Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: RLandH    27/01/2023    0 recensioni
Da capitolo II:
[...]“E quindi hai pensato che abbandonarmi era meglio?” domandò irascibile lei, “Tesoro, nasciamo, viviamo e moriamo soli. Non è mia abitudine aiutare i mortali, mai, neanche i miei figli. Neanche quelli divini, se per questo” aveva detto con un tono infastidito, continuando a limarsi le unghia.[...]
Da capitolo IX:
[...]Era il figlio al prodigo, aveva bisogno di quel padre a cui aveva voltato le spalle, per uno stupidissimo corvo che non avrebbe potuto fare nulla contro un gigantesco uomo alto venti piedi. Le sentì brucianti le lacrime sulle guance.[...]
July vorrebbe aspettare la fine in pace, Carter si sente perso come mai è stato, Heather è in cerca di qualcosa e Bernie di quella sbagliata.
Se si è cosa si mangia: Arvery è una bella persona; Alabaster, lui è quello furbo. Marlon è un anima innocente e Grace è un mostro dal cuore d’oro.
E quando gli Dei decidono di invocare l'aiuto di quegli stessi figli dannati a cui non hanno mai rivolto lo sguardo, non c'è da stupirsi se il mondo intero va rotoli ...
Buona lettura,
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Le Cacciatrici, Mostri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buongiorno; non aggiornavo Il Crepuscolo da così tanto tempo che non mi ricordavo neanche dove fossi arrivata.
Metà di questo capitolo è stato scritto un anno buono fa e la seconda metà in questi giorni, detto questo credo si veda, la differenza credo si noti, spero di poter riprendere bene questa storia ed anche I Barbari (che ho ricominciato a scrivere). Detto questo, ho finalmente, definitivamente, chiuso il mio ciclo di studi e presto comincerò a lavorare, questo vuol dire che avrò meno tempo libero, ma quello che avrò sarà più definito.
Detto questo, il capitolo non è stato betato e temo si veda, probabilmente presto riprenderò definitivamente tutta la storia e la rivedrò da capo.
Oltre ciò, il capitolo voleva avere una disamina sulle cacciatrici di Artemide, ma credo non sia venuto bene per nulla e quindi probabilmente ne parleremo più avanti, probabilmente con Champ.

Buona lettura

RLandH

I L   C R E P U S C O L O   D E G L I   I D O L I

Bells LaFayett contro una serie di scelte piuttosto questionabili.

(Bellatrix III)

 

