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Autore: Star_Rover    27/01/2023    6 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XX. Venti di guerra
 

In tutto quel tempo Aleks aveva tentato di fare il possibile per avere informazioni sulla sua famiglia. Aveva atteso a lungo, senza mai riuscire a ottenere nulla. Durante quegli anni di forzato esilio aveva mantenuto i rapporti con i suoi compagni a Pietrogrado, ma non aveva mai avuto occasione di restare in contatto con i suoi cari. Nelle ultime settimane, quando era scoppiata la rivolta, Aleks aveva sentito nuovamente quella necessità. Aveva bisogno di sapere che sua moglie e suo figlio stessero bene e che fossero al sicuro.
Purtroppo Aleks si ritrovò ancora una volta a vivere nell’incertezza.
Era rimasto separato dalla sua famiglia per tanto tempo, eppure non aveva mai smesso di preoccuparsi per la sorte di chi amava. Sperava di tornare, nonostante tutto.
Era consapevole di non poter rimediare ai suoi errori come marito e come padre, ormai era troppo tardi. Però desiderava fare il possibile per dimostrare di non aver dimenticato le sue responsabilità e di aver sempre tenuto ai propri affetti.
Sofiya era sempre stata una donna forte e comprensiva, non gli aveva mai impedito di portare avanti la sua battaglia per la giustizia. Aleks si sentiva in colpa per non aver mai potuto offrirle il futuro che avevano sognato insieme, ma la realtà si era dimostrata ben più ardua da affrontare. Seppur giovane e idealista, in passato non aveva mai ceduto a false promesse. Quando aveva saputo della gravidanza aveva provato sensazioni contrastanti, ovviamente era stato felice per la lieta notizia, ma allo stesso tempo aveva provato tristezza. Fin dal primo momento aveva saputo che non avrebbe avuto l’occasione di essere un buon padre. Aveva ceduto anima e corpo alla sua causa, non avrebbe potuto rinunciare alla lotta, nemmeno per amore di un figlio.
Aleks avvertì un groppo in gola e gli occhi lucidi, inevitabilmente ripensò a uno degli ultimi momenti prima della sua partenza.
 
Era rientrato nel suo appartamento a notte fonda, anche quella volta era tornato da una delle sue riunioni segrete. Sua moglie era rimasta sveglia ad aspettarlo, seduta sul bordo del letto. Quando era entrato nella stanza l’aveva accolto con un rincuorante sorriso, probabilmente era rimasta in pensiero durante tutta la sua assenza.
Aleks si era avvicinato lentamente, ammirando la sua figura nella penombra. Si era inginocchiato al suo fianco, poggiando delicatamente una mano sul suo ventre ormai prominente.
«Voglio che nostro figlio conosca la verità. Deve sapere chi era davvero suo padre, qualunque sarà il mio destino, un giorno sarà lui a giudicare il peso delle mie azioni. Spero che possa capire, ma se non dovesse perdonarmi, allora potrei comunque comprendere»
Lei l’aveva rassicurato: «tuo figlio non potrebbe mai odiarti»  
Il giovane aveva abbassato il capo, abbandonandosi alla rassegnazione.
«Mi dispiace…davvero, per tutto»
Sofiya aveva sfiorato il suo viso con una dolce carezza.
«Non preoccuparti. Adesso sei qui con me, non devi pensare a nient’altro»
Aleks aveva sollevato lo sguardo, incrociando i suoi occhi colmi di affetto e speranza. In quel momento aveva pensato che fosse bellissima.
«A volte mi chiedo perché una donna meravigliosa come te possa amare un miserabile come me»
Lei aveva risposto senza alcuna esitazione.
«Ti amo perché ti conosco, so che sei un uomo buono, onesto e coraggioso»
«Senza di te sarei perduto»
Sua moglie aveva cercato conforto tra le sue braccia. Egli l’aveva stretta a sé, baciandola con passione.
 
Aleks si riprese da quei ricordi avvertendo intensa malinconia. Sentì la mancanza di quel contatto fisico, del calore di un abbraccio, del sapore di un bacio…
Sapeva di non aver avuto altra scelta, eppure continuava a sentirsi in colpa per aver abbandonato la donna che amava, la madre di suo figlio.
La sola consapevolezza che Sofiya e il bambino potessero essere ancora vivi avrebbe potuto consolarlo. Invece poteva solo aggrapparsi a una flebile speranza. Si sentiva inutile e impotente davanti a ciò che stava accadendo.
 
