Cap. 15: Embrace the night
Twilight will fall again in your darkest time
Bathe in the sea of gloom and try not to drown
Down in the abyss of hell you're earning your crown
How can't you see you've crossed the line
You better have no regrets
The monster you feed is awake in your mind
Its fury is blind
Time to be true to yourself
And nail all the lies
Embrace the night let it flow inside
Away from light answers lie
Embrace the night leave your fears behind
Let fires in the sky be your guide!
(“Embrace the night” –
Frozen Crown)
Ivar e Aethelred, a quanto pareva, avevano
trovato una sorta di accordo sotto le
coperte, ma Hvitserk si accorse che, al contrario di quanto volesse apparire,
Helgi non era affatto contento della partenza per il Danelaw, si vedeva che si
sforzava per non preoccuparlo, ma non era il ragazzo di sempre.
“Helgi, tu hai consigliato a Aethelred di
parlare schiettamente con Ivar, ma adesso anche tu devi fare lo stesso con me”
disse il Vichingo al compagno quando si trovarono da soli nella loro camera.
“Tra pochi giorni partiremo per il Danelaw, ma tu sembri davvero molto
preoccupato a questa prospettiva. Non vuoi dirmi cosa ti turba? Qualsiasi cosa
sia possiamo risolverla insieme.”
Helgi si sforzò di sorridere al compagno.
“Non… beh, non è niente di grave, te lo
assicuro. È solo che il pensiero di andare a vivere in un Paese lontano e
straniero mi spaventa e non sono sicuro che ci accoglieranno davvero bene. Non
credo che saranno felici di avere un Principe Norreno per le loro colonie”
spiegò, imbarazzato. “Temo che parte di quello che diceva Ivar sia giusto,
vogliono solo qualcuno da mettere su un trono fasullo per tenere buoni i coloni
Norreni e prevenire ribellioni o razzie dall’esterno.”
Hvitserk abbracciò e baciò Helgi, cercando di
fargli sentire che non gli importava niente del Regno o del potere e che
l’unica cosa che contava era che stessero insieme.
“Allora dirò a te quello che ho detto a Ivar:
non mi importa se sarò un Re fantoccio, a me basta che saremo insieme e che
magari potremo fare del bene ai coloni Vichinghi” disse. “Non ho mai desiderato
il potere, a differenza dei miei fratelli, e so che nel Danelaw starò con te e
ritroverò tanti amici di Kattegat che si sono trasferiti là per avere una vita
migliore.”
Tenendo stretto Helgi tra le braccia lo
condusse con sé sopra il letto e, continuando a baciarlo dolcemente e
lungamente, lo spogliò e si tolse le vesti; i loro corpi si fusero in uno
mentre le spinte di Hvitserk si facevano sempre più intense e prolungate e le
bocche si cercavano e si univano mille e mille volte. Hvitserk lo prese in modo
languido e lento prolungando il piacere di ogni singolo movimento in onde
bollenti e dolcissime fino a fare naufragio insieme, stremati, nel piacere più
assoluto e infinito che si potesse raggiungere. E molto tempo dopo volle
guardarlo dormire tra le sue braccia, baciando con leggerezza i suoi occhi
chiusi, tenendolo nel cerchio protettivo del suo abbraccio e sperando che le
preoccupazioni del suo Helgi, di quel tenerissimo ragazzo che lui amava tanto,
potessero svanire nell’amore che li avvolgeva.
Tuttavia, prima di lasciarsi andare anche lui
al sonno, Hvitserk decise che, il giorno seguente, sarebbe andato a parlare con
Floki per chiedergli consiglio: chissà, magari Helgi temeva la partenza per il
Danelaw, una terra nuova, perché gli ricordava troppo ciò che era accaduto in
Islanda e riaccendeva le sue paure e i ricordi più terribili. Probabilmente per
lui i cambiamenti non sarebbero mai più stati semplici… ma Floki avrebbe saputo
aiutarlo, ne era certo.
E così, il mattino seguente, Hvitserk e Helgi
si recarono alla casetta di Floki e Tiago. Hvitserk aveva sperato di trovare
una scusa per non farsi accompagnare da Helgi, visto che voleva parlare in
privato con Floki ma, quando furono lì, l’occasione si presentò da sola.