Alabaster aveva riempito una ciotola trafugata da una delle stanze – Bells era genuinamente ammirata da come e quando l’avesse trafugata. Piccolo tombarolo.
Aveva accesso un fuoco con la sua magia, “Passami quello che hai preso dal macellaio” aveva dichiarato Alabaster, così Bells gli aveva passato il sacchetto che gli era stato affidato dal Crepuscolo.
“Quindi, ecco, il gestore era piuttosto confuso dalla mia richiesta. Ossa e grasso in avanzo. Neanche chi fa la sportina per il cane prende queste cose” aveva dichiarato Bells, ricordando le commissioni che gli erano state assegnate.
“Sì, lo so. Al campo di solito ci insegnano a regalare agli Dei parti del pranzo, ma questa non è una semplice offerta” aveva raccontato Al.
“Lo diceva il libro che ci ha dato Chris?” aveva chiesto inoltre July, chinandosi appena, teneva tra le mani un bicchiere di carta con un cappuccio di plastica. “Lo diceva anche Prometeo, ma non sono sorpresa che non lo abbiate ascoltato mezza-volta” aveva raccontato Alabaster sicuro.
Prima che una delle due potesse dire qualcosa, il figlio di Ecate aveva schioccato le dita, dalla tasca della sua camicia, era uscito il suo fantasma domestico.
“Dimmi che non mi hai fatto uscire solo per una lezione di mitologia” aveva detto subito IL Dottor Horward, piuttosto seccato. “Uhm … mi devo concentrare, stiamo letteralmente grattando sotto il culo di Zeus. Sto convocando una dea di cui non so niente, neanche il nome, e devo dire una cosa … agli Dei non piace essere forzati a fare qualsiasi cosa ed io non piaccio agli Dei” aveva replicato Alabaster, “Senza dimenticare che io sono l’imbucato nella storia” aveva aggiunto il ragazzo.
July si era mossa e gli aveva arruffato i capelli, con gentilezza, nel tempo che erano stati assieme dovevano essersi legati parecchio.
Bells ricordava Alabaster mischiarsi solo con i suoi fratelli, e con il ragazzo che non parlava mai, mentre July, prima del labirinto era una persona divertente – un po’ leziosa – sempre in compagnia di Mary Beauchamp, dopo la sua disavventura si era fatta più acre, cattiva, non verso le altre persone, ma se stessa ed il mondo.
In quel momento, sembrava più se stessa.
“Tieni” aveva detto July allungando il caffè verso Alabaster, “Ne ho già preso uno, non voglio morire di infarto” si era difeso quello.
July aveva fatto una smorfia, “Prima di tutto è un nocciolino, secondo quando ho incontrato Orual vicino all’Acquario lei aveva preso questo. Così ho pensato …” aveva cominciato lei, Alabaster l’aveva guardata, con gli occhioni verdi ben spalancati, “Prima che tu dica qualcosa, no, non guastare il rituale, ma ammorbidirla dopo” aveva aggiunto.
Alabaster aveva sorriso con dolcezza, “Buona idea” aveva dichiarato quello. “Certi Drink ti svoltano la giornata” aveva scherzato July, dal suo tono sembrava avesse citato qualcosa, ma a Bells mancava il referente.
Di rimando lei, si era voltato verso il Lare, piuttosto seccato.
“Okay, va bene! Pensare che non mi ero sposato per non dover rispondere ai perché dei bambini” aveva esordito lo spettro, “Allora Prometeo, quello del fuoco, lo conoscete sì?” aveva cominciato il Dr. Horward.
“Sì, nel senso che lo conosciamo proprio” aveva risposto Bells, “Fa delle ottime Omelette” aveva aggiunto con una punta di divertimento July.
Il lare aveva aggrottato le sopracciglia opalescenti, “Bene; quando gli uomini dovevano decidere in che modo fosse d’uopo sacrificare agli dei, quali parti dare agli Dei, dell’animale. Prometeo – sempre pronto ad aiutare gli uomini – si offrì di aiutarlo. Siccome era un titano intelligente e l’intelligenza spesso si accompagna con la furbizia, decise di farlo alle sue condizioni, ingannando Zeus. Disse agli uomini di dare agli Dei la possibilità di scegliere quali parti avere dell’animale avere.
Sarebbe stato ideale, ma Prometeo disse anche agli uomini di spalmare le ossa di grasso e di mettere invece la carne buona nascosta sotto alle frattaglie, prima di presentare le parti agli Dei. Zeus e i suoi compagni furono ingannato dall’aspetto grasso e succulento delle ossa piene di grasso e scelsero quelle, lasciando agli uomini le frattaglie, ignari che il vero gustosità fosse lì.
Ovviamente, Zeus quando lo scoprì fu adirato, ma non poteva rimangiarsi la parola, così tolse loro il fuoco” aveva dichiarato Horward.
“Ovviamente Zeus non china mai il capo” aveva mormorato Bells, agghiacciata, “Ovviamente Prometeo è sempre dalla nostra parte, voleva aiutare gli uomini, gli dei erano già immortali, volevano anche la bistecca” aveva aggiunto July, spostando una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio.
“Immagino che se si fosse fatto gli affari propri, la situazione …” aveva cominciato Horward ma era stato interrotto da una risata di Bells, “Mi spiace, siamo parte del Fanclub Prometeo” aveva detto allegramente.
“Certo, siamo Presidente, Portavoce e Tesoriere!” aveva ammesso July. Anche Alabaster aveva dato il suo assenso, mentre continuava tranquillamente a spalmare le costine con il grasso.
Bells le aveva sorriso; si sentiva a casa.
No, non esattamente, casa era un concetto famigliare, accogliente, quella sensazione lì, lo era, ma solo per metà, era ammantato di nostalgia. Non era come tornare a casa, era come tornare in un posto che si era conosciuto, in cui si era stata bene. Esistere in un momento al di là del tempo, sospeso.
Non sarebbe durata e non per la maledizione di cui parlava Alabaster, ma perché Bells doveva andare via.
Alla fine sarebbe andata via.
Perché aveva fatto la sua scelta.
Ma fino a quel momento …. July si era lanciata su di lei e l’aveva braccata, facendola cadere poi per terra, un sibilo aveva fenduto l’aria ed una freccia si era conficcata sulla coscia di marmo di Eracle, sfiorando di poco la testa di Alabaster.
“Be, se somiglia a sua nipote, potrei iscrivermi anche io al Fan-Club di Prometeo” aveva tubato una voce.
Bells aveva girato il capo vedendola, lì sull’uscio, tranquilla come fosse stata ad un passeggiata c’era una figura, armata d’arco e freccia.
“Divina Artemide!” si era lasciata sfuggire Bells, prima di realizzare, che non lo era.
La sconosciuta somigliava alla Signora della Natura in modo spaventoso, i capelli dei colore della rugine, stretti in una treccia severa, l’incarnato olivastro ed occhi allungati di un giallo inteso. Era più matura di quanto non fosse mai stata nessuna manifestazione di Artemide, ma ad un’occhiata veloce somigliava alle statue della Diana più della dea stessa.
La donna aveva un arco d’argento che teneva pronto ad una mano ed una faretra piena di frecce, legata da una cintola di traverso. Sotto esibiva una maglietta aderente con una scritta di paillettes – e Bells aveva la vaga idea di sapere cosa fosse – e i pantaloni da trekking color cargo.
Sicuramente a Bells lo stile piaceva un sacco.
L’unica cosa che avrebbe stonato dal suo aspetto da ragazzaccia era una cappa di pelliccia, fermata da un bottone sulla gola.
“No, meglio!” aveva ghignato la sconosciuta, “Io sono Kallisto, sorellina!” le aveva detto, impegnandosi in una riverenza parodistica.
“Ed hai mancato il bersaglio!” l’aveva rimproverata un voce cavernosa, alle spalle della ragazza, che pur essendo snella e slanciata, appariva in quel momento come una piccola bambina, era comparso una bestia scimmiesca. Enorme, era un uomo Enorme, coperto di irsuto pelo nerissimo e con tre teste, tutte con occhi rossi, famelici e bocche piegate in smorfie soddisfatte. “Non ho mancato, era un avvertimento!” si era difesa Callisto.
“Potevi almeno distruggere quella faccia da bravo ragazzo ad Ercole” aveva grugnito il mostro.
“Lui è Caco, un gigante come potete capire non potete vincere” aveva ghignato la donna.
“Dopo la disavventura con Erittone, avevamo avuto una serie fortunata” aveva dichiarato July tirandosi su ed estraendo dalla tasca una limetta per le unghie, che subito aveva cominciato a cambiare la sua forma.
Bells si era portata una mano all’orecchino con la spada, ma si era arrestata, sfilandosi un anello che presto era diventato uno scudo tondo.
“Ragazze …” aveva cominciato Alabaster. “ Torrington, tu continua con l’invocazione, qui avremmo bisogno di una dea a breve” aveva detto July con fermezza.
“Dimmi Bellatryx vuoi Lara Croft o Chewbecca?” le aveva chiesto.
Io voglio lei” aveva scelto per lei Kallisto, scoccando a gran velocità una freccia verso di lei, Bells si era parata fulminea con lo scudo, in tempo, sebbene la freccia avesse perforato la parte di legno a qualche centimetro dall’ambone.
“Dalla maglietta mi pare di capire che tu abbia fatto una pausa a Johnston!” aveva valutato Bells tirandosi su, aveva sentito come un tonfo il rumore delle ossa buttate nel piatto infuocato da Al e le sue prime parole: “Ascolta Orual, o qualunque nome tu preferisca essere chiamata[1] …”

