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Autore: AK47    30/01/2023    0 recensioni
Ti sentiresti responsabile delle tue azioni se fosse "Lei" a chiederti di compierle?
Genere: Horror, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Lei

***

    ”Dovresti farlo”
“No, non è vero che dovrei. Lo farò se mi andrà”
“Se poi capiteranno disgrazie, la responsabilità sarà tua”
“Non è vero”
“Oh, sì che lo è…”
Lei non tace mai. Deve avere l’ultima parola su qualunque argomento ma non posso non ascoltare quella vocina zuccherosa e non posso rimanere indifferente di fronte a quegli occhi grandi come il cielo. I suoi capelli biondi sono leggeri come fili di ragnatela e tutta la sua delicatezza mi accusa, perennemente, delle peggiori sciagure. Un piccolo Angelo in grado di farmi sentire in colpa per ogni evento tragico, sia che accada ad un passo da me che all’altro capo del mondo. Ogni singola volta che una notizia ci raggiunge, la sua vocina delicata mormora contrita: “Ecco, sei felice ora? Potevi evitarlo, potevi evitare che accadesse…”
“Il prezzo è troppo alto”
“Pensaci bene, perché NO, non lo è!”

    Ho lottato per anni in questo modo ed ogni volta arrivo davvero a domandarmi “E se…?” Ma non posso saperlo, perché non è mai successo.
“Potresti provarci!” Eccola di nuovo, penso che potrebbe convincere chiunque con quel suo sussurro delicato. Con la coda dell’occhio la scorgo gonfiare le guance rosee “Chiunque ma non te, a quanto pare!”
“Esatto. A quanto pare.”
“Prima o poi dovrai provarci”
Dopo tutte le volte in cui le ho detto di no, non merita nemmeno una risposta. Tace, ma solo per qualche istante, poi, torna a sussurrare “La vigliaccheria è una gran brutta qualità”.
Le ultime parole gliele rivolgo prima di uscire dalla mia camera “Ora basta, dobbiamo andare a scuola”

    I miei si sono abituati alla sua presenza da un pò. Mentre faccio colazione rimango a fissarla dondolare i piedi dalla sedia osservandomi con aria accusatoria. Mia madre mi porge la tazza del the e per qualche istante si volge a guardarla prima di rivolgersi a me “Che succede stamattina?”
Faccio spallucce “Le solite cose”
Mamma mi sorride “Non darle retta” ed io ricambio il suo sorriso
“No, non lo farò” Almeno, l’intenzione è quella.

    Così, come ogni giorno, la osservo allontanarsi lungo il corridoio della scuola con il suo zainetto sulla spalla ed uno di quegli abiti colorati che ama tanto.

    Di norma, mi lascia in pace per tutta la mattina ma oggi qualcosa è cambiato. Mentre parlo con i compagni di classe durante l’intervallo, la vedo arrivare di corsa lungo il corridoio. Quando si avvicina è come se portasse con sé una luce speciale ed un soffio di aria fresca. Si ferma trafelata ignorando chiunque ci sia nei paraggi “Sta per succedere di nuovo, devi fare qualcosa stavolta!” La ignoro anche se non mi aspettavo che arrivasse all’improvviso, nel bel mezzo della mattina. Lei continua a parlare dopo aver ripreso fiato “Non fingere di non vedermi, non fingete di non vedermi!” E’ inutile, non riesco più a seguire il discorso del mio vicino di banco che sta cercando di spoilerarmi tutta la mia serie TV preferita. Lei continua “Non farai nulla nemmeno stavolta, vero?” Mi scuso e mi allontano dal gruppo. 

    Entro nel bagno con Lei che continua a seguirmi ripetendo senza sosta che sta per accadere qualcosa di terribile. Continuo ad ignorarla mentre mi sciacquo il viso, poi sento la porta sbattere. Due voci diverse dalla sua. Giro la testa e Lei se n’è andata.

***

    Ceno a casa ma poi decido di uscire un po' con gli amici. L’aria fresca e la compagnia mi faranno sicuramente bene prima di dormire. La voce di mio padre arriva dal soggiorno sovrastando il volume del televisore acceso “Non fare tardi!” Mia madre mi sorride allungando verso di me il braccio con la giacca. Rispondo a mio padre con un “Non farò tardi” e rispondo al sorriso di mamma che si raccomanda “Non darle troppo ascolto, sai che esagera sempre” Controllo di avere le chiavi di casa in tasca “Sì, lo so, non preoccuparti” Scendo le scale del palazzo con lo scalpiccio dei suoi passi che mi seguono da vicino. Quando arriviamo sulla strada, io prendo una direzione e Lei, dopo avermi guardato con astio, prende quella opposta. Sospiro di sollievo, spero che non si faccia vedere per tutto il resto della sera. 