Ormai da giorni Aleks era consumato dall’ansia e dall’apprensione. Verner si era preoccupato nel vederlo in quelle condizioni, temeva che prima o poi avrebbe potuto prendere decisioni avventate.
Finalmente i due decisero di affrontare la questione, ormai era evidente che il russo non potesse continuare a sopportare quella situazione.
«Non posso più nascondermi come un codardo. Devo tornare per supportare i miei connazionali e per difendere la mia famiglia!»
Verner si mostrò impassibile: «è troppo pericoloso pensare di attraversare il confine adesso. L’esercito ha rafforzato le difese, credimi, l’ho visto con i miei occhi, le guardie sparano a vista»
«È un rischio che devo correre»
Il ragazzo si oppose «credi di essere di supporto al tuo popolo in questo modo?»
«Questa volta è diverso. Tu non puoi capire…non si tratta solo della rivolta. Devo pensare a mia moglie e a mio figlio»
Verner scosse la testa.
«Anche per loro dovresti preoccuparti della tua incolumità»
«Non potrò nascondermi per sempre. La mia sorte è ormai decisa, per questo voglio almeno tentare di ricongiungermi con le persone che amo prima che sia troppo tardi»
Verner avvertì un nodo alla gola, ma tentò di fare del suo meglio per mascherare la propria apprensione. In fondo sapeva che non poteva trattenere il compagno dal seguire il suo istinto, eppure non si sentiva pronto a separarsi da lui. Aleks era stato il suo punto di riferimento negli ultimi mesi, era l’unica persona di cui poteva fidarsi. Da quando Jari se n’era andato non aveva più avuto nessuno al suo fianco. Ora rischiava di perdere anche l’unica persona che gli aveva offerto supporto.
Non era pronto a dirgli addio, ma dentro di sé sentiva quale fosse la giusta scelta per lui.
«Anche qui scoppierà una rivolta?» domandò.
«Questo dipenderà da voi…sicuramente il nuovo governo cercherà in tutti i modi di impedire ai Rossi di prendere il potere. Se il popolo si dimostrerà abbastanza unito e determinato a far valere i propri diritti allora potrete sperare nella giustizia e nella libertà»
Verner si limitò ad annuire in silenzio, ormai non aveva più dubbi sulle motivazioni che lo avevano spinto a combattere.
Il russo poggiò una mano sulla sua spalla.
«La Finlandia ha bisogno di giovani coraggiosi e valorosi come te»
Il ragazzo provò sincero orgoglio, trovando conforto in quelle parole. Quella notte abbandonò il rifugio avvertendo una strana sensazione, forse già sapeva quel che sarebbe successo.
 
Il mattino seguente, ancor prima che il sole sorgesse oltre alle colline, Aleks si rialzò dal suo giaciglio.
Prese il suo zaino, si preoccupò di recuperare le ultime provviste e infine si infilò il fucile in spalla. Era tutto pronto per la sua partenza.
Quando uscì per avviarsi lungo il sentiero Saija lo seguì, come era solita fare quando andava a caccia nei boschi.
Aleks si fermò per ammonirla: «no piccola, questa volta non puoi venire con me»
La lupacchiotta guaì, continuando ad osservarlo con sguardo implorante.
«Oh, non guardarmi così. Lo sai che devi restare qui ad aspettare il tuo padrone»
Il russo si inginocchiò per accarezzare un’ultima volta il muso del cane.
«Brava. Stai di guardia, Verner tornerà presto» disse con tono rassicurante.
L’animale si rannicchiò nella neve, docile e obbediente.
Aleks si allontanò, si accertò che Saija avesse ben inteso i suoi ordini, poi riprese il cammino senza più voltarsi. Si sentì in colpa per aver nascosto la sua fuga a Verner, ma sapeva che se avesse rivelato i suoi piani egli avrebbe fatto di tutto per fermarlo.
Sarebbe stato un viaggio lungo e pericoloso, ma era pronto a tutto per ritornare a casa. Per quanto lontana, Pietrogrado era la sua unica salvezza.
 