Kallisto aveva sollevato di nuovo l’arco e l’aveva fatto scattare contro Bells, “Be, sai com’è … Io e Ifigenia siamo amiche da qualche millennio o giù di lì, inoltre Theos capisce il mio dolore” prima di lasciare la freccia.
Bells era rotolata per terra, il tempo che la freccia sfrigolasse solo contro il polpaccio della sua gamba.
Caco si era lanciato su July, che sembrava molto più calma di lei; la figlia di Nyx non aveva tempo per guardarla, ma nonostante la lancia alla mano l’altra sembrava piuttosto intenzionata a non muoversi.
“E che ne pensano del tuo esserti alleata ai giganti?” aveva chiesto Bells, tirandosi su come una molla e prendendo con una mano l’orecchino a forma di spada, che subito si era tramutato nella sua versione quattro volte più grande.
Bells aveva posato la spada sul lato piatto, sull’orlo superiore dello scudo, che aveva usato ancora come difesa.
Kallisto non aveva perso il suo sorriso ferace, “Non dovevano saperlo per forza. Gea non ha nulla contro di loro e se continueranno a vivere nel loro piccolo Atollo non sarà necessario che lo sappiamo” aveva aggiunto.
Aveva fatto saettare un’altra freccia e Bells aveva usato lo scudo per proteggersi, ancora una volta aveva sfondato il legno, prendendo lo spazietto sotto l’ambone ed aveva graffiato la parte alta dell’avambraccio.
Bells si era lasciata sfuggire un lamento. Se avesse potuto usare le ombre come un tempo quello scontro sarebbe stato tremendamente più semplice, ma così, finchè quella era armata con le frecce e Bells non si fosse potuta avvicinare non sarebbe cambiato molto.
Caco aveva sfondato una parete della cappella privata, portandosi July con lui in una nuvola di macerie, polvere e grida disperate.
“Jules!” aveva gridato lei, prima che una freccia le si piantasse in una spalla, appositamente in un punto non letale.
“Sorellina! Pensa a me!” l’aveva bacchettata Kallisto.
Era partito un allarme all’interno del museo – chi sa che cosa doveva apparire per i mortali quel casino.
“Pensa allo scontro, fidati di me, giovane Bellatryx, la signorina Goldenapple è al sicuro” le aveva dato manforte il lare.
Bells si era strappata la freccia dalle carni non senza dolore, non sarebbe stata sicura di quanto detto dal Dr Horward se non avesse sentito in un’altra ala della villa, un forte tonfo accompagnato da un lamento troppo gutturale per essere July.
Kallisto aveva inforcato ancora una freccia e l’aveva puntata contro Bells, aveva un sorriso calmo e divertito, poi aveva deviato  la mira ed aveva scoccato la sua freccia dritta verso la testa di Al.
Bells si era lanciata verso di lui, consapevole di non essere veloce quanto una freccia.
Se avesse avuto l’ombra sì.
“Noooo!” aveva strillato piena d’angoscia. Ma il dardo d’argento era bruciato prima di raggiungere Alabaster, una nebbia opalescente, di un verde pistacchio, era apparsa rilucente attorno a lui.
Ah, bene, mentre July combatteva contro giganti a tre teste e lei evitava dardi letali, quello si era chiuso dietro una barriera?
Si, poteva fare?
“Oh Al!” si era lamentata, tirandosi su, le doleva da impazzire la spalla.
Kallisto aveva inclinato il campo rosso, piuttosto imbarazzata, avendo notato come il suo colpo non avesse prodotto effetti.
“Non avevi detto che ero io la tua avversaria?” aveva strillato Bells, dopo aver preso la rincorsa.
Kallisto si era accorta di lei quando la figlia di Nyx le era arrivata ad un palmo dal naso. Aveva provato ad infilzarla con la spada, ma l’altra decisamente più agile di lei aveva evitato il colpo con una mossa svelta, aveva abbandonato l’arco. Bells aveva provato un altro affondo ed in risposta aveva guadagnato una pugnalata – da dove lo aveva presa la lama, poi? – che era riuscita a fermare con il ferro dell’ambone.
Era riuscita a colpire Kallisto solo con una ginocchiata strategica, che aveva fatto perdere l’equilibrio di quella per un qualche secondo.
Era finita a terra, ma facendo pressione con i palmi si era tirata su, dando uno slancio netto ed aveva cercato di colpire Bells.
Lei si era lanciata in avanti.
Non era in grado di distinguere con lucidità ciò che era successo, quando il piede, con la suola a carrarmato di Kallisto, l’aveva presa in piena faccia.
Nella caduta aveva perso la sua spada, ma ben legato con i legacci al braccio aveva mantenuto lo scudo.
Anche la guerriera era crollata di nuovo a terra, con un naso storto e fioti di sangue ad insozzarle la parte bassa del viso. Bells doveva averla colpita, prima della caduta o con l’elsa della spada o con lo scudo.
La seconda realizzò, una sezione, della parte in legno, si era staccata, complice l’urto ed il servizio groviera, reso dalle frecce.