    Posso camminare lungo la strada o tagliare per i giardini. A quest’ora sono bui e deserti ma sono la strada più veloce da percorrere per arrivare al pub. Non mi va di prendere la bicicletta, voglio camminare ma non così tanto. Attraverso i giardini. Mani in tasca e passo svelto. Quando arrivo sulla strada principale il locale appare di fronte a me come per magia, forse riuscirò a passare una serata tranquilla. 

    Sono già arrivati tutti. Mi siedo al tavolo ed ordino da bere. Il tempo passa, si parla della scuola, principalmente. Dei professori e dei pettegolezzi che girano tra le altre classi e poi, arriva il momento di tornare a casa. Ci ritroviamo tutti fuori dal locale per gli ultimi saluti. Proprio mentre sto per andarmene, Lei arriva camminando spedita lungo il marciapiedi. Mi fissa con aria grave ed occhi carichi di supplica, immensi. Si ferma a pochi passi dal gruppo in silenzio. So già cosa vorrebbe dirmi anche se non emette un fiato. 

    Senza quasi rendermene conto, sto osservando la compagnia ridacchiante che si sta salutando e mi ritrovo a chiedermi “chi…?”

    A quanto pare, il Cielo ha deciso di scegliere per me. Non appena attraverso la strada per riprendere la scorciatoia lungo i giardini mi sento chiamare. Mi giro per vedere chi sia e mi accorgo che è una delle ragazze dell’altra sezione. Con una corsetta rapida e guardandosi attorno attraversa a sua volta la strada “Vai di lì?” Annuisco in silenzio e lei continua “Per me sarebbe una scorciatoia ma da sola… cerco sempre di evitarla. Però, se tu vai da quella parte magari…” Le sorrido “Certo, facciamo un pezzo di strada assieme. Non piace nemmeno a me passare di qui ma è la strada più corta” Lei ci sta seguendo, mi sorride come se le avessi promesso di comprarle un lecca lecca gigante. 

    Fino a quando camminiamo fianco a fianco, Lei rimane appena indietro, seguendoci con la testa bassa. Al secondo bivio, la ragazza rallenta il passo e mi indica la direzione che deve prendere “Io devo andare di qui, ormai manca poco, ti ringrazio per la compagnia” le sorrido di nuovo “Io invece proseguo di qui. Figurati. Magari la prossima volta possiamo metterci d’accordo per trovarci a metà strada” Sembra contenta, mi saluta con un cenno della mano e s’incammina. Rimango qualche attimo ad osservare la figura che si allontana. Lei mi saltella al fianco “E’ l’occasione perfetta. E’ perfetta, è una prescelta, non lo capisci?” Non dovrei, dovrei proseguire per la mia strada ma Lei continua imperterrita “Domani sarà una strage, vedrai, e sarà tutta colpa tua. Devi salvare quelle persone. Lo devi fare.” Certo, come no. Però mi chino vicino alla prima aiuola e raccolgo un sasso ornamentale che delinea un cespuglio di rose. Lei tace. Rigiro la pietra tra le mani e guardo la figura che sta scomparendo nell’ombra. Se perdo altro tempo la mia occasione salta.

    Corro. Corro tenendomi sul manto erboso e non sulla strada principale, la terra catturerebbe le mie impronte. Le impronte, le impronte. Lei mi segue come una piccola lepre che ha visto una carota gustosa “Sì, sì le impronte” con la voce affannata. La ragazza che ho salutato poco prima non fa quasi in tempo a voltarsi nel sentirmi avanzare. Sollevo il braccio. Non so cosa sto facendo, non ho idea del motivo per cui lo sto facendo ma calo quella pietra verso la sua testa con tutta la mia forza. La ragazza mi mostra un’espressione di stupore ed orrore. Colpisco ancora. Non posso permettermi che urli. Lei saltella felice alle mie spalle “No, no non deve urlare. Non farla urlare”. Non la lascerò urlare. Ormai sono nella merda fino al collo. Un paio di colpi alla testa e lei crolla sul vialetto. Rimango ad osservarla, ho ancora in mano il sasso. Lei si avvicina alla ragazza stesa, si accuccia e la osserva “E’ ancora viva…” cazzo. Mi avvicino a mia volta, mi chino e la sento respirare. Non so che altro fare per finire il lavoro. Colpisco di nuovo, ancora e ancora, fino a quando non sento il rumore disgustoso del cranio che si frattura. Sto praticamente sudando, cerco di rimanere distante ma il sangue inizia ad imbrattare un pò ovunque. Ha una testa durissima, non me lo aspettavo. 