 
Verner tornò al rifugio in compagnia di Jussi. Entrambi notarono subito qualcosa di strano, fu il comportamento di Saija ad allarmarli. L’animale era più irrequieto del solito e continuava ad abbaiare in direzione del sentiero. 
«Credi che sia entrato qualcuno?» domandò Jussi con sospetto.
Verner notò le impronte semi-nascoste nella neve.
«No, piuttosto penso che qualcuno sia andato via»
Jussi si affrettò a raggiungere la porta, immediatamente entrò all’interno chiamando il nome del compagno, ma trovò la stanza deserta.
«Dannazione, il russo ha deciso di fuggire!»
«Non è scappato. È intenzionato a tornare in Russia»
Jussi reagì con incredulità: «è assurdo, non potrà mai raggiungere Pietrogrado. I gendarmi lo uccideranno ancor prima che possa avvicinarsi al confine»
«Aleks è abbastanza determinato a raggiungere il suo obiettivo» replicò l’amico.
Jussi sbuffò: «te l’avevo detto, gli anarchici sono folli e imprevedibili!»
Detto ciò, il ragazzo tornò a rivolgere le attenzioni a Saija, preoccupandosi di scaldarla e nutrirla.
Avvicinandosi al tavolo Verner notò un foglio di carta ripiegato e riposto sulla superficie. Intuì subito di che si trattasse, così lo prese tra le mani ed iniziò a leggere.
 
La Rivolta sta avendo successo, la Russia è finalmente libera dall’egemonia imperiale.
Ciò significa che il mio esilio è giunto al termine, devo tornare a casa.
Non so cosa accadrà alla mia Patria, in ogni caso ho intenzione di mantenere la mia promessa e restare fedele ai miei compagni.
Non dimenticherò quel che hai fatto per me, ti devo la vita e non potrò mai ringraziarti abbastanza per questo.
Spero che il tuo popolo possa presto conquistare la meritata libertà.
Addio,
Aleks

 
***

Il tenente Smirnov non aveva potuto fare altro che attenersi agli ordini, nel tentativo di mantenere ordine e disciplina nel mezzo del caos più assoluto. Era consapevole che la situazione fosse ormai giunta al limite, ma non pensava che le conseguenze sarebbero state così drammatiche. Il mondo era crollato davanti ai suoi occhi, nulla sarebbe più stato come prima. Per tutta la vita Smirnov aveva servito nell’esercito senza mai mettere in discussione l’autorità imperiale. Così anche in quella occasione non aveva avuto alcun dubbio su quale fosse la scelta giusta. Nonostante tutto sentiva di dover restare fedele al suo giuramento. Non poteva permettere che la sua Patria finisse nelle mani di quei criminali, per questo doveva continuare a combattere. A quel punto lo scontro armato era inevitabile.
I suoi uomini non l’avevano tradito, i casi di diserzione erano stati rari e contenuti. I suoi commilitoni erano soldati leali e fedeli ai loro comandanti.
Smirnov era determinato a difendere i suoi valori e proteggere i suoi compagni. Non si trattava solo di onore, ma anche di onestà verso se stesso e i propri ideali.
 
***

Il capitano Solbakken bevve con parsimonia la sua tazza di caffè, era impaziente, ma continuava a mantenere la sua calma apparente.
«Jänis arriverà a breve»
L’uomo sollevò lo sguardo per guardare in viso il tenente Hedmann.
«Jänis
«La lepre, è la nostra staffetta. Un ragazzo sveglio e in gamba, è veloce e affidabile» precisò l’ufficiale.
Solbakken sollevò un sopracciglio con aria scettica: «sa come la penso a riguardo, non avrebbe dovuto coinvolgere un ragazzino»
«Non ho dovuto convincerlo con l’inganno, si è offerto come volontario. E poi non vedo nulla di male, i giovani sono la speranza di questa Nazione»
«Non voglio problemi con quel ragazzo, ho già i miei soldati di cui occuparmi!»
«Signore, la consideri una mia responsabilità»
Il capitano stava per ribattere, ma proprio in quel momento sentirono dei battiti regolari alla porta, era il codice prestabilito.
Hjalmar entrò nella stanza consegnando il prezioso biglietto nelle mani del capitano. Il comandante gli rivolse un’occhiata fredda e severa prima di leggere il messaggio.
«Il Governo ha dichiarato la propria autonomia»
«Che cosa significa?» domandò Hedmann perplesso.
«Che da questo momento non dovremo più sottostare all’autorità del Gran Duca»
Il tenente rifletté attentamente su quelle parole.
«La Finlandia si dichiarerà indipendente?»
«Suppongo che questa sarà la prossima mossa di Svinhufvud»
«Non possiamo permetterlo! Il potere deve tornare nelle mani del popolo!»
«Le Guardie Bianche difenderanno la causa dei conservatori sostenendo di credere nell’Indipendenza»
«Dopo tutto quello che abbiamo passato non possiamo permettere che i nostri diritti vengano calpestati in questo modo!»
«La rivolta armata è inevitabile» affermò il capitano Solbakken.
«In Russia la Rivoluzione sta avendo successo»
Hjalmar ascoltò quei discorsi senza riuscire a comprenderne il reale significato politico. Pensò subito a suo fratello, chiedendosi se finalmente avrebbe potuto tornare a casa. Sentiva la sua mancanza, e anche quella di Saija.
Il ragazzo tornò bruscamente alla realtà udendo la voce del tenente Hedmann.
«Jänis! Presto, abbiamo una nuova missione per te!»
 