Aveva buttato via lo scudo, inutilizzabile, ed aveva guardato Kallisto tirarsi in piedi, mentre passava il braccio sotto il naso. “Oh, Sorellina, questo lo ho sentito” l’aveva presa in giro senza smettere di sorridere.
Erano nel corridoio, in qualche maniera erano usciti dal tempietto di Ercole, non sentiva più la preghiera di Al, così come la confusione tra July e Caco era andata ad acquietarsi lontano.
“Senza offesa, signora, ma ho già una sorella. E si da il caso sia molto più gentile di te” aveva chiesto, mentre sistemava le mani nella posizione del lottatore. Doveva raggiungere la sua spada, ovviamente, non credeva di poter essere in grado di vincere uno scontro a nocche crude contro la leggendaria Kallisto.
“Di sorelle ne hai tante, sorellina” aveva dichiarato Kallisto, aveva ancora il suo pugnale nella mano che continuava a far passare da una mano all’altra, “Anche io lo sono. Noi siamo figlie delle stessa madre” aveva dichiarato con un sorriso quasi maniacale, “Sei una figlia di Nyx?” aveva chiesto Bells con preoccupazione.
Luke Castellan aveva detto che erano le uniche, lei e Bernie, erano le uniche da molto tempo ormai.
“Nessun illustre madre, riguardo al padre, Licaone, ne avrai sentito parlare, immagino” aveva ghignato Kallisto, oh, be, sì, Bells aveva sentito parlare dell’uomo-lupo sia in relazione alla mitologia, sia alla sua ultima alleanza con Gea, che lo rendeva sgradito alla figlia di Nyx esattamente come la figliola lì davanti.
“Alla maniera Naturale, si intende” aveva specificato poi la guerriera. “Ma noi siamo sorelle, per scelta” aveva specificato Kallisto.
Bells aveva capito, spalancando gli occhi.
Aveva frequentato la scuola fino alla terza media, nonostante fosse figlia di un uomo brillante, doveva riconoscere che la dislessia non aveva reso affatto facile seguire le materie. Lasciare la scuola per darsi alla macchia e partecipare ad una guerra senza speranza con Ethan e Luke, era sembrata decisamente una cosa più nelle sue corde.
I miti però li conosceva bene, a metà perché dà che era entrato a piena gamba in una vicenda epica, letteralmente, si era dovuta informare, prima con Luke, poi … be con le altre, l’altra metà la doveva a suo padre.
Era un astronomo, non era un esperto di letteratura, storia o altro, ma conosceva le stelle e per diletto tutti i miti legati ad essa.
“Oh, oh, oh. Sei l’amante di Zeus!” aveva dichiarato Bells quindi, ricordando il mito di Kallisto, ben sapendo di andare a prendere un certo nervo.
Il viso della donna si era contratto in una maschera di furore, “Come osi? IO non sono una sgualdrina! Io sono stata ingannata!” aveva esclamato quella offesa.
“Come tre quarti delle sue amanti” aveva replicato Bells sollevando le spalle.
Onestamente non provava molta simpatia per Zeus, neanche dopo aver volatato le spalle alla causa di Crono, ma le sembrava evidente non riuscire a competere con lucidità contro una guerriera vecchia di tremila anni e passo, spietata e lucida.
“Ma tu eri una cacciatrice, dovevi essere superiore” le aveva detto Bells.
“Io sono una cacciatrice!” aveva replicato subito Kallisto, “La più devota tra di noi, la più devota alla signora e lei … mi ha cacciato” aveva detto indignata.
“Aye, lo so. Eri la più fantastigliosa, superperfetta, Artemide2.0! Ma poi ti sei concessa a Zeus” aveva replicato Bells.
Kallisto si era lanciata su di lei, con il coltello alla mano, pronta a ferirla, molto più grezza e cieca di quanto era stata prima.
Bells si era mossa, meno in fretta di quanto aveva pensato, la ferita alla spalla e la botta in testa, cominciavano a sentirsi nei suoi riflessi.
Aveva evitato il pugnale quel tanto che bastava per ritrovarsi un altro taglio sulla carne ed una sbucciatura nei pantaloni mimetici.
“IO.SONO.STATA.INGANNATA” aveva replicato Kallisto, “La mia devozione era per Artemide e con lei pensavo di essere” aveva urlato la donna.
Gli occhi non erano più umani. Erano feraci.
“E lei ha gettato via il mio amore, come se non fosse niente, mi ha guardato con sdegno. Come se fossi l’ultima creatura degna del suo sguardo. ME! Capisci, me? Me che l’amavo e che aveva sbagliato per il mio amore” aveva ringhiato, sì, non per modo di dire, era un ringhio, gutturale ed animale. “Peccato per il veto sull’amore, allora” aveva ridacchiato aspra.
L’immagine di Ethan Nakamura era affiorata nei suoi ricordi, un ragazzino magro, con l’armatura sempre troppo grande, con un’espressione tetra cucita in viso – non lo aveva mai visto sorridere.
“Io non sono un uomo. Il mio amore era eterno, assoluto, privo di quella fame disgustosa” aveva dichiarato offesa Kallisto, le sue ossa avevano cominciato a mutare, iniziava a sembrare sempre meno umana, riversa su quattro zampe, con i muscoli che stavano cominciando a ingrandirsi, come la versione nostrana di she-hulk.
Quando sarai più grande riparleremo, se ne avrai ancora voglia, dei sentimenti che provi per me.
Ricordava il sorriso circospetto di Ethan e il suo occhio nero scintillante.
Non ne avevano mai più parlato, era rimasto solo quel bacio quasi disperato tra loro … e Bernie non era mai cresciuta.
“Sempre di amore si trattava, sorella” aveva replicato Bells, inghiottendo il ricordo di Ethan.
Sii fedele ed ella sarà fedele.

Non c’era più Kallisto davanti lei, c’era una bestia mostruosa, grossa dall’irsuto pelo nero ed una bocca piena di denti aguzzi, era un’orsa! Più grande ed imponente di quanto ne fosse mai apparsa una. Non sembrava un’animale, ma uno mostro partorito dal tartaro. “Chi può rifiutare un amore simile?” aveva ruggito la bestia, la sua voce era profonda, cavernosa. “Sapevi quale fosse l’accordo” aveva detto Bells, “l’amore, la dedizione ed il rancore sono sentimenti da adulti” aveva ringhiato lei.
Era lì, non era l’amore, non semplicemente il voto di castità, era la scelta consapevole di non crescere. Dopo la battaglia di Manhattan Thalia glielo aveva spiegato, ‘Ti daranno un sacco di ragioni sul perché bisogna rimanere pure, davvero, tantissimi, qualcosa sulla sorellanza, la focalizzazione o anche l’espressione di se stesso, ma è solo questione di maturità” le aveva detto.
Siamo come i bimbi sperduti ed Artemide è la nostra Peter Pan’ aveva ridacchiato Bells, mentre beveva la cioccolata calda che luminosa le aveva detto.
L’amore, il dolore, la responsabilità sono pensieri che appartengono agli adulti. Ai bambini restano i giochi, l’ignoranza e la spensieratezza’ le aveva detto.
Bells lo aveva capito, aveva sentito Jeha parlare della purezza, della luce, della dedizione, ma lei lo aveva capito, nel tempo passato tra i boschi, alla caccia nei giochi.
Nei momenti di così ilare spensieratezza, in cui aveva quasi dimenticato Bernie, quando per la prima volta non l’aveva sentita.
Quando aveva giurato ed era stata consapevole, che non erano più un’unica unita, che un giorno le divideva e poi un altro, una settimana, un mese ed un anno.
Bells era uguale a se stessa e quando aveva visto sua sorella in un sogno Bernie era così diversa, aveva fianchi ampi, curve generose e sembrava più vicina ad una donna che una ragazzina. Un anno.
“Ti ha rifiutato perché hai osato imputarle causa della tua adorazione” le aveva detto calma, cercando di ignorare il dolore pulsante delle frecce, “Artemide ha accettato di essere tua sorella, tua signora, protettrice, tua madre anche, ma mai tua amante” aveva ringhiato.
Avevo tre anni quando chiesi a mio padre di non sposarmi mai, di rimanere celibe per sempre e di avere una schiera di ancelle giovani come me’ aveva raccontato Artemide con dolcezza una volta, rischiarando i dubbi di alcune fanciulle.

