattenuto dai denti.

«Pozioni è un po’ così» riprese Lily completamente inconsapevole del suo sorriso costante «un po' come il Quidditch. È così che io e Piton». Si fermò, schiarendosi piano la voce. Nella sua espressione del viso James ci lesse un passato pieno di chissà quanti ricordi, ma era soltanto un’ombra scura che passò su quel bel volto fiero come un nuvolone nero sospinto lontano dal forte vento di marzo.

«È così che ho scoperto che tre foglie di Centinodia non possono stare bene con sedici gocce d'essenza di Mandragora, per esempio» proseguì Lily con un certo orgoglio. «Perché, al contrario di quello che dice Pozioni Avanzate, sono troppo poche e i principi attivi in tre foglie non possono reagire bene a questa quantità di Mandragora. Ci vogliono soltanto sei gocce precise... sei gocce, Potter, non mezza in più e non mezza in meno». L'ultima parte del discorso le uscì dalla gola a mezza voce non soltanto per non disturbare la classe e non farsi sentire dal professore, ma anche per l’eco di vecchie giornate passate a sperimentare le proprietà di ogni singolo ingrediente con Severus.

«Quindi, Potter, prima cosa: studia i singoli ingredienti, i giocatori per così dire, le loro proprietà e i punti di forza, i difetti e i modi più efficaci per trattarli, soltanto così scoprirai le combinazioni migliori per ottenere ciò che vuoi. I libri non hanno sempre ragione e a volte bisogna fidarsi del nostro istinto, ma tu questo già lo sai».

James restò a guardarla, piacevolmente sorpreso. «Ti ho già detto che sei un genio?»

«Mai»

«Mai? Davvero?»

«Davvero. A voce, s’intende».

James sorrise, capendola. Non glielo aveva mai detto a voce, ma evidentemente Lily doveva averlo capito ogni volta che lui l'aveva guardata in quel modo. Nello stesso istante, James scoprì che era anche per quel motivo che l'aveva baciata il giorno prima, nella Foresta. Lo fece anche in quel momento, si chinò su di lei con l'intenzione di sfiorarle le labbra con le sue in un bacio dolce che però non avvenne per colpa del rumore sordo di un barattolo di vetro rotto in mille pezzi sul pavimento di pietra.

«Severus!» esalò atterrito il professor Lumacorno tenendosi la pancia.

«Mi scusi, signore» esordì il Serpeverde, imperturbabile a parte la linea delle labbra sollevata leggermente in un angolo «Mi è scivolato»

«Quando ti deciderai a darti una sciacquata alla testa, Mocciosus?» lo sbefeggiò Sirius dal fondo dell’aula, ignorando le ammonizioni di Lumacorno. «Cose del genere non capitano senza olio sulle dita, lo sai?»

Ma Piton sembrò non aver nemmeno sentito o visto il volto beffardo di Sirius. Severus era una maschera d'indifferenza ma era anche più pallido del solito, gli occhi più neri del normale, soltanto Lily se ne accorse e non fece niente per evitare d'incontrare il suo sguardo. Sostenne quel contatto perforante fatto di dolore, amarezza e delusione profondi, disgusto e forse anche odio. Lily non si era mai sentita addosso il disgusto e l'odio di Piton, in quel momento scoprì quanto potesse essere spaventoso. Non le importò. Se Severus pensava di farla sentire un'ipocrita o una traditrice con quello sguardo che gridava "Stai con quello che ritenevi un idiota" si sbagliava di grosso, non sapeva più niente di lei.

«Bene, il tempo è scaduto» sentenziò gioviale Lumacorno riaggiustando il barattolo a terra con uno sventolio di bacchetta «e la mistura complicata e pericolosa che ci ha accompagnato per tre interi mesi dovrebbe ormai essere potentissima e pericolosissima Amortentia»

«Professore, posso andare in bagno?» chiese Piton con voce gelida. Lumacorno strabuzzò gli occhi chiari aggrottando le folte sopracciglia bionde, preso totalmente alla sprovvista dalla domanda. «Beh, Severus, certo» borbottò dopo un po'. «Se ne hai bisogn...» Non riuscì a terminare la frase perché il suo alunno migliore che non aveva mai saltato nemmeno un minuto di lezione era già sgusciato via tra i banchi con la tunica nera e verde svolazzante, uscendo in tutta fretta fuori dall'aula riempita da dense spirali di fumo che cominciavano ad emanare assuefanti aromi nell'aria, salendo ipnotici fino al soffitto.

«Ecco, be'» riprese Lumacorno distogliendo lo sguardo stranito dalla porta che Piton si chiuse alle spalle con un cigolio sinistro e un tonfo cupo. «Al tavolo dei Serpeverde vedo le caratteristiche spirali sollevarsi soltanto dal calderone di Severus» constatò guardando con una smorfia Mulciber sventolare una mano per scacciare via il vapore violetto dalla faccia stizzita. «Abbott? Tutto bene?» L'unico Tassorosso della classe, da quando Edgar Bones era sparito ad Hogsmeade, sollevò il pollice di una mano nera di fuliggine quanto tutta la faccia e i capelli biondi.

«Corvonero, voi... complimenti, signor Goldstein!» esclamò sorpreso Lumacorno accingendosi ad avvicinarsi al calderone di uno dei tre Corvonero per controllare anche colore e consistenza della pozione del Prefetto, ma si fermò al centro dell'aula sconcertato dal sempre più invadente fumo nero che nascondeva tre quarti di tavolo Grifondoro, ovvero la metà di un Remus con le mani sui fianchi in rassegnato disappunto e tutta l'intera alta figura di Sirius.

«Black, questo è troppo addirittura anche per te»

«Peccato» esordì la voce sarcastica di Sirius da dietro la nebbia fitta «ci tenevo tanto a questa pozione in particolare».

Remus arcuò un sopracciglio castano, gli occhi ridotti a fessura, ripensando a tutti gli ingredienti che Sirius aveva buttato a casaccio dentro il calderone senza nemmeno leggere il manuale, giusto per evitare che la pozione riuscisse e fare i conti con ciò che aveva con Liv.
Liv che- Remus si sporse a guardarla- era ad un metro e mezzo di distanza dal tavolo a braccia conserte, scrutando cupamente Lumacorno avvicinarsi al suo calderone con invece un'aria curiosa e sorpresa.

«Niente male, McAdams, niente male! In quest'ultimo periodo ti stai mettendo d'impegno, ho notato. Mi sai dire la particolarità di questo potente filtro d'amore?»

«L'aroma cambia da persona a persona, in base a cosa ci attrae di più»

«Bene, cinque punti a Grifondoro» sentenziò Lumacorno compiaciuto tanto quanto Lily che sorrise scuotendo però piano la testa nel vedere l'amica restare perfettamente impassibile, a debita distanza dal calderone.

«E tu cosa senti, se posso sapere?»

«Nulla, professore, purtroppo sono raffreddata».

Remus la guardò accigliato storcendo il naso e mordendo l'interno di una guancia per trattenere un sorriso divertito, pensando a quanto stupidi fossero quei due davanti alla paura di ammettere la “cosa” che li teneva uniti anche con i vestiti addosso.

«Lily? Tu cosa senti?» proseguì Lumacorno in tono indagatore avvicinandosi al calderone senza nemmeno dargli uno sguardo. Lily sorrise per l'espressione agitata sotto i baffi paglierini del professore con gli occhi che le scrutavano il viso come se volesse analizzarle ogni singolo lineamento in cerca dei suoi segni particolari.

«Sono proprio io, professore» rispose semplicemente percependo sotto al naso un avvolgente odore così piacevole ed annebbiante da farle aprire il sorriso senza poterlo fermare. Era lo stesso identico profumo che l'anno precedente aveva sentito arrivare dal calderone preparato dal professore, alla prima lezione di settembre, e sapeva di muffin al caramello e dell'armadio delle scorte di quella stessa aula, del profumo dell'erba in riva al Lago Nero e dell'essenza forte dell'abete unita alla vivace menta piperita che l'anno prima non si era spiegata e che soltanto in quel momento riconobbe come l'odore del Mantello dell'Invisibilità di James, più precisamente era quello dei suoi capelli ribelli che facevano da palo portante sotto quella stoffa sempre pronta a proteggere i suoi amici.