Harald si sentiva meglio e aveva chiesto a
Tiago di accompagnarlo a fare una passeggiata nei dintorni, magari raggiungere
anche i primi boschi che si stendevano dietro Kattegat… chiaramente per il
Principe voleva essere un’occasione romantica per stare da solo con Tiago,
chiacchierare con lui, entrare più in confidenza e magari sperava che ci
potesse scappare pure un bacetto. Al contrario, il giovane spagnolo non aveva
nessuna intenzione di andare da qualche parte da solo con Harald, aveva
accettato la sua amicizia, va bene, ma una passeggiata come aveva chiesto lui
sembrava più da fidanzati che da amici! Solo che non sapeva come rifiutare e
anche Floki aveva insistito, dicendo che Harald era stato fin troppo chiuso in
quella piccola casa e che aveva bisogno di camminare sulle sue gambe e di
respirare un po’ di aria buona. Così, quando Tiago vide arrivare Hvitserk e
Helgi e sentì che Hvitserk voleva parlare in privato con Floki, colse al volo
quella possibilità.
“Ma è perfetto!” esclamò lo spagnolo. “Helgi,
tu potresti accompagnare Harald insieme a me, così se dovesse sentirsi stanco o
avere un mancamento mi aiuterai a sorreggerlo, per me sarebbe pesante…”
“Certo, vi accompagno volentieri” rispose
gentilmente Helgi, che nulla immaginava né di ciò che Hvitserk avrebbe chiesto
a Floki né dei turbamenti di Tiago, per lui era solo un’opportunità per
rendersi utile… e in realtà aveva anche una curiosità nei confronti di Harald.
“Anzi, mi fa molto piacere avere la possibilità di fare due chiacchiere con il
Principe Harald. Sai che siamo stati io e Hvitserk a trovarti e a portarti in
salvo da Floki e Tiago? E ci siamo sempre chiesti come fosse possibile che…”
Insomma, il piano romantico di Harald era
bello che svanito e lui si sarebbe invece trovato a dover spiegare a Helgi
tutta la vicenda dell’agguato e dei sicari mandati da suo fratello. Però, a
pensarci bene, forse anche quella poteva essere una buona occasione, forse
Tiago avrebbe provato compassione per lui e avrebbe capito che era un
brav’uomo, che lui non avrebbe fatto del male a nessuno e avrebbe iniziato a
guardarlo con occhi diversi.
Così, mentre Helgi e Tiago accompagnavano
Harald durante la sua passeggiata, Hvitserk entrò in casa con Floki e mise
subito le carte in tavola.
“Floki, sono molto preoccupato per Helgi”
esordì. “La partenza per il Danelaw si avvicina e, anzi, saremmo dovuti partire
già da qualche giorno, ma io continuo a rimandare perché vedo che Helgi è
spaventato, turbato, come quando era ossessionato dalla possibilità di
incontrare di nuovo Kjetill. No, non così tanto, ma lo vedo sempre malinconico,
triste, pensieroso e inizio a credere che non voglia venire con me, non so se
sia perché a Kattegat si sente sicuro e non vuole allontanarsi o se invece sia
la paura del cambiamento, quasi temesse che nel Danelaw succederanno cose
orrende come in Islanda. Tu cosa ne pensi?”
“Beh, Hvitserk, ti devi rendere conto che per
Helgi partire e andare a vivere in un posto nuovo per forza di cose significa
ricordare la partenza per l’Islanda e tutto ciò che è accaduto lassù” spiegò
pazientemente Floki. Ancora una volta gli venne da pensare che i figli di
Ragnar erano buoni e cari, ma anche così poco empatici… Era ovvio che Helgi si sentisse turbato
all’idea di lasciare la cittadina che conosceva e amava per trasferirsi in un
Regno in Wessex, così come era ovvio che
Aethelred fosse spaventato pensando che Ivar potesse di nuovo rischiare la vita
in battaglia! Era tanto difficile cercare di mettersi nei panni del compagno? “Per
Helgi la vita in Islanda è stata drammatica fin dal principio, suo padre e
Kjetill non perdevano occasione per attaccar briga, ognuno dei due voleva
dominare la colonia e questo ha portato a faide e uccisioni assurde, è stato
così che Helgi ha perduto la moglie incinta. Purtroppo, poi, io ho preso le
decisioni sbagliate e le cose sono peggiorate ulteriormente. Siccome era stato
il padre di Helgi a iniziare la faida, ho pensato che sarebbe stato meglio che
lui e tutta la sua famiglia lasciassero la colonia e andassero a fondarne
un’altra più lontano, speravo che, così facendo, Kjetill avrebbe dimenticato e
Helgi e i suoi si sarebbero rifatti una vita.”