“Questo non ha importanza, distruggerò le mie stupide sorelle, le farà a pezzi, una ad una e quando Artemide non avrà altro che dolore, sarà sul mio pelo che piangerà” aveva ringhiato la bestia avventandosi contro di lei, Bells si era lanciata di lato, ma una zampata l’aveva comunque raggiunta, su una coscia ed era crollata a terra. Non aveva più lo scudo, la sua spada era perduta e non riusciva più ad utilizzare i poteri della notte.
Da quando aveva giurato non era stata più in grado, inizialmente aveva pensato che fosse per colpa del giuramento, il cambio di fedeltà, ma aveva dovuto ricredersi: Thalia poteva incoccare fulmini come frecce, Champ evocava il fuoco e Luminosa era in grado di guarire perfettamente chiunque, lei d’altronde non era in grado.
Forse sua madre era semplicemente arrabbiata perché aveva abbandonato la loro causa.
“Merda!” aveva gridato per il dolore, gli artigli di Kallisto erano affilati come lame, “Banchetterò con le tue viscere sorellina e porterò il tuo cuore in dono ad Artemide” aveva ringhiato la bestia, “Le farò dono di tutti i vostri cuori” aveva ringhiato lei.
“Non sono esperta di relazioni romantiche, ma sono sicura che quando si dice donare il cuore non si parli di questo” aveva scherzato forzatamente, mettendo una mano sulla coscia, le lame degli artigli non l’avevano scavata nel profondo, ma bruciavano.
“Sei debole sorellina, ti nascondi dietro la tua arroganza, ma sei debole. Io non ti avrei mai voluta, anche Zoe” aveva ringhiato.
“Differentemente da te ad Artemide andavo bene” aveva ringhiato.
Sarebbe stato menzognero dire che fosse stata la prima volta che si era sentita accettata, lo aveva sentito da sue infinite consorelle, Bells era stata bene a casa sua con suo padre e sua sorella, era stata bene sulla principessa Andromeda, era stata bene a Manhatthan, ma era stata la prima volta che si era sentita leggerà.
Suo padre era così preso dai suoi libri e Bernie era stata così aggrappata a lei ed aveva avuto paura, una costante paura di ciò che sarebbe successo sulla principessa Andromeda e poi era bruciata. Ed era arrivata stanca e pensava sarebbe morta lì su quelle scale.
Quindi non è mancanza di fiducia la mia, ma realismo: potrei non arrivare a vedere il nostro glorioso nuovo mondo.
Ma aveva trovato una scappatoia. Era sopravvissuta a sé stessa ed a Ethan e la sua profezia aveva avuto ragione. Avrebbe vissuto un altro giorno e forse mille altri e non avrebbe mai, mai, permesso ad una donna frustrata ed arrabbiata di toglierle quella profezia.
Bernie si era sentita felice con Artemide, perché si era sentita libera, nonostante tutti quei vincoli, libera del suo passato, delle sue responsabilità e delle sue preoccupazioni, era tornata bambina che giocava nel cortile di casa protetta dalla palizzata bianca dei LaFayett. E non avrebbe permesso a nessun Arvey, qualunque fosse la sua forma, qualunque fosse la sua storia, di buttarla giù di nuovo.
Quando la zampata di Kallisto l’aveva raggiunta non era riuscita a colpirla, fendendo l’aria, perché Bells si era ritrovata altrove, sempre in quella stanza, ma non lontana dalla sua spada, si era spostata, quasi teletrasportata, senza sapere bene come. Aveva utilizzato il suo potere? Non aveva sentito nulla.
Ci avrebbe provato dopo, aveva recuperato la sua spada e si era lanciata contro Kallisto, ignorando il dolore bruciante sulla sua spalla, sulla sua coscia e sulla sua caviglia.
Kallisto si era voltata verso di lui, con un ruggito brutale, con un fiato nefasto di morte, con quei denti bianchi ed aguzzi. Kallisto le aveva morso una spalla, ma Bells aveva ficcato una spada nella sua clavicola, tra il pelo nero e la pelle dura come il cuoio.
Kallisto aveva urlato di dolore, mentre lei si era morsa il labbro fino sanguinare per non farlo, ma non c’era riuscita.
Il dolore aveva riportato Kallisto nella sua forma umana, fragile, con la spada che le tagliava dalla clavicola e sbucava nella schiena, anche i suoi denti si erano ridotti ma avevano preso un bel pezzo della carne di Bells. “Sei debole, sorellina” l’aveva presa in giro Kallista con un tono pieno di folle divertimento.
Tu sei la Conquistatrice. Tu vivrai Bell e conquisterai un posto nel mondo nuovo che tanto sogni’.
Bells aveva tirato un colpo di reni, aggrappando la gamba con la coscia sana sul fianco di Kallisto costringendola a rovesciarsi, mettendosi sopra, una mano sullo sterno della donna per tenerla giù, una sull’elsa della sua spada per sfilarla, con fatica. “IO SONO LA CONQUISTATRICE” aveva detto, estraendo la lama, sentendo lo schiocco sull’osso.
Kallisto aveva gridato, mettendo le mani sulla ferita zampillante, aveva bisogno di più forza, non ne aveva abbastanza, era stanca e distrutto.
“Tu non sei … tu non sei … tu non sei? Tu sei? Io sono la grande Kall … io” aveva cominciato a borbottare Kallisto, i suoi occhi gialli erano distanti, portati nel nulla ed il suo vociare aveva cominciato a farsi così tanto sconnesso e confuso che non era stato più neanche in inglese.
“Non … ti ho … colpito in testa” aveva considerato Bells perplessa, “Certo che non la hai fatto” una voce musicale l’aveva colta.
Bells aveva tirato su lo sguardo, osservando il viso dolce di una donna e lei noto. “Orual?” aveva chiesto perplessa. La donna era davanti a lei era splendida, con la pelle d’ambra, gli occhi antichi, capelli scuri come le castagne, con indosso un abito da cocktail colorato.
Aveva in una mano il nocciolino che aveva preso July per lei. Alabaster bianco e cinereo era al suo fianco, il suo viso era smunto e le sue occhiaie violacee, come se quell’evocazione lo avesse sciupato dai suoi poteri.
“Vieni tesoro, ti aiuto con il tuo corpo” aveva detto con gentilezza Orual attirandola a sé, le aveva passato una mano sulla spalla ferita ed il dolore era diventato meno forte, così aveva fatto con le altre, “Perdonami, ma non sono una dea fisica. Non ho vere doti di guarigione” aveva ammesso piena di vergogna lei, “Ma trovo il tuo animo molto più integro”.
“Grazie Orual” aveva detto Bells, ricordava che la dea le aveva chiesto di chiamarla così che con qualche sofismo inutile, quando era comparsa per chiedere il suo aiuto.
La donna aveva sorriso, aveva dei denti bianchi e bellissimi, come una fila di perle, se Bells non ne fosse stata certa, avrebbe detto che Orual fosse Afrodite.
Le avevano detto che la dea della bellezza assumeva forme di ogni genere, ma Orual era diversa, la sua bellezza non aveva definizione.
“Cosa le hai fatto?” aveva chiesto Bells, sentendo il suo corpo leggermente rinvigorito, ma ancora di più il suo spirito, “Cose che non mi fanno onore te ne assicuro” aveva detto Orual stanca, “Mi occuperò io di lei. Kallisto può sembrarvi cattiva e ciò che le hai detto è anche vero, ha mancato il punto, ma errare è umano e so quanto l’amore può renderci umani e stupidi” le aveva detto con dolcezza, “Vi raggiungerò a breve, trovate July” aveva detto Orual.
“July sta affrontando un gigante ha bisogno di un dio” aveva parlato Alabaster con vigore, mentre aiutava Bells a tirarsi su, sentiva ancora le sue gambe molli, “Fidati di me, questo nocciolino è troppo buono per essere fatto da un uomo” aveva detto loro.