«Sono io, professore» lo rassicurò con la nuova interna scioccante constatazione di essere attratta da James Potter da chissà quanto tempo. «La vera Lily Evans libera da Maledizioni senza Perdono che decidono le mie azioni, senza filtri d'amore o Pozione Polisucco nelle vene, e soprattutto ancora Grifondoro fino al midollo perché ci vuole del coraggio per uscire con Potter, non lo può più negare» concluse notando i baffi biondi del professore vibrare leggermente come se avessero riconosciuto la risposta alla solita affermazione che il professore le rivolgeva sempre: “Saresti dovuta stare tra i miei Serpeverde”. Ma Lily vedeva ancora del dubbio in quegli occhi affezionati a lei, e non faticò a crederci perché lei stessa aveva smesso di dubitare di essere la vera Lily Evans soltanto la sera prima. Si voltò verso James che a braccia conserte faceva il finto offeso per la battuta sul coraggio- tradito da un sorriso mal trattenuto- per poi voltarsi di nuovo verso il professore.

«E va bene» aggiunse con aria astuta e vivace. «Mi faccia mandar giù un Bezoar intero come veloce antidoto contro il filtro d'amore velenoso, dato che è stato Potter a crearlo»

«Benedetta, ragazza!» scoppiò Lumacorno aprendosi in una fragorosa risata. «Soltanto tu penseresti ad un Bezoar come antidoto universale! E che sfacciataggine con Potter!»

Lily rise, contagiata dal sorriso radioso del professore finalmente convinto e dalla faccia sempre più oltraggiata di James. «Sei proprio tu, mia cara! Be', allora non mi resta che farvi i miei migliori auguri e... Potter, hai tra le mani un fiore raro»

«Lo dica anche a Evans, professore» rispose James facendo scoppiare tutti a ridere nel tentativo di camuffare il cuore gonfio che gli stava scoppiando nel petto; nell'istante in cui inspirò per dare un contegno alla felicità, una densa spirale di fumo del calderone di Lily lo inebriò inaspettatamente rendendogli il respiro pesante e lento. Poteva sentire la torta alla melassa e l'intensa essenza della Foresta nelle notti di luna piena, quella inconfondibile del legno dei manici di scopa e il fresco mughetto dei capelli rossi di Lily che si aggiunse alla golosa cannella delle sue labbra facendolo sorridere pigramente, inebetito. James si sentì molle e quasi levitante in una sensazione offuscante tanto era bella e non molto diversa da quella che aveva iniziato a provare la sera prima.

«Preparatevi alla prossima lezione, signore e signori» riprese con entusiasmo Lumacorno battendo le mani per attirare l'attenzione di tutta la classe che cominciava a ritirare libri, bilance ed ingredienti. «Riprenderemo in mano la misteriosa mistura “sorpresa” che vi ho fatto iniziare a preparare a gennaio, l'ultima di quest'anno. Badate che non sarà affatto una passeggiata, sarà la cosa più difficile che i vostri calderoni abbiano mai visto!»

«Più difficile della Polisucco e degli antidoti ai veleni avanzati della settimana scorsa, signore?»

«Più difficile anche di quelli, signor Stone! Assurdamente difficile da preparare e disastrosa se si sbaglia, per questo l'ho lasciata per ultima»

«Che pozione è una che ha bisogno di sei mesi per essere pronta?»

«Felix Felicis» rispose Lily al Tassorosso «fortuna liquida»

«Esattamente, cara» Il faccione di Lumacorno si illuminò in un sorriso ampio, orgoglioso da scoppiare, mentre Liv notava gli occhi di Mulciber baluginare febbrili e desiderosi nella semi oscurità dell'aula come quelli di un serpente nella sua tana.

«Lunedì scopriremo perché risulta tossica se assunta in dosi eccessive. Io, per esempio, l'ho presa soltanto due volte in tutta la mia intera vita. Solo uno di voi, quello che a fine anno riuscirà a completarla perfettamente, potrà averne una fiala come mio personale regalo per chiudere in bellezza la carriera scolastica». Gli occhi di Lumacorno si soffermarono su Lily, come se fosse già sua. «Ma soltanto dopo aver sostenuto i M.A.G.O... non vorrei vi annullassero gli esami, per l'amor di Merlino! Questa curiosa pozioncina è bandita nelle competizioni ufficiali, negli eventi sportivi, agli esami e alle elezioni. Per adesso imbottigliate la vostra Amortentia, scriveteci sopra nome e cognome come al solito e portatemela alla cattedra».

Liv non aspettava altro. Con un gesto della sua bacchetta di prugnolo fece levitare il mestolo per tuffarlo nel calderone senza avvicinarsi al tavolo, riempì la sua ampolla e la fece arrivare sul palmo della mano sinistra. «Non fare domande con lo sguardo, Remus» disse tappandola velocemente e contemporaneamente pulendo il calderone con un altro gesto sbrigativo della bacchetta. Remus, che aveva seguito ogni suo gesto con divertito sguardo perplesso, sollevò le mani trattenendo una bassa risata prima di chinarsi a scrivere il suo nome sulla fiala. Gettò un'occhiata anche a Sirius da sopra la piuma, vedendolo scrostare con il coltello d'argento la sua pozione diventata ormai fredda lava nera, fischiettando come uno spensierato spazzacamino.

«Lily, cosa stai facendo?» sussurrò James osservando la ragazza riempire con la sua perfetta Amortentia una seconda fiala.

«Sta' zitto e scrivi il tuo nome qui»

«Questo è imbrogliare l'Accademia Auror»

«Un Auror non sconfigge Voldemort facendolo innamorare di lui con l'Amortentia, Potter» sentenziò lei sentendolo ridere sotto i baffi subito dopo.

Quando tutti ebbero consegnato, l'aula cominciò a svuotarsi. Passando accanto al calderone di Lily ancora da pulire, Remus diede di proposito una spintarella a Sirius che si ritrovò col naso altero sotto i vapori dell'Amortentia. “Remus” gli sentì ringhiare tra i denti mentre, agile, riusciva ad allontanarsi da lì in tutta fretta come se il fornello sotto il calderone fosse ancora pericolosamente acceso a fiamma vivace. Remus sorrise affabile camminando tranquillo alle sue spalle, guardandolo scostarsi con un gesto della testa i capelli dagli occhi socchiusi mentre varcava la porta dell'aula a falcate disinvolte, gli angoli delle labbra irrimediabilmente sollevati verso l'alto e nel naso il penetrante sentore di benzina della motocicletta e delle sue ruote sull'asfalto, l'odore confortante che si respirava nel dormitorio condiviso con i Malandrini e la nota dolce ed inebriante di fiori d'arancio, mimosa ed iris che aveva percepito anche l'anno precedente, dai vapori sollevati dalla fila di calderoni preparati dal professore, e un mese prima nel bel mezzo della rottura con Liv, sempre in quell'aula.
Rimandava a Liv, quel buon odore dolce e allo stesso tempo sensuale che rendeva tutta quell'amalgama di fragranze la cosa più saziante e seducente che avesse mai sentito. Sirius batté le palpebre pesanti sentendosi rallentato, inebriato, perfettamente soddisfatto.
«Idiota» mormorò tra sé Remus seguendo l'amico con lo sguardo ambrato ridente e il naso pieno di squisito cioccolato e dell'aroma inconfondibile di pergamena vecchia in biblioteca, di tè al limone e densa vaniglia che gli ricordò immediatamente Mary, sfumando in modo inaspettato in letame di Occamy.

Risalirono al piano terra dove l'aria era meno umida, la luce del giorno faceva strizzare gli occhi e la vita del castello brulicava con le chiacchiere degli studenti in movimento. Liv si sistemò la tracolla sulla spalla notando gruppetti di ragazze di ogni età e Casa fissarla da lontano con occhiate circospette ed indagatrici. Distolse lo sguardo come si era ritorvata a fare per tutta la giornata di lezioni da quando il giornale di Allock era spuntato a colazione.