“Di che cosa stai parlando, Floki? Tu hai
cacciato Helgi e la sua famiglia
dalla vostra colonia? Ma non era stato Kjetill a cominciare?” domandò Hvitserk,
allibito.
Floki restò per un attimo senza fiato:
possibile che Helgi non avesse mai raccontato questa parte della storia al suo
compagno? E lui aveva il diritto di farlo senza chiederlo al diretto
interessato? Con una punta di rammarico, Floki decise per il sì: sicuramente
Helgi aveva avuto le sue ragioni per non raccontare tutto a Hvitserk, ma era
indispensabile che il giovane Vichingo sapesse per poter aiutare il suo
compagno che adesso stava nuovamente soffrendo.
“No, in realtà fu Eyvind, il padre di Helgi,
a creare occasioni di contrasto e Kjetill gli si mise subito contro” spiegò
Floki. “Le uccisioni iniziarono per colpa di entrambe le famiglie e in una colluttazione
uno dei fratelli di Helgi morì per mano di Thorgrim, uno dei figli di Kjetill.
Così, per vendicarsi, Asbjorn, suo fratello, uccise prima Thorgrim e poi anche
Thorunn, la moglie incinta di Helgi.”
Hvitserk era impallidito: di fronte a questo
le vicissitudini della sua famiglia e i continui tradimenti facevano ridere! Il
suo povero, dolce Helgi aveva vissuto delle esperienze tanto orribili e non si
era confidato con lui… ma perché? Gli aveva parlato solo della morte della
moglie, uccisa in una faida tra famiglie mentre aspettava il loro bimbo, ma non
gli aveva mai spiegato come fossero andate realmente le cose.
“È stato il fratello di Helgi a uccidere sua moglie? Ma perché ha fatto una
cosa così orribile proprio a Helgi che non aveva fatto male a nessuno?”
Hvitserk adesso era sconvolto, avrebbe desiderato correre immediatamente dal
suo compagno, stringerlo e baciarlo fino a fargli dimenticare ogni dolore…
“Perché ha ucciso una povera ragazza incinta?”
“Perché Thorunn non era solo la moglie di
Helgi, era anche la figlia di Kjetill” rispose Floki, e mentre lo diceva si
accorse una volta di più di quanto fosse stata disumana tutta quella storia. Le
famiglie di Kjetill e Helgi si erano massacrate a vicenda quando avrebbero
dovuto essere più unite degli altri, avendo un legame di parentela così
importante. “A quel punto io ho creduto che esiliare Eyvind, Helgi e tutta la
loro famiglia avrebbe riportato un po’ di pace nella colonia, ma è stato ancora
peggio e io… sai, Hvitserk, io credo che Helgi non ti abbia raccontato quasi niente
perché in fondo al suo cuore pensa ancora di essere responsabile della morte
della sua famiglia.”
“Cosa? Ma questo è assurdo, Floki!” esclamò
Hvitserk. “Helgi non ha mai partecipato alla lotta tra la sua famiglia e quella
di Kjetill, no? E anzi sua moglie era la figlia di Kjetill, ed è stato suo
fratello a ucciderla. Helgi è stato solo una vittima in tutta questa storia,
come può sentirsi in colpa?”
“Non per la faida” mormorò Floki, e adesso i
suoi occhi erano perduti nel vuoto e inseguivano le immagini atroci degli
eventi in Islanda, “per quello che è successo dopo, anche se hai perfettamente
ragione, Helgi è stato solo una vittima… ma io temo che si senta responsabile. Qualche
settimana dopo, in Islanda era pieno inverno e noi riuscivamo a malapena a
ripararci dal vento e dalla neve, e Helgi riuscì a far ritorno alla colonia,
camminando per giorni al gelo e alla tormenta, per chiederci aiuto per la sua
famiglia. Io mi offrii subito di accompagnarlo portando cibo, coperte e erbe
medicinali e Kjetill, suo figlio Frodi e qualche altro loro amico decisero di
formare una squadra di salvataggio. Kjetill disse che ogni desiderio di
vendetta era svanito e che si trattava soltanto di aiutare delle povere persone
in pericolo e io, stolto, gli credetti. Non appena Kjetill e la sua squadra
trovarono la famiglia di Helgi li… li uccisero tutti, massacrarono sua madre,
suo fratello e sua sorella sotto i suoi occhi e tramortirono lui e suo padre
per decapitarli la mattina successiva.”