Avevano cercato July seguendo la strada di distruzione, i mortali in visita alla Villa si erano dati alla macchia, chissà come la Foschia aveva corretto le loro percezioni.
“Credo di aver usato i miei poteri” aveva detto Bells, mentre si trascinava con Alabaster, non era l’unica che era stata fiaccata. “Ah, da quanto tempo non succedeva?” aveva domandato lui, “Un anno, circa” aveva valutato Bells, “Manhattan” aveva aggiunto.
Cercava di ricordare davvero quando era stato l’ultima volta che aveva usato i suoi poteri. “Prima o dopo il cambio di bandiera?” aveva chiesto Al, senza cattiveria.
“Tu …” aveva detto lei con una punta di panico, “Tu vieni da noi servendo una dea, senza essere cambiata di un filo, Bells, non sarò tanto cose, ma di sicuro non sono stupido” le aveva detto. “Sono una cacciatrice di Artemide” aveva ammesso Bells, era strano dirlo ad alta voce, no, era strano dirlo ad alta voce ad Alabaster.
“Puttane frigide, non ti ci vedevo” aveva considerato il ragazzo senza particolare enfasi nella voce, non sembrava arrabbiato.
“Sono diverse da come me lo aspettavo” aveva ammesso Bells, “Se somigliano a Kallisto, immagino” aveva replicato Al, la sua voce era leggermente più incrinata. “Fidati sono materie ben diverse, c’è unita, c’è pace, dei, c’è spensieratezza” aveva raccontato.
Al aveva emesso un verso scocciato, “Sarà divertente sentire quando lo dirai a tua sorella” le aveva detto.
Bells aveva deglutito, “Io so che lei non capirà” aveva ammesso, “L’ho messo in conto” aveva aggiunto.
Non solo le aveva divise per sempre, aveva voltato le spalle al loro credo, aveva cambiato bandiera prima che la guerra stessa fosse finita. “Come è successo?” aveva chiesto Alabaster con più gentilezza, “Ho visto Ethan sparire ed ho capito quello che avrebbe voluto fare, si era sentito in colpa per non aver usato il veleno che avevi creato. Così lo ho inseguito, non chiedermi perché … ma quella mattina, io mi ero svegliata con la sensazione che se non lo avessi fermato non lo avrei mai più rivisto” aveva ammesso calma; non sapeva se i figli di Nyx avessero doti profetiche, non sapeva neanche perché, ma quando aveva visto la sua schiena sparire ne era stata certa, non si sarebbero più rivisti.
E così era stato.
Non ci sarebbe stato nessun glorioso domani per loro.
“E poi ho trovato questa ragazza sulle scale, per l’olimpo, era ferita e morente e … non ho potuto lasciarla, non ho potuto proprio” aveva raccontato. Era tornata distante su quelle scale, con a figlia di Lada, morente e quelle stupide caramelle al limone. “Si chiamava Dany, figlia di Lada, è morta tra le mie braccia e non sono riuscita a lasciarla lì” aveva spiegato, “Guardavo questa bambina, questa bambina come me, che era morta, come tanti altri e davvero Al non riuscivo a capire.”
Alabaster l’aveva guardata, gli occhi verdi erano un tumulto di emozioni senza controllo, stava riflettendo sulle sue parole. “Tu non sei mai stata al Campo” le aveva concesso poi, con un tono di voce basso, come se quella spiegazione bastasse.
“Lo so” aveva compreso il sottotesto Bells.
Avrebbe comunque scelto Luke se avesse conosciuto altro?
A Theos aveva detto di no, ma non ne era davvero così sicura.