«Mulciber vuole la Felix Felicis, perciò deve essere nostra» esordì ignorando due ragazze Corvonero vicino alle clessidre tutte intente ad indicarla, parlottando tra loro. «Piton ha ottime possibilità di averla quindi, Lily, tu...»

«Farò del mio meglio, puoi metterci la mano sul fuoco» rispose lei camminando alle sue spalle, fianco a fianco con James dall'aria rilassata e al tempo stesso così euforica da far sorridere Remus, emozionato e divertito nel vederlo finalmente in compagnia di Lily, finalmente felice. Tutto il contrario di Liv e Sirius che avevano l'aria di chi si sente tremendamente a disagio. Remus, in coda alla fila, riuscì a ridere sottovoce senza più trattenersi, facendosi i piani di scale col borbottio infastidito di Sirius (“Ci siamo liberati solo due anni fa di quell'idiota pettegola di *Bertha Jorkins”) e le frasi ''Odio Allock” di Liv, liberate ad intervalli regolari ad ogni gruppetto di ragazze dagli sguardi insistenti incontrati per strada.

«Che c'è, Evans?» chiese James osservando Lily lanciargli occhiatine abbinate ad un sorrisetto mal trattenuto mentre aspettavano la scala del quinto piano, in mente l'espressione di James quella mattina a colazione dopo essere stato chiamato “bue”.

«Ti disturba la popolarità che hai addosso adesso che sei la mia ragazza?» la stuzzicò James prendendole la mano sotto gli occhi curiosi di due Tassorosso. “La mia ragazza”, al solo ripeterlo, a James tremavano le ginocchia.

«Non dirlo più, Potter»

«Cosa? Che sei la mia ragazza?»

«Non credo di essere pronta a sentirlo a voce» rispose provocatoria Lily, scoppiando poi a ridere davanti alla faccia spaesata di James. Contemporaneamente, però, si ritrovò a stringergli le dita fra le sue sentendo un calore mai provato prima invaderle il cuore.

«Perché non mi ha detto subito che sei un cervo e non un bue?»

«Be', per prima cosa non sapevo sapessi di Remus» iniziò James scrutando Lily storcere il naso lentigginoso, pensierosa, prima di annuire dandogli ragione. «Poi, quando l’hai scoperto, avevo vergogna» rivelò James senza problemi, quasi con aria di sfida tanto che a Lily scappò uno sbuffo di risata esilarata come se avesse appena sentito una battuta particolarmente divertente. «Vergogna?» rimarcò, guardandolo scettica. «Pensavo non sapessi nemmeno il significato di ''vergogna'', Potter»

«Delle mie corna grandi quanto due Bacchette di Liquirizia? Sì, avresti potuto benissimo scambiarmi per il bue»

«Sei un idiota» l'apostrofò Lily senza però riuscire a non guardarlo con uno sguardo affettuoso che contagiò James.

«Ma alla fine l’ho capito, Evans, sai?»

«Cosa?»

«Che a te interessa l’interno».

Lily sorrise prima di sollevarsi sulla punta delle scarpe per dargli un breve bacio a fior di labbra senza accorgersi che la scala del quinto piano era arrivata ed era anche andata via di nuovo con Liv, Sirius e Remus sopra.

«E avrei dovuto capirlo da subito, da quando ti ho visto sul treno affianco a Piton» continuò James, leggermente stordito da quel gesto spontaneo. «Voglio dire, chi starebbe con un tizio del genere?» scherzò, con un pizzico di serietà nella voce, portandole una lunga ciocca rossa di capelli dietro l'orecchio. Lily non rispose, limitandosi ad arcuare un sopracciglio.

«Piton doveva davvero essere un buon amico per farti restare con lui. Poi è diventato marcio ed unticcio anche dentro ed ecco che l’hai lasciato andare via. Hai la capacità di vedere dentro le persone, Lily, non è da tutti. Pensavo vedessi anche me, ma ho capito tardi che per vedere le persone come sono davvero hai bisogno di scorgere anche solo un po' di luce uscire da dentro».

Lily sorrise ancora perché James l’aveva capita perfettamente. E se ne rese conto soltanto in quel momento, qual era stata la scintilla che le aveva fatto intravedere la luce che adesso quasi l'accecava: l'aver salvato il suo peggior nemico da morte certa era stata la primissima scintilla che alla fine del quinto anno le aveva fatto vedere James e che per tutto il sesto l'aveva incuriosita da lontano come una falena orgogliosa.

James non era cambiato, le aveva soltanto fatto vedere cos'era sempre stato. Non aveva visto quel James, Lily, perché lui non le aveva mai dato segno della sua esistenza, era stato nascosto con furbizia e incrollabile fratellanza dietro troppi sorrisi dalla stessa curva strafottente, sotto il Mantello dell'Invisibilità, in mezzo ai minacciosi rami guardiani del Platano Picchiatore.

James, ad ogni prima ora buca di lezione, aveva messo da parte l’esteriorità per mostrare esclusivamente la sua interiorità. Era quello il lato rosso della mela, era quella la maturità di James Potter che Silente aveva visto con la sua solita proverbiale lungimiranza forse proprio dopo quel fattaccio sotto al Platano. Lily aveva scoperto di non poter fare a meno di quella mela rossa.

«Esigo delle scuse, Evans, per quel tuo “bue”» soffiò James scoccandogli un'occhiata sbieca da sopra gli occhiali rotondi.

Lily trattenne un sorriso divertito, lo sguardo brillante di segreta ammirazione puramente accademica in fatto di Trasfigurazione e forse qualcosa in più per il motivo che aveva spinto James a prendere l'aspetto della sua anima: rischiava la vita e Azkaban semplicemente per stare accanto a Remus anche quando non poteva, e Lily non sapeva ancora se l'istinto di baciarlo com'era successo nella Foresta fosse dovuto al suo essere sorpresa o al non esserlo affatto, perché non era come se fosse una novità per James Potter quella di fare il testardo anche con i muri e l'impossibile per i suoi amici. Il fatto era che quel particolare segreto di James le aveva fatto capire di potersi innamorare di lui. O di esserlo già.

«Quando le perderai di nuovo?» si ritrovò semplicemente a chiedergli in tono marcatamente punzecchiante, riferendosi al fatto di volerlo vedere senza corna. James capì al volo.

«Non credo proprio, Lily»

«Oh, sì»

«Ho detto di no»

«Potter»

«No»

«Sirius... ?» chiamò Lily, ridente, provando a cercare aiuto e bloccandosi però nel non vedere più gli amici davanti a loro.


 


 


 

*


 


 

«Draco dormiens nunquam titillandus»

«Parlando come mangiamo, Severus, sarebbe?»

«"Mai disturbare un drago che dorme". É latino, Mulciber, e dovresti saperlo dato che ogni formula magica e nome di pozione che mastichi sono parole in lingua latina»

«Io ripeto le formule così come me le dicono, Piton, non vado a studiarmi un'intera lingua come fai tu»

«Quindi dite che il mostro nella Camera dei Segreti in realtà è un drago?»

