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Autore: Cladzky    28/01/2023    1 recensioni
«Forse non fu il romanzo di Melville a spingere il signor Friederich su una baleniera, ma certo lo portò a ribattezzarla "Jungfrau"»
Una piccola avventura ai confini del mondo nel circolo polare artico. 1851; nella Germania ancora non unificata, il signor Friederich decide di finanziare una spedizione nei mari più freddi della terra alla ricerca di una nuova rotta per la caccia alle balene, mercato in declino ad Amburgo. L'equipaggio del suo brigantino, dunque, viene composto della più incivile marmaglia disposti a spingersi oltre i confini conosciuti pur di avere un'occupazione e l'emozione di star sfidando la natura in ambienti tanto remoti da non essere ancora mappati. Johannes, primogenito di un vecchio ramponiere di capodogli, s'imbarca, pur non sopportando la personalità del suo capo. Ad attenderli, un ambiente ancora inadatto all'essere umano, dove solo animali eccezionali sopravvivono, mai studiati prima.
Genere: Generale, Science-fiction, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Considerazioni sulla lingua del testo ed eventuali traduzioni


    Non so se questo resoconto verrà mai letto da qualcuno là fuori, ma sovente documenti personali tornano utili, a scopo di ricerca, secoli dopo essere stati abbandonati in un cassetto o persino inghiottiti dalle macerie del tempo e ho la speranza che, se non in quest'epoca, nel futuro qualche storico, fra un editto reale e il menù di qualche rosticceria, trovi interesse a scoprire questo mio manoscritto. Dev'essere proprio una bella seccatura quando l'autore lascia sottinteso un argomento, mai espresso perché dato per scontato a gente sua simile, come quelle vecchie barzellette sumere sui cani ciechi, esilaranti per i cittadini di Ur ma da lasciar senza commento un moderno uomo qualunque. Per non far torto ad alcuno studente e facilitargli la verifica sul diciannovesimo secolo, ho dunque riportato ogni dettaglio, risultando, temo, prolisso per un romanzo, ma dovete capire che anche a me preme fissare queste immagini, perché i ricordi sono di quanto più potente un uomo possa desiderare, quando sarà incapace di crearne di nuovi. Vedetela allora come una cronaca medievale, sul modello di quel Thietmar da Merseburgo, che fra un Enrico I e un Ottone III, si faceva scappare un aneddoto personale, che io reputo ben più interessante d'ogni cerimonia ad Aquisgrana.

Vorrei peraltro far notare che io scrivo tutto questo, essendo di Cuxhaven, nel dialetto della Bassa Sassonia, altresì detto da noi Plattdüütsch,  e questo potrebbe generare dei problemi e vi spiego perché. 

    Proprio mentre scrivo, i fratelli Grimm vanno lavorando da anni a un definitivo dizionario tedesco, intitolato appunto "Deutsches Wörterbuch" e temo sarà pubblicato presto. Dico "temo" perché per quanto stilato con le migliori intenzioni, non è che il sintomo d'un moto unificatore che sta attraversando tutti i popoli della Germania, in particolare gente come il mio armatore Friederich Meyer, convinta che si debba formare una sola nazione per tutti noi Deutsche, come hanno fatto i Francesi, gli Spagnoli e i Polacchi, una nazione che sarebbe compresa, stando a quella canzoncina di Hoffmann, "dalla Mosa fino al Memel e dall'Adige al Belt". Sorvolando sull'esagerato espansionismo, cosa c'è fra me e un Viennese, uno di Dresda o Francoforte? Siamo solo compresi in una vaga regione che non si sa bene dove confini. Dove finisce il tedesco e inizia lo slavo? Guardate l'Italia. Per quanto si parli di Italia e Italiani, cos'è se non una penisola? Ponete un Milanese accanto un Palermitano e si vedranno come stranieri. Non c'è l'Italia eppure tutti parlano bene della simpatia, dell'arte e della letteratura italiana, come tutti parlano bene dell'ingegneria, della filosofia e la musica germana pur senza Germania. Le nostre razze sono sorelle di dolore, perché ambo siamo assediate dalla tentazione di unirci e diventare grandi paesi industriali, capitalistici, con colonie e armate pronte a muovere guerra come ai tempi del Sacro Romano Impero, in nome dell'identità nazionale posta sopra quella altrui.

    I danni del nazionalismo già li abbiamo osservati: Considera la meravigliosa diversità di lingue che abitavano nella terra dei Franchi. Dal Bretone dell'Armorica, al Corso dell'isola Napoleonica e al Fiammingo di Dunkerque, aggiungi l'Anglo-Normanno delle gesta di Orlando. Di questa fauna quanta ne sopravvive oggi? Chi ancora pubblica libri nel suo dialetto, piuttosto che la lingua di Parigi? E una volta che avremo la Germania unificata credete sarà diverso? Il Plattdüütsch non sarà preso in considerazione per il bel dizionario dei Grimm. Il Plattdüütsch non farà parte del tedesco standard. Il Plattdüütsch non sarà più una lingua a sé, ma solo una degenerazione della Bassa Sassonia e sarà perseguitato nelle scuole dei nostri ragazzi, fino a scomparire. Dio ci scampi da un caso del genere, ma se succede questo testo diverrà arcaico molto in fretta, come a voler leggere una lastra in fenicio. Perché il nostro parlare differisce da quel tedesco ufficiale che viene proposto di questi tempi, fatto, affermano, della migliore cultura, ovvero quella dell'Alta Sassonia. Eccovi degli esempi.