“Sei inutile!” avevano sentito la voce femminile acuta e famigliare di Bernie, “Ti ho detto che non sono un dio combattente, sono il corrispettivo di uno stagista!” si era lamentato una voce maschile.
A fatica Bells aveva aumentato il passo con un passo veloce, sorreggendosi al suo amico con una certa fatica, avevano svoltato il corridoio infilandosi in una stanza dedicata agli etruschi che vedeva il patrimonio di un immenso valore storico ed artistico dell’universo etrusco, sparso sul pavimento in cocci.
Caco sembrava comunque molto in difficoltà, una testa mancava, quella centrale era tutta ammaccata, con lividi e sangue a coprirle, l’unica sana sembrava quella di sinistra e sembrava anche infuriata come un demonietto. July di rimando era fulgida, aveva un occhio pesto, un livido rosso sulla spalla e probabilmente un taglio verticale sulla coscia che rovinava i suoi pantaloni corallo, ma lei sembrava risplendere, sembrava anche più alta, più grossa, era difficile da spiegare.
“Sta luccicando?” aveva chiesto Bells confusa, “Sì, sono i poteri da figlia di Eris, più la si tormenta più diventa forte, tipo quella volta con Eracle e la mela” aveva spiegato Alabaster, “Non ho idea di cosa stai dicendo” aveva considerato Bells. “Riassunto: starà bene fino alla fine dello scontro, poi crollerà giù come una pera passata” le aveva spiegato.
“Oh siete vivi!” aveva detto July voltandosi verso di lei, aveva sorriso con solo mezza-bocca, la cicatrice sull’altro lato della faccia si era aperta di nuovo, “Kallisto a fallito, non c’era dubbio” si era lamentato la testa sana di Caco.
“Sì. Che sta succedendo?” aveva chiesto confuso Alabaster, “Che un gigante può essere ucciso solo da un semidio ed un Dio e come volevasi dimostrare gli dèi sono inutili” aveva ringhiato la ragazza, puntando con la lancia un angolo, i due si erano voltati.
Il ragazzo più bello che Bells avesse mai visto era comparso. Un bel giovane dalla pelle olivigna, i ricci neri adorabili, con il viso più elegante ed attraente che si potesse immaginare e sistemato in una camicia bianca di lino leggermente spiegazzata, teneva in mano come arma un punteruolo da ghiaccio. “Ti ho già detto che non sono un dio combattente” si era lamentato lui con le gote piene di rossore di imbarazzo, agitando il punteruolo.
“Almeno provaci a colpirlo, per l’Orco! Provaci!” aveva gridato July con una rabbia in corpo che la faceva apparire spaventosa, davvero spaventosa.
La nuova tinta di capelli scuri le avevano tolto quell’aria leggermente sbiadita che aveva avuto quando si erano riviste. Sembrava una signora della guerra, anche tutta pestata, anche più di come appariva prima di entrare nel labirinto, quando era la ragazzina leziosa e combinaguai.
“Mi sono stufato!” si era lanciato Caco, con vigore e forza, ma non era stato nulla contro July che come un olimpionica aveva tira la sua lancia, che nel mentre si era tramutata in un arpione, contro di lui trapassando il suo ampio petto e sbilanciando il gigante all’indietro, incastrando Caco contro un muro. “Io mi sono stufata” aveva gridato July raspante, si era voltato verso il dio, “Avvicinati con quello stupido punteruolo, ti prego” si era lamentato.
Il dio ci aveva provato, mentre Caco aveva messo le mani sulla lancia per cercarla di sfilarla a fatica dal suo petto, ma la forma in cui July l’aveva mutata, aveva permesso al gigante di estrarla, neanche nella sua immensa mole e forza.
Il dio sembrava piuttosto titubante, cosa che sconvolgeva non poco Bells, non era così abituato a vedere gli dei in quel modo. Erano creature splendenti, se pensava alla grande Dea Artemide, Theos ed anche Orual, perfino July tutta ammaccata sembrava più splendente di lui. “Oh, si sta liberando!” aveva detto il dio, con preoccupazione, osservando il viso rancoroso il gigante a tre teste, “E quando lo farà io non avrò l’arma” si era lamentata July, poi aveva voltato gli occhi castani verso di loro, “Al?” aveva chiesto.
“Ho appena fatto un evocazione, Juls, non credo potrei neanche scrivere mezza-runa” si era lamentato lui, “Ed Orual?” aveva chiesto allora con un principio di preoccupazione July. “Si sta occupando di Kallisto” aveva rivelato Bells, “Ha detto che avevi già un dio con te” aveva commentato con un leggera preoccupazione, guardando il dio che lento e timoroso come un gattino si avvicinava al gigante, che aveva cominciato a far vibrare la lama.
“Avete detto Orual?” aveva chiesto il dio bloccandosi e guardandoli, “Sì?” aveva risposto Bells. “Intendi una donna bisbetica, crudele e con gli occhi più infuriati del creato?” aveva chiesto il dio preoccupato, “Direi decisamente di no” aveva risposto Bells, “Più una bella donna, dalla voce gentile” le aveva dato manforte July.
“Questo non ha senso” aveva considerato il dio, “Sai cosa non ha senso? Che tu non abbia ancora ficcato quel punteruolo in uno degli occhi di Caco” aveva stabilito July poi, con più vigore. Bells doveva essere piuttosto ammirata da come fosse così selvaggia e brutale anche davanti ad un dio.
Onestamente Bells aveva pensato che anche July sarebbe stata come lei, una persona che aveva scelto i titani perché non aveva conosciuto altro, gli dèi non le avevano arrecato alcun male ed erano stati Crono e Luke a spingerla ad entrare nel labirinto, dove aveva perso la sua amica ed aveva perso un po’ di lei. Eppure, eccola, ancora fedele alla causa.
“No voi non capite” aveva detto il dio, “Nessuno che usi il nome di Orual è … fidato. Cioè in realtà è più complicato; più che poco fidato, chiunque si associ ad Orual è inviso agli dèi!” aveva spiegato il dio, “Considerando come ci ha aiutato” aveva soppesato Bells, guardando July, l’espressione della ragazza era molto diversa dalla sua.