«Draco ha un significato omologo a “drago”, Barty, sarebbe “serpente”»

«Un semplice serpente come mostro? Nah, a questo punto credo sia più probabile il drago»

«Farebbe riferimento al serpente della nostra Casa, a Salazar, colui che ha creato la Camera dei Segreti. Potrebbe benissimo essere un serpente, invece»

«Un serpente che uccide Sanguesporco, Black? Come? Basterebbe un incantesimo da quinto anno per eliminare un serpente»


«Magari con un veleno senza antidoto, Mulciber, che dici? E dovresti smetterla di riferirti al quinto anno come a qualcosa di elementare»
«Come siamo suscettibili, Crocuh»
«Salazar non era un rammollito buonista stile Albus Silente in vesti medievali, tantomeno era stupido. E, Serpente o drago che sia, il motto della scuola fa riferimento a un mostro da non svegliare nascosto chissà dove... io e Severus l'abbiamo preso come un indizio»
«In Storia di Hogwarts c'è scritto che la Camera può essere aperta soltanto dall'Erede e che il mostro racchiuso dentro può essere controllato solo da lui. Questo significa...»
«Ma, Severus...»
«Fammi finire, Crouch. Questo significa che solo l'erede ha qualcosa che può aprire la camera e controllare il mostro, un qualcosa che faccia entrambe le cose»
«Una chiave che si tramanda da generazioni?»
«Una chiave potrebbe essere persa o rubata, Mulciber, e soprattutto non potrebbe controllare un mostro»
«Esatto, Barty. Dovrebbe essere qualcosa che si tramanda da generazioni, ma che non può essere persa o rubata»
«Non ti sto capendo»
«Per questo le ricerche le stiamo facendo io e Piton. Non tu, Mulciber»
«Attento a come parli, Black»
«Qualcosa nel sangue, nei geni, una capacità magica presumibilmente rara dato che è l'unica capace di aprire la Camera. Se non fosse rara, qualsiasi studente potrebbe aprirla, invece nemmeno il più intelligente della scuola può se non è l'erede»
«Questi due sono gli unici indizi che io e Severus abbiamo trovato in tutta la biblioteca, in mesi di ricerche»
«Ma non avete pensato a cosa accidenti potrebbe essere questa capacità!»
«Se, come abbiamo dedotto, il motto della scuola si riferisce al mostro allora dovrebbe avere a che fare con qualcosa capace di addomesticare draghi o serpenti» «Forse è meglio che a cercare indizi ci mettiamo io e Barty, Piton, noi non abbiamo nell'albero genealogico rami marci con fratelli babbanofili o nelle mutande puttanelle Sanguemarcio da proteggere dal mostro»
«Come osi, Mulciber?!»
«Lascialo perdere, Regulus»
«Io e Piton valiamo il doppio di te e tuo padre messi insieme. E non parli mai del padre di Barty che è il folle capo di quelli che un giorno ci daranno la caccia con il suo permesso di ucciderci e non più di catturarci e basta?!»
«Mio padre non sa nulla di me, Black. E comunque è soltanto un pregio a mio favore avere in casa il direttore dell'ufficio Applicazione della Legge sulla Magia dato che potrò spiare tutti movimenti del Quartier Generale degli Auror! Avere un fratello come il tuo, invece, non ti procura nulla di buono»
«Io non ho fratelli, quel ramo è letteralmente bruciato»
«Il dono dell'erede potrebbe essere la Legilimanzia, Severus?»
«La Legilimanzia non è un dono raro ereditario, Mulciber, chiunque può metterla in pratica con una formula e una bacchetta. Albus Silente sa farlo anche senza bacchetta e non mi sembra abbia mai trovato la Camera»
«Senza contare che non è una capacità che addomestica animali o mostri»
«Esatto, Barty»
«Allora?»
«Salazar Serpeverde era famoso per essere un rettilofono. Sapeva il Serpentese, ovvero parlare con i serpenti. Quello sì che potrebbe essere. No, Severus?»
«Non conosco nessuno che lo sappia fare»
«Appunto. Ma tu e Crouch cercate pure gli indizi sulla Camera dei Segreti, soltanto due idioti come voi perseverano nell'errore invece di cercare nuove soluzioni»
«Proprio così, Severus. Perdiamo soltanto tempo con quella Camera dei Segreti. Nessuno di noi sa parlare il serpentese e non esistono corsi per impararlo. Come pensate di poterla trovare, aprire e soprattutto come fareste a controllare il mostro che c'è dentro? L'armadio invece funziona, l'abbiamo testato con quell'idiota di Morgan, non ha bisogno di ricerche, aggiustamenti o studio per usarlo»
«Black, quello è soltanto la via di fuga di Avery per fregare Silente, gli Auror e scappare da questa gabbia una volta che avrà portato a termine il suo compito, ovvero uccidere quella specie di finta Mezzosangue futura serva di Silente»
«Possiamo usarlo anche per altri scopi, Mulciber. Non è di Avery, l'idea era mia»
«Io so solo che la Camera dei Segreti è l'unica che vi porterebbe dritti nelle grazie del Signore Oscuro senza nemmeno passare attraverso me e Avery... cosa che dovrebbe quantomeno interessarti, Severus»
«Non è fattibile, Mulciber, non vedo perché continuare a perseverare nel nulla. Storia di Hogwarts dice espressamente che serve l'erede di... »
«Se in passato è stata già aperta e ha ucciso una Sanguemarcio, come ci ha aveva detto il padre di Avery, significa che non serve l'erede di Serpeverde! Avery dice che secondo lui era suo padre l'erede di Serpeverde, ma non era rettilofono così come non lo è lui, non lo è mio padre e non lo sono io! Storia di Hogwarts racconta dell'esistenza di una camera nascosta come se fosse una leggenda, cosa ti aspetti da quel libro? La verità?»
«Non pensi che invece in quel periodo l'erede di Serpeverde, rettilofono, potesse aver studiato a Hogwarts?»
«L'erede di uno vissuto nel medioevo?! Andiamo, Severus, e dicono che sei intelligente! Il signor Avery e mio padre erano presenti all'epoca, nessuno dei due ci ha detto come sono andate le cose. Uno è morto e mio padre non vuole sgarciare nessuna informazione per non far saltare la sua copertura di Mangiamorte perché evidentemente quel decrepito di Silente sa tutta la verità come sa sempre tutto di tutti e se dovessi liberare io il mostro...»

«Io lo uccido!»

«Buona sera anche a te, Avery»

«Io ucciderò Silente, vedrete! Sto perdendo la pazienza!»

«Non sei capace di uccidere una tua coetanea e vuoi uccidere quel vecchio bacucco pieno d'esperienza?»

«Cosa dici, Regulus? Albus Silente non è nessuno! Ne parlate tutti come se fosse impossibile imbrogliarlo!»

«Perfino il Signore Oscuro non lo sottovaluta, Barty, perché dovresti farlo tu?»

«Quegli Auror! Sono dappertutto! Paciok, al terzo piano, mi fissa! Con quella divisa si crede chissà chi, soltanto perché esce sempre più spesso sul giornale!»

«Sei un Mangiamorte a casa di Albus Silente, io non mi stupirei»

«Oh, sta' zitto, Piton!».

Codaliscia sgattaiolò via da sotto il letto a baldacchino di Piton usato come nascondiglio e zampettò fuori dalla stanza dei Serpeverde del settimo anno con i piccoli occhi acquosi da topo sbarrati e i baffi vibranti attorno al naso appuntito. Il cuore frenetico continuò a battere anche una volta che il pelo biondo cenere si ritrasformò nella divisa scolastica rossa-oro di Peter, ansante, poggiato al muro umido del sotterraneo più buio e lontano dall'ingresso della Sala Comune verde e argento; in mente un unico pensiero martellante: l'incantesimo Gnaulante non era scattato.


 


 


 

*

 


 

«Chi sarà Mister Hogwarts 1978?» lesse James sulla Gazzetta dell'Esteta di Allock sprofondando sul divano rosso della Sala Comune Grifondoro, gli occhi curiosi di qualche ragazza puntati su di lui e Lily che, al suo fianco, lasciò perdere la fitta versione di Antiche Rune per allungare il collo in direzione delle pagine viola con aria sconvolta.

«L'ha fatto davvero?!» esalò incredula facendo ridere James «Quando gliel'ho suggerito, l'anno scorso, stavo scherzando!»

«Felpato, dovresti iscriverti al concorso di bellezza»

«Fermami se ci riesci, Ramoso» rispose atono lui aprendo una parte della Mappa del Malandrino sul tappeto vermiglio davanti al camino acceso scoppientante, il chiaro sguardo vigile puntato sul cartiglio di Silente che faceva avanti e indietro nel suo studio.

