Con l’arrivo del nuovo giorno, e con la sicurezza della guarigione di Aurelia, il gruppo decide di ripartire e di portare Aurelia a casa che, per il momento, portava le stampelle per non sforzare la gamba.
Metro, insieme al ragazzo incappucciato, sistema l’auto e controlla che non mancasse nulla, Reine, invece, ringraziava Agnodice sia della cura sia per averli ospitati, Aurelia, invece, è già seduta in auto intenta a parlare al telefono con la madre che, stranamente, non è preoccupata e questo tranquillizzò Aurelia che, comunque, mando un messaggio all’amica Elena per fargli da copertura:
<
<
<
<< Non si sa mai, mia madre quando è al lavoro finge di esser tranquilla per non dar nell’occhio, preferisco aver le spalle coperte>> detto ciò invia il messaggio, posa il telefono nello zaino.
Il gruppo saluto Agnodice, il suo assistente e parte.
Pozzuoli, Casa di Aurelia.
Dopo un’oretta passata in macchina, tra una chiacchiera e l’altra, il gruppo arriva a Pozzuoli, qui Aurelia chiede a Metro di accostare vicino al porto in modo da non far vede l’auto ai genitori e così Metro esegui l’ordine e si ferma davanti a una fermata degli autobus, situata davanti a una piazzetta di fronte al mare. Aurelia li saluta li ringrazia, ma nella sua testa prega di non vederli più e né di rivivere quell’esperienza.
La casa di Aurelia è situata alla fine di una lunga scala, vicino alla stazione del treno, chiamata la scala Pendio S. Giuseppe, conosciuta soprattutto per i murales che ci sono dipinti sopra, Aurelia non ha mai sopportato quella scala, non tanto per l’altezza (non sono molto alte), ma per la forma degli scalini, bassi e larghi, che sono scomodi da percorrere, soprattutto per una persona con una gamba dolorante e con le stampelle.
Finalmente arriva a casa, i suoi non ci sono e così approfitta per farsi una doccia, cambiarsi gli abiti, nascondere le stampelle e videochiamare Elena per mettersi d’accordo su cosa dire in caso di un interrogatorio di terzo grado:
<
<< Esatto!>> Risponde Aurelia, pensando che fosse un ragionamento logico, ma Elena la guardo con una espressione confusa:
<
<
Il mattino dopo, Aurelia si sveglia con un forte mal di testa, decise così che invece di andare nella biblioteca della sua università sarebbe andata a quella della sua città.
Ci passo mezza giornata tra una ricerca all’altra, in mezzo a tutti quei libri che lei ama, tra il via e vai di studenti in crisi per la sessione e tra docenti ricercatori che si scambiano idee e teorie, ma la sua mente andava verso quel giorno e a quello che aveva visto. Per dubbio, e forse anche un briciolo di curiosità, Aurelia mise da parte le sue ricerche universitarie e inizio una ricerca personale, tra i bestiari.
La fanciulla si avvicinò al bibliotecario per chiedere dove fosse i bestiari, in un primo momento l’uomo, sulla cinquantina, basso e tarchiato con pochi capelli bianchi e un paio di occhiali più grandi della sua faccia, la guardò in modo strano, Aurelia crebbe che l’uomo la stia prendendo per pazza:
<> chiese l’uomo
<
<
Aurelia non credeva ai suoi occhi, esisteva più di un bestiario e la stanza né era piena, c’erano bestiari di tutte le lingue e di tutti i tipi: quello medievale, giapponese, tardo-antico, ecc, una volta entrati l’uomo spiega ad Aurelia che i libri non devono uscire da quella sezione della biblioteca, essendo alcuni molto rari e altri molti vecchi, la ragazza rassicurò il bibliotecario e inizia a cercare in tutti quei libri, in alcuni notò che ci sono nominati i classici animali (leoni, tigri ecc), in altri vari mostri medievali (troll, draghi ecc), ma il bestiario che la colpisce di più è quello greco-romano, dove compaiono i satiri, centauri, ecc…. Aurelia sfogliava quelle pagine e cercava il mostro della stazione, ma, nello sfogliarlo, trova un’immagine di una sirena, sia in versione alata (in origine le sirene erano delle ninfe e quando Persefone/Proserpina venne rapita da Ade, elle chiesero delle ali per cercare la Dea), e in forma di donna – pesce (quella più conosciuta). Aurelia resto incantata da quella figura soave e misteriosa, così tanto da incantarsi e dimenticarsi di quello che stava facendo.
I suoi pensieri furono interrotti dal custode della biblioteca che gli chiese se stesse bene, Aurelia non capi la domanda e fissava il custode:
<
<
<
Dopo la cena Aurelia si gettò a letto, il mal di testa è tornato e lei voleva solo dormire.
I sogni di Aurelia sono sempre stati movimentati e molto spesso senza senso (un po' come i sogni di tutti), ma questa volta la sua mente la portò su una spiaggia con un galeone ancorato lì vicino: Aurelia è lì stessa, con indosso dei pinocchietti in pelle e una camicetta, mentre i suoi stivali sono appoggiati vicino a lei insieme a un cappello da pirata, e sta prendendo il sole. Dopo un po' si rende conto di non esser sola, con lei, sulla riva seduta su uno scoglio c’è una ragazza che pettina i suoi lunghi capelli neri e canta una dolcissima melodia, indossava, per quello che Aurelia riuscì a vedere come pezzo di sopra un bikini, che da come si muoveva, ogni tanto la fanciulla, sembrava le desse fastidio:
<< Ti prego possiamo ritornare sulla nave? Questo coso mi dà un fastidio! Ma perché quando siamo sulla riva me lo fai mettere?>> chiese la fanciulla mentre cercava di sistemarsi il bikini:
<< Perché non siamo più nel medioevo o a Roma dove era normale, qui purtroppo sono troppo puritani. E comunque, tra un po' saliamo! Il mozzo ci farà il segnale come avranno finito di far le pulizie e rifornimento>> rispose Aurelia, che si alza per togliersi la sabbia dai calzoni e dalla camicetta bianca:
<
<< Forza vedo il segnale, possiamo tornare a bordo>> ribatte Aurelia mettendosi il cappello e avviandosi verso la scialuppa, che la sta andando a recuperare:
<< Vieni con me?>> chiese alla fanciulla,
<