    Fossi stato un seguace dei Grimm avrei augurato "Guten Morgen!" a quei marinai olandesi, ma data la mia genealogia, non ho neppure esitato a dire piuttosto "Goden Morgen!" Fin qua è intuibile. Se fossi intenzionato a presentarmi col mio nome a un adoperatore dello standard,  dovrei sforzarmi di dire "Ich heiße Johannes", piuttosto che il mio naturale "Ik heet Johannes." Nel cercare qualcosa si pretende che io mi chieda "Wo ist das?", piuttosto che "Wonääm is dat?"

    In ultimo luogo, per farvi notare quanto sia assurda l'idea che i popoli tedeschi siano fratelli, vi faccio notare che non riusciamo a metterci d'accordo neppure su dove ci troviamo, considerando che per noi "Düütschland is en grôt Land" ma per loro "Deutschland ist ein großes Land."

    Discusso questo problema se ne pone un altro, stavolta morale. Di tutti i posti che visiteremo all'interno del resoconto dovrei mantenere la topografia originale? Mettiamo il caso che vi parli di Aachen. Lo abbiamo già fatto qualche rigo più sopra, ricordate? Se la risposta è no vuol dire che il vocabolo è stato tradotto nella vostra lingua. Difatti, Aachen ha molti nomi in molti posti, come tutte le città antiche. I Ripoarėsch la chiamano Oche, i francesi Aix-la-Chapelle, gli olandesi Aken, gli Italiani Aquisgrana, i polacchi Akwizgran, i cechi Češi, e così via! La mia Hamborg è molto fortunata, in quanto viene solo traslitterata, lettera più lettera meno, ma per tutte le località che visiteremo, con quale nome dovrò riportarla nel testo? Finora ho accennato alla Norvegia e l'ho riportata nella mia lingua, Norwegen, ma perché non lasciarla nella sua forma Bokmål originale, quale Norge? Per convenzione sarebbe più comprensibile per tutti, evitando di farvi spalancare un enciclopedia a ogni rigo, ma non trovate estremamente ipocrita che paesi quali gli Stati Uniti d'America ricevano il privilegio di rimanere anglofonicamente intatti? Perché dovrei riportare sulla mappa le isole Orcadi, piuttosto che l'arcipelago Orkney, ma lasciando posti come NantucketNew Bedford e Sag Harbor in originale? Non dovrei adattarli rispettivamente in MezzacquaNovaguado e Porto Noce? Badate che non sono parole a caso, mantengono infatti il significato originale: Nantucket prende il nome da un'espressione Algonchina che verrebbe a significare "in mezzo alle acque", in quanto isola del Massachusetts; New Bedford dalla località inglese Bedford che si spezza in due tronchi, "bed" per "letto", che devo assumere s'intenda di un fiume, e "Ford" per "guado"; Sag Harbor è stato più difficile, perché prende il nome da Sagaponak, località vicina, che a sua volta prende il nome da una pianta di tuberi coltivata dai Montaukett, per cui non esiste un termine inglese se non un generico "nuts".

    Spero apprezziate il doppio sforzo di rendere il gioco nella vostra lingua, perché nel mio caso dovrebbero comparire sulle cartine  quali ManketwotaNiegen Badföörd e Hassel Haven.

Anzi, un triplo sforzo, considerando che faccio un favore agli Alti Sassoni e glieli riporto anche come MittenwasserNeue Bettford e Nüsse Hafen, casomai ai Grimm venisse lo sghiribizzo di stilare un atlante.

    Ammetto che la mia è una provocazione. Proprio in virtù di queste complicazioni credo mi atterrò sullo stile di regime e riporterò ogni nuova località col nome che vi è più familiare in nome, è il caso di dirlo, della comprensione del testo,  ma, per dovere di onestà, aggiungerò, laddove possibile, un appunto sul loro titolo locale.

    Risolta questa diatriba, perdonatemi se, di tanto in tanto, vi lascerò delle espressioni non tradotte, del mio gergo o altrui, ma credo che aggiungano un tocco atmosferico a cui non so rinunciare. Spero non vi siate offesi prima, quando ho lasciato junker, holzbrücke, isbjerg kaptajn come tali, ma avrò la cortesia di inserirli in un contesto da cui sarà intuibile il significato, qualora non lo specifichi io stesso, e consideratevi fortunati. Dostoevskij non si è risparmiato dal riempire i suoi libri di paragrafi interi in francese, senza prendersi la briga neppure di una nota a margine per il povero pubblico russo, ma avete visto qualcuno lamentarsi?

   
 
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