«Silente era lì anche mezz'ora fa» fece notare Liv in piedi lì davanti, le braccia conserte. «Siete sicuri non sia impallata?»

«Cosa?» chiese James sistemandosi gli occhiali sul naso.

«La mappa»

«Ti devo ricordare che è stata fatta da mani e menti d'inestimabile intelligenza?» replicò Sirius in un mezzo sorriso sghembo. Liv annuì piano, del tutto sarcastica, e Remus corrucciò le sopracciglia con le labbra arricciate nel tentativo di fermare un sorriso senza distogliere lo sguardo dal suo manuale di Trasfigurazione poggiato sulle ginocchia.

«Cose che voi nemmeno potete immaginare, Liv» aggiunse James. Liv, senza sciogliere le braccia conserte, gli lanciò uno sguardo di comica commiserazione mentre Lily lasciava perdere il giornale di Allock.

«Caspita, Potter, siamo durati un giorno» sentenziò, guardandolo stupita. «Più di quanto mi aspettassi»

«Ehi!» sbottò James prima di ricevere da lei un giocoso scappellotto sulla nera nuca spettinata. «Ahi!»

Remus sollevò gli occhi dal suo tema per guardare con aria divertita James massaggiarsi la testa, gli occhiali di nuovo storti sul naso e un sorriso sornione stampato in faccia. L'iride ambrata, però, venne catturata dalla lontana figura fradicia ed infreddolita di Mary appena sbucata dal retro del ritratto della Signora Grassa.

Remus si alzò subito dalla poltrona mollando i libri sui cuscini per andarle incontro.

«Ma che cosa è successo?!»

«Sta piovendo, Remus» rispose lei in tono ovvio, gocciolante. Un tuono particolarmente forte fece vibrare i vetri delle finestre ad arco acuto e lui scosse la testa sfilando la bacchetta dalla tasca dei pantaloni per asciugarle mantello, divisa e capelli; il piacevole tepore la fece sorridere sotto le labbra gentili di Remus chino su di lei.

«Hagrid» sussurrò Mary con le guance di un colorito più sano «non c'è»

«Come sarebbe a dire “non c'è”?» chiese stranito Remus accompagnandola alla sua poltrona vicino al fuoco scoppiettante mentre metà tavolo di Gobbiglie in fondo a destra esultava sovrastando il chiacchiericcio tranquillo della calda Sala Comune.

«Non c'è proprio, Remus. Capanna chiusa a chiave, fuoco spento... Hagrid non spegne mai il fuoco, nemmeno quando va nella Foresta Proibita»

«Sirius, trova Hagrid» ordinò Remus all'amico che spostò lo sguardo attento dall'ufficio di Silente alla capanna del guardiacaccia.

«Ancora insieme, voi due?» salutò Mary lasciando un veloce bacio sulla guancia di Lily seduta sul divano e guadagnandosi da parte di James una cuscinata che la fece ridere. Si avvicinò a Liv per un altro bacio, trovandosi però tra le braccia dell'amica che aveva sciolto dal petto soltanto per afferrarla facendo finta di baciarla sulla bocca portando gli altri a scoppiare a ridere, compreso qualcuno nei dintorni del divano insieme agli occhi spalancati delle ragazze che ancora fissavano Sirius e Liv come se fossero due Maridi fuori dall'acqua.

«Coppia stabile a chi?» esordì scherzoso Sirius senza sollevare lo sguardo concentrato ma ridente dalla mappa. «Comunque Hagrid non c'è da nessuna parte. A meno che non sia a Hogsmeade a bersi due barili di idromele, lo fa spesso»

«In realtà, a me è sembrato molto preoccupato stamattina» fece sapere Remus ricordando i frettolosi auguri di buon compleanno del mezzo-gigante davanti al portone d'ingresso prima di colazione. «Tieni d'occhio anche la capanna di Hagrid, Felpato»

«Anche gli uffici di Lumacorno, della McGranitt e del professor Dearborn... stamattina a colazione mancavano tutti e tre» aggiunse James con aria pensierosa.

Sirius aggrottò le sopracciglia, guardandoli storto. «E Silente e l'aula al primo piano, i sotterranei e il Buco dei serpenti, la capanna di Hagrid e gli uffici di quei tre... non so, se volete che faccia anche qualcos'altro non avete che da chiedere»

«Una cioccolata calda accompagnata da... vediamo... i muffin al caramello preferiti di Lily e mezza torta alla melassa per me... quella dannata pozione d'amore me l'ha fatta desiderare»

«Tu meriti solo Scarafaggi a Grappolo, faccia di capra»

«Torta di mele per me, grazie» si aggiunse Liv.

«Conosci bene la strada delle Cucine, Volpe» la stuzzicò Sirius, vedendola portarsi subito una mano al cuore con finto fare melodrammatico alla sua risposta divertita. Arcuò un sopracciglio nero, mal trattenendo un sorriso rivolto nella sua direzione.

«L'avete sentito? Non è così che ci si comporta in una coppia stabile» lo ammonì Liv, scherzosa, facendo ridere tutti.

«Dov'è Peter, Mary?» chiese Remus cedendo la sua poltrona comoda e calda alla ragazza. «Non dovevate fare le ricerche sull'armadio?»

«Siamo andati nella Foresta, ma lui non voleva proprio starci e allora è salito al castello. Non è qui?»

«D'accordo» fece Sirius in tono arreso, cercando anche Peter tra i cartigli della Mappa del Malandrino ancora sul tappeto.

«Comunque niente di niente, quell'armadio non esiste in nessun libro» sentenziò Mary allungando le mani verso il calore del fuoco scoppiettante nel camino. «Sei sicuro fosse un armadio, Sirius?»

«Quanto sono sicuro che Peter non è nel castello»

«Sarà a Mielandia» buttò lì Lily con una leggera preoccupazione gli occhi verdi, riflessa sui volti degli altri cinque. Da quando i Serpeverde erano riusciti a far sparire Alan Morgan nel nulla, nessuno era più sicuro di sapere dove fossero gli altri quando mancavano.

«Se non compare entro dieci minuti, andiamo a cercarlo» sentenziò James, deciso.

«Ehi, c'è Frank di guardia giù al terzo piano» informò Sirius, e James saltò tra i cuscini del divano facendo rotolare via i cinquanta centimetri di pergamena piena zeppa di rune ancora scintillanti d'inchiostro fresco.

«Potter!»

«Lily, vieni!»

«Dove?! Dannazione, guarda cos'hai fatto»

«Andiamo a salutare Frankie»

«Possiamo farlo quando scendiamo per cena...»

«No, adesso» insistette James prendendola per un braccio nel tentativo di farla alzare dal divano.

«James, smettila, devo finire questa maledetta versione che hai fatto cadere a terra. Forse devo addirittura rifarla e non ne ho la minima voglia!»

«Domani è sabato! E dopo sabato sai che c'è? Un altro giorno in cui degli adulti non ti chiedono versioni di rune vecchie»

«Antiche»

«Dai, Lily, prima che gli Auror cambino turno!»

«Perché tutta questa fretta di vedere Frank?!»

«Frank ha vinto La Scommessa e Alice deve dargli i galeoni che gli spettano. Perché Frank è un vero amico». Sirius fece il verso al tono marcato con cui James aveva liberato l'ultima frase, Remus invece sollevò gli occhi al soffitto.

«D'accordo» concesse Lily alzandosi. «Voglio proprio vedere come farai a dimostrare che stiamo insieme per davvero» disse divertita lasciandosi trascinare via da James oltre le poltrone e il divano passando accanto a una Mary ridacchiante sprofondata sui cuscini.

«Ricordatevi che vi vedo» li minacciò Sirius sventolando per aria la Mappa con aria maliziosa. James gli rispose con il dito medio prima di sparire oltre il ritratto, dietro Lily.

«Mi dai un pezzo di cioccolato?» chiese Mary puntando con sguardo brillante Remus che si frugò nelle tasche alla ricerca della tavoletta sempre in tasca, non trovandola.