July e Bells si erano guardate ed un pensiero aveva attraversato la loro mente, erano cambiate le loro percezioni, i loro favori.
“Bel ragazzo, forse non hai capito chi siamo” aveva replicato July, infatti. “Theos ha detto l’esatto contrario” aveva risposto poi pratica Bells, ricordando la conversazione con il dio nascosto, ricordando come l’altro avesse detto Orual comprendesse gli animi e fosse fidata.
Il commento di July aveva indisposto il giovane dio, ma quello di Bells aveva attirato la sua attenzione, le labbra piene e carnose si erano schiuse in un segno di stupore.
“Chi è Orual?” aveva chiesto Alabaster, sempre così calmo e misurato, “Possiamo sbarazzarci prima di Caco, sul serio? Il mio corpo tra un po’ avrà perso il potere del ‘contraccolpo’” si era lamentata July. Il dio l’aveva ignorata, “Orual è stata una dei primi umani a ribellarsi apertamente al volere degli dèi, li ha anche convocati a processo, lei a lor… noi, che il contrario” aveva rivelato sconvolto il dio.
Bells aveva ricordato le parole di Theos, che Orual era nata umana senza goccia di sangue divino, che aveva compiuto un’impresa divina, ma che l’animo di Bells doveva essere buono se era stato scelto. Non sapeva perché ma questa Orual descritta dal Dio sembrasse così diversa.
Un rumore di ferro gli aveva distratti, avevano fatto scattare lo sguardo su Caco, il gigante si era sfilato l’arpione dal suo petto, ma invece di avanzare era ondulato, sangue nero aveva cominciato a zampillare dal corpo, fiancandolo molto. “Potremmo applicare la stessa strategia usata con Giuturna?” aveva chiesto July ad Alabaster, mentre osservava il dio farsi piccolo e timoroso, anche di avvicinarsi al gigante morente, “Sono troppo debole, che ne dici di quella usata con Fama?” aveva proposto.
July aveva sbuffato, “Ci farà solo guadagnare poco tempo, senza i tuoi mirabolanti poteri” si era lamentata la figlia di Eris, cercando con lo sguardo la sua arma, quando aveva toccato terra aveva ripreso l’aspetto di una lima.
Caco era crollato a terra, ma aveva piantonato subito i palmi per terra per sollevarsi ancora, July si era voltata verso il Dio, “Ti prego” aveva supplicato.
“Tranquilli, biscottini, ci pensò io” era arrivata salvifica la voce di Orual alle loro spalle. La dea era zampettata per la stanza, cercando di evitare i cocci lasciati in giro per il pavimento, “Dei, avete idea di quanto valesse quell’Oinochoe?” aveva chiesto con più grazia, poi si era voltata verso Al, “Adesso, Cat ti prepara un po’ di quel suo buon caffè, così ritornerai al tuo fulgido splendore e potrai sistemare questo posto con la magia. Questo luogo per i mortali è di importanza immane” aveva detto, prima di posare una mano sulla spalla di July per sostenersi.
La ragazza si era fatta rigida come una spada, mentre tutti osservavano Orual sollevare un ginocchio per raggiungere la scarpa. “Grazie per il nocciolino, comunque” aveva detto Orual a July, che aveva annuito nervosa. La dea indossava dei decolté eleganti di un fucsia acceso, luccicanti, su cui era presente un tacco sottile d’argento. “Scusate non ho armi” aveva ammesso piena di imbarazzo, esibendo la sua scarpa.
Caco aveva sollevato lo sguardo appena in tempo per beccarsi una taccata nel centro della testa di mezzo e poi un’altra nella testa superstite, il gigante era morto in un lamento e polvere nera.
“Odio come è ridotta” si era lamentata guardando la scarpa con un certo biasimo, il tacco sottile era imbrattato di sangue, “Sono delle Goldenapple originali, 1990, con tacco in bronzo celeste” aveva scherzato con un certo divertimento Orual, asciugando il sangue sulla gonna a fiori.
“Goldenapple?” aveva chiesto July sorpresa, “Il mio stilista preferito” aveva risposto Orual, strizzando l’occhio alla figlia di Eris.
Goldenapple? Non era solo un evidente riferimento alla dea della discordia, ma anche al cognome che la ragazza usava. Ripensandoci, secondo Bells, era davvero una coincidenza buffissima.
La dea si era voltato verso il giovane dio, “Non hai sentito, Cat?” aveva chiesto con una certa urgenza, “Tu?” aveva chiesto quello, boccheggiando, “Tu non sei Orual” aveva aggiunto solamente.
“Presumo sia solo questione di punti di vista” aveva risposto la dea con un sorriso tranquillo, infilandosi nuovamente le scarpe, prima di guardare nuovamente il dio. “Cat, per favore, fai il caffè per Alabaster, questo macello non si aggiusterà da solo e devo occuparmi di July, tra due minuti probabilmente crollerà a terra” aveva insistito Orual
“Molto probabile, inizio decisamente a sentire un certo fastidio” aveva considerato July con la voce intrisa di sarcasmo.
“Avreste voglia, mia signora, di rivelare la sua vera identità?” aveva domandato Alabaster, assumendo un tono fastidiosamente diplomatico.
“Orual era una donna capace di tantissimo amore, infinito amore, a modo suo forse dannoso, ma gli dei inamovibili nei loro sentimenti non potevano comprenderlo. Orual, si può dire, è stata la prima di voi, la prima a ribellarsi contro questo sistema terribilmente ingiusto. Quando ho deciso di aiutarvi, perché come voi anche io sono stata più volte provata e più volte ritenuta inadatta, ho scelto il suo nome. Perché Orual non ha mai temuto di far sentire la sua voce e … be, oltre al fatto che sono, perché neanche la sua morte può averlo cambiato, io sono legata a lei in maniera personale; potete continuare a rivolgervi a me così, se lo desiderate” la dea aveva fatto una pausa, “Altrimenti … Io sono Psiche[2].”

 



[1] Da Eschilo, che nella versione originale metteva Zeus!

[2] Be, cari lettori, penso che fosse inevitabile da un certo capitolo.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: RLandH