***

Da quando suo fratello era partito per il fronte Kaija si era sempre occupata del suo cavallo. Ogni giorno si recava alla stalla per prendersi cura di lui. Anche Onni sembrava soffrire la mancanza del padrone, non era più allegro e vivace come un tempo.
La ragazza accarezzò l’animale, sfiorando la sua macchia bianca sul muso.
«Anche io sono triste per Jari, ma dobbiamo fidarci di lui e sperare per il meglio. Tornerà presto, ne sono sicura»
Onni parve comprendere quelle parole, almeno questa fu l’impressione che Kaija ebbe nel guardare quei grandi occhi scuri.
La giovane tornò con rassegnazione al suo lavoro. Aveva ormai terminato i suoi compiti quando all’improvviso udì delle grida.
«Kaija! Kaija!»
La ragazza sussultò nel sentirsi chiamare con tanta impazienza, riconobbe immediatamente quella voce. Rapidamente si affacciò alla finestra del capanno.
«Kris, sono qui!»
Il giovane entrò di corsa nella stalla, presentandosi con il fiato corto e il volto arrossato dallo sforzo.
Kaija si preoccupò nel vederlo in quello stato.
 «Che succede?» 
«Devo parlarti, non ho molto tempo»
La ragazza notò la sua agitazione.
«Sei sicuro di stare bene?» 
Egli annuì, ma l’espressione sul suo volto rimase angosciata.
«Cosa devi dirmi di tanto importante?»
Kris esitò, per un istante sembrò voler dire qualcosa, ma restò in silenzio. Si avvicinò a Kaija e impulsivamente si chinò su di lei per baciarla.
La giovane fu così sorpresa da quel gesto da non riuscire a reagire, lasciandosi trasportare da quel bacio intenso e passionale.
Riprese il controllo di sé quando le loro labbra si furono separate. Istintivamente si distaccò da quell’abbraccio.
«Mi dispiace, avrei voluto che le cose tra noi andassero diversamente, ma ormai non ha più importanza. Tutto ciò che desideravo era un bacio d’addio»
La ragazza era ancora confusa dall’accaduto.
«Non capisco. Che cosa significa?»
Kris rispose con estrema fermezza: «sono in partenza per Helsinki. Tuo fratello aveva ragione, è giunto il momento di lottare per la Finlandia. Per questo mi sono arruolato con le Guardie Bianche»
Kaija ripensò a quel che le aveva detto Jari prima della sua partenza.
«Sei davvero convinto di questa tua scelta?»
Il giovane annuì: «ho intenzione di fare il mio dovere come tutti»
La ragazza si rattristò nel sentire quelle parole. Kris era sempre stato un amico fedele, anche se non ricambiava i suoi stessi sentimenti teneva a lui. Non voleva rischiare di perdere un’altra persona così importante nella sua vita.
Anche in quell’occasione però non poté far altro che rassegnarsi alla triste realtà, Kris aveva preso la sua decisione, riteneva di essere già stata troppo egoista nei suoi confronti.
«Cerca di stare attento»
Kris l’abbracciò per un’ultima volta: «te lo prometto»
Kaija tentò di non abbandonarsi allo sconforto: «allora buon viaggio, spero di rivederti presto»
Il giovane si rimise lo zaino in spalla e si allontanò, giunto alla staccionata si voltò per un ultimo saluto.
La ragazza rimase poggiata allo stipite della porta, continuò a seguire la sua figura con lo sguardo finché non scomparve nella nebbia.
Kaija si asciugò una lacrima, inevitabilmente pensò alle parole di suo padre. Kris era davvero un bravo ragazzo. Era certa che se non fosse stato per la guerra l’avrebbe sposato, e forse in altre circostanze avrebbe potuto amarlo.
 