«Credo di averlo finito, ma ho il tuo cesto-regalo in camera»

«Uhu, qui le proposte si fanno sempre più audaci...»

«Piantala, Felpato»

«Non dire bugie, Lupin, si sente il profumo fin qui»

«Ti giuro che non ho cioccolato, Mary» esalò sconcertato Remus tirando fuori la fodera dalle tasche dei pantaloni come prova di star dicendo la verità.

A quella vista, Mary assottigliò gli occhi nocciola, guardinga. «Eppure lo sento, così come sento il tuo sapone al talco. Ti sei appena fatto la doccia?» chiese non capendo l'aria di salsedine appena arrivata al naso insieme all'odore che si respirava nei recinti del professor Kettleburn; non capì nemmeno il piccolo sorriso spuntato sulle labbra pallide del suo ragazzo.

«Ti porto l'intero cesto, ogni tavoletta che c'è lì è tua» sentenziò Remus pensando a chi tra lui, Sirius e Liv avesse un po' di Amortentia sulla divisa tanto da far sentire a Mary il cioccolato e il suo sapone. Si chinò su di lei per abbracciarla, ma lei si scostò di lato aggrappandosi ad un bracciolo imbottito della poltrona rossa.

«No, Remus, puzzo!» pigolò allontandandolo con un cuscino. «Non voglio che senti la mia puzza! Sono andata a cercare Newt, dato che Hagrid non c'è e quando non siamo a lezione è lui che tiene tutti gli Occamy della classe. L'ho trovato insieme a tutti gli altri nell'ufficio di Kettleburn, il professore era decisamente in difficoltà. Visto che c'ero, l'ho aiutato con il nuovo allestimento dei nidi e ho spalato cacca di Occamy, come al solito». Ma Remus si avvicinò lo stesso a lei con un sorriso: quella puzza era nella sua Amortentia insieme alla vaniglia di quel caschetto biondo, eppure non riuscì a dire a Mary le due parole che non era riuscito a dire nemmeno alla Stamberga, come risposta alle sue. Ti amo, era maledettamente difficile dirlo.

Liv sciolse per una seconda volta le braccia conserte distogliendo lo sguardo fino a quel momento posato in direzione di quelli furtivi ed insistenti di Jane Phillips alla finestra picchiettata dalla pioggia, e si sedette sul divano dove Sirius si era spostato per stare più comodo con gli occhi sulla mappa tra le mani.

«Benjamin Fenwick» esordì lui, guardandola.

«Chi?»

«Il Benjamin della lista dell'Ordine, quello che avete sentito tu e James a Hogsmeade spiando Bones e McKinnon»

«Sì?»

«Fenwick è il cognome» sussurrò Sirius indicando un punto sulla Mappa. «Guarda qui, è appena apparso dal nulla». Liv si chinò a leggere il secondo cartiglio nell'ufficio del preside, restando basita.

«Cosa state confabulando, coppia stabile?» li prese in giro Mary dalla poltrona.

«Abbiamo un cognome nuovo di uno della lista» li informò sottovoce Liv con un leggero sorriso furbo. Remus e Mary si avvicinarono a loro all'istante. «Dov'è?» chiese Remus chinandosi su Sirius che portò di nuovo l'affusolato indice sul punto esatto.

«Da Silente. Apparso all'improvviso come Sturgis mesi fa»

«Usano sempre una Passaporta o la Metropolvere, quindi. Non c'è più verso di vederli in faccia» ragionò Remus, la ruga data dall'espressione concentrata a separargli le sopracciglia castane. «Andiamo subito ad aggiornare la lista»

«Prima o poi avremo tutti i nomi» soffiò Sirius, fissando il nome con un certo orgoglio negli occhi taglienti. «E sbatteremo in faccia a Silente la lista completa»

«Chi manca?» chiese Mary.

«Il cognome di Elphias, Dorcas, Emmeline» elencò Remus ripensando ai nomi sulla lista nascosta dentro il cassetto del suo comodino. «E non abbiamo ancora visto sulla mappa l'amico di tuo padre, Liv»

«Dedalus Lux» confermò lei, annuendo. «Ma sappiamo che ne fa parte. Mio padre ha messo nome e cognome nella lettera che mi ha lasciato, per potermi mettere in contatto con lui. Ha scritto chiaro e tondo che Lux fa parte “dell'organizzazione segreta di Silente”. Lux si è anche presentato a voi al funerale, no?»

«Posso aggiungere anche lui, allora» convenne Remus con una certa sicurezza. «Vieni in camera, Mary?»

«Vedo anche voi» fece sapere con noncuranza Sirius guardandoli allontanarsi dal divano e dal fuoco. Remus non alzò il dito medio come James, ma si limitò a prendere Mary per mano dirigendosi con lei verso la scala a chiocciola maschile.

«Remus»

«Mh?»

«Peter è molto giù di morale in questi giorni»

«Lo so»

«Voglio dire... credo si senta solo»

«Solo?» ripetè Remus fermandosi a metà scala, nella penombra del circolare muro in pietra della torre. «Lui non è solo, Mary, è tutto fuorché solo e lo sa bene» disse pacatamente girandosi a guardarla dall'alto di un gradino con aria interdetta e lievemente stranita.

«A me ha dato quell'impressione» insistette Mary osservando lo sguardo di Remus farsi più serio, immerso nel suo mentre in Sala Comune una ragazzina del primo anno faceva lo slalom tra le poltrone rosse e le sedie in legno occupate per raggiungere il divano.

«McAdams?»

«Sì?»

«Per te»

«Per me?»

«Da parte del professor Lumacorno»

«Cosa? No, aspetta ci deve essere un errore»

«Sei Olivia McAdams, Cercatrice dei Grifondoro»

«Sì»

«Il professore mi ha detto di darti l’invito»

«Be', grazie» si ritrovò a dire Liv guardando con diffidenza il rotolino di pergamena infiocchettata tra le mani. La dodicenne se ne andò e il fiato di Sirius le solleticò il collo.

«Benvenuta nel club» la stuzzicò ben sapendo l'interesse praticamente nullo che Liv, da sempre, nutriva per il Lumaclub. «Peccato, avevo già scritto un discorso romanticissimo per invitarti alla festa» sospirò teatralmente poggiando la schiena sul divano, le mani dietro la nuca e l'espressione sarcastica a fare bella mostra di sé sul volto sfacciatamente ironico. Liv stette al gioco senza riuscire a non sorridere, mal trattenendo una risata arcuando un sopracciglio.

«Ah, sì?»

«Sì. Fare il cavaliere, rivolgerti la fatidica domanda che ti avrebbe fatto arrossire come succede nelle coppie stabili... sai, no?»

«Ovviamente»

«Ma adesso, vedi, sei una lumaca anche tu»

«Fino a quando non aprirò questo invito non sarò ancora una lumaca, quindi cosa aspetti?»

«A fare cosa?»

«A farmi il discorso romantico delle coppie stabili. Sono qui, sto aspettando» lo sfidò Liv, il sopracciglio sempre più inarcato e una luce furba a farle scintillare gli occhi scuri ridotti a fessure. «Sono così emozionata» aggiunse senza nessuna enfasi, ma sentendo lo stomaco in subbuglio mordendosi l'interno della guancia con la fossetta sempre più in mostra. Sirius rise guardandola sempre più divertito, trattenendosi dal baciarla. «Dai, ragazzo stabile, cosa volevi chiedermi?»

«Vuoi non venire alla festa di Lumacorno con me, Olivia?»

«No»

«Come sarebbe a dire, “no”?»

«Gli darò buca da sola perché ho l’invito» rispose a tono Liv lanciandogli in faccia il nastro viola sfilato dal rotolo di pergamena istanti prima, senza che lui se ne fosse reso conto. Sirius sogghignò perdendo la posa pigra tra i cuscini per allungare con uno scatto canino le mani su di lei, tuffandosi sulle sue labbra ridenti prima di lasciarle leggere la leziosa grafia di Lumacorno.