“Sì, questo Helgi me lo aveva raccontato” lo
interruppe Hvitserk, orripilato: aveva già ascoltato una volta quella storia
orribile dalle labbra di Helgi e non ci teneva a sentirla ancora, “suo padre lo
convinse a fuggire durante la notte e lui riuscì a mettersi in salvo. Quindi
pensi che sia per questo che si sente in colpa, perché è scappato lasciando il
padre a morire?”
“In parte sì, può darsi, ma credo che Helgi
sia consapevole che rimanendo non avrebbe salvato suo padre e sarebbe
semplicemente morto con lui” rispose Floki. “No, io credo invece che Helgi si
senta in colpa per essere venuto a cercarci, per aver condotto Kjetill dalla
sua famiglia, per aver… provocato il massacro, in un certo senso.”
“Ma non è stata colpa sua, che altro poteva
fare? Lui e i suoi stavano morendo di fame e freddo!” esclamò Hvitserk.
“Questo lo so io e lo sai tu, anzi, in realtà
io so anche che la colpa fu mia, che ormai dovevo aver capito che tipo era
Kjetill e non avrei dovuto permettergli di raggiungere la famiglia di Helgi”
replicò l’uomo. “Infatti dopo quell’episodio anch’io lasciai la colonia perché
non mi sentivo più degno di far loro da guida, avevo sbagliato tutto… Ma temo
che Helgi continui a ritenere se stesso responsabile.”
Hvitserk si alzò in piedi, agitatissimo.
“No, no, non voglio neanche pensarci. Helgi
sta soffrendo così tanto e da tanto tempo e io non mi sono mai accorto di
niente? Devo aiutarlo, Floki, cosa posso fare per lui?”
“Stagli vicino, fagli sentire tutto il tuo
amore e quanto lui sia importante per te. Perché credo che Helgi pensi di non
meritarti e che sia per questo che continua a posporre la partenza per il
Danelaw, magari crede che tu dovresti andarci da solo, trovare una Principessa,
magari Sassone, sposare lei e avere dei figli” disse Floki. “Tu sei stato
scelto come Re Norreno del Danelaw e magari è proprio questo il problema,
adesso sei una persona importante e Helgi pensa di non essere degno di te, di
non meritare la felicità. Devi convincerlo che non è così.”
“Grazie, Floki, grazie, sapevo che mi avresti
aiutato” mormorò Hvitserk, con le lacrime agli occhi. “Vado subito a cercarlo!”
Nel frattempo, Helgi, Tiago e Harald stavano
facendo ritorno dalla passeggiata e Hvitserk si imbatté in loro appena fuori
Kattegat.
“Che succede, Hvitserk? Hai parlato con Floki?
È andato tutto bene?” domandò Tiago.
“Sì, ora è tutto chiaro, ma ho bisogno di
parlare da solo con Helgi” rispose il giovane Vichingo. “Tiago, pensi di
farcela ad accompagnare Harald fino alla vostra casa senza l’aiuto di Helgi?”
“Io… beh, veramente…” era proprio quello che
Tiago voleva evitare!
“Ma certo, non ci sono problemi” intervenne
Harald con un gran sorriso. “Io mi sento in forma e questa passeggiata mi ha
fatto molto bene, posso farcela tranquillamente. E così anche noi avremo
occasione di parlare, vero Tiago?”
Ma anche no, avrebbe
voluto rispondere il giovane spagnolo. Ma come poteva rifiutare a Hvitserk la
possibilità di parlare da solo con il suo compagno? Sicuramente avevano cose
importanti da dirsi e lui non poteva e non doveva intromettersi…
“Va bene” mormorò, leggermente imbronciato,
“non c’è troppa strada da fare e sono certo che tu e Helgi dobbiate stare da
soli…”
Tutto contento, Harald circondò le spalle di
Tiago con un braccio fingendo di aver bisogno di appoggiarsi a lui e se lo portò
via, mentre Hvitserk conduceva Helgi di nuovo verso il bosco, allontanandosi
dalle prime case di Kattegat.