    Spero soltanto che non passi nessuno. Ormai ho ridotto il suo cranio in una poltiglia. Non si muove più. Rimango ancora qualche attimo, devo avere la certezza di averla finita, non posso andarmene col rischio che venga soccorsa, mi riconoscerebbe. Lei mi fa notare che se non fosse morta “Non solo ti riconoscerebbe ma non avresti finito il lavoro.” Vaffanculo, ormai mi interessa poco il motivo per cui l’ho fatto. L’ho fatto e non posso rischiare di finire in galera, perché per queste cose si finisce in galera, anche se hai salvato l’umanità. Però è morta. Ho scherzato con quella ragazza fino a qualche minuto prima ed ora, è stesa in mezzo ai giardini con la testa sfracellata sul vialetto ed ha anche smesso di fare quelle bolle rossastre col naso. 

    Porto la pietra con me, non posso lasciarla lì, impronte, DNA ed un sacco di stronzate. Verifico la distanza dal bivio e considero il rumore che ho fatto. Se avessi camminato rapidamente, non avrei comunque potuto sentire. Ha perso i sensi quasi immediatamente, non ha fatto troppo rumore. La pietra, la mia mano e la mia manica sono piene di sangue e di sicuro ne avrò ovunque, di schizzi che al buio non vedo. Merda. Lei però è euforica. Mi saltella intorno mentre torno verso casa. Per la prima volta in tutta la mia vita non mi sta offendendo e non mi sta accusando. Vederla così, per la prima volta nella vita, mi rende … felice. Sono felice anch’io.

***

    Mi asciugo. La doccia ci voleva. Ascolto per qualche attimo lo sciacquio della lavatrice in funzione. Mamma bussa alla porta “Tutto bene?” Rispondo con tono stranamente divertito “Sì, certo. Ho inciampato in uno stupido sasso nel rientrare ed ho sporcato jeans e giacca. Ho messo tutto in lavatrice” La sento ridere oltre la porta “Hai le ginocchia sbucciate?” Rido “No mamma, l’aiuola era morbida” ride anche lei. Va bene così. La pietra è in un sacchetto di plastica sotto al mio letto. Devo trovare un posto sicuro in cui metterla ma per questa notte può anche rimanere lì.

    A scuola, quella ragazza, non è più tornata. L’ha trovata il mattino dopo un signore che portava a spasso il cane. Ha chiamato i soccorsi ma era troppo tardi. Domande? Certo, c’ero anche io. L’ho accompagnata fino al bivio e l’ho salutata con la promessa che l’avrei aspettata la prossima volta. Come ho fatto a non sentire cosa stava succedendo ad un centinaio di metri da dove mi trovavo? Non so nemmeno se ho più lacrime da versare. Era una mia compagna di scuola, uscivamo con la stessa compagnia, chi può aver fatto qualcosa di così orribile? Per quale motivo?

    Lei è sorridente al mio fianco per tutto il tempo, in silenzio. Lei è orgogliosa di me, non è successo nulla, abbiamo salvato un sacco di vite, abbiamo fatto la cosa giusta. Tutto, in fondo, ha un prezzo. 

    Cold Case, ecco come nasce. Forse la gente non si rende conto del lavoro che facciamo per poter far sopravvivere tutti. Se ogni Cold Case fosse partito da un principio importante quanto il nostro, il mondo dovrebbe essere grato per tutte le vite che sono state salvate. Ma il mondo è fatto per non comprendere persone come me. Ora lo capisco. Lei ha sempre avuto ragione, Lei sapeva ed ora anche io so. So che ascoltarla è l’unico modo per salvarci tutti. 

    A casa, osservo con attenzione la mia immagine allo specchio. Lei sorride da dietro di me, le mani giunte e le guance rosa. Ha gli occhi grandi come il cielo, i capelli biondi leggeri come ragnatele, l’abito azzurro le si avvolge attorno come l’ala di una farfalla. Quando mi giro, la stanza è vuota. Se n’è andata. Mia madre mi chiama. Vado al funerale.

Tanto Lei tornerà. Lei torna sempre.

   
 
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