«Volpe»

«Il Capo Lumaca dice che gli dispiace per Regulus ma ho meritato il Boccino alla partita contro Serpeverde, e anche l'invito al suo club»

«Stai bene?» le chiese piano Sirius scostandole con premura i morbidi capelli scuri dal collo, il penetrante sguardo grigio attento esclusivamente su di lei. Liv annuì, gli occhi di nuovo nei suoi e un mezzo sorriso a far spuntare la fossetta sinistra in un modo decisamente diverso da pochi minuti prima. La semplice parola “volpe” le aveva oscurato i lineamenti, l'ombra del suo probabile Patronus scomparso del tutto dalla morte del padre; aveva riprovato a chiamarlo ma non uscivano nemmeno più le uniche due cose che avevano fatto pensare ad una volpe o ad un gatto: coda lunga e folta, orecchie a punta. Sirius sapeva quanto saper evocare un Patronus corporeo potesse aumentare le possibilità di entrare nella difficile Accademia Auror; soprattutto, sapeva quanto Liv ci tenesse.

Le avvolse la testa con le braccia per portarsela piano al petto sentendo le mani di Liv aggrapparsi al suo maglione in un inconsapevole gesto sempre più naturale, stabile .
Quello che lui non sentì fu l'eco del profumo percepito da Liv nell'aula di Pozioni che sapeva del secco aroma del legno di prugnolo della sua bacchetta e di pancakes al miele, dell'aria nelle notti di fine estate e poi di muschio e vetiver uniti in una decisa e sensuale nota legnosa quasi animalesca che rimandava direttamente a Sirius e che aveva percepito anche l'anno prima, nella stessa aula alla prima lezione di Pozioni.
Liv inspirò ad occhi chiusi portando inconsciamente la punta del naso sul lungo collo di Sirius, seguendo quell'intrigante scia camuffando un piccolo sorriso contro il suo pomo d'adamo sporgente fino a sfiorare la cravatta rossa e oro; il suo calore e il battito del suo cuore a pulsare direttamente contro di lei. La faceva sentire dannatamente bene, tutto quello, e non dargli un'etichetta o non dicendolo a nessuno non sembrava renderlo meno reale, era soltanto meno spaventoso.

«Se ti dico una cosa, prometti di non giudicarmi?» chiese in un sussurro con aria determinata, allontanando il naso dalla cravatta di Sirius per guardarlo schiettamente in faccia. Lo vide ridere brevemente, incredulo.

«Come ti salta in mente che potrei farti una cosa del genere?»

«Voglio uccidere Avery» sentenziò lei in un secco mormorio sfacciato quanto la sua espressione dura, come se non le importasse niente di essere giudicata nonostante la premessa iniziale. Sirius sorrise, pacato, notando eccome la sua insicurezza negli occhi immersi nei suoi.

«Lo so» rispose semplicemente, ben consapevole di essere l'unica persona al quale Liv l'aveva detto. Glielo leggeva in faccia ogni volta che aveva Avery davanti in Sala Grande, nei corridoi o a lezione, e nessuna delle sue amiche si accorgeva di quei lineamenti aggrottati per la voglia di uccidere trattenuta e nascosta con forza al resto del mondo. Liv aveva vergogna di dire alle sue amiche che sentiva di poter uccidere e Sirius si sentì così connesso a lei tanto da sembrare di essere la stessa persona.

«Sento che potrei» rimarcò Liv, fissandolo insistente.

«Lo so» insistette lui vedendola inclinare leggermente la testa, sorpresa, scrutando attentamente il suo sguardo che s'immerse in quel mare scuro pieno di paura che non aveva imparato a conoscere, era lei che aveva cominciato a farglielo vedere fidandosi di lui. Non lo vedeva spesso perché Olivia era incredibilmente brava a nasconderlo con quel suo tono di voce sempre deciso e l'espressione del volto sfrontata, ma quando c'era sembrava toglierli il respiro tutto in una volta e contemporaneamente scatenargli dentro una forza disumana capace di fargli fare qualsiasi cosa per difendere la luce di quegli occhi marroni.

«Non te lo permetterò come tu non mi hai permesso di uccidere Piton, l'ultima volta» le sussurrò piantandole lo sguardo sicuro nel suo. «Ma anche se tu lo facessi non ti giudicherei mai, ricordalo, e non pensare mai più all'idea di poter essere giudicata da me, soprattutto su Avery o Piton» continuò Sirius con una durezza così affettuosa da suonare morbida, ma accorata, ardente. «Stesso pulpito, ricordi?»

A quelle due semplici parole, le stesse che lei gli aveva detto settimane prima, Liv si sentì improvvisamente un tutt'uno con lui e contemporaneamente libera, libera non di uccidere qualcuno ma libera di poter esprimere ciò che sentiva turbinargli dentro, per quanto sbagliato ed orribile fosse.
Il suo sguardo scuro si fece così intenso tanto da attorcigliare lo stomaco di Sirius dallo sguardo profondamente assorto su di lei, indecifrabile ed incredibilmente sveglio.

«Vuoi uscire con me?» le chiese lui, d'istinto, osservando i grandi occhi di Liv spalancarsi alla domanda improvvisa.

«Cioè?»

«Come, “cioè”?»

«Non abbiamo lezione»

«Lo so»

«Non ho nemmeno allenamenti, oggi»

«So anche questo»

«Uscire dove? Perché?»

«Uscire a farci un giro» rispose Sirius, gli occhi grigi posati sui lineamenti di Liv arricciati in un'espressione a metà tra l'incredulo e il divertito.

«Adesso?»

«Adesso, Olivia, sì»

«Dove?»

«Ti stupirò»

«Ti sei deciso a dirmi cos'ha fatto ieri James per farsi perdonare da Lily, nella Foresta?»

«Ti stupirò» rispose ancora Sirius, deciso a liberare Felpato davanti a lei per raccontarle ogni cosa del Platano Picchiatore, compreso il suo tentato omicidio a Piton. Liv doveva capire fino a che punto fossero sullo stesso pulpito, capire che anche lui si vergognava della sensazione di poter uccidere ma non aveva paura di sentirsi giudicato da lei; con James si era sentito coperto d'imbarazzo quando era stato costretto a confessarlo, con lei c'era semplicemente la spiazzante libertà di poter essere totalmente se stesso, per quanto spaventoso e sbagliato fosse.

«Perché c'entri tu? Perchè Lily dice che non può dirmelo se prima non ne parlo con te?» riprese Liv dopo alcuni istanti di silenzio sbigottito.

«Ti stupirò»

«La pianti? E perché ridi?»

«Sei arrossita davvero al mio invito ad uscire, come le coppie stabili» le fece sapere prendendola in giro e sentendo il bisogno urgente di riportare le cose normali; il cuore, però, gli era andato a fuoco esattamente nello stesso momento di quelle guance. Liv gli scoccò un'occhiata minacciosa, anocora rossa, sferrandogli un giocoso pugno sulla pancia che lo fece ridere.

«Comunque non puoi andare da nessuna parte, adesso, hai l'appuntamento settimanale di punizione con Avery»

«Cazzo, è vero» imprecò Sirius serrando gli occhi grigi con forza prima di baciarla sulle labbra, alzandosi dai cuscini. «E stavolta mi spettano i dannati Trofei. Tieni d'occhio la Mappa! Ti nomino mia vice, Felpata!»

«A dopo, messer “ti stupirò”» lo salutò Liv prendendo in custodia la Mappa del Malandrino, lo scuro sguardo ridente a seguire l'alta figura di Sirius intento a fare una corsetta tra i compagni di Casa fino al ritratto della Signora Grassa già aperto, andando quasi a sbattere su Peter con una Piuma di Zucchero in bocca e tra le braccia una familiare busta in carta piena di Burrobirre.

«Dov'eri?!» si limitò a chiedergli girandosi e rallentando il passo per guardarlo boccheggiare, apparentemente in difficoltà come se non sapesse dove fosse stato fino a quel momento.