“Perché non mi hai mai detto la verità,
Helgi? Perché non mi dici che ti senti responsabile, che credi che sia colpa
tua se Kjetill ha raggiunto e massacrato la tua famiglia? Perché vuoi punirti
ingiustamente, allontanandomi da te?” lo incalzò, prendendolo per le spalle e
portandolo in una radura dove lo costrinse a sedersi sull’erba.
Helgi non rispose, i suoi occhi erano pieni
di dolore ma anche di una fiera determinazione.
“Floki mi ha raccontato tutto” continuò
Hvitserk. “Ma allora è proprio così, tu vuoi che io parta da solo per il
Danelaw perché non ti senti più degno di stare al mio fianco. Tu pensi che io
debba regnare da solo o magari con una Principessa, perché tu hai condotto
Kjetill a uccidere la tua famiglia e quindi credi di meritare solitudine,
disperazione e sofferenza per tutta la tua vita. È così, non è vero?”
“Sì, sì, è così, ma ho ragione io, ho
ragione!” esclamò Helgi scoppiando in lacrime. “Non avrei mai dovuto portare
Kjetill dalla mia famiglia, avrei dovuto trovare un altro modo per superare
quell’inverno, è come se li avessi uccisi tutti io… e ora non merito niente,
non merito te e tanto meno merito un Regno! Sono una nullità, un incapace, e tu
sarai Re e dovrai avere degli eredi e…”
Hvitserk si mise sopra di lui e gli prese il
volto tra le mani, gli occhi fissi in quelli del compagno.
“Io non voglio niente di tutto questo, io voglio te” dichiarò, scandendo bene ogni parola. “Anzi, non andrò neanche
nel Danelaw se tu non vieni con me, dirò a Bjorn che non mi sento all’altezza e
lascerò il ruolo a qualcun altro. Perché io voglio stare con te e, se tu non ci
sei, non c’è niente che desideri al mondo. E non voglio mai più sentirti dire
che sei inutile o peggio, tu sei prezioso, generoso, dolce e gentile, non è
stata colpa tua se Kjetill era un folle, non potevi saperlo e sappi che lo
stesso Floki si rimprovera tutt’ora di non averlo capito in tempo. Tu. Non.
Hai. Alcuna. Colpa. Io ti amo, Helgi, ti amo più di ogni altra cosa al mondo e
non voglio vivere neanche un giorno lontano da te. Se non vieni con me, che il
Danelaw finisca in Hel, non ci andrò nemmeno io!”
Helgi era commosso, incredulo, tremante, ma
le parole del suo compagno avevano fatto breccia nel suo cuore e stavano
sciogliendo tutti i grumi di dolore, rimorso e senso di colpa.
“Se è quello che vuoi davvero, Hvitserk,
allora… allora sì, verrò con te” mormorò, ma Hvitserk non lo fece neanche
finire di parlare, lo prese tra le braccia e lo baciò profondamente,
stringendolo a sé mentre un raggio di sole li avvolgeva in una luce dorata.
Esplorò con passione la sua bocca, felice di godersi il sapore e il tepore di
lui, si liberò in fretta delle vesti e spogliò Helgi delle sue, indugiando ad
ammirare e ad accarezzare quel corpo così amato che aveva temuto di non poter
stringere mai più. Immerse le mani nei capelli di Helgi e lo baciò sulle
guance, sulle palpebre, agli angoli della bocca, e continuò a baciarlo
profondamente per un tempo infinito, senza mai stancarsi, infine si insinuò dentro
di lui, seppellendosi con lentezza nelle sue carni più intime, spingendo
ancora, ancora e ancora e lasciando che il giovane assecondasse ogni suo
movimento. Alla fine il piacere travolse entrambi come un’onda di luce e calore
e i due rimasero stretti, abbracciati, come se fossero una sola entità; avevano
gli occhi chiusi e godevano del calore dei loro corpi e della languidezza
regalata loro dall’amore. Erano finalmente in pace, non c’erano più ombre tra
loro e la partenza per il Danelaw, sciolto ogni dubbio residuo, sarebbe stata
imminente e serena.
Fine capitolo quindicesimo