***

Karl si presentò nello studio del dottor Koskinen. Conosceva il medico da tanto tempo, per la precisione dal primo giorno in cui aveva messo piede al villaggio. Inizialmente non l’aveva visto di buon occhio, per lui era solo uno straniero, un borghese di città che alla prima occasione avrebbe abbandonato quel luogo sperduto tra le montagne per far ritorno ad Helsinki.
Era stato solo dopo il suo matrimonio con Helena che aveva iniziato a considerarlo come un componente della comunità. Si era dispiaciuto per la sua dolorosa perdita, quell’uomo era sempre stato gentile e generoso con tutti, la sorte era stata crudele a destinargli una sofferenza così grande.
Aveva visto crescere Jari e Kaija, si era affezionato a quei ragazzi come a tutti gli altri giovani del paese. Alla fine aveva imparato a provare rispetto per Koskinen, tanto da considerarlo un buon amico.
«Fredrik! Sono lieto di rivederti» disse con sincerità.
Il dottore si sforzò di mostrare un mezzo sorriso, ma l’espressione sul suo volto manifestava ansia e preoccupazione. Il viso pallido e gli occhi stanchi erano la prova delle sue notti insonni.
Karl si avvicinò, il suo sguardo si soffermò sul giornale piegato sulla sua scrivania, i titoli in prima pagina in quel periodo non erano affatto rassicuranti.
«Ci sono state delle proteste ad Helsinki, i gendarmi hanno sparato sulla folla causando morti e feriti»
«È terribile»  
«Con quello che è successo dovremo aspettarci solo il peggio da parte dei russi» constatò Koskinen con rassegnazione.
Karl tentò di sollevare l’animo del suo compagno.
«Spero di portarti buone notizie»
Il medico esibì uno sguardo sospettoso, ma allo stesso tempo incuriosito.
«Ho saputo da alcuni miei colleghi alla ferrovia che gli Jäger torneranno presto dalla Germania»
Fredrik sussultò: «stai dicendo sul serio?»
«Alcuni esponenti delle Guardie Bianche hanno confermato la notizia. Un sottomarino tedesco ha raggiunto le coste finlandesi, oltre che a rifornire l’esercito di armi e munizioni ha anche riportato in patria alcuni dei nostri ragazzi»
Lo sguardo di Koskinen si illuminò: «ciò significa che anche Jari potrebbe tornare a casa?»
«Spero proprio di sì»
«Oh, Karl…non avresti potuto rendermi più felice!»
L’uomo fu lieto di aver ridonato speranza all’amico, ma qualcosa di impedì di gioire con altrettanto entusiasmo.
Fredrik notò la sua titubanza: «c’è dell’altro, dico bene?»
Karl non poté mentire: «mi spiace, non avevo intenzione di rovinare questo momento»
«Preferisco che tu sia sincero. Coraggio, che cosa ti affligge?»
«Sembra che ovunque si avverta aria di guerra. Il nuovo Governo vuole separarsi dalla Russia mentre i Rossi hanno il sostegno dei bolscevichi. Le Guardie Bianche stanno organizzando un esercito, le rivolte stanno scoppiando in tutto il Paese…insomma…che cosa accadrà adesso?»
«La guerra civile»
Karl annuì tristemente: «purtroppo non vedo alternativa»
Il medico si limitò ad un cenno di comprensione, ma non esternò più alcun parere. Non riteneva prudente esprimere apertamente i propri pensieri a riguardo. Sapeva che l’unico modo per raggiungere l’Indipendenza sarebbe stato sostenere il Governo e i Bianchi, ma questo avrebbe significato schierarsi contro i propri connazionali, concittadini, amici e parenti. La Finlandia avrebbe pagato la Libertà con il sangue.
Koskinen tentò di non pensare al peggio, almeno qualcosa di positivo stava per accadere. Presto suo figlio sarebbe tornato a casa, avrebbe potuto riabbracciare Jari e dirgli la verità.  Non era troppo tardi, aveva ancora una possibilità. Fredrik si commosse a quel pensiero.
«Scusami, adesso devo andare. Voglio che Kaija sappia da me del ritorno del fratello»
Karl poté ben comprendere le sue motivazioni.
«Certamente. Solo un’ultima cosa…»
Koskinen rimase in ascolto.
«Se dovesse accadere qualcosa, rivolgiti al reverendo Larsson. Credimi, non sono una persona religiosa, ma mi fido di quell’uomo, anche se è uno svedese. Sono certo che potrebbe aiutare te e la tua famiglia in caso di necessità»
Fredrik ringraziò Karl con una stretta di mano e gli augurò buona fortuna, nella speranza che le loro presupposizioni potessero non avverarsi.
Quando l’amico fu scomparso il dottor Koskinen si ritrovò a riflettere sull’accaduto, era rimasto colpito e anche un po’ spaventato da quell’ultimo consiglio.  
   
 
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