«Io... a Hogsmeade» rispose Peter, arrossendo per aver omesso la parte in cui era stato nel dormitorio Serpeverde prima di sgattaiolare dentro il passaggio segreto dietro lo specchio al quarto piano. Sirius annuì distrattamente prima di voltarsi oltrepassando il ritratto, sparendoci dietro in un attimo. Lasciò l'amico fermo sul posto, invaso da un senso di colpa più grande di lui. Aveva seguito l'impulso, Peter, quello che da mesi lo spingeva a spiare i Serpeverde per sapere come facevano a cavarsela sempre senza andare in infermeria o a non avere problemi con i Dissennatori a Hogsmeade- senza l'intenzione di andare a ridire tutto a James, Sirius e Remus che non lo prendevano mai sul serio quando si parlava di Camera dei Segreti- e l'incantesimo d'allarme non era scattato; Peter, lì in piedi e di nuovo solo in Sala Comune, si chiese se per caso avesse smesso di vederlo come nemico.


 


 


 

*

 


 

 

 

«Era ora, Black!» lo accolse senza benvenuto Gazza, seduto su una sedia in legno scricchiolante dell'Aula Trofei in cui Sirius aveva appena messo piede col fiatone e i capelli scuri davanti al viso. «Pensavi forse di farla franca questa settimana? Sei in ritardo di mezz'ora» grugnì il custode alzandosi sulle ginocchia nodose accarezzate sinuosamente dalla folta coda di Mrs Purr con gli occhi rossi baluginanti in direzione di Sirius. Quella gatta non osava più avvicinarsi a lui da quando Felpato l'aveva rincorsa per tutto un passaggio segreto, spaventandola a morte, e per Sirius era sempre un piacere vederla soffiargli contro come in quel momento.

«Senza magia» gracchiò Gazza con un certo sadico compiacimento lanciandogli uno strofinaccio e un vasetto di lucido. «La professoressa McGranitt è stata chiara a riguardo». Sirius li prese al volo gettandosi occhiate indagatrici attorno, alla ricerca del Serpeverde compagno di punizione. Tutto quello che vide fu soltanto la solita marea di coppe, trofei e medaglie per Quidditch e i Servigi resi alla Scuola che riflettevano la luce delle torce sui muri.

«Dov'è Avery?» sbottò con lo strofinaccio stretto in mano.

«Sta scontando la pena da un'altra parte»

«Ne è sicuro?»

«Certo che ne sono sicuro, Black» sbraitò Gazza spazientito «e adesso basta chiacchiere! Non sei qui per fare conversazione!»

Sirius, il volto corrucciato da un'espressione sospettosa, prese al volo la prima coppa che gli capitò a tiro e con mani ormai abituate a farlo, stappò il vasetto di lucido fissando la porta in legno dell'aula.

«E chi lo starebbe controllando?» esordì dopo un po', strofinando la targa in oro per i Servigi resi alla Scuola di un certo Tom Riddle. Si girò verso Gazza scoprendo sul suo viso raggrinzito una smorfia mentre se ne stava in silenzio, come se si fosse reso conto di quel piccolo dettaglio soltanto in quel momento. E il sospetto in Sirius crebbe ulteriormente. «Chi le ha detto che oggi io e Avery avremo scontato la punizione separati?» continuò strofinando la targa sempre più lentamente nel vedere Gazza farsi confuso. Sirius lo scrutò attentamente con le sopracciglia aggrottate e lo strofinaccio ormai immobile in mano.

«Stai qui, Black» gli ordinò Gazza affrettandosi ad uscire dall'aula con Mrs Purr al seguito. Non sembrava Confuso e nemmeno sotto Maledizione Imperio, si disse Sirius mollando strofinaccio e targa lucente sulla mensola, ma poteva essere stato raggirato in qualche modo con un buon incantesimo di memoria, per esempio.

Uscì di soppiatto dall'Aula Trofei con l'intenzione di trovare Avery, qualsiasi cosa stesse facendo. Poteva davvero essere in un bagno a sturare lavandini, si disse scegliendo il corridoio a destra; quel pensiero gli fece controllare tutto il terzo piano con la sua sciolta andatura tranquilla, aprendo le porte di ogni aula e sgabuzzino, giusto per togliersi ogni dubbio. Scese al secondo, con l'intenzione di farsi un giro di perlustrazione anche lì, quando un ragazzino del terzo anno con la divisa Corvonero gli arrivò addosso all'improvviso sbucando dal corridoio a sinistra, arrestando così la sua folle corsa.

«Non ti funzionano più le ali?» gli chiese ridente Sirius aiutandolo a risollevarsi da terra. Restò sconcertato subito dopo, quando lo sentì tremare tutto sotto le mani ed annaspare terrorizzato con le guance bagnate e gli occhi arrossati che guizzavano in ogni direzione, allarmati ed intrisi d'angoscia.

«Black! Dov'è Potter?! Tu lo sai, lo sai sempre!» pigolò il Corvonero in preda al panico e pallido come un cencio, come se avesse visto qualcosa di terribilmente spaventoso. «Silente... ha detto di avvertire i Capiscuola nel caso ci fossero... non possiamo stare qui... dobbiamo avvisare gli Auror, dove sono gli Auror?!»

«Prima di tutto, calmati. Puoi dire a me cosa è successo, poi andremo da James»

«C'era un Mangiamorte, di là» si liberò allora il tredicenne scoppiando a piangere di nuovo, la paura a fargli tremare la voce e gli arti in modo incontrollato. Sirius, raggelato sul posto, ci mise qualche secondo in più per aprire bocca con il presentimento su Avery a pungergli il petto da dentro.

«Hai visto... hai visto un Mangiamorte?» balbettò, quasi, incredulo.

«Un mangiamorte, sì, sono scappato... aveva... aveva la maschera, come sul Profeta, e il cappuccio... e... è uscito da un armadio! Sono, sono riuscito a scappare... dobbiamo andare via da qui!»

«Un armadio?! Dov'era?!»

«Di là!»

Sirius non se lo fece ripetere due volte e corse nella direzione indicata dal ragazzo, una mano tuffata nella tasca dei pantaloni per sfilare la bacchetta d'ebano. Corse con l'agilità di chi conosce i pavimenti sotto le scarpe alla perfezione, le lunghe falcate decise e l'espressione dura sul volto teso e vigile riflettevano la capacità di mantere lucidità e sangue freddo per dare tutto se stesso, ma il cuore gli scoppiava nel petto come mai prima: Avery, nella sua mente e in un punto imprecisato tra il cuore e lo stomaco, era connesso a Liv in quella che era la sua più grande paura.

Quando voltò l'angolo si guardò attorno più volte prima di notare qualcosa d'indefinito in fondo al corridoio buio a destra. E riprese a correre a perdifiato in quella direzione, liberando senza volerlo un lamento pieno d'angoscia intrisa negli occhi non più determinati ma disperati e lucidi fissi davanti a sé. A metà corrioio fu come andare a sbattere contro un muro invisibile: Sirius s'immobilizzò col volto pallido deformato in una smorfia terrorizzata mentre tutto attorno a lui si svuotò di colpo, il cuore bloccato in gola.

Il corpo di Liv era a terra inerme, nessuna pozza di sangue, soltanto gli occhi vitrei spalancati e orribilmente vuoti, la bocca aperta seminascosta dai capelli scuri e un braccio teso in avanti, immobile come le dita in una muta richiesta d'aiuto. Morta. Il ghigno di Avery, in piedi lì affianco con la bacchetta in mano, a confermarlo con trionfo.

E Sirius fu travolto da un forte pianto rauco che lo sconquassò da dentro come mai gli era successo prima, facendogli cedere il cuore e le ginocchia. Quasi cadde a terra senza fiato, ma il volto deformato dallo shock e dal dolore si irrigidì diventando una maschera d'animalesca follia.
E ringhiando rabbioso riuscì ad alzare il braccio con la bacchetta liberando un grido disumano; i denti digrignati e negli occhi spiritati colmi di lacrime il riflesso baluginante di una fattura dal colore che parlava da sè: verde brillante.





 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _apefrizzola_